Mammut

Conquistare i lettori con un primo fumetto è umano, farlo anche con un secondo, è diabolico! Ebbene, quei due diavoli di Melvin e Boonen ci sono riusciti: dopo il successo di Weekend con la nonna i due autori fiamminghi sfornano ora una seconda storia davvero all’altezza delle aspettative di spasso e coinvolgimento di chi ha amato il loro primo lavoro. Anche in Mammut, infatti, la penna di Boonen e la matita di Melvin rivelano una sintonia ammirevole nel condividere uno spirito ironico e costantemente sospeso tra il reale e il fantastico. I testi brevi e secchi del primo, le sue didascalie buffe, e il suo intreccio collaudato di pensieri, discorsi e narrazione incalzante si sposano alla perfezione con i disegni divertenti e comunicativi del secondo, tutti in scala di grigio e salmone e capaci di catapultare il lettore in un’insolita era preistorica. Estremamente dinamiche e cariche di ritmo, tanto da dar l’impressione di assistere a un cartoon, le vignette di Mammut tirano il lettore per la giacchetta. Risultato: impossibile restare impassibili e impedirsi di sorridere!

Protagonista di questa storia travolgente è un bambino di nome Teo, da poco trasferitosi in una casa lussuosa, seguito da una tata paziente e sorprendente denominata tata pelosa, piuttosto trascurato da una mamma e un papà molto impegnanti con il lavoro ma attenti a vietare al figlio un sacco di cose divertenti: uscire di notte, per esempio, e andare a caccia di mammut. Ma quando lo spirito di avventura chiama non si può non rispondere e così Teo si ritrova ad esplorare un imprevedibile mondo preistorico che si nasconde poco distante da casa sua. È qui, proprio dietro l’alto muro di legno che reca l’insegna “Preistoria”, che il bambino incontra la druvida Marga, sfida i kraggak, rischia la pelle, percorre montagne russe mozzafiato, incappa in un coniglio gigante dai denti a sciabola e, manco a dirlo, si trova faccia a faccia con un vero Mammut (la cui cacca, occorre dirlo a onor del vero, è piuttosto ingombrante). Certo, si potrebbe obiettare che come sistema per fare nuove amicizie sia un po’ pericoloso ma l’avventura ha un sapore così irresistibile che anche la pacata tata pelosa finisce per cedervi, condividendo con Teo uno dei segreti più belli della sua vita.

Nel suo impetuoso gusto per il divertimento, anche questo lavoro di Melvin e Boonen non dimentica di offrire un ritratto, e con esso una riflessione silenziosa, sull’infanzia moderna e sulle contraddizioni di una quotidianità scandita da corsi di ogni sorta e attività formative ma pericolosamente tenuta al riparo da avventure, reali o immaginarie, in compagnia di persone fidate. Le espressioni, le esclamazioni e le reazioni del giovane Teo la dicono lunga sulla qualità del tempo condiviso che i ragazzi meritano e chiedono, non sempre con successo. Sicché quella tata che trascorre con Teo più tempo dei suoi genitori, che esegue quanto le viene da loro richiesto senza soffocare del tutto l’entusiasmo del bambino e che si improvvisa compagna di peripezie da scavezzacollo conquista tutta la simpatia del lettore, grande o piccolo che sia. Accolto da un’impaginazione e da un font fruibili anche in caso di dislessia, questi può dunque godersi un racconto straordinario in cui riconoscersi, ridere ed emozionarsi. Si può chiedere di più?

La cripta del vampiro

Siamo in Scozia, nel 1868, e un attentato alla regina Vittoria d’Inghilterra sta per compiersi per mano dei prussiani. Alcuni militari, travestiti da frati, si sono intrufolati a Crooken Bay, supportati da qualche traditore, e delle torpedini sono state nascoste in una cripta del cimitero locale. Se il piano dei prussiani andasse in porto l’intera storia mondiale potrebbe subire uno scossone ma per fortuna ci sono sul posto due curiosi e coraggiosi ragazzi che riescono a mettere insieme i pezzi del puzzle e a sventare l’ardita strage.

I loro nomi sono Arthur Conan Doyle e Bram Stoker e, no, non è un caso di omonimia: i personaggi messi in scena da Sebastiano Ruizi Mignone sono effettivamente i creatori di Sherlock Holmes e di Dracula, immaginati in età infantile e in un ipotetico incontro estivo nella terra di nascita del primo. Contraddistinto da una grande forza fisica, da uno spiccato intuito e da un’incontenibile curiosità il primo e da una salute cagionevole, una passione per i vampiri e sogni tormentati il secondo, i due personaggi sono costruiti mescolando con perizia alcuni tratti caratteristici delle loro creature letterarie più famose e alcuni aspetti evidenziati dalle biografie di Doyle e Stoker. Il risultato è una coppia di amici diversi ma affiatati, perfetti per risolvere un mistero complicato. Ben costruito e narrato, quest’ultimo risulta avvincente anche per il lettore che non conosca le due figure di ispirazione. Stampato inoltre ad alta leggibilità, La cripta del vampiro offre inoltre una possibilità coinvolgente di lettura anche per chi soffra di disturbi specifici dell’apprendimento.

Alice nel paese delle meraviglie

Alice, quella che se va a zonzo nel paese delle meraviglie, ha da poco festeggiato i suoi primi 150 anni ma resta giovane e fresca come una pischella. Forse imbattibile per ricchezza inventiva, con il suo carico di personaggi fantasmagorici e creazioni verbali da fa arrotolare la lingue, il capolavoro di Lewis Carroll che la vede protagonista è garanzia fidata di alcune ore di avventura per la mente.

Felice dunque è la notizia della pubblicazione da parte di Emons di una versione in formato mp3 del romanzo, acquistabile su Cd o scaricabile dal sito dell’editore: a inseguire il Bianconiglio, incontrare il Brucaliffo, sfuggire alla Regina di cuori e far merenda con il Cappellaio matto in compagnia della biondina saranno ora molti più lettori, compresi quelli con poco tempo, e che potranno ascoltare la storia in auto, e quelli con difficoltà di lettura, che potranno finalmente conoscerla in una versione integrale ma accessibile.

La voce che qui anima la curiosa ragazzina e che ne rende fruibile il viaggio anche alla orecchie di lettori dislessici o con disturbi visivi, è quella di Anna Foglietta. Attrice di cinema e televisione, Anna vanta una voce suadente e calda che pare un invito a mettersi comodi in poltrona con una tazza di the fumante tra le dita e un paio di cuffie sulla testa: esattamente ciò che ci vuole, d’altronde, per un’avventura british che si rispetti!

Il GGG

Nel 2016 il mondo della letteratura per ‘infanzia ha festeggiato il centenario di quello che è probabilmente il più straordinario scrittore per ragazzi mai esistito: Roald Dahl. Le sue storie divertenti e originali, insieme ciniche e tenere, mai piegate alla norma moralista, hanno incantato, travolto, allietato e in molti casi convertito alla lettura generazioni di bambini. Salani, che da sempre è in Italia l’editore di Roald Dahl, ha celebrato questa importante ricorrenza donando nuova veste a tutti i suoi racconti e i suoi romanzi con un’edizione speciale. Non solo, alcuni di questi hanno trovato anche una voce ulteriore, capace di arrivare anche a lettori che, per difficoltà di lettura o disturbi visivi, erano rimasti finora esclusi dell’enorme piacere che l’immersione nel mondo fantastico dell’autore assicura. Dopo Gli sporcelli e La fabbrica di Cioccolato, già editi in forma di audiolibro negli anni passati, si sono ora aggiunti alla collezione in formato mp3 anche Il GGG e Matilde.

Il primo, riportato all’attenzione del grande pubblico anche dalla trasposizione cinematografica firmata da Spielberg, racconta dell’amicizia straordinaria tra un gigante gentile e la bambina Sofia, e della loro missione per fermare i gozzovigli degli altri giganti, golosi di umani. Il secondo, invece, vede protagonista una bambina di nome Matilde, lettrice accanita, che fa dell’intelligenza e della cultura le magiche armi per combattere la malvagità di alcuni adulti. Ricchissimi da personaggi indimenticabili e dai nomi esilaranti, gli audiolibri de Il GGG e Matilde garantiscono tra le 4 e le 5 ore di ascolto, condotte dalla piacevole voce di Bruno Alessandro.

Mary Poppins

Le bambinaie forse non esistono più ma la più famosa di loro, Mary Poppins, continua a comparire, di tanto in tanto, nell’immaginario collettivo. E quando lo fa è sempre una gioia! La sua borsa magica, le sue peripezie in compagnia di Bert, i suoi metodi educativi fuori dagli schemi e le sue giornate avventurose insieme a Giovanna e Michele Banks sfidano il tempo (sono passato ormai più di ottant’anni dalla prima edizione del libro di Pamela Lyndon Travers) e mantengono una certa rara vitalità.

Per questo la pubblicazione da parte di Emons di un audiolibro dedicato alla storia della nanny più bizzarra e longeva della letteratura rallegra e fa sorridere. Questa edizione è infatti un interessante invito ad avvicinarsi a una storia nota a molti perlopiù in virtù della sua trasposizione cinematografica firmata Disney. L’interpretazione di Paola Cortellesi è in questo senso estremamente funzionale e capace di restituire al meglio lo spirito energico e travolgente di Mary Poppins. Il racconto per voce dell’attrice è quindi motivo in più per scoprire questa versione nuova e inclusiva di un grande classico, ora accessibile anche in caso di dislessia e disturbi visivi.

Insieme con papà

Accompagnare un genitore al lavoro può risultare noioso: ecco perché il protagonista di questo albo, trovatosi nella situazione, porta con sé un videogioco dal quale pare non voler staccare gli occhi. Nel laboratorio di falegnameria del papà, però, qualcosa di imprevisto accade: forse la spina del videogioco si stacca per errore e l’intera partita va persa o forse semplicemente uno strano oggetto attira l’attenzione del bambino. È un metro giallo, di quelli rigidi e sgargianti. Sembrerebbe uno arnese insignificante ma rivela, in realtà, intriganti potenzialità: chi ha un papà che traffichi con le misure lo sa bene!

In un attimo l’innocuo strumento di lavoro prende la forma di un pericolosissimo serpente, dando il via a un gioco d’invenzione in cui perdersi e vivere inaspettate avventure. Opportunamente sagomato, il metro diventa, infatti, casa, albero, automobile, elefante, e più ci si prende la mano più la faccenda si fa coinvolgente. Così, quando il metro delinea una mastodontica balena, questa pare così vera da spruzzar acqua dappertutto e inondare il laboratorio. Per fortuna c’è la barca costruita dal papà: una barca reale, realissima, che provvidenziale scivola in acqua. Ma per farla andare lontano, un’aggiunta fantastica si renderà necessaria… meno male che c’è il metro!

Insieme con papà, edito da Il leone verde, racconta una storia di immaginazione e affetto, in cui la noia si afferma come  propulsore di creatività. A raccontarcela in un albo dal formato piccino è l’autrice brasiliana Bruna Barros. Il suo racconto, che procede per sole immagini dallo stile asciutto e dai colori ricorrenti, risulta particolarmente agevole da seguire  e fruibile anche in caso di difficoltà di lettura legate alla componente testuale.

 

Ritorno

C’è stata una prima avventura in cui una bambina coraggiosa scopriva il potere dell’immaginazione grazie a un pastello magico che rendeva reali gli oggetti disegnati. Quell’avventura si intitolava Viaggio. Ce n’è stata poi una seconda in cui la bambina scopriva che fantasticare è più bello se fatto in due e compiva un’impresa eroica insieme a un amico di pastello. Quell’avventura si intitolava Scoperta. C’è ora una terza ed ultima avventura in cui la bambina dà un nuovo significato a tutto quanto finora vissuto, grazie a un’azione travolgente in compagnia del papà. Quest’avventura si intitola Ritorno.

Il ritorno cui fa accenno è quello a casa, a una complicità paterna prima sopita, a un’immaginazione condivisa da generazioni diverse che permette di superare ostacoli insidiosi. Nell’inatteso compagno di viaggio della bambina, disposto a seguire la figlia attraverso porticine disegnate, riconosciamo tanti genitori perlopiù dimentichi dell’età infantile ma dalle potenzialità creative ancora grandissime: figure che prese per mano da chi ha maggior dimestichezza con la fantasia sanno tirar fuori un coraggio e un’inventiva inaspettati. Così, a cavallo di creature alate, a bordo di sottomarini sofisticati e in bocca a grotte preistoriche, padre e figlia sconfiggono l’imprigionatore dei colori, liberano il regno della fantasia e ritrovano il legame smarrito. A quel punto le porte disegnate non servono più. Si è già a casa.

L’alfabeto di Zoe

Zoe non vede mai il lato ovvio delle cose. È proprio così che si presenta la protagonista del romanzo di Fabio Stassi, mettendo in evidenza quel suo modo tutto particolare di guardare le cose: un modo tanto insolito quanto prezioso, a dirla tutta, se è vero che proprio grazie ad esso la ragazzina riesce a rovesciare il piano del Re degli Specchi, a liberare i suoi concittadini da uno spietato furto di ricordi e a sovvertire il processo di sostituzione dei genitori con dei robot. Lo farà quasi totalmente da sola, sfidando con coraggio i suoi limiti, soprattutto legati ai numeri e alle lettere.

L’alfabeto di Zoe è quello che scandisce i singoli capitoli, individuando per ciascuno una parola chiave ma anche quello che la bambina vorrebbe inventare: un alfabeto “con il quale non si possa barare. Che ti faccia toccare quello che si scrive”. Perché in fondo, la vera protagonista e il vero motore di questa storia è proprio la difficoltà che Zoe sperimenta di fronte alle parole, il senso di malessere che queste le innescano e le strategia di fuga che il suo cervello mette in atto. E se la trama del romanzo è forse un po’ debole, questo riesce però ad offrire un ritratto lucidissimo e illuminante di ciò che accade nella testa, e di riflesso nell’intero corpo, di un ragazzo colpito da gravi disturbi specifici dell’apprendimento.

L’attenzione che l’autore vi dedica permette infatti al lettore di sentirsi come fisicamente calato nel cervello della protagonista, cogliendone i forti turbamenti ma anche le enormi potenzialità. E qui egli uscirà in qualche modo arricchito, oltre che convinto che se le tabelline fossero alla maniera di Zoe, per cui “otto per otto fa due bassotti, più quattro divani letto e una rotella di liquirizia”, il mondo sarebbe forse meno preciso ma senz’altro più leggero.

Molto non è poco

Gulliver è un elefantino che sembra grande ma è piccolo, per questo tutto ciò che fa appare goffo. Se ride, ride molto forte; se corre, corre molto sghembo; se si arrabbia, si arrabbia in modo molto spaventoso. Da qui il soprannome Molto e l’insofferenza del branco nei confronti dei suoi modi molto poco consueti. Per il branco, infatti, molto è spesso sinonimo di troppo. Così quando Molto si allontana dal branco in balia del fiume e incontra la piccola Poco, una bambina goffa come lui, finisce per trovarsi molto più a suo agio che a casa. I due diventano grandi amici: le loro diversità, in qualche modo sono simili ma soprattutto ciascuno di loro riesce a riconoscere il valore dell’altro dietro l’apparente imperfezione. E quando il branco, resosi conto della mancanza di Molto, infine lo raggiunge, i due si salutano con la tristezza di chi sa di lasciare un amico vero ma con la consapevolezza di serbarne doni preziosi.

La storia, scritta da Sabina Colloredo e illustrata da Marco Brancato, nasce con l’intento di dare voce e rappresentazione a una sindrome poco nota, quella di Sotos: una forma di gigantismo che implica una crescita eccessiva durante l’infanzia accompagnata da ritardo nell’apprendimento. L’abilità e la sensibilità degli autori è però tale che ciò che arriva al lettore è una storia dal respiro molto più ampio: il racconto di una diversità prima allontanata e poi accolta, di una differenza che in definitiva arricchisce, di una mancanza esteriore (comune peraltro a molte forme di disabilità) che non corrisponde però affatto a una mancanza interiore.

Il Piccolo Principe

Non è la prima volta che l’editore Erickson si cimenta nell’adattamento di classici ad uso di giovani lettori, soprattutto con difficoltà di comunicazione, comprensione o decodifica testuale. Tra il 2015 e il 2016, in particolare, è nata la collana I classici facili, di cui fanno parte Pinocchio, Il piccolo principe e Il mago di Oz e che mira a favorire la condivisione di storie facenti parte dell’immaginario comune, grazie a una riduzione e a una semplificazione testuale curate da Carlo Scataglini. A partire da quegli stessi testi adattati, in particolare Pinocchio e Il piccolo principe, nascono oggi i primi volumi di una nuova collana intitolata I classici con la CAA che allargano ulteriormente le possibilità di lettura grazie a una traduzione del testo in simboli WLS secondo le linee guida del modello inbook. Il testo di Carlo Scataglini è stato infatti tradotto in simboli con la supervisione del Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano.

Raffinati e affascinanti nella loro veste grafica, I classici con la CAA appaiono come volumi dalle grandi dimensioni: caratteristica funzionale non solo alla necessità di contenere testi e relative simbolizzazioni piuttosto lunghi ma anche alla scelta di dare spazio a illustrazioni di grande respiro, curate nel caso di Pinocchio da Giuseppe Braghiroli e nel caso de Il Piccolo Principe da Silvia Bonanni. Ne risultano libri davvero belli da guardare e comodi da utilizzare in occasione di letture condivise, oltre che contraddistinti da un testo fruibile ma non banalizzato. Capace di dare spazio a tutti gli episodi chiave dei racconti di Collodi e Saint-Exupery, questo è perlopiù frutto di un lavoro di revisione delle espressioni meno comuni, delle frasi più articolate, delle forme verbali passive o dei sottintesi. Il racconto che viene proposto al lettore mantiene quindi una certa lunghezza e complessità che richiedono un’attenzione e una dimestichezza con i simboli non elementare: una proposta interessante, insomma, per lettori non proprio alle prime armi ma con bisogni educativi speciali nei confronti dei quali spesso le proposte editoriali sono molto scarse. Da segnalare, inoltre, che i volumi della collana sono corredati da audiolibro in formato mp3, scaricabile gratuitamente dal sito dell’editore.

Pinocchio (I classici con la CAA)

Non è la prima volta che l’editore Erickson si cimenta nell’adattamento di classici ad uso di piccoli lettori, soprattutto con difficoltà di comunicazione, comprensione o decodifica testuale. Tra il 2015 e il 2016, in particolare, è nata la collana I classici facili, di cui fanno parte Pinocchio, Il piccolo principe e Il mago di Oz e che mira a favorire la condivisione di storie facenti parte dell’immaginario comune, grazie a una riduzione e a una semplificazione testuale curate da Carlo Scataglini. A partire da quegli stessi testi adattati, in particolare Pinocchio e Il piccolo principe, nascono oggi i primi volumi di una nuova collana intitolata I classici con la CAA che allargano ulteriormente le possibilità di lettura grazie a una traduzione del testo in simboli WLS secondo le linee guida del modello inbook. Il testo di Carlo Scataglini è stato infatti tradotto in simboli con la supervisione del Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano.

Raffinati e affascinanti nella loro veste grafica, I classici con la CAA appaiono come volumi dalle grandi dimensioni: caratteristica funzionale non solo alla necessità di contenere testi e relative simbolizzazioni piuttosto lunghi ma anche alla scelta di dare spazio a illustrazioni di grande respiro, curate nel caso di Pinocchio da Giuseppe Braghiroli e nel caso de Il Piccolo Principe da Silvia Bonanni. Ne risultano libri davvero belli da guardare e comodi da utilizzare in occasione di letture condivise, oltre che contraddistinti da un testo fruibile ma non banalizzato. Capace di dare spazio a tutti gli episodi chiave dei racconti di Collodi e Saint-Exupery, questo è perlopiù frutto di un lavoro di revisione delle espressioni meno comuni, delle frasi più articolate, delle forme verbali passive o dei sottintesi. Il racconto che viene proposto al lettore mantiene quindi una certa lunghezza e complessità che richiedono un’attenzione e una dimestichezza con i simboli non elementare: una proposta interessante, insomma, per lettori non proprio alle prime armi ma con bisogni educativi speciali nei confronti dei quali spesso le proposte editoriali sono molto scarse. Da segnalare, inoltre, che i volumi della collana sono corredati da audiolibro in formato mp3, scaricabile gratuitamente dal sito dell’editore.

Lindo Porcello

Creato dal pennello sottile di Eric Battut, interprete straordinario dello spirito infantile, Lindo Porcello è un personaggio che da anni fa innamorare occhi e orecchie in formato mignon. La sua avventura è corta ma intensa, perfettamente condensata in una serie di onomatopee, come si addice a un pubblico di piccolissimi. Il suo divorare una fettona di torta, dar vita a un bel disegno colorato, lanciarsi nel fango con la bicicletta, costruire un castello di sabbia, e infine darsi una bella ripulita è tutto marcato da un ragionato susseguirsi di gnam gnam, splish splash, et voilà e shshshshssss che rendono la lettura estremamente coinvolgente e invitano al contributo attivo da parte del piccolo lettore.

