Parole di caramello
Recensione pubblicata il: 24/03/2023
Kori vive da quando è nato all’interno di un campo profughi del deserto algerino. Ama molto gli animali e ha, in particolare, una predilezione per i dromedari. Il suo preferito – quello che diventerà per lui un amico sincero e irrinunciabile – nasce quando anche lui è ancora un cucciolo. Kori decide di chiamarlo Caramello e il loro legame, reso sempre più solido dalle affettuose visite quotidiane che Kori dedica all’animale, diventa unico e straordinario quando le parole entrano finalmente nella vita del bambino.
Sordo dalla nascita, Kori vive infatti in un mondo silenzioso, in cui le parole sono prima di tutto ed essenzialmente dei movimenti percepiti sulla bocca di chi gli sta di fronte. Ma Kori è cocciuto e determinato e così riesce a convincere la maestra che, nonostante la sua disabilità, desidera e può apprendere come gli altri a leggere e scrivere. Lì ha inizio una piccola magia. Kori inizia, infatti, a scrivere delle poesie che, a suo dire, non sono frutto del suo estro ma sono una semplice trascrizione di ciò che il dromedario gli confida. Sono letteralmente, dunque, parole di Caramello.
Sul filo di quelle poesie condivise, che nascono dalla relazione, l’amicizia tra Kori e Caramello si fa ancora più profonda, al punto che quando lo zio di Kori decide di macellare l’animale per poter sostentare la famiglia, Kori si dimostra pronto a gesti eclatanti (benché, purtroppo, insufficienti), pur di difenderlo.
Commuovente e intenso, Parole di Caramello è un racconto che sfugge ai canoni a cui la narrativa per i bambini tende ad aderire. Coraggioso nei temi, che si fanno specchio di tanti aspetti della complessità contemporanea, il libro di Gonzalo Moure sceglie di dare spazio a realtà tipicamente marginali e spesso poco conosciute, come la disabilità o la vita nei campi profughi. Pur dando voce a emozioni molto forti e talvolta buie, l’autore non manca di portare alla luce piccole scintille di speranza. La testardaggine con cui, per esempio, Kori dimostra all’insegnante che sordità e parola non sono per forza incompatibili, gli consente di esplorare la potenza della poesia e invita, al contempo, chi legge, a riflettere su quanta ricchezza possa generarsi dall’aggiramento di stereotipi e pregiudizi.
Il libro si caratterizza, infine, per la presenza di tavole avvolgenti e delicate firmate da Marià Girón, le cui tinte terrose e le cui linee tenui restituiscono con garbo e potenza non solo le atmosfere che accolgono la storia di Kori ma anche l’intima indole poetica che contraddistingue il racconto.
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