Migrando
Recensione pubblicata il: 28/11/2013
Migrando è un dei libri senza parole più complessi ed evocativi finora pubblicati in Italia. Proposto non a caso da una casa editrice raffinata come Orecchio Acerbo, il volume richiama l’attenzione di un pubblico che ha già una buona dimestichezza con le decodifica delle immagini e che sa apprezzare la suggestione più sfuggente in luogo della rappresentazione più netta. Il libro creato da Mariana Chiesa Mateos è insomma, in tutto e per tutto un libro controcorrente: perché sperimenta con forza e successo la forma dell’albo illustrato per un pubblico di lettori esperti, perché accetta la sfida di trattare un tema di scottante attualità e infine perché segue le direzioni dei movimenti migratori, nel loro andar contro certezze, affetti e radici.
A sottolineare questo aspetto, il fatto che il libro non abbia un verso privilegiato ma si legga in parte in un senso e in parte capovolto, come a tradurre in un espediente grafico e narrativo l’idea che ruoli e traiettorie di migrazione non siano mai fissi. Così, chi sessant’anni fa partiva ora accoglie e chi ora parte forse domani accoglierà. E se da un lato dell’albo troviamo figure che riportano alla mente la Lampedusa più drammatica degli ultimi mesi, dall’altro riconosciamo nonni e bisnonni del secolo scorso con le valigie colme di speranza. A far da cornice comune c’è una natura dal forte valore simbolico: l’acqua che, a seconda dei punti di vista, separa e unisce paesi, ma anche gli alberi e gli uccelli, gli uni dalle radici profonde e gli altri dalla vita volubile.
Il libro si presta ad una lettura molteplice, che sveli di volta in volta dettagli e possibilità interpretative nuove. L’assenza di parole e la scelta di fili narrativi e scenari labili lasciano infatti ampi margini al contributo di ciascun lettore, stimolando emozioni prima che riflessioni.
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