Non meriterebbe forse ogni bambino di godere di questo piccolo piacere? Assolutamente sì! Ecco perché la pubblicazione di Lindo Porcello all’interno della collana I libri di Camilla è davvero un’ottima notizia. Da ora infatti anche i bambini con disturbi della comunicazione potranno seguire a pieno le intense attività del maialino sorridente, grazie alla simbolizzazione del testo curata da Enza Crivelli in collaborazione con Auxilia. Come gli altri titoli di questa collana, Lindo Porcello risulta in tutto e per tutto – impostazione grafica, testo e immagini – rispettoso nei confronti del volume originale, e inserisce semplicemente i simboli WLS al di sotto del testo, in appositi riquadri. .

Il libro di Eric Battut, dal canto suo, sembrerebbe prestarsi naturalmente a una versione in CAA, per via della struttura narrativa asciutta e chiara, con un solo personaggio che compie una serie di azioni riconoscibili e familiari; per via delle frasi brevissime, disposte una per pagina e contraddistinte dalla costante ed esplicita ripresa del soggetto; per via della netta distinzione tra testo (a sinistra) e immagine (a destra); e infine per via della semplicità e della ripresa rigorosa (nella forma e nella posizione) del protagonista, così come rappresentato senza dettagli superflui su di un brillante sfondo rosso.

Brutti, sporchi e gentili

Ricco e colto, il dodicenne Alighiero De La Tour viene rapito da una banda di lestofanti che vive in una roulotte in mezzo a una discarica. Rozzi e analfabeti – eccezion fatta per Giulia, la più giovane della famiglia, coetanea del povero Alighiero – i rapitori intendono chiedere un riscatto consistente per restituire l’ostaggio. Si imbarcano così in una rocambolesca trattativa fatta di costosissimi occhiali rotti, pollici mozzati per errore e filmini girati senza videocassetta.

A margine, ma neanche troppo, prende forma una singolare ma sincera amicizia tra Alighiero e Giulia che contribuisce a rendere l’atteggiamento dell’ostaggio stranamente conciliante e sereno. Quella presso la sgangherata banda del Cane Rognoso finisce così per diventare una permanenza formativa e persin piacevole per il ragazzino che sperimenta un calore famigliare inatteso e forse sconosciuto, fatto di piccoli gesti gentili (come il servire il dessert a tutti da parte del nonno e tenere per sé solo la fetta più piccola) che pur non vanno perduti in un contesto di disagio marcato all’estremo.

La storia narrata da Guillame Guéraud (già autore di Falla finita!, anch’esso pubblicato da Biancoenero secondo criteri di alta leggibilità) ha un tono piacevolmente surreale, ben esemplificato dalla scena il cui il povero Alighiero, prigioniero da un giorno, si gode la colazione da ostaggio famoso perché è finito in prima pagina. “Le novità hanno messo tutti di buonumore e abbiamo fatto colazione in allegria. – racconta il protagonista e, pur mazziato e con gli occhiali rotti aggiunge – Io più di tutti perché era la prima volta che finivo sul giornale”. L’aplomb svagato di Alighiero, narratore in prima persona, dà peraltro un tocco buffo all’intero racconto che scorre così piuttosto leggero, fino all’inatteso e romantico colpo di scena finale. nel complesso

Jacob due-due in alto mare

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Imbarcarsi con la famiglia per il Canada e ritrovarsi protagonista di un rocambolesco abbordaggio da parte di pirati: tutto si può dire del trasloco di Jacob due-due – così chiamato da tutti perché ha 2+2+2 anni – tranne che sia noioso e scontato. Certo il nome della barca scelta per la traversata dall’Inghilterra – Colabrodo – non lasciava presagire granché di buono ma che a bordo si trovasse un vile traditore e che a Jacob toccasse un’indagine misteriosa era proprio difficile da prevedere. Affiancato da Cindy, un’amica conosciuta durante il viaggio, il bambino se la vede con l’insospettabile spietatezza del primo ufficiale Mr. Mangiapane, fa comunella con l’addetto ai motori Morgenbesser e viene rapito dalla ciurma del pirata Quattrossa. A porre fine alla sua insolita disavventura arriva infine l’idea balzana di due dei suoi fratelli che non solo salvano la situazione ma aprono spiragli di vita inattesi per molti passeggeri della Colabrodo. Un finale a sorpresa, insomma, che lascia stupito il lettore. Travolto dagli eventi narrati con stuzzicante ironia, questi si imbatte in un tourbillon di personaggi – la numerosa famiglia di Jacob,  gli acrobati Bubov, l’inventore di giocattoli Peabody e la snobbissima mamma di Cindy – che, con ruoli più o meno determinanti vivacizzano il racconto e lo rendono piacevolmente movimentato. Tra questi davvero irresistibile è il capitano Dentesplendente, la cui giuliva vanità crea siparietti che fanno ridere di gusto e che ben si prestano anche ad una lettura ad alta voce.

Quello di Jacob due-due è un personaggio circondato da un mondo che convince e diverte. Uscito tra gli anni ’70 e ‘90 dalla penna di Mordecai Richler, in una serie di avventure pubblicate in Italia da Adelphi nei primi anni 2000,  Jacob due-due viene qui ripreso e riproposto da Cary Fagan, scrittore canadese di talento (già edito da Biancoenero con La strana collezione di Mister Karp e The big Swim) che sa rendere omaggio all’originale e regalargli uno humour e un piglio irresistibili. La penna ironica dell’autore dà vita a un’avventura spensierata, che non manca di evidenziare le contraddizioni di un certo mondo adulto, ma che prima di tutto ha il merito di travolgere il lettore e tenerlo appeso con leggerezza e talvolta vero spasso: non male, c’è da dire, per un libro che presta attenzione anche ai lettori meno forti perché poco avvezzi alla lettura o magari affetti da dislessia. Jacob due-due si avvale infatti delle consuete caratteristiche di alta leggibilità (font specifico che aiuta a confondere e sovrapporre meno le lettere, spaziatura maggiore, sbandiera tura a destra, carta color crema) che rendono amichevole oltre che appassionante la collana Maxizoom di Biancoenero.

Clemente il pesce col salvagente

Un pesciolino diverso, perché incapace di nuotare autonomamente, viene preso di mira da alcuni abitanti del mare, l’arrogante delfino e la sciocca medusa in primis. Solo il granchio si mostra fedele e vicino alla vittima delle angherie, cercando di aiutarlo in ogni modo a superare le sue difficoltà e costruendo per lui un salvagente di rami, alghe e conchiglie. Clemente, così si chiama il pesciolino, si sente ferito e umiliato e, certo, il suo primo istinto sarebbe quello di vendicarsi con i due bulli acquatici. Sarà la saggia tartaruga a convincerlo a dimostrare invece con l’azione quanto realmente valga nonostante le sue difficoltà: cosa che Clemente non mancherà di fare difendendo la medusa e il delfino dall’attacco di un pericoloso squalo e diventando così un vero eroe degli abissi.

La storia di Clemente, il pesce col salvagente non brilla per originalità ma si rende interessante per le caratteristiche con cui l’autore – Carlo Scataglini – confeziona il volume che la contiene. Questo presenta infatti una doppia versione del racconto: una più semplice, con meno dettagli, frasi più brevi e carattere maiuscolo, l’altra più articolata e dettagliata, frasi e lessico più complessi e carattere minuscolo. In questo modo anche bambini con abilità o livelli di lettura diversi possono condividere la stessa storia, trovando ciascuno la forma a lui più congeniale.

Fanno parte della stessa serie anche i volumi: Calzino bucato e l’invasione delle mollette, La rosa dei sette desideri, Coccole spinose e Mulk, l’amico extraterrestre. L’autore ha curato inoltre una seconda serie dalle medesime caratteristiche (due versioni della stessa storia con gradi di difficoltà differenti) ma destinata a lettori più scafati e con competenze di base già acquisite. I titoli, in questo caso, sono: Gigantino e la guerra saporita, SuperAle, un supereroe niente male e Topigno e la giungla da salvare.

La zuppa dell’orco

Lettori impressionabili e dal cuore debole, tenetevi alla larga: La zuppa dell’orco non è affare per voi! Perfettamente in linea con la tradizione più autentica e non edulcorata delle fiabe dei Grimm, il racconto di Vincent Cuvellier non esita a mettere in scena orchi sporchi del sangue dei bambini ingurgitati e genitori disposti a tagliare a pezzetti i figli. Il gusto un po’ cruento non manca insomma nell’avventura che vede protagonista l’astuto Josef, il più piccolo di sette fratelli, alle prese con genitori fannulloni e disposti a mutilare i figli per farli mendicare più efficacemente. Venuto casualmente a conoscenza del truce piano di mamma e papà, il bambino organizza una furbissima fuga, inganna e rabbonisce un terribile orco cieco e rimedia, infine, un destino gioioso per sé e per i suoi fratelli.

Il libro, stampata ad alta leggibilità dalla Biancoenero, racchiude illustrazioni espressive che ben si sposano con i toni cupi della storia e un racconto che unisce la sospensione tipica della fiaba e l’ironia caratteristica dell’autore francese. Non è raro infatti trovarsi a sorridere tra un pericolo e l’altro in cui incappano gli otto fratelli. Proprio grazie a questo stile strenuamente leggero, Vincent Cuvellier (già noto ai lettori della casa editrice romana per Giancretino e io, Scappiamo!, La settima onda e Mamma e papà oggi sposi) riesce a dare forma a una narrazione in cui temi forti come il disagio familiare e la disabilità, pur trattati in un contesto fiabesco, emergono con forza nuda e cruda e trovano nel finale un riscatto sorridente. Lo dice bene quel “Visto che i bambini avevano le mani, se le strinsero forte. Visto che avevano i piedi, ballarono tutta la notte. Visto che avevano gli occhi si guardarono a lungo sorridendo, fino a quando spuntò il sole su quel paese di neve e di notte”, con cui si chiude il racconto e che celebra l’importanza di trovare il bello della propria condizione. Qualunque essa sia.

 

Draghi dell’altro mondo

È una fiaba dal sapore antico, quella scritta da Sofia Gallo e illustrata da Vanessa Cazzagon per Sinnos: una fiaba che parla di uomini e di draghi, di astuzia e malvagità, di mondi paralleli in cui occorre essere più scaltri degli altri per risultare, infine, vincitori. Giunto nel mondo dei draghi, un povero padre di famiglia riesce a ingannare per tre volte consecutive mamma drago e i suoi figlioli, più che determinati a sbarazzarsi di lui. Con l’arte della parola e della persuasione, l’uomo supera la prova dell’acqua da trasportare con una bisaccia di pelle di bufala, la prova degli alberi da trasportare con tanto di radici e la prova della mazza da scagliare il più lontano possibile, tornando infine arricchito e soddisfatto dai suoi cari.

La fiaba, narrata attraverso un testo fruibile ma evocativo, fatto di frasi contenute e un buon equilibrio tra racconto e discorso, cattura l’attenzione del lettore trasportandolo in un mondo lontano. Le illustrazioni, dal canto loro, appaiono variopinte e originali, nutrite di suggestioni provenienti da tradizioni iconiche diverse non estranee all’estremo oriente e all’Europa dell’est. Racchiusa in un libriccino piccolo e tascabile, la storia dei Draghi dell’altro mondo è stampata rispettando i criteri dell’alta leggibilità (font leggimi!, spaziatura maggiore, carta color crema, testo non giustificato) e andando incontro a gusti ed esigenze di lettori, dislessici e non, del primo ciclo della scuola primaria.

Le nuove avventure di Lester e Bob

Ci mancavano, ah quanto ci mancavano! Conosciuti soltanto un anno fa, la scaltra oca Lester e il bonaccione orso Bob tornano a soddisfare la fame di storie sfiziose dei lettori alle prime armi. Come nella prima, anche in questa nuova raccolta di avventure i due protagonisti non mancano di battibeccare, di tendersi trappole, di inventare argute soluzioni a problemi insormontabili e di cementare la loro bizzarra amicizia con piccoli gesti di preziosa tenerezza. Tra un raffinato Bob che si fa crescere i baffi, un furbo Lester che si finge ispettore delle torte e un improbabile duello senza pistole per mettere fine a un litigio tra i due, spicca particolarmente gustosa l’avventura del volano, finito – ahiloro – nel giardino a fianco, di proprietà dei coccodrilli. Il finale è, qui, come in ogni altro sketch, gustoso e sorprendente, capace di strappare un sorriso anche al più brontolone dei lettori.

L’ironia garbata che regalano queste pagine è rara e preziosa. Coltivata con cura, essa contribuisce a rendere Le nuove avventure di Lester e Bob un libro davvero appetitoso e amichevole, forte anche dell’impaginazione pulita – con testo in stampatello maiuscolo a sinistra e illustrazioni ben riquadrate a destra –  e del carattere ad alta leggibilità di Beisler Testme. La combinazione di tutti questi fattori dà vita a un lavoro che non delude le aspettative ma che anzi fa già venire l’acquolina in vista di una terza auspicabile avventura.

Fermate quella rana!

Le avventure di Hank Zipzer, funambolico personaggio creato da Henry Winkler e Lin Oliver, hanno ormai preso il largo, contando più di sette episodi già pubblicati in italiano. Accanto alla serie classica che vede protagonista il bambino dislessico più creativo di New York alla fine della scuola primaria, inizia a decollare anche la serie che, come una sorta di prequel destinato ai lettori più giovani, lo vede alle prese con i primi anni alla SP87. Dopo Un segnalibro in cerca di autore e Breve storia di un lungo cane, esce infatti ora, sempre per i tipi di Uovonero, il terzo capitolo (come sempre predisposto per una lettura autonoma ma ancor più gustoso se letto a seguito dei precedenti) intitolato Fermate quella rana e contraddistinto dalla consueta grafica ariosa, dalle illustrazioni a tutta pagina di Giulia Orecchia, dai capitoli brevi e dalla stampa ad alta leggibilità in carattere piuttosto grande.

La rana in questione è Fred: l’animale domestico del preside Love, lasciato in custodia alla classe di Hank, Ashley e Frankie durante un intero weekend. È Hank, in particolare, ad avere la fortuna di occuparsene dato l’inatteso feeling che dimostra di avere fin da subito con l’animale. Da parte sua ci sono le migliori intenzioni di prendersi cura del temporaneo ospite ma quando difficoltà di attenzione e memoria ci mettono lo zampino può diventare difficile fare fronte a fughe anfibie. Quando Hank dimentica di mettere il coperchio all’acquario di Fred tutti gli amici e i famigliari saranno costretti a una caccia al tesoro contro per ritrovare la preziosa bestiola. Un posto d’onore in questa nuova avventura lo guadagna senza dubbio il cane Cheerio, affettuoso quanto inaspettato compagno di giochi di Fred, capace di mostrare a suo modo come gli amici si nascondano spesso dove meno ce lo aspettiamo.

La lega degli Autodafè – Mio fratello è un custode

È un giorno come un altro quando la vita di Auguste detto Gus, quattordicenne parigino, viene improvvisamente stravolta. Succede infatti una mattina che la polizia suoni alla porta di casa per comunicare la notizia della morte del padre in un incidente stradale. Il dolore è fortissimo e il mondo del ragazzo sembra poter crollare da un momento all’altro, ma la parte più sconvolgente della faccenda deve in realtà per lui ancora venire. Quando, dopo il funerale, si trasferisce dai nonni insieme alla mamma e alla sorella, nella casa di campagna detta “la Commanderia”, Gus scopre infatti che la versione raccontata dalla polizia è menzognera e che il padre è di fatto stato assassinato. Dietro l’omicidio c’è una misteriosa storia millenaria che vede una società segreta chiamata la Lega degli Autodafé impegnata a impedire la diffusione della conoscenza attraverso la distruzione dei libri che la contengono. Il padre di Gus faceva invece parte della cosiddetta Confraternita: un gruppo di persone intente a contrastare l’attività degli Autodafè attraverso la ricerca, la custodia e la trasmissione di libri. Ora che il padre non c’è più, tocca a Gus prendere il suo posto e battersi per preservare il destino dell’umanità. Deve trovare prima degli Autodafé la cappella del tesoro e mettere in salvo il suo contenuto ma chi fa parte della Lega non ha davvero scrupoli ed è disposto a tutto pur di ottenere ciò che cerca. Per questo, per il protagonista, si tratta di una missione ad alto rischio, che vede impegnati alcuni amici nuovi e vecchi, un professore della scuola e tutti, ma proprio tutti, i membri della sua famiglia. Tra questi spicca senza dubbio la sorella più piccola Césarine che non solo assume un ruolo  determinante nella vicenda ma si fa anche, a tratti, insolita narratrice. Il suo diario intervalla infatti il racconto di Gus, offrendo al lettore dettagli nuovi e opinioni spiazzanti su quanto accade.

Mio fratello è un custode è il primo volume di una trilogia intitolata La lega degli Autodafè e scritta dall’autrice francese Marine Carteron. La missione che il papà di Gus gli ha lasciato in eredità non si conclude infatti a pagina 302 ma promette di proseguire nei successivi episodi. E non stentiamo a credere che i lettori di questa prima avventura attendano con trepidazione la pubblicazione delle seguenti, affascinati da un mistero che ha attraversato i secoli, da un protagonista molto umano con molti pregi ma anche difetti, e da un personaggio apparentemente secondario ma in realtà travolgente come Césarine. Il libro sa amalgamare un mistero che attraversa i secoli risalendo addirittura ad Alessandro Magno e una contemporaneissima ambientazione in cui pullulano riferimenti al mondo (dagli accessori alla tecnologia, dai programmi tv alle letture) di un adolescente d’oggi. Animato da personaggi interessanti e relazioni avvincenti, il romanzo rimanda senza dilungarsi troppo a episodi storici cruciali (penso ai riferimenti al periodo fascista o alla citazione dell’’Internazionale) ed evoca narrazioni precedenti, prima fra tutte quella di Harry Potter (si pensi alla figura del giovane coraggioso pronto a sfidare la morte per compiere la missione che gli è affidata, alla figura della fenice, al rapporto con il padrino che fa le veci del padre e lo accompagna nella battaglia).

Successo editoriale d’oltralpe, il libro è stato portato in Italia da Uovonero, da sempre attenta a offrire ai giovani lettori storie capaci di raccontare la diversità (e in particolare la neurodiversità) attraverso storie appassionanti. Césarine è infatti autistica – o artistica, come ha capito Gus la prima volta che glielo hanno detto –  e il suo racconto insolito e diretto restituisce un particolare modo di vedere il mondo e di vivere le situazioni, sia quotidiane sia eccezionali. Non le piacciono i numeri fino a 22 e se le capita (spesso!) di contare li salta a piè pari, è messa a disagio dalle situazioni che non rispettano uno schema noto, ricorda dettagli con grande facilità, ama la precisione puntigliosa e interpreta alla lettera qualunque espressione mettendo in difficoltà chi non la conosce per bene. È l’”effetto Césarine”, per dirla con le parole di Gus: un effetto che disorienta e talvolta spaventa ma che fa anche sorridere e intenerire. Attiva e determinata, Césarine non è un personaggio posticcio messo lì solo per dare originalità al racconto ma un personaggio a tutto tondo che entra a capofitto nella vicenda, regalandole brividi e humour. La sua amicizia con Sara, bimba affetta da sindrome di Down, delinea un’avventura nell’avventura e mette bene in luce il lato più normale della diversità.

Il sole fra le dita

Testa calda, famiglia problematica e una certa propensione a infrangere le regole: questo è il ritratto di Dario. Almeno quello che tanti adulti dipingono concordi, guardando quel ragazzo tanto scontroso e strafottente. Una mela marcia, per dirla con due parole di cui la professoressa Delfrati fa un certo abuso. Mela marcia. Mela marcia. Mela marcia. A furia di sentirselo dire anche lo stesso Dario inizia a pensare di esserlo per davvero, e questo non aiuta certo a migliorare il suo atteggiamento. Così, all’ennesima insinuazione dell’insegnante – “Sei una mela marcia. Anche tuo padre lo sapeva. Per questo se n’è andato” -, il ragazzo sbotta e se ne va dalla classe sbattendo la porta. In questo modo si guadagna suo malgrado un periodo indeterminato di “assistenza volontaria ai portatori di handicap della scuola”, leggi: passare del tempo insieme a Andy, un ragazzo in carrozzina che fatica a parlare, mangiare, gestirsi in autonomia.

Per Dario è proprio quello che mancava per completare una vita rancorosa e insopportabile. Dopo i primi giorni di insofferenza – verso la punizione in sé in giusta e insensata, verso quel compagno forzato con cui non si può nemmeno parlare e soprattutto verso quella sua educatrice tutta moine e compassione – il ragazzo fa una bravata senza pensarci troppo: afferra la carrozzina di Andy e parte per il mare sulle tracce di quel padre che anni prima ha inspiegabilmente abbandonato lui e la madre. Quello che lo aspetta è un viaggio molto diverso da quello immaginato: un viaggio in cui fare i conti con un passato difficile da digerire, in cui scoprirsi amorevole e premuroso di fronte alla fragilità, in cui entrare senza mezze misure nel quotidiano di un coetaneo così diverso da lui  benché ugualmente solo.

L’incontro con Andy finisce quindi per aprire squarci inattesi di crescita, pensiero e scoperta per il giovane Dario, trasformando la punizione in un’autentica occasione di riscatto. Un riscatto bilaterale, a dire la verità: perché se Dario trova in Andy la chiave per guardarsi dentro e ricalibrare la sua vita, è altrettanto vero che Andy trova in Dario chi sa vedere in lui la persona prima del disabile. E se entrambi trovano nel compagno un amico inaspettato non è per buonismo o political correctness ma per effetto diretto della condivisione di attimi, avventure, divertimenti e difficoltà.

