Recensione pubblicata il: 11/10/2024
Il fascino che le creature buffe esercitano sui piccolini è fuor di dubbio. Se poi quelle creature portano il segno riconoscibile e vivace dell’artista messicano Juan Gedovius, è facile che l’attrazione si faccia ancora più forte. Con le loro sagome bitorzolute, i loro occhi tondi e la loro mostruosità amichevole, le sue figure generano infatti un’immediata simpatia che favorisce l’affezionamento e incentiva la scoperta.
Tutto fuorché sterili esercizi di disegno, le figure di Gedovius animano infatti piccole e significative narrazioni in cui la varietà dei soggetti si fa motore del racconto. Si prendano ad esempio i protagonisti di Yipo, leporello cartonato che mette in scena un’improbabile cordata di piccoli e grandi esseri mostruosi. Ciascuno di loro presenta una conformazione e alcune peculiarità fisiche che ne condizionano la presenza sulla pagina e la relazione con gli altri personaggi. Così, il vermone sinuoso si fa trainare poggiando ognuna delle sue gobbe su di un mezzo con le ruote e tira con la sua coda la lumaca sul monociclo; il mostriciattolo più paffuto e piccino salta la corda, mentre quello che ricorda un pipistrello se ne sta comodamente appeso a testa in giù. E via dicendo… Quello che si viene a creare è una sorta di lungo piano sequenza che scorre sotto gli occhi del lettore in cui il semplice avanzare diventa occasione di invenzione, sorpresa e divertimento.
Costruito in modo da proseguire fronte e retro, senza un vero inizio e senza una vera fine, Yipo fa di un comune filo di lana azzurra il filo conduttore lungo il quale si manifesta la sgangherata combriccola. Chi siano, dove vadano, che intenzioni abbiano i suoi membri è tutto la inventare: l’autore lascia infatti le figure libere dalle parole, incentivando così una certa libertà di lettura, sia nelle modalità di approccio al libro sia nei percorsi di interpretazione.
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