La mia pilota, il mio capitano

Recensione pubblicata il: 22/07/2024

Autore Gonzalo Moure Illustratore Maria Giron Editore Kalandraka Paese di pubblicazione Italia ISBN 9788413432571 Anno 2024 Numero di pagine 40 Prezzo 17 €

Fascia d'età 6-8 anni Sezione Libri sulla disabilità

Si parla di Disabilità visiva

Con gli occhi giusti, anche un semplice e ripetitivo tragitto può rivelarsi un’avventura. Ma quali sono questi occhi giusti? Quelli di chi si lascia ispirare dai nomi selvaggi delle auto – Mustang, Leon, Panda e Maggiolino –, di chi trasforma le strisce pedonali in un pericoloso ponte sospeso, di chi immagina, inventa e talvolta indovina.

La bambina protagonista di questo libro e il suo papà non hanno occhi buoni ma hanno occhi giusti. Ipovedente lei, cieco lui, i due vivono il percorso quotidiano da casa a scuola e ritorno con grande naturalezza e capacità di evasione. Se la loro disabilità non compromette la possibilità di godersi in autonomia questo momento condiviso, essa amplifica dall’altra le possibilità immaginifiche in esso custodite. Ciò che non si vede – che sia pericoloso come un incrocio o piacevole come un albero abitato da uccellini – può essere infatti memorizzato, riconosciuto con altri sensi, ipotizzato, trasfigurato secondo il proprio gusto e la propria sensibilità. Così mentre i due protagonisti si destreggiano tra semafori e marciapiedi, il traffico intorno a loro assume le fattezze di una giungla animata e rigogliosa.

I testi di Gonzalo Moure, che mettono al centro la bellezza di una passeggiata in compagnia di una persona amata, dedicando alla disabilità lo spazio necessario e le parole esatte, si accompagnano alle illustrazioni di Maria Girón che mettono su carta l’incontro tra realtà vissuta e immaginata. Coccodrilli sullo skateboard, struzzi sui pattini a rotelle e animali di ogni sorta in groppa alle auto che rispettivamente ne portano il nome contribuiscono a rendere indimenticabile quella che potrebbe essere un percorso monotono. In questa cornice delicata e affascinante, la disabilità trova così spazio in maniera significativa ma non invadente: c’è, dunque, e orienta la narrazione ma non ne costituisce il centro e non compromette l’identificazione da parte di chi non la sperimenta in prima persona. Che forse è il modo migliore per offrire della varietà di modi di stare al mondo una rappresentazione autentica.