Il sole fra le dita è una lettura estiva per data di pubblicazione e atmosfere dipinte (fin dal titolo) ma meritevole di abitare scaffali, comodini, classi e divani per quattro intere stagioni all’anno. Scorrevole e ricco, il romanzo di Gabriele Clima sa parlare di ragazzi e ai ragazzi con la schiettezza e la sensibilità di chi non ha paura di frequentarli e conoscerli davvero.  Con lo stesso spirito l’autore offre inoltre una lettura rara della disabilità in cui la difficoltà non cancella necessariamente la possibilità e in cui la vita necessita di reali sfide a migliorarsi e obiettivi da raggiungere per potersi dire tale. In cosa consistano tali sfide e obiettivi in un caso come quello di Andy, spetta spesso capirlo agli assistenti e ai genitori, il cui ruolo di  educatori, per il quale competenze e qualità umane non possono che abbracciarsi, è qui reso in tutta la sua importante delicatezza.

L’ombrello rosso

Sarà perché la voglia di storie è deliziosamente impaziente, fatto sta che Ingrid e Dieter Shubert, autori dell’albo L’ombrello rosso, non perdono tempo e il loro racconto per immagini inizia prima ancora che colophon e pagine introduttive abbiano il tempo di essere sfogliati. Subito dietro la copertina un intrepido cagnolino dal pelo color della pece trova infatti un ombrello abbandonato e a bordo di quest’ultimo si fa trasportare da un vento impetuoso. Inizia così un viaggio andata e ritorno sopra le nuvole, in mezzo alla savana, nelle profondità del mare, nel fitto della giungla e tra i rigidi ghiacci polari.

Un viaggio emozionante, non privo di pericoli e scoperte, durante il quale il comunissimo accessorio da pioggia si fa aereo, scudo, nave, sommergibile e persino slitta. Fino a quando l’intrepido viaggiatore non poggia nuovamente le zampe a terra e l’ombrello rosso non torna a essere che un utile oggetto per ripararsi dalla pioggia. Ma un nuovo passeggero curioso è in arrivo: altro giro altra corsa, tutto lascia intendere che un nuovo viaggio stia per cominciare…

Così si chiude, lasciando però aperti ampi spazi di immaginazione, il bellissimo albo senza parole pubblicato da Lamniscaat. In linea con il più autentico spirito dei viaggiatori, il lavoro dei due autori olandesi chiama il lettore a trovare a suo piacimento le parole per raccontare ciò che accade. Il loro stile privo di fronzoli ma attento ai dettagli invita infatti a spalancare gli occhi di fronte a paesaggi e protagonisti ben delineati e rende un servizio eccellente a una narrazione tutta iconica. Ciò che succede pagina dopo pagina, benché non esplicitato da un testo scritto, risulta infatti chiaro, netto e di conseguenza perfettamente fruibile anche in caso di disabilità, sia essa cognitiva, uditiva o comunicativa.

La rapina del secolo

Il furbo, Carlone e Luigino lo svelto sono tre ladri e hanno in mente quella che potrebbe rivelarsi la rapina del secolo: rubare la torta di nozze del figlio del presidente del Cile dalla pasticceria del celebre Rolando per chiedere un sostanzioso ricatto. Ma il furbo, Carlone e Luigino lo svelto – come lasciano facilmente intuire i nomi – sono una banda scalcinata tutta da ridere con un boss alto un soldo di cacio che fa il duro che più duro non si può e due gregari di cui uno un po’ tonto e l’altro intento solo a mangiare. Inutile dire che, date le caratteristiche del trio, l’impresa incontrerà qualche intoppo, a tutto guadagno del divertimento del lettore.

Davide Calì racconta infatti questa brevissima storia sottolineando i tratti più comici dei suoi protagonisti, i dialoghi surreali che prendono vita tra loro e la piega rocambolesca che assume l’intera faccenda. Lo fa con una scrittura semplice e ben calibrata che ben si sposa con illustrazioni essenzialissime, anch’esse a firma sua,  tutte giocate su forme minime e sui toni del bianco, del nero e del verde salvia.  Il risultato sono pagine non solo dal contenuto ma anche dall’aspetto ammiccante che si mostrano fin da una prima occhiata accessibili e amichevoli anche per chi non bazzica la lettura con frequenza o con facilità. Lo stesso accade anche nell’altro libro firmato dall’autore e intitolato La casa di riposo dei Supereroi che con La rapina del secolo inaugura Minizoom, la fresca collana ad alta leggibilità per giovanissimi lanciata da Biancoenero nel 2016.

 

 

Giochi di luce

Giochi di luce è un colpo di fulmine: impossibile non restarne folgorati! L’originalità e la vicinanza con il sentire bambino di questo splendido albo senza parole – già vincitore del prestigioso Bologna Ragazzi Award nel 2015 – lo rendono infatti un piccolo e insolito gioiello, in cui il lettore è chiamato ad agire con poca fretta e molta curiosità.

Sull’inconsueto sfondo nero delle pagine – che sfida le convenzioni editoriali e suscita un immediato effetto stuzzicante – si stagliano contorni grigio chiaro di piante, fiori e animali di ogni sorta. A esplorare questa natura misteriosa, fianco a fianco al lettore, c’è un intraprendente  bambino dagli sgargianti stivali giallo limone. Torcia alla mano questi si avventura tra cespugli, fronde e radure illuminando ogni volta un particolare del sottobosco.

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Il cono di luce bianco della torcia porta così allo scoperto dettagli arborei e creature del buio indaffarate, mentre tutt’intorno, nella penombra, la luna avanza nel cielo e la natura si anima pensando forse che nessuno la scorga. Gufi, cerbiatti, pipistrelli e roditori di varia taglia portano avanti le loro consuete attività notturne o si arrestano – tra timore e interesse – a fissare l’insolito ma rispettoso visitatore. Il loro è un incontro discreto e quieto, fatto di reciproche attenzioni che si risolvono in un buffo colpo di scena finale.

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Tutto accade nel massimo silenzio: quello che serve per osservare per benino il bosco e i suoi abitanti e per godere appieno di una storia fatta di minuzie, di dettagli brulicanti, di stupore per le piccole cose. Giochi di luce invita proprio a fare questo, offrendo quadri pullulanti tra i quali muoversi alla ricerca di bestiole nuove o già incontrate, di finestrelle che svelano particolari prima non scorti e di interazioni tra i personaggi che fanno del libro un’avventura vera e propria, in cui meraviglia e libertà di esplorazione vanno felicemente a braccetto.

 

 

 

Le avventure di Lester e Bob

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Fate largo, sono in arrivo due personaggi illustrati a dir poco irresistibili! Usciti direttamente dalla penna di Ole Könnecke, Lester e Bob sono due amici davvero bislacchi: un papero con un certo savoir faire e un orso pacioccone re delle torte al forno. Il loro approccio alla vita non potrebbe essere più divergente – egocentrico e sicuro il primo, low-profile e accomodante il secondo – e proprio da questa divergenza nasce l’ilarità degli sketch cui i due danno vita e la vitalità della relazione che li unisce.

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Che sia nel bel mezzo di una partita a bocce con dei coccodrilli o in preparazione di una serata di gala, di ritorno da un giro del mondo o in piena costruzione di volatili di neve, i battibecchi, gli scambi di opinioni, le battute e le trovate dei due animali sanno lasciare spiazzati, sorridenti e di buonumore.

Nelle loro sono avventure, minimal e surreali, la stramberia è all’ordine del giorno e l’amicizia finisce sempre per trionfare. Senza moralismi o forzature, però – si badi bene – ma per il solo e invincibile potere di una torta al cioccolato o di una maschera del buonumore. L’autore ha infatti questa rara abilità nel raccontare storie a misura di bambino che danno rilievo ai sentimenti passando attraverso le cose concrete. Qui, in particolare, l’anatra e l’orso sono protagonisti di quadretti gustosi e concisi – perfetti per stuzzicare senza appesantire – che si vorrebbe potessero avere un seguito ancora molto lungo, lunghissimo.

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Le avventure di Lester e Bob fa parte della collana ad alta leggibilità Leggo già di Beisler, inaugurata dall’altrettanto surreale volume Lupo e cane. Insoliti cugini. Il libro di Ole Könnecke fa però uso del font specifico per dislessia in formato maiuscolo, che calza a pennello sulle storie narrate e sul target più giovane cui queste si rivolgono.

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The big swim. La grande prova

Presentatosi ai lettori i italiani con La strana collezione di Mister Karp (finalista del premio Andersen 2014), Cary Fagan torna a farsi notare con un nuovo libro ad alta leggibilità destinato ad un pubblico analogo o di poco più grande. Pubblicato con la consueta attenzione alle esigenze di lettori con dislessia dalla Biancoenero, The big swim. La grande prova racconta di un’estate a un campo estivo per ragazzi, così come vissuta dal protagonista Ethan.

Timido e poco predisposto a farsi notare, Ethan cerca dapprima di mantenere un basso profilo e non farsi dei nemici ma scopre pian piano di potersi spingere più in là, trovando compagni che lo apprezzino, occasioni per mettersi alla prova e coraggio per mostrare i propri talenti e per esternare i propri sentimenti. La settimana di campo estivo diventa così per lui una piccola ma intensissima esperienza di crescita, con compagni di avventura che val la pena di scoprire a fondo e possibilità di toccare da vicino l’emozione palpitante e contrastante dell’adolescenza che bussa alla porta. La stessa palpitante e contrastante emozione che si prova, forse, a cimentarsi in piena notte, con la Grande Traversata a nuoto verso l’isola di Downing…

 

Officina Millegiri

Sono tante e sfaccettate le storie a due ruote che si intrecciano in questo fumetto: una moltitudine di personaggi, epoche, panorami, contesti, vicende ed emozioni si fanno largo a suon di pedalate. È proprio la passione per le biciclette dei suoi protagonisti – dall’aggiustatutto al corridore, dall’orsa equilibrista al ciclista acchiappanuvole, dalla band a pedali al tifoso sfegatato – a fare da filo conduttore a un fumetto che dice tra le curve di sogni, amori, progetti e amicizie.

Le parole sono scelte dal cantante dei Tête de Bois Andrea Satta e trovano forma visiva nella matita di Eleonora Antonioni (anche se è proprio da quest’ultima che l’idea di portare tante biciclette in un solo libro è partita). L’incontro tra le due voci è ben calibrato e non scontata: tale insomma da lanciare un amo insolito a lettori adolescenti, soprattutto se amanti delle corse in velocità.

La brevità delle storie, unita alla consueta attenzione di Sinnos per l’alta leggibilità (qui applicata al genere del fumetto grazie alla font leggimi graphic), rende Officina Millegiri particolarmente fruibile anche da parte di giovani lettori poco a proprio agio tra le pagine fitte.

Il cavaliere saponetta

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Il cavaliere Saponetta si chiama così per la sua sfrenato attitudine alla pulizia: sempre lindo e profumato, non perde occasione per strofinarsi per bene dopo una battaglia condotta con lealtà e ardore. Ad accompagnarlo nelle imprese il fido ma ancora inesperto Elmo e a circondarlo presso la sua magione una sfilza di personaggi buffi, primo fra tutti il maestro inglese di quick step.

La vita del protagonista è insomma sufficientemente avvincente e vivace di per sé ma sarà un’improvvisa e urgente lettera del re a renderla davvero travolgente. Incaricato di sconfiggere un drago che sta terrorizzando il regno, il cavaliere Saponetta si trova ad affrontare molti pericoli, la maggior parte dei quali predisposti dal malfido conte Grigio che come lui punta alla mano di Linda, la soave figlia del re. Il finale sarà tutta una sorpresa, capace di rivelare intrighi ma anche di dare una scossa agli stereotipi che spesso si nascono nelle fiabe.

A rendere ancora più piacevole una storia già così molto gustosa, entrano in campo i disegni frequenti, colorati e irresistibili di Mattias de Leeuw che illustrano con pazienza i vari passaggi del racconto e ne sottolineano bene il tono scherzoso. Gli accorgimenti tipografici caratteristici (font leggimi, spaziatura maggiore, carta avoriata, sbandieratura a destra, a capo in linea con la punteggiatura) della collana ad alta leggibilità I narratori a colori di Sinnos, di cui Il cavaliere Saponetta fa parte, completano infine il quadro, garantendo una più agevole lettura anche in caso di dislessia.

La freccia azzurra

La freccia azzurra è un mezzo più che speciale: un treno magico sul quale i giocattoli si animano e prendono iniziativa, dirigendosi in autonomia dai bambini meno abbienti. Grazie al buon cuore e al coraggio di personaggi come il capitano Mezzabarba o il cagnolino di pezza Spicciola, anche bambini come Francesco possono così vivere un’epifania serena e allietata da uno spirito di gioia e condivisione.

Mossa da un potente e chiaro intento egualitario – lo stesso che spesso emerge con forza dalle opere rodariane – La freccia azzurra racconta di un’infanzia d’altri tempi in cui forse desideri e sogni erano un po’ più sudati ma che a tutt’oggi smuove emozioni nei piccoli lettori.

Una delle storie più amate di Gianni Rodari trova in questa versione audio realizzata da Emons nuova vitalità. Pacata e avvolgente, la voce esperta di Ascanio Cestini offre un valore aggiunto a un racconto che è un grande classico, garantendone un piacevole accesso anche a bambini con difficoltà visive o di decodifica del testo.

Harry Potter e la pietra filosofale

Primo capitolo di una saga che ha conquistato grandi e piccoli lettori in ogni angolo del mondo, Harry Potter e la pietra filosofale ha spalancato le porte alla costruzione di un immaginario comune ben radicato e fertile. Da lì in avanti, le avventure di Harry, Ron, Hermione e della miriade di personaggi corollari nati dalla mente geniale di J.K. Rowling hanno iniziato a popolare fantasie, discorsi e ricordi che diventano oggetto di condivisione e confronto tra pari. Per questo appare particolarmente importante rendere accessibile questo patrimonio anche a ragazzi con disabilità, così che la ricchezza narrativa contenuta nella penna dell’autrice non sia per loro esclusivamente ridotta alle pur apprezzatissime versioni cinematografiche.

Ecco allora che gli audiolibri Salani, che propongono una registrazione del testo, interpretato da voci solide e capaci (qui quella di Giorgio Scaramuzzino è una garanzia!), vengono incontro a questa precisa esigenza offrendo a lettori con disabilità visiva, con disturbi specifici dell’apprendimento, con necessità di leggere e al contempo fare altre cose o con predilezione per il racconto orale, la possibilità di godere delle vicende di Hogwarts al pari di un lettore tradizionale. Già uscito nel 2008 in formato audio (inciso perciò su un numero consistente di Cd, addirittura 8!), la prima avventura di Harry Potter viene ora riproposta in formato MP3 che ne snellisce e rende più fruibile l’ascolto.

Le avventure di Tom Sawyer

Sono avventure con la A maiuscola quelle che Marc Twain confezionò nel 1976 e che cucì intorno al personaggio di Tom Sawyer. Avventure che si dipanano lungo il fiume Mississippi e che vedono protagonista un ragazzo intraprendente ed esuberante dedito a una vita spericolata in cui tesori, cadaveri, grotte misteriose non mancano. Per i primi 140 anni di questo libro che ha solletico e solletica le menti affamate di storie avvincenti, Biancoenero lo ripubblica, in versione ridotta e semplificata, all’interno della collana Raccontami.

L’alta leggibilità, che da sempre contraddistingue la produzione della casa editrice romana, non beneficia qui solo di un font specificamente messo a punto per chi ha problemi di dislessia, di un’impaginazione più spaziosa, di righe irregolari che seguono il ritmo del racconto e di una carta color crema ma anche di un adattamento del testo a cura di Giulia Avallone che privilegia scelte sintattiche e lessicali più fruibili rispetto al testo originale. Il libro è inoltre accompagnato da un CD MP3 che offre al lettore, con o senza difficoltà, di scoprire le avventure di Tom Sawyer anche attraverso l’ascolto

Pinocchio (ed. Erickson)

Nasce dai tipi di Erickson una collana che si propone di rendere più ampio l’accesso ad alcuni testi fondamentali della nostra tradizione per l’infanzia. Capofila, in questo senso, è il volume dedicato al capolavoro collodiano Pinocchio. Il lavoro fatto dai curatori al fine di rendere il testo più fruibile e largamente condivisibile, anche da parte di chi sperimenta difficoltà di lettura, di attenzione e di decodifica sintattica, si basa su un’attenta semplificazione, non tanto della trama, che mantiene qui invariati i suoi episodi chiave – dal teatro dei burattini alla prigione, dall’avventura in mare al Paese dei Balocchi – quanto del testo che risulta contraddistinto da espressioni più comuni, frasi meno articolate, forme verbali attive e soggetti esplicitati.

La semplificazione testuale non è tuttavia l’unica accortezza messa in campo per aumentare il grado di accessibilità del racconto di Collodi. Questa operazione passa anche infatti attraverso l’evidenziazione e la spiegazione degli elementi lessicali meno noti, la sintesi dei capitoli, la registrazione audio del testo (che l’editore sceglie di non incidere su cd ma di rendere scaricabile tramite QR code o passaggio sul sito) e l’aggiunta di illustrazioni poco elaborate ma eloquenti. Frequenti, ben integrate con il testo e indispensabili per identificare i protagonisti e tenere il filo della narrazione, queste mettono bene a fuoco i momenti salienti della storia.

Sia Il piccolo principe sia Pinocchio sono curati da Carlo Scataglini, insegnante e autore di numerosi testi tra cui figura anche Adattamento dei libri di testo. Semplificazione progressiva delle difficoltà, edito dalla stessa Erickson. Il volume (138 pagine, 24,90 €) mette in luce i principali ostacoli di comprensione testuale in cui si imbattano alcuni allievi, soprattutto (ma non soltanto) in caso di disabilitadattamento dei libri di testoà cognitive e difficoltà di concentrazione. A partire da queste considerazione, gli autori (insieme a Scataglini figura anche Annalisa Gustini) provano a individuare ed evidenziare alcune strategie di adattamento dei testi che ne consentano un accesso più ampio e paritario, e di conseguenza inclusivo. A seguire, nella parte più corposa del libro, vengono proposti alcuni esempi di analisi delle difficoltà citate, ma anche di evidenziazione, schematizzazione, ristrutturazione e riduzione di testi adatti a classi diverse dalla terza elementare alla terza superiore e afferenti a materie diverse (dalla storia alla geografia, dalle scienze alla narrativa). Il libro può fornire quindi utili spunti a insegnanti di scuole di diverso ordine e grado che con sempre maggiore frequenza si trovano di fronte alla necessità di personalizzare e rendere più accessibili determinati contenuti didattici.

 

 

La gara delle coccinelle

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All’inizio è una doppia pagina quadrata, pulita, ampia e di un  bianco abbagliante. Sui due margini laterali una linea di partenza e una di arrivo, sul lato sinistro uno schieramento di buffe coccinelle dalle forme, dalle tinte e dalle dimensioni diverse e realistiche. Tutto è statico, immobile. Pare di sentire l’attesa trepidante per il fischio o lo sparo d’inizio. Poi si gira pagina e la gara anticipata dal titolo finalmente inizia. I partecipanti che superano il nastro iniziale – ben più numerosi di quelli inizialmente visibili – invadono via via lo spazio bianco, chi ad ali spiegate e chi no, chi ingranando la quarta chi restando nelle retrovie. La corsa prosegue, caotica e brulicante, per alcune pagine fino a quando qualcosa di davvero strambo non accade. Come di fronte un muro magico – a metà tra il binario 9 e 3/4 di Harry Potter e il limite della trilogia di Suzy Lee – la baraonda di corridori prima si ammassa e poi scompare.

Che ne sarà stato di loro? Il lettore è a questo punto stupito e perplesso almeno quanto l’unica coccinella che invece riesce a passare nel lato destro del libro. Con lei vive momenti di esitazione e disorientamento ma anche la sorpresa dell’azione risolutiva su cui val la pena di non dire molto altro per non guastare il piacere della lettura!

E’ un piacere , questo, che si nutre di un’attenzione mirabile per i dettagli, di un ritmo narrativo che segue una curva ascendente prima e discendente poi, con un picco di reale congelamento centrale, e di una sfida immaginativa e deduttiva costantemente rilanciata al lettore. Leggere La gara delle coccinelle è infatti come accettare una sfida di scacchi: a ogni pagina occorre studiare con cura la situazione, prendersi il tempo di scovare cosa è cambiato rispetto alla pagina precedente, fare ipotesi su cosa potrebbe essere accaduto e su cosa potrebbe accadere in seguito e infine avanzare. Ma occorre anche ritornare sui propri passi, rivedere le proprie posizioni e rilanciare una strategia interpretativa sulla base di nuovi indizi.

