Mi chiamano Teschio
Recensione pubblicata il: 19/04/2024
Il paese di Monte Quiete, sperduto, mignon e apparentemente tranquillo, è un luogo ormai familiare a molti lettori. Qui hanno avuto luogo le straordinarie avventure di Giustino in compagnia del pirata Sgrunt, e ha preso forma il famigerato piano di Mia e Testone per far chiudere la scuola locale. Giustino, Sgrunt, Mia e Testone, tipi dai tratti riconoscibili e memorabili, sono solo alcuni degli abitanti del posto nati dal felice sodalizio tra Daniele Movarelli e Alice Coppini e protagonisti dei racconti illustrati targati Sinnos. Non meno iconici, però, sono i cattivi di turno che in questi racconti si sono sempre ritagliati un ruolo: Teschio, il capo banda, Tozzo e Smilzo, i suoi scagnozzi, sono infatti ragazzini prepotenti dal look e della fisionomia eloquenti, che di divertono a importunare i bambini più timidi e a far compiere grandi voli ai 54 gatti del paese.
Nel terzo episodio della serie, proprio i bulli diventano protagonisti (il titolo Mi chiamano Teschio lo lascia in effetti intuire!). Attratti dall’idea che la nuova maestra della scuola possa essere una strega e nascondere segreti terrificanti, i tre decidono di appostarsi vicino al cimitero dove l’hanno vista sostare più volte. Tozzo e Smilzo, però, si tirano indietro all’ultimo con scuse improbabili e così Teschio si ritrova da solo a pedinare la maestra Atena. Le cose non andranno esattamente come Teschio immaginava ma le strade impreviste che le giornate a volte prendono, possono essere dei felici punti di svolta nelle vite degli individui. E così è per Teschio che, scoprendo un lato inatteso della maestra e condividendo con lei un’attività nuova, finisce di fatto a fare i conti con la sua identità e con un’immagine di sé che non lo soddisfa davvero. Ché anche il più duro dei teschi, forse forse preferisce farsi (ri)conoscere come Jacopo…
Tenero ma tutt’altro che melenso e soprattutto capace di non sacrificare lo spirito ironico e intrepido sull’altare di un messaggio edificante, Mi chiamano Teschio ha il sapore di un’avventura insieme familiare e sorprendente. La dimestichezza che il lettore può avere non solo con i personaggi e il contesto ma anche con lo stile compositivo e con una narrazione che mescola efficacemente racconto, figure e fumetti, ne facilita l’orientamento e ne agevola l’immersione e il godimento della storia. Dall’altro lato, la scelta di guardare oltre le apparenze e portare in primo piano il personaggio più scomodo, spiazza e suscita piacevole curiosità. Questo, unito all’attenzione che abitualmente Sinnos dedica alla leggibilità dei suoi testi, grazie a scelte che investono font, impaginazione e tipo di carta, fa di Mi chiamo teschio una lettura molto apprezzabile e da non sottovalutare in un’ipotetica rosa di proposte rivolte anche ai lettori più riluttanti.
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