Mangerei volentieri un bambino
Recensione pubblicata il: 31/10/2023
Il 2023 è un anno importante per i libri in simboli. È, infatti, l’anno in cui nasce Officina Babùk: una casa editrice nuova ma con una salda esperienza alle spalle, che unisce le forze e le competenze di due realtà editoriali dall’identità forte come Uovonero e Babalibri e che raccoglie il testimone di un progetto come I libri di Camilla il cui ruolo nella costruzione di una nuova idea di libro accessibile è stato fondamentale .
Dal 2016 al 2022, infatti, il progetto de I libri di Camilla a cura di Uovonero ha portato alla pubblicazione di una versione di simboli, in tutto e per tutto identica all’originale se non per minimi aggiustamenti testuali e per l’aggiunta dei simboli WLS, di nove albi illustrati di altrettante case editrici indipendenti: da Che rabbia! (Babalibri) a Lindo porcello (Bohem press), da Ninna nanna per una pecorella (Topipittori) a Il piccolo coniglio bianco (Kalandraka). Ma perché questo progetto è stato così importante? Perché ha segnato un punto di svolta, evidenziando la necessità di offrire anche ai bambini con disabilità non solo dei libri progettati ad hoc ma anche degli adattamenti di quei libri che dai compagni sono particolarmente letti e amati. Perché è proprio su questi ultimi che è possibile costruire degli immaginari condivisi, terreno fertilissimo per coltivare possibilità di incontro, dialogo, gioco, relazione.
Con la pubblicazione di Lei ci sarà sempre, il progetto de I libri di Camilla si è chiuso ma ha lasciato un’eredità importante. L’idea forte con cui era nato ha trovato, infatti, nuova linfa proprio in Officina Babùk: una casa editrice specializzata in libri in simboli che metterà a frutto l’esperienza di Uovonero in materia di lettura accessibile di qualità e che attingerà in primis al catalogo di albi illustrati di Babalibri. Albi curati, divertenti, amati e conosciuti, dunque. Albi che sono una garanzia per chi desidera proporre letture su misura per i bambini. La forza sta proprio in questo: nel fatto che le due case editrici che hanno dato vita al progetto condividono un’idea di diritto alla lettura come di diritto a un’esperienza piena, ricca, appagante e che ciascuna di esse ha messo a disposizione, a questo fine, la propria esperienza specifica. Perché, di fatto, è così che nascono i libri accessibili meglio riusciti: dalla compenetrazione di professionalità e competenze diverse, messe al servizio di una comune idea. L’avventura di Officina Babùk è iniziata nel mese di settembre con la pubblicazione dei primi due titoli: Mangerei volentieri un bambino e La sedia blu.
Mangerei volentieri un bambino è, per l’appunto, un titolo di grande successo firmato da Sylvaine Donnio e Dorothée de Monfreid e pubblicato nella sua versione standard da Babalibri. Qui si racconta del cocciuto coccodrillino Achille, determinato più che mai a mangiare un bambino. A nulla valgono i tentativi di mamma e papà coccodrillo, che provano a dissuaderlo dal progetto offrendogli ogni sorta di delizia: le banane di cui il piccolo è ghiotto, una salsiccia grande come un camion e persino la torta al cioccolato a cui non è proprio difficile resistire. Niente funziona. Fino a che Achille, una bambina, la incontra davvero e l’incontro non va esattamente come il cucciolo aveva previsto. Allora sì che le banane tornano utili, anche se non certo a raggiungere lo scopo di mamma e papà coccodrillo…
Divertentissimo, contraddistinto da una piacevole e funzionale struttura iterata e animato da illustrazioni buffe che fanno a meno di inutili fronzoli, Mangerei volentieri un bambino si presta a favorire momenti di lettura condivisa molto spassosi. Quelle stesse caratteristiche, d’altra parte, lo rendono anche particolarmente adatto a una resa in simboli perché la ripetizione, sia narrativa sia testuale, favorisce l’attenzione e la comprensione e perché l’ampio spazio bianco lasciato dalle figure lascia ampio margine di manovra per l’inserimento dei pittogrammi. Le doppie pagine adattate risultano così molto ariose, piacevoli alla vista e rispettose dell’originale, nonostante la consistenza presenza di simboli.
Il testo, dal canto suo, appare molto simile alla versione solo alfabetica, fatto salvo per minimi aggiustamenti legati per esempio all’inversione delle componenti testuali (soggetto e verbo, sostantivo e aggettivo…) e all’esplicitazione o all’anticipazione del soggetto parlante, laddove non presente o laddove collocato alla fine del discorso diretto. Si tratta, cioè, di accomodamenti che vanno a incidere in maniera irrisoria sulla musicalità e sulla resa testuale ma che possono fare la differenza nella comprensione del racconto da parte di chi necessiti di una narrazione più lineare. Per le stesse ragioni, la distribuzione del testo sulla pagina segue maggiormente la punteggiatura e l’andamento della frase. Così, per esempio, dopo ogni punto il testo va a capo e fa lo stesso rispettando il più possibile le unità di senso: aspetto questo, estremamente prezioso, per qualunque lettore alle prime armi.
Mangerei volentieri un bambino, così come gli altri titoli di Officina Babùk, si caratterizza infine per un uso particolare e per certi versi sperimentale dei simboli. Oltre alla scelta di optare per un carattere maiuscolo, più adatto a chi si cimenti con le prime letture autonome, il libro fa un uso flessibile dei riquadri, la cui forma diventa leggermente a punta, rispettivamente a sinistra e a destra, quando inizia o finisce un dialogo, così come diventa leggermente stondata a destra quando finisce una frase. Il riquadro non si limita, dunque, a contenere il pittogramma ma assume anche una funzione squisitamente comunicativa. La simbolizzazione predilige poi, in generale, un certo equilibrio tra completezza ed economia. Così per esempio, gli articoli non sono mai simbolizzati ma vengono uniti al sostantivo di riferimento ed elementi che compongono unità di senso (torta al cioccolato, il nostro caro Achille…) vengono spesso uniti in un unico simbolo.
Il risultato è un libro davvero ben progettato, in cui l’accessibilità non diventa fardello per la godibilità estetica e in cui, anzi, gli accorgimenti adottati in funzione di una più agevole fruizione da parte di chi sperimenti una difficoltà di lettura risultano in definitiva apprezzabili da qualunque lettore vi si approcci.
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