Nel panorama (fortunatamente) sempre più vasto e variegato si albi senza parole, stuzzicanti anche che per chi fa a pugni con la parola scritta, quello di Amy Nielander è davvero originale e intelligente oltre che esteticamente curato e graficamente ipnotizzante. Non solo il lettore – più o meno giovane – può dedicare un lungo e piacevole tempo scoprire somiglianze e differenze tra le innumerevoli coccinelle che popolano le pagine e sorridere dell’uso narrativo che l’autrice fa dell’oggetto libro e dei suoi componenti (margini, pagine e linee di separazione) , ma può trovare un’occasione ghiottissima per condurre una lettura a più voci, in cui ci si confronta, ci si riconosce spiazzati, ci si pone interrogativi (a cui non sempre il libro fornisce risposte univoche), ci si diverte a vedere realizzate o smentite le proprie supposizioni. Il libro è insomma un gioco di rara arguzia per gli occhi e per la testa, che celebra l’importanza della cooperazione grazie al coinvolgimento estetico, narrativo e immaginativo del lettore stesso. Ben fatto davvero!

 

Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico

Dalla Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare in avanti, le amicizie improbabili tra animali costituiscono un terreno particolarmente felice per Luis Sepulveda. Anche in Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico, come si può facilmente dedurre fin dal titolo, protagonisti sono due bestiole normalmente antagoniste. La prima è un vecchio gatto cieco di nome Mix, cresciuto insieme al suo padrone Max fin da quando entrambi erano piccini, e ormai dedito a ciondolare tristemente per casa per via della mancanza della vista. La seconda è un topolino furbo e logorroico di nome Mex che cerca di rubacchiare nella dispensa presidiata da Mix. A dispetto di quanto consuetudini e manuali di zoologia ci abbiano insegnato, i due si conoscono e diventano inseparabili compari trovando ciascuno una forma di arricchimento nell’altro fatta di una quoptidianità condivisa e di regali straordinari: mentre il topo consente al gatto di ritrovare immagini perdute del mondo esterno, il gatto conduce il topo in avventure mozzafiato su per i tetti.

Della bella storia di amicizia, dalla chiama morale sulla diversità e sul superamento dei pregiudizi, Salani propone sia la versione cartacea sia la versione in audiolibro. Quest’ultima, letta dal doppiatore Dante Biagioni, allarga le possibilità di fruizione anche in caso di DSA o disturbi visivi pur rinunciando alle poetiche illustrazioni di Simona Mulazzani. La durata (tre quarti d’ora giusti) della lettura e la piacevolezza del racconto fanno inoltre sì che l’ascolto risulti tutt’altro che pesante anche per chi fatica a mantenersi concentrato.

Blu come me

Blu come me è la storia di un coniglio che blu non è se non per la felpa che indossa (che caratterizza con efficacia la sua giovane età) e l’umore che manifesta (se consideriamo il blu nella sua accezione anglosassone). Il suo folto pelo è in realtà giallo brillante e questo lo rende differente rispetto a tutti i suoi familiari e conoscenti il cui pelo appare invece di un anonimo bianco. Proprio per questo motivo il protagonista si sente diverso e come tale viene da tutti trattato. “Speciale” lo definisce qualcuno, senza rendersi conto che le parole non bastano a dare un volto nuovo alla realtà e prima o poi rivelano la loro natura illusoria (per non dire truffaldina). Ciò che blu è davvero è invece la fogliolina che il coniglio trova un giorno per caso sul suo cammino e che segna la vera svolta nella sua esistenza. Deciso a scoprire da dove provenga, si spinge infatti lungo colline, boschi, rocce e fiumi fino a trovare il sorprendente albero dalle foglie celesti. E’ una sorta di viaggio iniziatico il suo, che si conclude (a dirla tutta forse si apre), quando proprio alle pendici di quell’albero straordinario fa un incontro ancora più incredibile: un coniglio dal pelo giallo brillante tale e quale al suo con il quale condividere giochi, corse e spazi di immaginazione che sappiano per una volta di normalità e che consentano di riacquistare un posto sereno anche in un mondo a prevalenza di conigli bianchi.

Attraverso personaggi dai tratti umani molto convincenti, Blu come me racconta una storia di diversità al contempo schietta e delicata. Il libro non parla certo esplicitamente di disabilità ma le riflessioni che emergono dicono molto bene il disagio di chi vive quotidianamente una situazione di scarto dalla norma e soprattutto subisce l’impaccio di un contesto sociale poco avvezzo a confrontarsi con ciò che esce dai margini. Le parole di Ivan Canu sono ben scelte, posate, profumate. L’erba alta e l’autunno in arrivo, la collina di aceri rossi e e i ciuffi di muschio: tutto prende forma con garbo agli occhi del lettore, grazie a un testo che non sbrodola e che coglie e registra solo ciò che conta. Le immagini di Francesco Pirini, dal canto loro, colgono emozioni e movimenti, alternando il ritmo della scoperta e quello della riflessione. Attraverso dettagli significativi ma lasciati all’occhio attento del lettore – le foto di famiglia in cui spicca un solo coniglietto giallo, un richiamo di tonalità cromatiche che unisce il protagonista in cammino a tutto ciò che nel paesaggio si muove come lui – l’illustratore propone un gioco di contrasti che arricchisce con delicatezza e forza il respiro della storia.

 

I fantastici cinque

I superpoteri che si nascondono nelle persone normali sono tanti, diversi e talvolta inaspettati. C’è per esempio chi vede lontanissimo, chi ha un udito davvero fine e chi solleva pesi straordinari, come i primi quattro protagonisti ideati da Quentin Blake: Angela, Ollie, Simona e Mario. E poi c’è chi, come Eric, pensa di non avere nulla di speciale. Timido e impacciato, Eric compare silenziosamente nelle prime pagine del volume  accompagnato da un incerto bofonchiare (“ehm…ehm”) mentre tutti i suoi compagni mostrano capacità straordinarie, persino durante una semplice gita in montagna. Sarà proprio in questa occasione, e in particolare al momento del bisogno  (quando l’autista Big Eddy, forse per colpa dei panini del pranzo, diventa verdastro e tomba a terra svenuto) che Eric scoprirà e farà scoprire ai compagni la sua peculiarità tutt’altro che superflua: quella che lo includerà a tutti gli effetti nel gruppo dei Fantastici cinque e che dice forte al lettore che anche saper trovare le parole giuste al momento giusto, senza sprecarle o distribuirle a vanvera, è un vero talento troppo spesso sottovalutato.

I fantastici cinque è scritto e illustrato dallo strepitoso Quentin Blake noto, tra le altre cose, per aver dato un’insostituibile forma ai personaggi creati da Roald Dahl. Il suo stile è diretto ed essenziale, sia nel tratto che nel discorso, e proprio la combinazione di parole – non una più del necessario – e illustrazioni  – dinamiche e sorridenti –  suggerisce una lettura positiva della diversità, tema trasversale del racconto. Non solo ogni personaggio vanta abilità eccezionali (sottolineate soprattutto a livello testuale, con una prevalenza di verbi come potere e riuscire) ma non nasconde nemmeno le sue eventuali disabilità (dipinte soprattutto a livello iconico,attraverso dettagli significativi ma discreti). Così, per esempio, senza che il testo dica nulla in merito, Mario si sposta sulla sedia a rotelle e Ollie, munito di occhiali scuri, cammina sempre per mano a uno degli amici. Abilità e disabilità vanno insomma serenamente a braccetto impastando un racconto genuino ed efficace. L’idea forte che ne emerge è che talenti e straordinarietà possano celarsi in ognuno di noi: un messaggio chiaro e incisivo che la versione originale del libro condensa bene nel titolo Five of us.

 

Scoperta

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Lo aspettavamo, e molto. Dopo aver letto e trattenuto il fiato di fronte a Viaggio, non vedevamo l’ora di scoprire cosa avesse in serbo Aaron Becker per il secondo volume della sua trilogia senza parole. Autoconclusivo e perciò godibilissimo anche senza conoscere o avere sottomano gli altri pezzetti dell’insieme, Scoperta ci fa ritrovare la coppia di amici formatasi alla fine di Viaggio pronta per sgattaiolare in una nuova impresa dalle tinte accese. Muniti di due preziosi pastelli magici – uno rosso e l’altro viola – i due protagonisti incontrano il lettore durante un temporale cittadino. Le prime pagine (quelle del titolo e dei credits, per intenderci), dove ancora (erroneamente) crediamo di non esserci davvero addentrati nella storia, ce li mostra in corsa sotto le prime gocce  e poi al riparo sotto un ponte di pietra maestoso ma apparentemente insignificante. A ben guardare, sotto una delle volte, si cela  una porta di legno dalla cornice scolpita. La bambina – forse attratta proprio dai decori, forse colpita da un impercettibile movimento di chiave – ce la segnala con lo sguardo: è un dettaglio, quasi impercettibile ma estremamente importante: è quello che ci sommessamente ci annuncia che qualcosa di straordinario sta per succedere. L’avventura inizia.

Impazienti volgiamo la pagina ed ecco che un misterioso re dalla cappa arancione esce di soppiatto proprio da quella porta e consegna ai due ragazzi una mappa, una sorta di cartuccera e un terzo pastello arancione, prima che alcune guardie armate lo costringano a rientrare. La cartuccera si rivela presto essere un portapastelli (non male come idea antibellica, detto tra le righe!) e la mappa, criptica, riporta sei cerchi di sei colori differenti. Il legame tra i due oggetti è forte e si mostra con evidenza lampante qualche pagina più avanti, quando uno zoom sulla mappa lascia scorgere che i cerchi disegnati, uniti da linee colorate, racchiudono paesaggi che chiedono solo di essere esplorati: qui si nascondono, infatti, i tre pastelli mancanti. Ecco allora che i due protagonisti si lanciano alla loro ricerca, sfruttando la più potente arma in loro possesso: l’immaginazione. Con i loro pastelli disegnano ora un paio di pinne, ora un rinoceronte, ora un’altalena volante che li conducono in un mondo sottomarino, in una fitta giungla e infine su una montagna innevata dove l’impresa si compie e l’arcobaleno torna a risplendere… nel regno fantastico come nella città reale.

Se il primo volume della trilogia conquistava a spron battuto per la stupefacente inventiva, questo secondo fa dell’avventura condivisa il suo punto di forza. A ogni pagina è l’immaginazione congiunta dei due amici, che con i loro pennarelli magici disegnano le soluzioni per avanzare, esplorare o salvare la pelle, a consentire lo sviluppo della storia e il chiudersi del cerchio (narrativo e sulla mappa!). Senza fronzoli o moralismi, è semplicemente la forza dell’unione a vincere grazie a un’impresa rigorosamente a due.

E’ un libro travolgente e mozzafiato, Scoperta, un Silent Book con la S e la B maiuscole che fa dell’assenza di parole non un tratto qualunque ma una cifra stilistica precisa e significativa. La magia che Becker svela sotto i nostri occhi nasce infatti da una moltitudine di dettagli che si intrecciano e dipanano con una frequenza e rapidità tale che difficilmente un racconto scritto e fisso potrebbe starvi dietro. E poi ci sono i richiami cromatici, in cui l’autore è un vero talento e che qui rendono protagonisti i toni del viola; le meraviglie architettoniche che si compongono di elementi stratificati e si popolano di personaggi brulicanti; e i rimandi tra le pagine che costruiscono una trama sottesa e trasparente che dona unità e coerenza.  La libertà di movimento e scoperta di tanta ricchezza concessa al lettore dal ricorso alle sole immagini, non solo spalanca le porte a una fruizione allargata della lettura – consigliatissima per esempio a ragazzi delle elementari con difficoltà di decodifica del testo ma pronti e attratti (e raramente accontentati) da narrazioni articolate -, ma consente anche di godere appieno del piacere di assaporazione lenta offerto dal libro.

 

Passi di cane

Tornano in azione i 2+1, alias Marta, Eugenio e Franci, i giovanissimi investigatori già protagonisti de Le finestre del mistero. Spediti dai genitori in campagna per due settimane di istruttive e salutari vacanze a contatto con la natura, i tre si godono (o si fanno andare a genio, nel caso di qualcuno!) la vita spartana, i bagni al fiume, la presenza di animali e la compagnia dei due gentili ospiti, Ettore e Dario. Quando però, si imbattono in una cagnolina stremata che porta con sè una misteriosa richiesta di aiuto, i tre non possono resistere e si buttano a capofitto in una nuova indagine. Si troveranno così invischiati in una losca vicenda che richiederà loro una rischiosa serie di appostamenti, deduzioni e incursioni. Anche in questo caso, come nel precedente, un film (FBI operazione gatto) ispira le avventure dei ragazzi allestendo un interessante ponte di contatto con i lettori reali che vi assistono.

I personaggi sono ben  assortiti (impulsiva e sensibile Marta, sapientino e prudente il fratello Eugenio, accomodante e sereno l’amico Franci), il testo scorre veloce (persin troppo, vien quasi da pensare quando il succo dell’ intrigo si dipana in poche righe), e le illustrazioni appaiono davvero calzanti (grazie a un tratto sfumato e a un gioco di bianchi e neri che ben si adatta al racconto). Tutto ciò, unito a una stampa ad alta leggibilità e a un lavoro redazionale che ha coinvolto direttamente alcuni giovani lettori, mira e contribuisce ad avvicinare Passi di cane a un pubblico ampio che non escluda chi fa più fatica a confrontarsi con la narrazione scritta. Un’impegno – quello in favore della lettura inclusiva – che la casa editrice Bianco0enero porta avanti con tenacia da ormai dieci anni (auguri!).

 

Arturo e l’uomo nero

Da tempo immemore, la figura dell’uomo nero trova spazio nell’immaginario collettivo declinato in molte forme. Quella proposta da Daniela Valente in Arturo e l’uomo nero richiama un uomo selvatico, schivo e apparentemente pericoloso perché come tale lo descrivono innumerevoli leggende e dicerie.  Ingrugnito, collerico e cupo, vive nel folto del bosco nutrendosi di erbe selvatiche e frutti, distante da ogni forma di compagnia e civiltà. Ma il giovane e temerario Arturo, spintosi in mezzo al bosco per vincere una gara di raccolta di funghi, scopre che la realtà può essere diversa da come la dipinge la gente e che dietro comportamenti strani possono semplicemente nascondersi storie di tristezza. Proprio come nel caso dell’uomo selvatico, all’anagrafe Tiberio, che di lavoro riparava biciclette e che aveva scelto la via della solitudine boschiva in seguito al doloroso tradimento di un amico. Incontratolo per caso, Arturo sceglie di non lasciarselo alle spalle fuggendo a gambe levate ma torna anzi più e più volte a cercarlo, da solo e accompagnato, assistendo in prima persona a una sua positiva trasformazione: di fronte al calore dell’amicizia l’aspetto ferino di Tiberio si mitiga, restituendogli un’umanità da tempo dimenticata. Arturo e l’uomo nero è insomma una storia di coraggio: quello che si manifesta avventurandosi in un bosco buio ma anche e soprattutto superando i timori che si fondano su pregiudizi.

Il volume conferma la felice apertura di Coccole Books verso l’alta leggibilità inaugurata dalla pubblicazione di S.O.S. Supplente in arrivo di Isabella Paglia. Il font impiegato sottolinea in maniera marcata, infatti, la distinzione tra le lettere che più frequentemente vengono confuse dai lettori dislessici e si accompagna a una spaziatura maggiore la lettere, parole e righe. Un contributo ulteriore, in termini di accessibilità, potrebbe venire dalla scelta di una carta meno lucide, dalla rinuncia alla giustificazione del testo e dalla concordanza tra gli a capo e la punteggiatura.

Mentre tu dormi

Mentre tu dormi di Mariana Ruiz Johnson è l’albo vincitore del Silent Book Contest 2015. Aprite, sfogliate, fate vostro questo volume e non vi sarà difficile capire le ragioni del riconoscimento. Le immagini dell’autrice argentina contenute nel libro sono a dir poco ipnotiche e raccontano in punta di pennello di un confine labilissimo tra realtà e sogno.

L’albo si apre con un’inquadratura ristretta su un bambino e sulla sua mamma, ripresi con garbo nel rito della buonanotte. Nei loro sguardi c’è attesa e dolcezza e un libro dalla copertina intrigante pare suggellare l’intimità del momento. Qualcosa sta per succedere ma per scoprirlo occorre forse abbandonarsi ai sogni.. è a quel punto, proprio quando il piccolo protagonista chiude gli occhi, che l’inquadratura infatti si allarga – sulla stanza, sulla casa, sull’isolato, sul quartiere, fin sull’intera citta – spalancando lo sguardo del lettore su pagine sempre più ampie e dettagliate. Qui, esseri umani alle prese con faccende quotidiane – una festa, una passeggiata, una mail di lavoro – si mescolano a creature fantastiche dai tratti animaleschi (un coniglio, una volpe, un orso, un cervo, un uccello e un ghepardo) non del tutto estranee all’occhio attento. Sono proprio questi ultimi, a un certo punto, a dominare la scena prendendo il mare e conducendo chi legge in un mondo meravigliosamente surreale. Qui, tra luci e colori strabilianti, hanno luogo folleggiamenti che tanto sanno di ridda selvaggia e anche per questo solleticano ricordi e fantasie di lettori più o meno grandi. È festa grande, a centro pagina. Poi però tutto finisce, la città si sveglia mostrando gli esiti della notte e restituendo alla vista protagonisti più terreni. Il mondo fantastico si è dissolto, ma forse non sarà così difficile ritrovarlo quando calerà di nuovo la sera…

In una canzone dal titolo quasi identico (Mentre dormi) all’albo di Mariana Ruiz Johnson, Max Gazzè canta “Le piume di stelle sopra il monte più alto del mondo a guardare i tuoi sogni arrivare leggeri”. Ecco, è quasi un caso ma la sensazione di leggera felicità che questo albo lascia tra le dita al termine della lettura non potrebbe forse essere espresso meglio..

Facciamo cambio?

Facciamo cambio? è la proposta invitante avanzata dall’albo firmato da Lucia Scuderi. Cambio di cosa? Cambio di casa. Cambio con chi? Cambio con un altro animale. Cambio perché? Cambio per divertirsi, per vedere cosa succede se immaginiamo una pecora tra i rami, un uccello tra le onde o un coccodrillo al parco. Il libro è infatti costruito per coppie di animali che si ritrovano improvvisamente ad habitat invertiti suscitando lo stupore dei “vicini di casa” come di chi sfoglia le pagine.

Dopo una prima facile conoscenza con i protagonisti di turno ritratti in primo piano al lettore si offrono doppie pagine ricche di dettagli in cui scorgere l’intruso nell’ambiente altrui e apprezzarne l’adattamento di chi si trova fuori posto. Il sorriso scaturisce dall’incontro tra creature molto distanti tra loro non solo per tipo di habitat ma anche per grado di domesticità, modo di muoversi e personalità; si rafforza nei dettagli come la reazione dei passanti a un coccodrillo al guinzaglio o nella stretta dei pesci da parte della scimmia come fossero banane; e culmina infine quando l’ultima coppia di personaggi entra in scena. Trovare un bambino sul posto di lavoro del papà con tanto di calzini sparsi sulla scrivania e pennarelli in disordine, ma soprattutto trovare un papà alle prese con colla vinilica e lavoretti da asilo fa scattare infatti un’immedesimazione forte e un divertimento facile da condividere.

Anche se da un’idea così buffa ci si aspettava forse invenzioni più marcate, il silent book edito da Lapis è piacevole e spensierato. Non solo, l’assenza di testo lo rende facilmente fruibile anche in caso di difficoltà di lettura come quelle dettate da DSA, sordità o ritardi lievi, oltre che particolarmente adatto a una lettura ad alta voce.

 

Dalla chioma

In copertina i colori sono pochi e netti e il titolo (Dalla chioma) sbuca fisicamente da una grossa cima d’albero: ancora un volta il segno grafico di Minibombo si fa riconoscibile e invita il lettore alla curiosità prima ancora che questi abbia avuto il tempo di aprire il libro. E proprio qui – al momento di aprire il volume – arriva la seconda di molte sorprese: il libro si apre infatti non orizzontalmente ma verticalmente, così da assecondare le esigenze spaziali del suo protagonista, ossia un alto albero dalla fitta chioma da cui cadono in successione animali di stazza crescente.

Tutto parte da un minuto topolino che adocchia una castagna in cima all’albero e per procurarsela ne scuote il tronco. La castagna non cade ma al suo posto piomba a terra una volpe. A questo punto i ruoli si invertono: il topolino da mangiatore diventa preda e fugge sull’albero. Tocca allora alla volpe scuotere il tronco per far cadere il topolino. Mal posto del topo a scendere è un corpulento cinghiale. Superfluo dire che la faccenda si ripete più volte, innescando una girandola di prede e cacciatori, di salite e discese, di pasti attesi e colpi di scena cascanti. Fino a quando a cadere dall’albero non è un corpulentissimo e ferocissimo orso che lascerà tutti – lettori e animali – letteralmente a bocca aperta.

Il meccanismo iterativo e ludico che anima Dalla chioma è collaudato e spesso impiegato dalla casa editrice emiliana nei suoi libri. Si prevedono quindi anche per quest’ultimo albo di Minibombo letture ad alta voce di grande successo, alimentate peraltro dalla quasi totale assenza di parole. Questa, oltre a rendere accessibili il volume anche a quei bambini che vedono nel testo scritto un ostacolo più o meno grande, favorisce in qualunque lettore o gruppo di lettori un’interpretazione più personale e dunque più coinvolgente.

Avventura all’isola delle foche

Quando si è abituati a due genitori separati – un papà distratto e una mamma rompiscatole, nella fattispecie – l’idea di trascorrere un’intera vacanza con la propria amica del cuore e con la sua avventurosa famiglia anglo-italiana arriva come una ventata di aria fresca. Aria fresca come quella dell’isola di Texel, a nord dell’Olanda, dove la famiglia Regoli, in compagnia della protagonista e narratrice Teresa, è diretta per un soggiorno rilassante alla scoperta delle splendide foche di Bajkal che proprio lì vivono sfidando l’estinzione.

Ma il viaggio riserva ben altre sorprese alla strana comitiva – formata oltre che da Teresa e dall’amica Maddy, anche dai fratelli di quest’ultima (Anthony il cafone e Mark il solitario) e dai coniugi Regoli (il papà dai tratti vintage e la mamma fan delle uova sode). Sull’apparentemente tranquilla isola delle foche che dà il titolo al volume le due ragazze incappano in un pericoloso affare di rapimenti, bottini e loschi individui. La curiosità, il desiderio di fare colpo sul nuovo amico olandese Georg e la capacità di non farsi ingannare dai pregiudizi consentirà loro di portare a termine una missione da vere eroine ambientaliste.

In poche e scorrevoli pagine, Arianna di Genova (già attiva per i tipi ad alta leggibilità di Biancoenero con Mamma in fuga e Ecovendetta) condensa un’avventura facile da seguire e accattivante per un pubblico di ragazzi in crescita ai cui interessi, atteggiamenti e pensieri l’autrice dedica attenti riferimenti. Le illustrazioni di Sarah Gavioli, dal canto loro, spezzano e vivacizzano la lettura con un tratto minimal e un uso dei bianchi e dei neri che ben si adatta alla narrazione.

Armanda, Elvis e gli altri

Mettetevi comodi e preparatevi a una lettura breve ma traboccante di capriole linguistiche e inventive. Dalla penna di Emanuela Da Ros esce infatti un personaggio impetuoso – la vecchia ma arzilla strega Armanda – le cui trovate per animare la vita del figlio Gianperfetto e della nuora Ersilia sono un concentrato di buonumore.

Descritte dalla protagonista all’interno di lettere inviate all’amica Mirtilla, queste spaziano dall’invenzione di una sedia a motore alla trasformazione del te pomeridiano in gustosi cocktail magici, dalla metamorfosi della nuora in una statua di marmo all’utilizzo degli elettrodomestici come sistemi di posta rapida. Nella sua breve permanenza a casa di Gianperfetto ed Ersilia (mago non praticante lui e umana lei), Armanda si dà un gran da fare per dare una mano e una sferzata di energia alla vita dei due mosci sposi. Purtroppo (per loro, ma per fortuna per noi) la sua dimestichezza con le tecnologie moderne è tutt’altro che brillante sicché equivoci e gag nati da oggetti quotidiani sono dietro l’angolo. Se a questo si aggiungono i ricordi di giovinezza di Armanda, sposa nei suoi 1453 anni di innumerevoli personaggi famosi – da Cavour a Elvis, da Mongolfier a Darwin – si ottiene un quadro narrativo davvero surreale.

La lettura di Armanda, Elvis e gli altri è insomma piacevole (anche le biografie di molteplici sposi sono frequenti ma non invasive anche perché tipograficamente distinte dal resto del testo), il ritmo è serrato, le invenzioni incessanti e l’impaginazione ad alta leggibilità: questo racconto nel segno dell’iperbole, in cui ogni pagina sfida l’immaginazione del lettore, è davvero un gustoso invito alla lettura rivolto anche a chi di lettura vuol saperne poco, sia per disabitudine sia per oggettiva difficoltà.

 

 

 

La principessa e lo scheletro

Chi non ha nemmeno uno scheletro nell’armadio alzi la mano! Figurarsi, persino i sovrani più adulati e venerati dai sudditi nascondono qualche macchia del passato e il papà di Lulù, principessa di un regno un po’ moderno e un po’ no, non fa di certo eccezione. Nel suo armadio vive uno scheletro fatto e finito che custodisce per conto del re un misteriosissimo segreto in un cofanetto da cui non si separa mai. Il segreto è quindi salvaguardato fino a quando Lulù non incontra per caso lo scheletro che di nome fa Ossi intento a fare incetta di dentifricio nel bagno del castello. Da quel momento il signor Ossi viene presentato alla regina e alla servitù come una famosa star del cinema in visita, viene agghindato a dovere dalla principessa e portato a zonzo per il regno. Ma proprio durante una passeggiata tranquilla lo scheletro, coinvolto in un imprevisto attacco canino, perde di vista il cofanetto e il suo prezioso contenuto. Lui e la principessa Lulù si mettono quindi sulle tracce del ladruncolo coinvolgendo inconsapevolmente nella loro ricerca una schiera di personaggi davvero variegata: dai compagni di scuola che credono Lulù controllata dagli alieni, a Luigi che rovista nei bidoni, dal professore universitario ormai dedito alla tessitura di tappeti all’intero corpo di polizia del regno. In una caccia al tesoro ricca di colpi di scena Lulù finirà per conoscere suo papà sotto una luce diversa dando un valore nuovo ad apparenza e realtà.

Il libro di Piret Raud, caratterizzato da tinte surreali e stravaganti, offre un’avventura intrigante, fruibile anche da parte di lettori colpiti da dislessia. Gli accorgimenti tipografici ad alta leggibilità a cui ormai da tempo Sinnos ci ha abituati vengono qui applicati a un testo piuttosto lungo e corposo che offre una bella sfida di lettura.

Sibilla nel cappello

Un saliscendi tra picchi e insuccessi scolastici portano mamma e papà al verdetto: obbligatorio per la figlia un soggiorno dalla nonna per rimettersi in carreggiata e concentrarsi sullo studio. Così Nina, la protagonista di Sibilla nel cappello, si trova in quattro e quattr’otto in un paese in cui non c’è né connessione né il mare (che peraltro è in cima alla sua personalissima top ten delle cose preferite) e in cui le persone sembrano noiose o matte. Già, matte come Gigi, l’uomo che porta quattro cappelli uno sull’altro e che si lava i piedi alla fontana con i calzini e tutto il resto. L’uomo che una sera come tante corre a perdifiato nel buio della notte per venire in soccorso di un riccioluto ragazzino. Cosa nasconderanno i due? E per quale motivo saranno in rotta continua con l’affascinante Tito dai capelli rossi?

Mossa dalla curiosità, Nina non tarderà a scoprirlo e si butterà a capofitto in un’operazione di salvataggio di Sibilla, un’insolita creatura lacustre oggetto di grandi dispute. È una piccola grande avventura, insomma, quella che travolge la ragazzina e che si consuma in poco più di cinquanta pagine. Ma è anche e soprattutto un’esperienza di conoscenza, prima di tutto di sé stessa. È attraverso il confronto con personaggi tanto particolari come Gigi, Tito o Mimmo il ricciolino che Nina inizia a definire ciò che vuole e ciò che non vuole essere. Così, grazie alla penna sempre incisiva e diretta di Luisa Mattia il suo diventa un breve ma intenso percorso di crescita e consapevolezza che ci tocca nel profondo, colpendo al nocciolo di pensieri e sentimenti.

 

Jésus Betz

C’è un albo dalle tinte chiaroscure, dal testo asciutto e dalle immagini avvolgenti che non ha paura di guardare e dire la disabilità. È un albo pubblicato per la prima volta in Francia ormai quasi 15 anni fa e proposto al pubblico italiano di lettori dalle età diverse dalla Logos edizioni. Jesus Betz, il protagonista che dà il titolo al libro, è tra i personaggi disabili più emblematici e forti che la letteratura possa offrire. La diversità di Jesus, nato senza braccia e senza gambe, si manifesta d’impatto e con insistenza costringendo chiunque a fare i conti con pregiudizi e sentimenti contrastanti.

Il racconto procede per date significative – 33 in tutto, come a rivelare che il nome del protagonista non è poi tanto casuale: 33 pietre miliari che scandiscono una vita segnata dall’avventura e dal coraggio di rialzarsi. Sempre. Così Jesus, dopo un’infanzia sofferta allietata soltanto dalle cure premurose della madre, ricorda i suoi anni come vedetta a bordo delle navi, il calore generoso della compagna Mamamita, il lavoro come fenomeno da baraccone per il meschino Max Roberto, la fuga con l’amico Pollux, gli spettacoli con il Grand Cirque e l’amore felice con la splendida Suma Katra: una vita intensissima in cui gioie e dolori forse non si equilibrano ma in cui le prime prevalgono infine sui secondi, restituendo un’immagine della disabilità in cui il limite dipende in gran parte dalla maniera in cui ciascuno lo vive e dallo sguardo che gli altri vi dedicano.

L’albo, intenso e complesso, è un inno alla perseveranza e alla capacità di guardare avanti anche se paradossalmente il libro è costruito proprio come una lettera che ripercorre all’indietro dei ricordi.  Le parole scelte da Fred Bernard sono trasparenti e senza filtri: taglienti dove occorre, delicate dove serve. Ad esse si accompagnano le illustrazioni tutte giocate su toni caldi intorno all’ocra e votate a trasformare i sentimento turbolento di personaggi e lettori in un’atmosfera permanente di grande effetto.

Reato di fuga

La capacità di Christophe Léon di dipingere l’adolescenza con vividezza e sentimento è probabilmente la chiave di volta di un romanzo intenso come Reato di fuga.  In questo suo recente lavoro, pubblicato ad alta leggibilità da Sinnos, l’autore francese riprende infatti da vicino gesti ed emozioni di due ragazzi le cui esistenze sono stranamente destinate ad intrecciarsi.

L’uno, Sébastien, ha quattordici anni, è figlio di genitori divorziati, vive giorni piuttosto abitudinari con la madre e trascorre spesso il weekend in campagna col padre. L’altro, Loïc, ha diciassette anni, vive con la madre e lavora presso una fattoria vicino alla cittadina di campagna in cui il padre di Sébastien possiede la casa. Ed è proprio qui, un venerdì sera come tanti, che quest’ultimo spinge un po’ troppo sull’acceleratore per arrivare in tempo a un appuntamento e investe involontariamente la mamma di Loïc lungo la strada. L’incidente è piuttosto violento, tant’è che la vittima viene portata d’urgenza in ospedale e  qui rimane a lungo prima in coma e poi con grossi deficit di memoria, ma l’investitore non manifesta alcuna intenzione di fermarsi e prosegue la sua corsa con il figlio a bordo. Questo, più ancora che l’incidente stesso, travolge  Sébastien nelle settimane successive allo scontro. Ciò che il ragazzo sperimenta è lo strano tormento del senso di colpa quale sentimento trasferibile e accollabile per conto terzi, qualora questi mostrino di non volervi avere a che fare. E proprio a causa di questa sensazione così ingombrante e della frantumazione di un modello adulto fino ad allora solido e forte che Sébastien inizia a manifestare astio e attrito nei confronti dei genitori e a rivendicare spazi di autonomia. Ottenuta una settimana di vacanza in solitaria presso la casa di campagna, accade però che il ragazzo non resista dal prendere contatti con la famiglia della signora investita dal padre. Nasce così un’amicizia intensa con Loïc, fatta di momenti semplici ma importanti da condividere, di pomeriggi di svago, di parole giuste e di silenzi al momento opportuno. Fino a quando la verità, inevitabilmente, non viene  a galla.

La lettura di Reato di fuga, adatta a ragazzi dalle scuole medie in su, ha dalla sua una narrazione pulita e avvincente. Sentimenti forti, dialoghi senza fronzoli, figure e relazioni delicate e un gioco alternato tra punti di vista (a un capitolo narrato dalla voce di Sèbastien ne segue uno narrato da una voce esterna che dà del tu a Loïc) aiutano a tuffarsi con interesse nella storia. Il font ad alta leggibilità leggimi, poi, fa come al solito la sua parte per rendere valido tutto questo anche per i lettori dislessici.

 

 

 

Weekend con la nonna

Metti un weekend con la nonna ma scordati torte di more, telenovela e calzini all’uncinetto. C’è piuttosto da tirare fuori fegato e spirito di avventura per soggiornare nella casa del gigante, scongiurare l’incontro ravvicinato con un cinghiale e andare a caccia di grigni. L’insolito Weekend con la nonna raccontato da Stefan Boonen è così, tutto brividi e follie, prendere o lasciare. Lo si intuisce fin da pagina 11, quando il pullmino dell’anziana inizia a sgommare su strade impervie con i bagagli sui sedili e i nipoti sul tettuccio. Si parte a tutta birra, non c’è tempo da perdere…

Tre giorni passano in fretta e ci sono storie horror della buonanotte da ascoltare, frittelle di letame da digerire, balli da guerrieri selvaggi da fare, passi (centomila!) nel bosco degli alberi storti da affrontare. Ma anche – perché no? – arrampicate sulla grondaia e riflessioni silenziose da gustare. Perché il bello di una tre giorni filata dalla nonna è proprio quello: prendersi il proprio tempo e dedicarlo a piacere a ciò che fa stare bene, peripezie e pensieri che siano, insieme a una persona tanto cara quanto spericolata.

Familiarità e stramberia si respirano in parti uguali tra le pagine di Weekend con la nonna. Il gusto per le situazioni insolite e spiazzanti coltivato dall’autore non toglie posto infatti al senso di condivisione e intimità affettuosa noti anche al lettore la cui nonna risulti in qualche modo più convenzionale. Quel che si celebra qui è il valore delle piccole trasgressioni e dei segreti a fin di bene, del sapore dell’avventura che è migliore se non la si vive in solitudine, delle esperienze iniziatiche che da “piccoletto” ti fanno diventare grande e del senso di casa e famiglia che ciascuno si costruisce a modo suo e dei suoi cari.

In questo libretto smilzo ma intenso, profondamente divertente e curato nei dettagli, si legge di un rapporto inimitabile come quello tra nonni e nipoti: un rapporto che si nutre di leggerezza e spirito ludico. Stefan Boonen lo racconta con dialoghi incalzanti che strappano di continuo sorrisi, amplificati a dismisura dalle illustrazioni spiritose firmate da Melvin. Ma a rendere davvero straordinaria questa lettura, più che consigliata anche a lettori riluttanti, è la forma grafica davvero originale ed efficace.

Tutta giocata sulla combinazione di arancione, bianco e blu, la veste grafica di Weekend con la nonna sfrutta con perizia l’integrazione di testi e immagini (dove finisca uno e inizi l’altro è proprio difficile a dirsi!), il ricorso a caratteri di dimensioni e colori differenti e l’impiego dell’azzeccatissima font ad alta leggibilità leggimigraphic. C’è da scommettere che un esperimento come questo – il primo della casa editrice in cui la font caratteristica dei fumetti viene applicata a un testo rivolto ai più piccoli – intercetti facilmente i gusti dei lettori meno esperti, magari colpiti da dislessia, e più in generale che amino le storie spassose, quelle che poi, più spesso del previsto, costituiscono il ponte più solido per approdare a letture più complesse.

Caccia alla tigre dai denti a sciabola

Da quando Diego, personaggio burbero dal cuore di panna, ha fatto la sua comparsa nel film d’animazione L’era glaciale le tigri dai denti a sciabola godono di una fama solida e appagante. Parte quindi in discesa Il libro di Pieter Van Oudheusden, intitolato per l’appunto Caccia alla tigre dai denti a sciabola e dedicato a un mondo preistorico in cui il feroce felino fa tremare di paura intere tribù. Tra queste c’è anche quella del giovane Olun che, invitato dagli adulti a non immischiarsi nelle faccende di caccia, decide di avventurarsi da solo alla ricerca della famigerata tigre. La sua arma segreta: un misterioso sassolino bianco consegnatogli dallo stregone. Intimorito ma ben deciso a portare avanti la sua missione, Olun finisce per incontrare davvero la bestia feroce ma trova in extremis un modo originale per intrappolarla una volta per tutte. Il suo sassolino (di gesso) si rivela infatti uno straordinario e innovativo strumento da disegno che consente di immortalare l’animale esorcizzandone il potere terrificante. Da lì in avanti la passione per l’illustrazione dilaga tra i membri della tribù – bambini e adulti, uomini e donne – facendo cascare a sua volta Olun in una trappola: quella amorosa tesagli dalle bella e soprattutto furbissima Uma!

Caccia alla tigre dai denti a sciabola è un lavoro delizioso in cui si fondono una storia ben costruita, informazioni storiche accurate, piccole ma importanti ribellioni (dei giovani ma anche delle donzelle), idee di fondo interessanti sul potere dell’immagine e illustrazionii dal potere ipnotico. Le figuredi Benjamin Leroy brulicano infatti senza posa. Tratteggiate e irriverenti, costruiscono un mondo vivo intorno alla storia di Pieter Van Oudheuden invitando a sollazzarsi tra dettagli colmi di humour. Dagli animali che giocano a carte con le foglie alle iscrizioni rupestri in forma di coscia di pollo, dalle strategie di camuffamento del muflone alle illustrazioni sensuali di un gruppo goliardico di primitivi: ogni pagina è un invito a un sorriso, tanto meglio se condiviso in una lettura ad alta voce, resa peraltro più agevole dal piacevolissimo ricorso alla font maiuscola ad alta leggibilità leggimi.

G.E.K.A. Il mondo dietro gli occhi chiusi

Faticare ad addormentarsi alla vigilia di un importante compito in classe e ritrovarsi all’improvviso in un mondo fantastico: con tutta la stranezza del caso, questo è proprio ciò che succede a Giulio, una notte come tante. Sperso e frastornato, il protagonista di G.E.K.A non si ritrova tuttavia solo ad affrontare uno insolito viaggio in un mondo popolato da bizzarre creature e animato da misteriosi enigmi. A dividere con lui lo stupore e il desiderio di decifrare tante stranezze ci sono altri bambini incontrati via via da Giulio lungo il suo percorso e ad uno ad uno divenuti parte di una solidissima banda di amici.

La loro è una corsa avventurosa e avvincente in cui occorre districarsi tra mappe incomplete, messaggi cifrati, filastrocche apparentemente campate per aria e luoghi pericolosi. La forza della squadra sta tutta nelle peculiarità dei singoli che diventano ricchezza (e persino salvezza) per l’intero gruppo: così, per esempio, l’abitudine di Alice, cieca, a orientarsi senza l’uso della vista guida i ragazzi fuori da una caverna buia; Kevin, sordo, decodifica il messaggio trasmesso con i gesti da alcune statue del giardino; o ancora la memoria prodigiosa di Edoardo, autistico, consente a tutti di risolvere il mistero racchiuso in un quadro. Certo, le caratteristiche di ciascuno richiedono spesso accortezze supplementari (come prestare attenzione a non strepitare per non turbare chi come Edoardo patisce i rumori forti o come leggere ad alta voce per Alice ciò che gli altri possono tranquillamente leggere sulla carta) ma non accade forse lo stesso – sembra suggerire il libro – con le caratteristiche di ciascuno di noi?

G.E.K.A. Il mondo dietro gli occhi chiusi racconta così, attraverso prove straordinarie ma al contempo facilmente riconducibili al quotidiano di un bambino che abbia accanto un compagno con disabilità (penso per esempio al muoversi in classe, al giocare insieme, al trovare forme di comunicazione condivise) l’importanza di scoprire e dare senso al valore aggiunto che ciascuno può dare a una relazione di amicizia, ribaltando l’idea che chi sperimenta la disabilità possa solo ricevere e non anche dare. La storia è ben congeniata e minuziosa nel rendere un’idea tanto delicata. Peccato solo, forse, per quella scivolata in extremis sulla buccia di banana pedagogica che porta a sottolineare, con l’intervento della mamma al risveglio del figlio, il senso di quanto da questi appreso durante il sogno. Il messaggio era davvero molto forte e chiaro senza che occorressero parole supplementari. Il più delle volte, infatti, le storie vanno ben oltre quello che esplicitamente dicono.

L’isola di Peter pan

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Il mondo incantato descritto da Barrie, in cui trovano posto Peter Pan, la fatina Trilli, la dolce Wendy e i suoi fratelli oltre a una vasta gamma di personaggi fantasiosi inclusi Capitan Uncino e il famelico coccodrillo, non è certo facile da ridurre ai minimi termini e sintetizzare in una versione semplificata. La cooperativa rietina Puntidivista si è ciononostante cimentata nell’impresa con l’ammirevole volontà di rendere accessibile un immaginario largamente condiviso anche a chi soffre di disturbi dello spettro autistico.

Inserito all’interno della collana “Libreria magicaa”, L’isola di Peter Pan si rivolge perciò, prima di tutto, a bambini con difficoltà di comunicazione e decodifica del testo scritto. Fortemente ridotta, sia nel contenuto che nell’espressione, la storia dell’eterno fanciullo prende forma attraverso i simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA – da cui il titolo della collana).

I libretti che compongono la serie sono compatti e resistenti, stampati con colori brillanti su carta plastificata. All’interno dei simboli il testo è maiuscolo per venire incontro alle esigenze di giovani lettori alle prime esperienze e il riquadro dei simboli cambia colore a seconda che si tratti di sostantivi, verbi o altre parti del testo. Tasto dolente sono senz’altro le immagini che corredano il testo: nelle intenzioni sufficientemente semplici da agevolare la lettura in caso di difficoltà, nei risultati eccessivamente spoglie, amatoriali e poco accattivanti.

All’interno del volume sono inserite anche tutte le illustrazioni in formato cartolina e in bianco e nero che i lettori possono autonomamente colorare. Ad esso è inoltre possibile unire, con acquisto separato (3,80 €), una confezione contenente tutti i simboli impiegati per raccontare la storia, utilizzabili per prendere familiarità con il codice simbolico e per giocare a ricostruire la vicenda: una semplice ma utile idea per prolungare il piacere e le possibilità di arricchimento della lettura.

Hank Zipzer. Una gita ingarbugliata

Tempo di gita scolastica alla SP87, la scuola frequentata da Hank Zipzer e dalla sua cricca di amici. Non pensate al solito polveroso museo: ad attendere gli allievi dell’inflessibile signorina Adolf c’è una notte a bordo del veliero ormeggiato nel porto di New York. L’eccitazione in classe è alle stelle e i preparativi sono tutt’altro che rilassati: prima ancora di partire Hank deve fare i conti con l’autorizzazione firmata dai genitori e dimenticata chissà dove. Per fortuna i suoi storici amici Ashley e Frankie così come l’energico Papà Pete non perdono occasione di aiutarlo a togliersi dai pasticci. Ma la corsa contro il tempo per riuscire ad andare in gita con cui si apre il nuovo episodio della serie scritta da Henry Winkler e Lin Oliver non è che un assaggio degli imprevisti che seguiranno da lì a qualche pagina. È solo quando i bambini mettono piede del Pilgrim Spirit, infatti, che l’avventura prende letteralmente il largo!

Alle prese con nodi impossibili da replicare, capitani farlocchi di vascello che soffrono il mal di mare, piccole vendette al gusto di Twix e nuove amicizie che rischiano di far naufragare le vecchie, Hank non risparmia il consueto ingegno che oltre a salvare situazioni complicate fa di lui un validissimo testimonial contro i pregiudizi sulla dislessia. Al disturbo dell’apprendimento il libro guarda inoltre, come di consueto, anche nell’aspetto tipografico grazie alla scelta di un font più leggibile e di una spaziatura più agevole. Questi accorgimenti, uniti a uno stile sempre frizzante, a illustrazioni spiritose (firmate come sempre da Giulia Orecchia) e ad avventure che non lasciano il tempo di annoiarsi concorrono seriamente a rendere l’invito alla lettura intrigante anche per chi con il testo scritto ha un rapporto burrascoso. L’abilità degli autori sta inoltre nell’accendere un sincero attaccamento nei confronti dei protagonisti che di volta in volta il lettore ritrova tra le pagine della serie, senza scordare però di far via via aumentare la complessità della storia e la varietà dei personaggi coinvolti, di pari passo con il crescere di Hank&co e con l’acquisire dimestichezza di lettura da parte di chi ne segue le vicende.

La piscina

 

Tuffatevi! Ora, a bomba, senza timore e con tanto di spruzzi. Tuffatevi e trattenete il respiro, quest’albo da sogno firmato da Ji Hyeon Lee chiede a gran voce, ma senza parole, una bella immersione. Il pennello sofisticato della giovane autrice coreana va proprio in profondità per svelare al lettore audace quali meraviglie gli riserva l’oltre: quell’oltre che tanti non hanno tempo, voglia e intenzione di esplorare; quell’oltre che qui prende la forma di una piscina in cui si può decidere se immergersi vivamente o sguazzare banalmente in superficie.

I due protagonisti non hanno dubbi: immergersi a più non posso e così scoprire creature fantastiche, fondali a labirinto e mostri minacciosi ma anche individui a noi simili con cui nuotare e spartire il piacere della sorpresa.

La piscina è insomma un albo gourmand, una millefoglie letteraria da gustarsi strato a strato. Ciascuno vi trovi il suo gusto, il suo significato, il suo sapore: che sia quello di un divertimento condiviso, di una sfida alle convenzioni, di un inno al coraggio di vedere oltre. In ogni caso sarà un assaggio appagante e quasi quasi vi verrà voglia di fare il bis.

Storia di retta

La semplicità che anima Storia di retta è a dir poco strabiliante: sulle pagine a fisarmonica di questo nuovo libro curato da L’albero della speranza si muove infatti un filo banalissimo ma capace di attivare percorsi fantastici. Protagonista del racconto è una retta indomita e curiosa che si scatena in un susseguirsi senza posa di movimenti, emozioni, garbugli, azioni. Da piatta essa si fa infatti ondulata, a zig zag, a scale, a spirale e chi più ne ha più ne metta ascoltando l’istinto del momento, la voglia di cambiare, l’istinto di scoprire.

La sua è un’avventura, come suggerisce il titolo giocoso, non solo di retta ma anche diretta perché immediata, essenziale e facile da seguire anche da parte di chi esplora la pagina solo con le dita. E in questo senz’altro la forma insolita del volume, che consente un continuum illustrativo senza soluzioni di continuità, non è solo accattivante e piacevole a vedersi e maneggiarsi ma anche funzionale a favorire l’esplorazione tattile.

Un libro come questo, che solletica la fantasia con pochissimi elementi, è garanzia di piccole escursioni immaginative che colmano di soddisfazione proprio perché a misura di bambino e di dito inesperto. Storia di retta costituisce perciò un esperimento della casa editrice eporediese molto ben riuscito dal punto di vista tecnico oltre che molto felice nel contenuto. Alla fine della lettura, si chiude infatti la fisarmonica convinti che – parafrasando Munari – se nasci retta, non è detto che resti tale tutta la vita!

Il pianeta degli alberi di Natale

Ci sono libri di Natale che vanno bene tutto l’anno, anche molti anni dopo la loro pubblicazione. Il pianeta degli alberi di Natale è uno di questi perciò il fatto che sia da poco uscita una sua versione in formato audiolibro è senz’altro una bella notizia. Arricchito dalla voce di Angela Finocchiaro, il racconto di Rodari è disponibile su Cd mp3 o scaricabile direttamente dal sito della Emons.

La storia è quella di un bambino di nome Marco che si ritrova su di un pianeta fantastico retto da regola del tutto dissimili a quelle terrestri, basate sulla solidarietà, sulla gentilezza e sul rispetto degli altri abitanti. Finitoci quasi per caso, in sella a un cavallo a dondolo inizialmente indesiderato, Marco scopre nel Pianeta degli alberi di Natale una terra dalla quale,  tanto cinquant’anni fa come ora, tutti avremmo tanto da imparare.

In pieno stile rodariano, con una morale chiara e distinta, il racconto fa parte di una bella selezione di opere dell’autore di Omegna rese ora accessibili in formato audio anche a tutti quei lettori che per difficoltà visive o dislessia faticano  seguire il testo scritto. Tra queste anche Favole al telefonoFilastrocche in cielo e in terra o Il libro degli errori.

Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno (CAA – semplificata)

Parola d’ordine: versatilità! Il principio che ispira il lavoro della cooperativa rietina Puntidivista è proprio che ogni bambino possa accedere a una medesima storia attraverso la via che gli è più congeniale, perché esistono modi diversi di raccontare le storie e modi diversi di goderne. Attraverso versioni differenziate, che sfruttano molteplici codici come la Lingua Italiana dei Segni o i simboli WLS, molteplici supporti come il libro cartaceo o i DVD, e molteplici forme di narrazione, orale o scritta, i libri di Puntidivista abbracciano un pubblico che vuole essere il più ampio possibile.

L’idea e l’iniziativa sono degne di interesse e di nota soprattutto perché si tratta di un primissimo originale tentativo di proporre un grado di accessibilità davvero esteso che non guardi alle esigenze imposte da un solo tipo di disabilità ma che, al contrario, scelga la strada della varietà. Le storie sono scritte ad hoc e corredate da illustrazioni casalinghe. Apripista, in questo progetto, sono le avventure di due personaggi – Dino detto Lampadino e Nella detta Caramella -: due fratelli che, attraverso un misterioso passaggio segreto nel parco arrivano in un mondo fantastico popolato da animali parlanti.

In Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno, i due bambini aiutano Zampacorta, il figlio del re del Magiregno, a trovare le api arcobaleno, catturate secondo il dire comune, da malvagie creature che abitano la Grotta dei mille Orsi Feroci. Nonostante le temibili premesse i ragazzi decidono di intraprendere una spedizione di ricerca delle api, scortati dalla guardia reale, l’elefante Sansone.  Sarà la loro capacità di andare oltre pregiudizi ed apparenze a permettere di scoprire che gli Orsi della grotta sono tutt’altro che feroci e che le api si sono spontaneamente trasferite in quello che pare essere un luogo paradisiaco.

La storia, che come nel primo episodio è caratterizzata da una messaggio educativo marcato ed esplicito, viene raccontata in questa versione riducendo e semplificando il testo rispetto all’originale e ricorrendo all’uso dei simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa, così da venire incontro alle esigenze di giovani lettori con disturbi della comunicazione e con autismo. Gli interventi effettuati dagli autori sono in questa versione piuttosto marcati così da offrire un risultato decisamente più essenziale, facile da seguire e in definitiva adatto a chi fatica a seguire storie lunghe, non ha grossa dimestichezza con i simboli e la lettura e sperimenta difficoltà di comunicazione e attenzione significative. Altr due versioni in simboli, una ridotta e l’altra estesa, sono altresì rese disponibili dall’editore in modo da venire in contro a gradi di esperienza e competenze di lettura diverse.  La stessa storia è inoltre disponibile in una versione standard, semplicemente scritta in italiano e illustrata, cui si unisce un DVD con il video racconto il LIS che agevola la comprensione da parte di lettori sordi segnanti.

Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno (CAA – ridotta)

Parola d’ordine: versatilità! Il principio che ispira il lavoro della cooperativa rietina Puntidivista è proprio che ogni bambino possa accedere a una medesima storia attraverso la via che gli è più congeniale, perché esistono modi diversi di raccontare le storie e modi diversi di goderne. Attraverso versioni differenziate, che sfruttano molteplici codici come la Lingua Italiana dei Segni o i simboli WLS, molteplici supporti come il libro cartaceo o i DVD, e molteplici forme di narrazione, orale o scritta, i libri di Puntidivista abbracciano un pubblico che vuole essere il più ampio possibile.

L’idea e l’iniziativa sono degne di interesse e di nota soprattutto perché si tratta di un primissimo originale tentativo di proporre un grado di accessibilità davvero esteso che non guardi alle esigenze imposte da un solo tipo di disabilità ma che, al contrario, scelga la strada della varietà. Le storie sono scritte ad hoc e corredate da illustrazioni casalinghe. Apripista, in questo progetto, sono le avventure di due personaggi – Dino detto Lampadino e Nella detta Caramella -: due fratelli che, attraverso un misterioso passaggio segreto nel parco arrivano in un mondo fantastico popolato da animali parlanti.

In Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno, i due bambini aiutano Zampacorta, il figlio del re del Magiregno, a trovare le api arcobaleno, catturate secondo il dire comune, da malvagie creature che abitano la Grotta dei mille Orsi Feroci. Nonostante le temibili premesse i ragazzi decidono di intraprendere una spedizione di ricerca delle api, scortati dalla guardia reale, l’elefante Sansone.  Sarà la loro capacità di andare oltre pregiudizi ed apparenze a permettere di scoprire che gli Orsi della grotta sono tutt’altro che feroci e che le api si sono spontaneamente trasferite in quello che pare essere un luogo paradisiaco.

La storia, che come nel primo episodio è caratterizzata da una messaggio educativo marcato ed esplicito, viene raccontata in questa versione semplificando il testo rispetto all’originale e ricorrendo all’uso dei simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa, così da venire incontro alle esigenze di giovani lettori con disturbi della comunicazione e con autismo. Gli interventi effettuati dagli autori restituiscono  un testo più snello e basato sull’azione più che sul dialogo. Le frasi mantengono invece una certa lunghezza e articolazione. Tale versione costituisce una sorta di via di mezzo tra quella estesa e quella semplificata, entrambe in simboli. La stessa storia è inoltre disponibile in una versione standard, semplicemente scritta in italiano e illustrata, cui si unisce un DVD con il video racconto il LIS che agevola la comprensione da parte di lettori sordi segnanti.

Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno (CAA)

Parola d’ordine: versatilità! Il principio che ispira il lavoro della cooperativa rietina Puntidivista è proprio che ogni bambino possa accedere a una medesima storia attraverso la via che gli è più congeniale, perché esistono modi diversi di raccontare le storie e modi diversi di goderne. Attraverso versioni differenziate, che sfruttano molteplici codici come la Lingua Italiana dei Segni o i simboli WLS, molteplici supporti come il libro cartaceo o i DVD, e molteplici forme di narrazione, orale o scritta, i libri di Puntidivista abbracciano un pubblico che vuole essere il più ampio possibile.

L’idea e l’iniziativa sono degne di interesse e di nota soprattutto perché si tratta di un primissimo originale tentativo di proporre un grado di accessibilità davvero esteso che non guardi alle esigenze imposte da un solo tipo di disabilità ma che, al contrario, scelga la strada della varietà. Le storie sono scritte ad hoc e corredate da illustrazioni casalinghe. Apripista, in questo progetto, sono le avventure di due personaggi – Dino detto Lampadino e Nella detta Caramella -: due fratelli che, attraverso un misterioso passaggio segreto nel parco arrivano in un mondo fantastico popolato da animali parlanti.

In Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno, i due bambini aiutano Zampacorta, il figlio del re del Magiregno, a trovare le api arcobaleno, catturate secondo il dire comune, da malvagie creature che abitano la Grotta dei mille Orsi Feroci. Nonostante le temibili premesse i ragazzi decidono di intraprendere una spedizione di ricerca delle api, scortati dalla guardia reale, l’elefante Sansone.  Sarà la loro capacità di andare oltre pregiudizi ed apparenze a permettere di scoprire che gli Orsi della grotta sono tutt’altro che feroci e che le api si sono spontaneamente trasferite in quello che pare essere un luogo paradisiaco.

La storia, che come nel primo episodio è caratterizzata da una messaggio educativo marcato ed esplicito, viene raccontata in questa versione ricorrendo all’uso dei simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa, così da venire incontro alle esigenze di giovani lettori con disturbi della comunicazione e con autismo. La scelta operata dagli autori di non modificare pressoché in nulla il testo originale, trasponendolo semplicemente in simboli, fa sì che il volume risulti piuttosto corposo e che la lettura si presenti come molto impegnativa, adatta perlopiù a lettori con una buona esperienza. Alla base di questa scelta c’è l’idea che per i lettori meno esperti e con maggiori difficoltà possano risultare più congeniali altre due versioni del testo, anch’esse basate sull’uso di simboli, ma rispettivamente ridotta e semplificata. La stessa storia è inoltre disponibile in una versione standard, semplicemente scritta in italiano e illustrata, cui si unisce un DVD con il video racconto il LIS che agevola la comprensione da parte di lettori sordi segnanti.

Storie di Dulcinea

Storie di Dulcinea è un albo surreale ed evocativo che riflette, attraverso la forza immaginifica delle parole e delle illustrazioni, su una realtà realissima e concreta come quella della disabilità. Lo fa parlando di storie che, proprio come alcune persone, hanno bisogno di cavalli reali o di legno per poter correre.

Nato da alcune tavole di Jacopo Oliveri, vincitrici del Premio Ronzinante 2014 per la promozione della cultura della diversità attraverso l’illustrazione per l’infanzia, il libro ha accolto le parole di Francesco Gallo ed è stato pubblicato dalle Edizioni Secop con una bella introduzione di Dario Fo.

Ricchissimo di rimandi chiari ma non insistenti alla disabilità, come le ruote delle sedie a rotelle e le mani che le fanno avanzare, Storie di Dulcinea suggerisce ma non spiega, evoca ma non sancisce, richiama ma non descrive. La sua forza sta nelle innumerevoli citazioni, non solo letterarie, che popolano le immagini – dal Don Chisciotte cui si ispirava il concorso a Cenerentola, da Alice a Guernica di Oicasso. Il risultato è un albo tutt’altro che semplice (e per questo forse anche indicato per una lettura matura), ma straordinariamente suggestivo e risonante. È perciò facile che lo si apra, lo si legga e lo si richiuda con la sensazione di non aver afferrato esattamente il filo logico degli autori ma di portarsi a casa un tramestio di stimoli ed echi dentro.

Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno (audio e LIS)

Parola d’ordine: versatilità! Il principio che ispira il lavoro della cooperativa rietina Puntidivista è proprio che ogni bambino possa accedere a una medesima storia attraverso la via che gli è più congeniale, perché esistono modi diversi di raccontare le storie e modi diversi di goderne. Attraverso versioni differenziate, che sfruttano molteplici codici come la Lingua Italiana dei Segni o i simboli WLS, molteplici supporti come il libro cartaceo o i DVD, e molteplici forme di narrazione, orale o scritta, i libri di Puntidivista abbracciano un pubblico che vuole essere il più ampio possibile.

L’idea e l’iniziativa sono degne di interesse e di nota soprattutto perché si tratta di un primissimo originale tentativo di proporre un grado di accessibilità davvero esteso che non guardi alle esigenze imposte da un solo tipo di disabilità ma che, al contrario, scelga la strada della varietà. Le storie sono scritte ad hoc e corredate da illustrazioni casalinghe. Apripista, in questo progetto, sono le avventure di due personaggi – Dino detto Lampadino e Nella detta Caramella -: due fratelli che, attraverso un misterioso passaggio segreto nel parco arrivano in un mondo fantastico popolato da animali parlanti.

In Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno, i due bambini aiutano Zampacorta, il figlio del re del Magiregno, a trovare le api arcobaleno, catturate secondo il dire comune, da malvagie creature che abitano la Grotta dei mille Orsi Feroci. Nonostante le temibili premesse i ragazzi decidono di intraprendere una spedizione di ricerca delle api, scortati dalla guardia reale, l’elefante Sansone.  Sarà la loro capacità di andare oltre pregiudizi ed apparenze a permettere di scoprire che gli Orsi della grotta sono tutt’altro che feroci e che le api si sono spontaneamente trasferite in quello che pare essere un luogo paradisiaco.

La storia, che come nel primo episodio è caratterizzata di una messaggio educativo marcato ed esplicito, viene  raccontata anche in Lingua Italiana dei Segni sul DVD allegato al volume che comprende anche la traccia audio del racconto e una serie di contenuti aggiuntivi come canzoni e giochi. La stessa storia è inoltre disponibile in tre versioni in simboli con tre gradi diversi di complessità (base, ridotta e semplificata) .

Lampadino e Caramella nel MagiRegno degli Zampa – La riscoperta del Natale (audio e CAA)

Parola d’ordine: versatilità! Il principio che ispira il lavoro della cooperativa rietina Puntidivista è proprio che ogni bambino possa accedere a una medesima storia attraverso la via che gli è più congeniale, perché esistono modi diversi di raccontare le storie e modi diversi di goderne. Attraverso versioni differenziate, che sfruttano molteplici codici come la Lingua Italiana dei Segni o i simboli WLS, molteplici supporti come il libro cartaceo o i DVD, e molteplici forme di narrazione, orale o scritta, i libri di Puntidivista abbracciano un pubblico che vuole essere il più ampio possibile.

L’idea e l’iniziativa sono degne di interesse e di nota soprattutto perché si tratta di un primissimo originale tentativo di proporre un grado di accessibilità davvero esteso che non guardi alle esigenze imposte da un solo tipo di disabilità ma che, al contrario, scelga la strada della varietà. Le storie sono scritte ad hoc e corredate da illustrazioni casalinghe. Apripista, in questo progetto, sono le avventure di due personaggi – Dino detto Lampadino e Nella detta Caramella -: due fratelli che, attraverso un misterioso passaggio segreto nel parco arrivano in un mondo fantastico popolato da animali parlanti.

In Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – La riscoperta del Natale, i due bambini aiutano Zampacorta, il figlio del re del Magiregno, a individuare il furfante che da tempo ormai fa razzia delle provviste per l’inverno. L’impresa riesce grazie a un po’ di creatività e a un’intuizione di ispirazione natalizia che aiuterà gli stessi protagonisti a riscoprire il vero significato della festa. La storia, dall’esplicito e noto messaggio educativo (non sono i giocattoli a fare bello il Natale ma i nostri cari che ci vogliono bene), è piuttosto semplice e lineare. Questo agevola senz’altro la traduzione in simboli, utili in caso di autismo e disturbi della comunicazione. Il testo così tradotto, frutto di limitati interventi, rispetta abbastanza fedelmente l’originale e si mantiene in definitiva piuttosto lungo, cosa che costituisce forse un vantaggio più per lettori con una certa dimestichezza con la CAA che per lettori inesperti. Allegato al volume si trova un CD che, oltre a disegni da colorare e canzoncine ispirate al testo, propone una versione audio del racconto utile anche in caso di dislessia. La stessa storia è inoltre disponibile in una versione standard, semplicemente scritta in italiano e illustrata, cui si unisce un DVD con il video racconto il LIS che agevola la comprensione da parte di lettori sordi segnanti.

Il barbaro

Il barbaro, silent book fresco di stampa firmato dal brasiliano Renato Moriconi (autore di un altro curatissimo senza parole, Telefono senza fili), è come quel gelato che andava tanto di moda negli anni ’90, quello che “du gust is megl che one”. Perché lettura e rilettura hanno qui due sapori diversi ma ugualmente ghiotti, e a leggere e poi rileggere il libro si gode di un piacere davvero variegato.

Ma andiamo con ordine. Il libro, stretto stretto e alto alto, ci mostra in prima battuta un fiero cavaliere pronto a saltare in groppa al suo destriero. Ci pare impavido e imperturbabile, il prode, che con fare ardito va incontro al suo destino. Da lì in avanti è tutto un montare e scendere, in un susseguirsi di lotte e combattimenti contro rapaci agguerriti, piante carnivore, serpenti sibilanti e mostri di ogni sorta. Con ritmo cadenzato e immutabile imperturbabilità, il protagonista figura ora a piè di pagina e ora in cima, in una battaglia che si rinnova ad ogni pagina. Solo a fine lettura, in un colpo di scena da vero maestro, questo movimento altalenante troverà la sua insospettabile ragione. Ed è proprio a quel punto che tutti i pezzi della narrazione si ricompongono, trovando un nuovo senso e trascinando il lettore in una rilettura nuova, consapevole, disincantata.

Piccolo gioiello di tecnica, grafica e racconto, Il barbaro sa proporre una lettura appassionante e divertente per i più piccoli, che sono chiamati a prestare la loro voce ad avventure pazzesche, ma sa anche stupire i grandi, con una raffinata strizzata d’occhio a Suzy Lee e a quella sua Trilogia del Limite in cui tanta importanza narrativa assumono il silenzio e il confine tra pagine adiacenti e tra realtà e invenzione.

Il delfino bianco

Nella baia in cui Kara è nata e cresciuta, in cui ha costruito con i suoi genitori l’amata barca Moana e in cui vive ora in ristrettezze economiche insieme al padre e agli zii, la barriera corallina e l’intero ecosistema marino sono in pericolo: alcuni uomini senza scrupoli – come il famigerato Dougie Evans – intendono dragare il fondo per sfruttarlo fino all’ultimo centimetro. E Kara, allevata a pane e rispetto per il mare, non può accettarlo. Sarebbe una rinuncia agli insegnamenti più importanti lasciati da sua madre, biologa marina scomparsa misteriosamente durante una missione per la salvaguardia dei delfini. Ecco perché Kara si attiva con forza quando un delfino rimane gravemente ferito a causa delle reti a strascico o quando il divieto di dragare i fondali marini rischia di essere tolto. Ci vorrà tutta la sua testardaggine e il supporto di amici attenti quanto lei alle tematiche ambientali, come il neoarrivato in città Felix, per riaccendere nella baia la speranza di un futuro più sostenibile.

 

La vera svolta nella vita di Kara arriva quando scopre In lingua maori delfino si dice Tepuih. Perché è lì, più o meno a metà del racconto, che la protagonista riesce finalmente ad accedere al contenuto della chiavetta USB lasciatale della madre, recuperando un nuovo preziosissimo ricordo di famiglia ma anche la forza necessaria per battersi per una giusta causa. Da quel momento gli eventi precipitano, avvicinandola a ritmo serrato a una possibilità di vita più serena, in cui godere di un rifugio speciale ed esclusivo per lei e per il padre; in cui rafforzare più che mai l’amicizia con Felix e in cui liberarsi dai fantasmi di un passato sospeso.

 

Le quasi duecento pagine del romanzo di Gill Evans traboccano di passione e conoscenza marina, risentono un po’ di quel mood melodrammatico tipicamente americano che carica il protagonista dell’“ultima possibilità” per salvare il pianeta, ma condensa un pezzo di vita preadolescenziale intenso e godibile. La vita di Kara non è facile ma si muove tra valori e passioni autentiche. L’agitazione dei 12 anni, quando le ragioni della realtà, della crisi e della contingenza valgono meno di zero o comunque meno di un ideale, di un ricordo o di un oggetto che li racchiuda simbolicamente, trova qui largo spazio e prepara un terreno fertile per una viva identificazione da parte del giovane lettore.

 

La disabilità, senza pretendere di essere il tema del romanzo, vi entra più di una volta e da più di una porta: attraverso la dislessia della protagonista e attraverso la difficoltà motoria, conseguenza di una paralisi cerebrale infantile, del suo amico Felix. La prima figura di striscio, senza grosso rilievo narrativo. La seconda, invece, compare più incisivamente, contribuendo a delineare un personaggio complesso come quello di Felix, ad agitare sentimenti forti nei personaggi e nel lettore e a promuovere l’idea che ci siano contesti (come il mare) e attività (come lo spor) che appianano meglio di altri le diversità imposte dall’handicap. L’impatto è onestamente positivo e capace di restituire alla disabilità una dignità piena.

Viaggio

“Quando la strada non c’è – ci ha insegnanto Baden Powell, fondatore dello scoutismo – inventala”. Detto fatto! Come ispirata da questo pensiero e armata di un pennarello rosso e stufa di genitori distratti o troppo occupati, la protagonista di Viaggio crea porte là dove non ci sono e parte per un’avventura a dir poco straordinaria. Un’avventura che nasce come scoperta e diventa una vera e propria impresa, nel momento in cui un misterioso uccello dalle piume viola viene imprigionato da guerrieri in volo su macchine chimeriche. È lì che l’insolita escursione della protagonista assume un valore più profondo, uno scopo più chiaro, e un gusto più pieno. Non solo, infatti, il desiderio di liberare il pennuto la porta a inventare e disegnare al volo nuovi mezzi di trasporto, nuove vie di fuga e nuovi paesaggi ma la ricompensa per di più con un ritorno a casa inaspettato e una nuova amicizia in carne ed ossa.

L’albo, completamente senza parole, è costruito con una minuzia e una cura strabilianti. L’autore, che non a caso ha una lunga esperienza nel campo del cinema d’animazione, fa un uso profondamente incisivo del colore, scivolando dal grigio monotono delle prime pagine annoiate al verde brillante dell’apertura sul mondo immaginario, dal bruno del palazzo-prigione alle tinte rosse e viola di quel paesaggio orientale che riaprirà la via verso casa, senza scordare il tocco rosso che contraddistingue non solo il pennarello dell’incanto ma anche tutto ciò che sa di speranza, divertimento, desiderio (come i giochi delle prime pagine o i mezzi di trasporto in quelle successive). Ma non è tutto: la narrazione si nutre qui di un gioco ancora più stratificato, basato sulla presenza e sull’assenza di sfondi, sull’alternanza di figure di interno e di esterno, sullo sviluppo di edifici fantastici di vaga memoria escheriana e su una trama fittissima di rimandi tra pagine. Certo, la narrazione fluisce anche se non vi si presta grande attenzione, ma la miriade di dettagli che Becker dissemina con pazienza e perizia rendono la lettura un’esperienza straordinaria. L’autore aggancia infatti ogni pagina alla seguente, anticipandone o mostrandone da una diversa distanza o prospettiva un dettaglio, un elemento, una finezza. E lo fa fino all’ultimo, fino a quando cioè alla radice di una palma in mezzo al deserto, non si scorge una minuscola porta che conduce tra i familiari muri della città.

A quel punto il cerchio – del viaggio, della storia così come della ruota che in ultimo lampo di genio la ragazzina disegna nel vuoto – si chiude. E si sa, il bello del cerchio è che proprio là dove si chiude, riinizia. Così – presto fatto – con due cerchi si fa una bici, con una bici si fa un’amicizia, e con un’amicizia si fa una nuova avventura nuova, questa volta più reale che mai. E il lettore ha appena il tempo di vedere schizzare via la protagonista. Con in testa l’idea che, più spesso di quanto immaginiamo, gli amici si nascondono proprio dietro l’angolo. E – manco a dirlo – a guardar con attenzione il frontespizio, tra un credito e l’altro, ci si accorge che l’autore ce lo aveva già suggerito!

Cappuccetto rosso

La storia di Cappuccetto Rosso la conosciamo tutti. Per questo realizzarne una versione nuova e capace di stupire e appassionare non è cosa da ridere. L’illustratore Juanjo G. Oller ha però colto la sfida con risultati interessanti. Il suo è un Cappuccetto rosso moderno e minimalista, che, con solo effetto delle immagini e senza alcuna parola, riesce a suscitare curiosità e inquietudine.

Il libro è tanto essenziale quanto complesso. Le sue linee, profonde e dense, invitano a uno sguardo attento e poco frettoloso, capace di cogliere il valore dei dettagli che spuntano da sfondi netti e il significato di una cornice che diventa cuore dell’illustrazione.

Il tratto insolito e una tavolozza ristretta usata con sapienza danno a una storia senza tempo una nuova chiave di lettura che può intrigare i piccoli lettori e forse ancor più i grandi che li accompagnano. Non a caso, il volume strizza l’occhio agli adulti non solo con una veste grafica raffinata ma anche con la scelta di far seguire al racconto per immagini la versione originale della fiaba firmata dai fratelli Grimm e un saggio di Gustavo Martin Garzo sui significati che essa può celare.

Teneré

Quando si trova un amico vero si è disposti a fare di tutto per aiutarlo, anche infrangere qualche regola o sacrificare i propri capricci per il suo bene. È proprio quello che capita a Matteo quando, durante una vacanza in Tunisia, entra rocambolescamente in contatto con un cucciolo di fennec, piccola volpe del deserto.

L’intesa tra i due scatta istantaneamente e il bambino non esita a coprire la fuga dell’animale dallo zoo, anche di fronte alle prime remore dei genitori e alle minacciose insistenze del direttore. Abituato a vivere dentro una gabbia, la bestiola desidera più di ogni altra cosa conoscere “la sabbia morbida e accogliente” del deserto e “correre alla luce della luna” con i suoi simili. Il bambino, sensibile e attento bisogni degli animali, si fa travolgere dall’impresa dell’amico fino ad accompagnarlo sulla strada di casa.

Stampato ad alta leggibilità e dunque accessibile anche in caso di dislessia, Teneré propone una storia delicata e intensa di amicizia, di responsabilità e di coraggio. Senza ostentare pretese moralistiche, sa parlare di rispetto della libertà, di soprusi e di pregiudizi, trovando nell’atmosfera misteriosa del deserto la più affascinante delle cornici.

Tortinfuga. Ma le torte dove vanno?

Lo aspettavamo da mesi e ora, finalmente, la seconda rapina di torte firmata da Thé Tjong-Khing è bell’e sfornata, pronta da gustare! Torna all’attacco la truppa di fortissimi personaggi già noti ai lettori di Tortintavola, questa volta tutti intenti ad affrontare una scarpinata per godersi un ghiotto pic-nic.

Ciascuno col proprio carico (dai ferri da maglia all’ombrellone) e con il proprio mezzo (dalla sedia a rotelle ai trampoli), gatti, conigli, lucertole e bestiole di ogni sorta si avviano su per la collina. Quando, a fatica ultimata, si accorgono che le torte sono scomparse, si scatena un autentico parapiglia. Facile incolpare i topolini in tuta da Diabolik, già macchiatisi del reato la prima volta. Ma a voler andare a fondo della faccenda si scopre che i pregiudizi possono giocare brutti scherzi e che qualche insospettabile può rivelarsi meno innocuo del previsto.

Anche a questo giro l’autore non perde l’occasione di intrecciare tra loro piccole e sfiziose trame individuali e proprio qui, forse, sta il bello di un libro senza parole come questo. Senza una direzione unica di lettura, ci si può infatti sbizzarrire a (ri)percorrere il volume a piacimento, svelando d’un fiato il mistero del furto o scorrazzando, piuttosto, tra le pagine, dietro le angherie di un coniglietto-bullo, le sventure di un’elegantissima barboncina o le indigestioni dei un ingordo topino a righe.

Una pesca straordinaria

Ci sono personaggi che rallegrano la giornata e allargano il sorriso. È il caso di Volpe e Gallina (ndr. i nomi sono di fantasia!), già protagonisti de Il Ladro di polli e ora nuovamente a caccia di avventure in Una pesca straordinaria. Dopo essersi sistemati in un albero-casa in riva al mare, a seguito di un fuga amorosa come non se ne gustano spesso, l’insolita coppia creata da Béatrice Rodriguez se la vede, in questo nuovo episodio, con un uovo da accudire e con un frigo da riempire.

Constatata la desolante situazione alimentare di casa, la gallina affida senza indugi la futura prole alla volpe e si lancia a procacciare la cena. La sua sarà una pesca tutt’altro che tranquilla: straordinaria, come recita il titolo, ma anche spassosa e travolgente. Un attimo e il ghiotto pesce palla da lei catturato tira, infatti, in ballo un uccellaccio spaventoso, una nidiata famelica e un mostro marino in un turbine  di corse e rincorse davvero irresistibili. Gli sforzi, però, vengono giustamente ripagati e a fine giornata la famigliola – ormai cresciuta – può godersi una cena davvero speciale.

Senza deludere le aspettative di chi si è innamorato della prima avventura vol-pennuta, l’autrice torna a divertire con un albo senza parole che strizza continuamente l’occhio al lettore. E che questi voglia o meno leggere tra le righe un ribaltamento sottile e silenzioso dei ruoli e degli stereotipi di genere (peraltro, in francese, la volpe è proprio maschile – le renard – mentre la gallina è proprio femminile – la poule), si troverà comunque tra le mani un racconto capace di stupire e mostrare con ironia il reale potere narrativo delle immagini. Azioni e sentimenti si dipanano, infatti, qui con grande limpidezza, grazie a un tratto essenziale che attribuisce significati netti a impercettibili variazioni di linee. A sostenerlo, un ritmo e una ripresa squisitamente cinematografici che grazie a sequenze ravvicinate e piani lunghi ben alternati restituiscono a ogni momento un’intensità mai noiosa.

Indovina chi ha ritrovato Orsetto

Indovina chi ha ritrovato Orsetto è un elogio silenzioso ai dettagli apparentemente senza valore. Come le tracce nella neve che, a prima vista insignificanti, possono in realtà svelare a chi le osservi con cura molte cose a proposito di chi le ha lasciate. Le tracce del libri di Gerda Muller raccontano per esempio di una passeggiata di tre persone nel bosco, di piccole deviazioni per raccogliere frutti, di girotondi intorno agli alberi, di soste per riposarsi e di sofisticate operazioni per costruire capanne. Ma lo fanno senza dire una parola così che il lettore possa divertirsi a seguire le orme e a indovinare le storie che esse celano e rivelano allo stesso tempo.

Così, raccogliendo gli indizi che l’autrice non manca di disseminare lungo le pagine, ci si ritrova a seguire una mamma premurosa e due bambini curiosi in gita sulla neve, riconoscendone via via l’andatura, gli interessi e i percorsi. Ma non è tutto. Come volendo strizzare l’occhio al lettore fino alla fine, l’autrice attribuisce particolare valore a quelle parti del volume normalmente bistrattate, come la terza e la quarta di copertina. È proprio qui, infatti, che si concentra il maggior numero di soffiate sul senso della storia, come la possibilità di conoscere i personaggi e di scoprire (o verificare se si è già stati molto bravi) le loro azioni.

Via delle favole

Calvino diceva che “le fiabe sono vere”. Ecco, Daniel, Matilda e Tommy, i tre bambini protagonisti di Via delle Favole, prendono lo scrittore davvero alla lettera. La loro estate si anima infatti quando Matilda inizia a trovare insolite somiglianza tra gli abitanti del quartiere e i personaggi delle fiabe più note: dall’uomo con una moglie molto più giovane e una barba dalle sfumature blu alla ragazza dai lunghi capelli sempre chiusa in casa, dalla fanciulla che vive con sette ometti all’uomo dal naso schiacciato come un porcellino. Fino alla signora Ellison: una misteriosa dama che vive in una villetta un po’ discosta, che accoglie bambini in difficoltà e che li delizia con ghiottonerie fino a che non scompaiono d’improvviso. Quanto sarà reale la sua somiglianza con la strega di Hansel e Gretel? Il racconto invita a scoprirlo con il fiato sospeso fino e anche dopo l’ultima pagina.

L’autrice gioca infatti con il carattere un po’ macabro delle fiabe vecchio stile, che poco si premuravano di concedere un finale lieto a tutti i costi. Ci si trova perciò qui a fare i conti con un epilogo brividoso poco consueto e poco adatto a lettori minimamente fifoni. Questo arriva, d’altra parte, un po’ a sorpresa, a chiudere un racconto tutto giocato sull’allusione a fiabe arcinote che assottigliano il confine tra fantasia e realtà. La storia è inserita dalla casa editrice Sinnos nella collana ad alta leggibilità Leggimi! e presenta perciò una serie di accorgimenti tipografici che ne agevolano la lettura anche in caso di DSA.

 

Il segreto dei pirati

Nel paese di Rocciadura c’è una lunga distesa di scogli al posto della spiaggia, le classi vengono accorpate perché i bambini scarseggiano e la scuola ha sede in un’antica torre sul mare sulla quale circolano misteriose leggende piratesche. Qui abitano Cecilia, Giulio e Paolo, amici per la pelle di 8, 9 e 10 anni e protagonisti di un’inattesa avventura da brivido. Quando la maestra li chiude per punizione nel magazzino della scuola, i tre scoprono infatti un passaggio segreto che li porterà a una scoperta sensazionale, destinata a cambiare le sorti dell’intero paese.

Voilà: la trama de Il segreto dei pirati è presto svelata. Il libro si scorre infatti velocemente in virtù del ritmo svelto che ne semplifica la lettura. Come ad assecondare i timori di lettori riluttanti o alle prime armi, che rifuggono i volumi troppo complessi, lunghi e statici, gli eventi si susseguono qui senza esitazione alcuna e senza far prendere il tempo di soffermarsi a gustare una descrizione, indugiare o divagare un poco. Tale scelta ben si accorda, d’altro canto, con gli accorgimenti tipografici adottati dalla casa editrici Sinnos per rispondere alle esigenze dei lettori con DSA.

Mondizia

Seguire una nutria tendenzialmente non è una buona idea. Presa dall’entusiasmo di sfrecciare sulla sua bicicletta nuova, però, Valentina si fa attirare lungo e oltre la sponda del fiume da un topo gigante, ritrovandosi in un mondo senza tempo fatto di rifiuti, scarti e pattume. Così comincia l’avventura della ragazzina a Mondizia: una realtà sotterranea e nascosta in cui governa un re vanitoso, in cui la Pulizia si preoccupa di mantenere l’ordine e in cui personaggi strampalati, come il poeta o il Sommo Rottamatore, giocano un loro ruolo sociale di tutto rispetto. Separata dal mondo di fuori, eppure indissolubilmente legata ad esso, Mondizia apre gli occhi di Valentina e del lettore su tematiche delicate come il rispetto dell’ambiente e l’economia delle risorse. Nel tentativo di tornare a casa, infatti, la protagonista finisce per addentrarsi nei meccanismi e negli equilibri di un mondo insolito, conoscendone le leggi che tanto fanno riflettere anche chi vive nel mondo di sopra.

Mondizia è infatti un invito narrativamente curioso a fermarsi un momento prima di buttare e sostituire gli oggetti di ogni giorno, poiché un loro riutilizzo può fare bene a noi e al nostro mondo.
L’autore di diverte, in particolare, a lanciare questo messaggio giocando con le parole e trasformandole in occasioni di racconto, forse un po’ caotiche. Così, il campo in cui vengono salvate le specie vegetali si chiama Ris’orto, l’obelisco cittadino domina la Spiazza Tura e soprattutto gli abitanti di Mondizia assumono il nome e lo status – assai eloquente a dire il vero – di Rifiutati. Nella vita precedente erano calzolai, arrotini, riparatori di tv, frigoriferi o lavatrici ma da quando gli oggetti non si aggiustano più ma si sostituiscono la società ha deciso di poter fare a meno di loro, relegandoli in un mondo a parte. Suggestivo, è l’uso dei colori nero e verde acido per sottolineare, anche attraverso le illustrazioni, le luci e le ombre di una realtà tutta basata sul rifiuto.

Ti racconto… 5 storie con i segni

Cinque storie da raccontare con le parole e con le mani, da leggere e da guardare, da scoprire per imparare e per condividere. Il progetto editoriale proposto dalla Cooperativa romana Le Farfalle narra infatti in Lingua Italiana dei Segni cinque famosi albi illustrati editi da Lapis e Babalibri: un modo straordinariamente semplice ed efficace per far sì che il patrimonio fantastico dei bambini possa superare le barriere linguistiche.

Grazie al DVD in cui un segnastorie racconta in LIS, anche i bambini sordi hanno modo di far propri i personaggi di Zou la zebra e di Marco l’orsetto o di seguire con passione le piccole scoperte di uova di tartaruga o di piccoli pettirossi. Per ogni storia, le pagine dell’albo originale scorrono sullo sfondo e il lettore può scegliere il livello di difficoltà dei sottotitoli, accordandolo alla sua competenza linguistica e alle sue specifiche esigenze.

In questo modo il testo scritto cessa di costituire un ostacolo per divenire piuttosto un elemento da scoprire progressivamente, che si arricchisce via via arricchendo di riflesso il bagaglio del lettore. Non a caso gli stessi curatori del DVD invitano caldamente all’utilizzo del supporto multimediale insieme al volume vero e proprio, per far sì che l’esperienza della lettura si arricchisca di strumenti di comprensione indispensabili, come la traduzione in LIS, ma non perda il fascino del rapporto tra parole e immagini e soprattutto la possibilità di essere condivisa con familiari e compagni.

Ecco, in estrema sintesi, il contenuto delle storie incluse nel dvd:

Ho trovato un pettirosso narra dell’amicizia tenera e bislacca tra un bambino e un pettirosso, nata in una fredda e nevosa sera d’inverno. Privo di parole, l’albo racconta attraverso le sole immagini il ritrovamento dell’uccellino e le cure che il bambino gli riserva.

Che meraviglia è la storia di una piccola grande scoperta fatta in spiaggia da una bambina curiosa: il ritrovamento fortuito di uova di tartaruga. Il volume, che è totalmente privo di testo, è recensito nel catalogo a questo link.

No, no e poi no parla di capricci e di emozioni attraverso il personaggio di Marco, un orso che dice no a tutto – maestra, giochi e caramelle – fino a che un gesto speciale non gli fa cambiare dolcemente idea.

Zou racconta dell’esuberante e omonima zebra, desiderosa di svegliare i genitori per affrontare insieme a loro una giocosa giornata. Ma cosa accade se i genitori sonnecchiano ancora? E se i tentativi di destarli rischiano di diventare pasticci?

Ti ho visto è la storia buffa di una torta da consegnare e dei piccoli incidenti di percorso che costringono Paolino a mangiarla prima di arrivare dalla nonna.

Il mio leone

Può essere un leone dolce e feroce allo stesso tempo? Senz’altro sì, almeno quanto una storia può essere insieme reale e fantastica, se ad animarla è la mano seducente di Mandana Sadat.

L’autrice e illustratrice de Il mio leone infonde nel gustoso albo senza parole edito da Terre di Mezzo un buon sapore d’Africa, di leggende senza tempo, di pregiudizi stolidi, di lotte e affetti smisurati. Quella che racconta è la storia di un bambino che, ritrovatosi solo in mezzo al deserto, incappa in un leone in prima battuta selvaggissimo ma poi tenero fino alla commozione e capace di incarnare la migliore delle figure genitoriali: quella che ti nutre nello stomaco e nello spirito, che presta attenzione ai sentimenti e alle loro manifestazioni più minute, che condivide momenti di serena intimità, che accompagna alla scoperta della vita e che non esita a proteggere strenuamente dalle minacce. Bambino e leone coltivano così un affetto profondo che adulti guerrieri, nel loro miope istinto difensivo, costringono a relegare nella dimensione intangibile del sogno. Qui, avvolti dal favore del buio, i due protagonisti ritrovano e rinnovano la loro familiarità che si nutre di ricordi condivisi.

Animato da campi larghi che distendono lo sguardo, da colori caldi che avvolgono la lettura e da un racconto variegato che combina doppie pagine quasi immobili ad altre dal ritmo cinematografico, la storia de Il mio leone occupa un albo piccino picciò, che sta in uno zainetto, in un cruscotto o persino in una tasca. Un’ottima soluzione per avere sempre appresso una porta immaginaria da aprire a volontà.

Il ladro di polli

Il ladro di polli è una coccola a colori che fa bene all’immaginazione e all’umore: una storia senza parole che stuzzica e cattura, invitando il lettore a una corsa sfrenata sulle tracce di coniglio, galletto e orso, a loro volta sulle tracce di volpe e gallina. Voilà, i protagonisti irresistibili dello squisito libro di Béatrice Rodriguez sono tutti qui: i primi inseguono i secondi a causa di un apparente rapimento della pennuta.

Ma le cose stanno davvero come sembra? Attraverso montagne, tunnel, mari e boschi si scopre che il rapimento ha in realtà le fattezze di una fuga d’amore e che lo stereotipo per cui creature diverse non possono volersi bene si dissolve alla velocità di un bacio.

Il libro, nutrito di avventure a perdifiato e animato da un tratto spiritoso, si presta a una piacevole lettura con replica soprattutto perché ogni volta che si ricomincia si rivelano dettagli curiosi sfuggiti in precedenza. Diventa così un piacere scoprire mano a mano la gelosia del galletto, la leadership del coniglio o i diversi stati d’animo della gallina e farsi da essi guidare nell’interpretazione di una storia tanto semplice quanto avvincente.

L’amico immaginario

“Max non ha un fuori, Max è tutto dentro”.
Così Budo, cinque anni di età e fattezze inventate, descrive con una puntualità disarmante il bambino che lo ha creato e scelto come amico immaginario. Max è infatti l’unico essere umano che riesce a vederlo poiché è proprio colui che gli ha dato una forma per non sentirsi solo nei momenti difficili, per non avere paura quando le cose funzionano un po’ diversamente dal solito e per avere qualcuno che lo capisca senza dover necessariamente parlare o esternare ciò che sente. L’avversione di Max per qualsivoglia cambiamento, la sua difficoltà a fare delle scelte, l’insofferenza nei confronti di qualunque contatto fisico lascia pensare che sia un bambino autistico ma a Budo questo non interessa e poiché il romanzo segue la sua voce, viene prediletta una descrizione per fatti, più che per etichette, del protagonista e delle sue avventure.

E che avventure! Un giorno come tanti Max viene caricato di nascosto in macchina dalla Patterson, la sua maestra di sostegno tutt’altro che equilibrata, e da lì sparisce. Rapito. Starà a Budo, il solo ad aver assistito alla scena, trovare il modo di scovare Max e aiutarlo a liberarsi, destreggiandosi tra la complessità del caso, le ossessioni del bambino e il suo personale status di individuo invisibile ai più. Per fortuna, a differenza di molti altri amici immaginare che lo stesso Budo incontrerà sul suo cammino, Max lo ha creato con molta cura, dotandolo di una fisionomia pressoché completa, di uno spirito di sacrificio invidiabile e soprattutto di una capacità di osservazione molto acuta. Così, per il lettore, che già non stenterà a farsi catturare dalla trama, la cronaca in tempo reale firmata da Budo rappresenterà una chicca tutto da gustare. La scelta originale di far raccontare la storia dal punto di vista insolito di un amico immaginario offre infatti l’occasione di guardare al mondo con un’attenzione ai particolari spesso trascurata e di confrontarsi con riflessioni di spessore trattate argutamente con una sensibilità spiccia.

Peter Nimble e i suoi fantastici occhi

Peter Nimble è il protagonista che ogni lettore spericolato e appassionato vorrebbe incontrare sulla sua strada: un protagonista dalla vita non facile ma dalle abilità straordinarie, in possesso di una scatola di occhi magici – d’oro, di onice e di smeraldo -, in contatto o in conflitto con creature fantastiche e immerso in mondi sorprendenti in cui deserti vastissimi, rocche abbandonate, cunicoli sotterranei e castelli inviolabili si intersecano e si incontrano.

Cieco e orfano, Peter apprende fin da piccolissimo la sottile arte del furto sicché nodi e lucchetti diventano il suo pane quotidiano. Impara l’arte e la mette da parte, Peter: così, una volta sfuggito alle grinfie del perfido Mr Seamus che lo sfrutta e lo maltratta, può utilizzare il suo talento per una missione di alto valore, delicatissima e segreta, i cui tasselli si compongono man mano come in un puzzle da mille pezzi.

La trama avvincente e complessa, che strizza l’occhio ai grandi romanzi di formazione, fa di questo libro un’autentica delizia narrativa, in cui la disabilità, travolta dall’atmosfera fantastica, non manca di incuriosire, stimolare, stupire e appassionare.

Il bambino di vetro

II bambino di vetro è una storia d’altri tempi, sia nei modi sia nei contenuti. È un racconto ricercato e fine, che parla di avventure coi calzoni corti, di battaglie con gli elastici, di scontri tra bande di quartiere e di cartelle di cuoio per andare a scuola. È un romanzo che affonda le radici in un’Italia un po’ sbiadita che le illustrazioni in bianco e nero di Marco Somà sottolineano a meraviglia.

Il protagonista è Pino, un bambino di famiglia benestante e affetto da una strana e mai nominata malattia che gli impedisce di sperimentare ogni diletto tipico dell’infanzia senza rischiare di finire in ospedale. Il suo fisico delicatissimo lo obbliga perciò a vivere in un mondo del tutto immaginato o visto sempre dal di fuori, che trae vitale nutrimento dalle peripezie di carta dei libri d’avventura. I genitori e la nobilissima nonna si prodigano, infatti, per proteggere la sua incolumità a costo di rendere la sua vita una sorta di  ologramma privo di spessore. Ma un certo punto arriva Marco, con la sua banda di ragazzi dalle ginocchia sbucciate e dai sentimenti nobili, che con la forza di un’amicizia autentica rivela l’importanza di una vita che accolga e rispetti la malattia senza però permetterle di avere un ingiustificato sopravvento.

Quella del bambino di vetro, insomma, è anche e soprattutto una storia senza tempo, che difende il valore dell’immaginazione, e dunque della letteratura, come prolungamento della vita reale, ma che mette anche in guardia dal sacrificare quella stessa vita reale sull’altare di timori esagerati e di pregiudizi inconsapevoli. Attraverso una scrittura appassionata, le avventure vecchio stile del giovane protagonista diventano così la cornice di una riflessione di più ampio respiro sulla malattia e sull’importanza che, nelle condizioni da essa imposte, possono assumere gli stimoli offerti dalla fantasia e dal coraggio non solo del malato ma anche di chi lo circonda.

Occhio di Nuvola

Una storia delicata e profonda in cui le parole, come i sentimenti, tornano a occupare un posto di primo piano. Una storia capace di avvolgere e coinvolgere, senza rinunciare al rispetto delle reali vicende di un popolo tormentato. Una storia che parla di indiani e natura, che racconta di tradizioni e leggende e che sa immergere con inaspettata abilità in una cultura tanto distante quanto affascinante. Occhio di Nuvola è tutto questo.

Chi dà il titolo al volume è un giovane indiano cieco della tribù dei Crow che, difeso strenuamente dalla madre, vince i pregiudizi della sua gente e trova finalmente il suo posto in mezzo ad essa. Accompagnato a conoscere il mondo attraverso una sensibilità straordinaria e attraverso la vista dei suoi cari, Occhio di Nuvola si guadagna la stima della tribù, scongiurando un primo attacco dei visi pallidi cui sottrae uno strumento importante e sconosciuto come il cavallo.

Al suo fianco, tastando il sapore della terra umida e il fruscio del vento della montagna, il lettore si trova a scoprire il più intimo e dimenticato rispetto per la natura, in ogni sua manifestazione, e per una cultura tramandata da generazioni. Grande merito, in tutto questo, va riconosciuto alla parola che l’autore sa usare con grande accortezza e che nell’intero romanzo viene valorizzata come strumento di conoscenza profonda e di relazione autentica.

In fuga con la zia

Imprevedibile e incontenibile, zia Ubalda è una carica esplosiva di entusiasmo e vitalità. Una bomba, insomma. Le piace smodatamente tutto ciò che è rosa tenero e coccoloso, spiazza con le sue risposte ironiche e non convenzionali e non ha paura di dire o fare ciò che le passa per la zucca, anche a costo di scatenare imbarazzi e risolini. Come quando recita una poesia sulle puzzette al raffinatissimo compleanno della sorella o quando interroga la vicina di treno sui suoi strepitosi tatuaggi. Ubalda è così: simpatica e divertente per la nipote Sara, buffa e rimbambita per il cognato, nonché papà di Sara, disabile mentale non indipendente per la sorella nonché mamma di Sara. Una persona, molte interpretazioni. Dove starà la realtà? Probabilmente nel mezzo ma un po’ più spostata verso Sara, si direbbe.

Sara è in effetti l’unica della famiglia a considerare la zia come una persona, certo un po’ stramba e necessitante di attenzioni, ma capace, desiderosa e soprattutto degna di esprimere la propria personalità, di prendere le proprie decisioni e di fare i propri errori. Una persona che come tutte le altre ha voglia e diritto di fare le cose che piacciono ai suoi coetanei come andare in vacanza con gli amici o fare shopping. Il suo è un mondo tutto particolare, condiviso con gli originali coinquilini della comunità in cui vive e aperto a conoscenze sempre nuove: un mondo che a fatica sopporta le restrizioni, i timori e i progetti costrittivi della sorella, che vorrebbe sistemarla in una struttura più controllata.

Così, Ubalda inizia un viaggio avventuroso con la nipote per fuggire ai piani di trasferimento predisposti per lei. Sarà un viaggio breve ma portentoso, capace di frantumare, come una mossa di jujitsu ben assestata, una fitta serie di pregiudizi che spesso circondano i disabili mentali: che siano sempre felici, per esempio, o che non abbiano bisogno di provare emozioni, soddisfazioni ed esperienze. Il risultato è una riflessione intelligentemente sorridente, che sparpaglia spunti senza predicozzi ma con una buona dose di spasso e irriverenza.

 

Tortintavola. Ma la torta dov’è?

Un libro che è anche un gioco-giallo ricco di indizi, una carrellata di quadri in cui smarrirsi,  un invito senza posa a seguire avventure sopra, sotto e attraverso le radure della foresta. Tortintavola è tutto questo, non c’è dubbio, ma è anche un libro meraviglioso che racchiude una storia divertente, appassionante e garbatamente deliziosa.

Non ci sono parole a raccontarla ma due manciate ben scelte di personaggi illustrati le cui vicissitudini si affiancano e s’intersecano a tratti alterni. Tra camaleonti innamorati in vista di un galante rendez-vous, topi che sgraffignano torte alla panna, peluche a forma di coniglio smarriti da conigli in forma di coniglio, famigliole suine in gita di piacere, scimmie dispettose a caccia di piume e cappelli e ranocchi scatenati dalla pallonata facile, quello che si anima sotto gli occhi del lettore è un quadro brulicante di protagonisti e imprevisti, come un Bruegel contemporaneo, molto buffo e  spiritoso.

Vestendo panni insoliti, da spettatore-narratore che s’improvvisa detective, chi si accosta alle pagine irresistibili di questo libro senza parole, già finalista del Premio Andersen 2012, scopre il piacere di una lettura senza una direzione e un ritmo unilaterali. L’invito silenzioso ma travolgente è a seguire la storia a modo proprio – d’un fiato fino in fondo, in parallelo o a ritroso – , accompagnati dalla piacevole sensazione che ci sia sempre qualche dettaglio nascosto ancora da scovare.

Orrendi per sempre

Metti insieme una ragazza morta fuori ma non dentro, una elettrica che dà la scossa, un ragazzo supergeniale e disabile e uno maciullato e pesto. E voilà, fatto! Gli “Orrendi per sempre” sono riuniti: 4 ragazzi allontanati dai compagni e rifiutati dalla comunità che condividono forza e debolezza della diversità. Ciascuno a suo modo e per le sue ragioni, sente forte la barriera che gli altri gli frappongono fino a farne a sua volta uno scudo personale. “Bambino…” disse Morta con voce fredda. “Sei sicura di quello che fai? Hai guardato bene come siamo… come siamo fatti?”

Esasperati dalla situazione, sono infatti loro stessi, a un certo punto, a fare del loro aspetto repellente un ostacolo ad una condivisione aperta. Non che non tentino di integrarsi, tutt’altro. Solo lo fanno a tentoni, percorrendo strade apparentemente più facili e talvolta palesemente disastrose, come isolarsi del tutto o camuffarsi da ciò che realmente non sono. Fino a che non decidono: basta fingere! Il tentativo di accettazione passerà da quell’istante in poi attraverso la via della valorizzazione delle capacità possedute. Gli Orrendi per sempre rinunciano, infatti, alle coperture posticce per gettarsi a capofitto in missioni ad alto rischio. Ed è lì, finalmente, che il loro potenziale umano, oltre che sovrumano, inizia ad emergere con forza e ostinazione.

E’ un libro insieme forte e scorrevole, questo di Aquilino, in cui l’autore mescola fantasia e spunti reali con un certo umorismo e una certa dose di avventura. Le vicende narrate sono infatti avvincenti e in più portano uno sguardo privilegiato sulla delicata questione della differenza e delle implicazioni sociali che essa comporta. Malgrado la commozione calchi ogni tanto la mano, si continua a percepire forte, a filo delle pagine, l’idea che ci sia una differenza tra il difetto e l’handicap, ovvero tra la mancanza e l’impossibilità del fare. Il ruolo che ciascuno di noi può giocare, per evitare che la prima si trasformi nella seconda, appare da subito estremamente influente. “Reginald s’illuminò: la soluzione era così semplice e lui non ci aveva ancora pensato. Ci volle poco per adattare il divano alle esigenze dei due ragazzi.” Come a dire che l’integrazione passa, in fondo, attraverso l’accettazione di sé e attraverso l’attenzione all’altro, nelle piccole come nelle grandi cose. Dalla condivisione dell’esperienza scolastica all’uso di un comune e banalissimo mobile.

Pinocchio ed. il Narratore

Se un classico – come affermava Calvino – « è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire», tutti dovrebbero avere la possibilità di rileggerlo a piacere. O di riascoltarlo a piacere, laddove le condizioni di lettura non siano agevoli.

Ecco perché gli audiolibri di alcune pietre miliari della letteratura per l’infanzia italiana possono essere salutati come belle novità nel campo dell’accessibilità letteraria: perché offrono a chiunque uno strumento alternativo per godere di un buon testo e perché garantiscono a un pubblico non vedente o con difficoltà di lettura uno strumento indispensabile per accostarsi a un patrimonio universale.

È il caso de Le avventure di Pinocchio di Collodi, de Il giornalino di Gianburrasca di Vamba o de Il canto di Natale di Charles Dickens, tutti pubblicati in versione integrale da Il Narratore in formati diversi – MP3 scaricabili dal sito, cd audio e cd MP3 – e dunque facilmente impiegabili secondo differenti esigenze e mezzi. La loro registrazione permette un ascolto rilassante e particolare che trasforma a suo modo storie arcinote in una performance da scoprire.

Il mondo di Orfeo

Il mondo di Orfeo, ovvero quando il fantasy incontra l’handicap. Il libro dell’esordiente Elena Mariani incuriosisce per questo connubio tanto insolito quanto intrigante che avvicina il tema della disabilità attraverso uno dei generi più amati dai giovani lettori. Accade, infatti, che tra queste pagine l’autismo di uno dei protagonisti, Orfeo, venga travolto e in parte raccontato attraverso il mondo fantastico del bosco e del Picco Solitario dove i sogni e gli incubi si scontrano e le letture alimentano una realtà in continua trasformazione.

Qui si mescolano, in maniera talvolta un po’ caotica e solo abbozzata, personaggi eroici di ogni tempo da Robin Hood al Signore degli anelli, da Frankenstein a Sherlock Holmes, le cui avventure oniriche riflettono e condizionano la vita quotidiana di Orfeo e delle persone più care che gli ruotano intorno, tra cui spicca sua sorella, la determinata Ofelia. Questo continuo rimbalzo tra realtà comune e realtà immaginata disegnano un espediente efficace e suggestivo per aprire un sottilissimo e metaforico passaggio nell’autismo, utile senz’altro a sottolinearne l’esistenza.

Il bambino che mangiava le stelle

Raccontare l’autismo mettendo insieme una bambina testarda e coraggiosa, un bambino chiuso su se stesso ma capace di diventare le cose che incontra, un cane in cerca della sua identità selvatica, una balia russa misteriosa e taciturna e una gamma di parenti piuttosto variegata e composita. Così Kochka, autore franco-libanese, costruisce Il (suo) bambino che mangiava le stelle, romanzo per ragazzi che non chiudono gli occhi di fronte al mondo ma sono motivati, anzi, ad entrarvi in prima persona.

Per conoscere, per capire e per agire. Così, almeno, Lucie – protagonista e voce narrante della storia – vive il suo trasloco in un palazzo parigino e il suo incontro con Matthieu, il bambino del piano di sopra la cui stranezza viene etichettata dai grandi con l’espressione “autismo”. Ma cosa vuol dire davvero essere autistici? Lucie cerca di scoprirlo buttando nel cestino le astruse definizioni degli adulti con avventurosa pragmaticità.

Ne esce un ritratto certo suggestivo della malattia che non ne copre tuttavia tutti i lati inspiegabili e duri e che sottolinea soprattutto la presenza di un individuo sotto i suoi veli.

Il meraviglioso mago di Oz

Semplicità ed efficacia sembrano comporre, ancora una volta, il motto della casa editrice Biancoenero, sempre attenta alle esigenze che i diversi lettori possono avere di fronte a uno specifico libro: esigenze di lettura, esigenze di comprensione ma anche esigenze estetiche.

Così nasce, per esempio, Il meraviglioso mago di Oz che unisce una copertina attraente dai colori caldi, una versione adattata del testo originale di Lyman Frank Baum, un carattere tipografico appositamente messo a punto per agevolare i casi di dislessia e un CD MP3 per seguire il testo con meno fatica. L’ascolto viene perciò a supportare la vista o a invitare alla lettura coloro che a scorrer le righe scritte proprio si annoiano.

Si percepisce, dunque, lo sforzo di trasformare l’accessibilità in un obiettivo concreto attraverso la sinergia tra mezzi, codici e stratagemmi differenti. Ciascuno può cioè, scegliere di affidarsi alla sola lettura semplificata, al solo riposante ascolto o alla combinazione dei due percorsi, inseguendo, a suo modo e con il suo passo, il leone senza coraggio, lo spaventapasseri senza cervello e l’omino di latta senza cuore.