La fisica degli abbracci
Recensione pubblicata il: 18/07/2021
Crescere con un quoziente intellettivo di molto superiore alla media può sembrare un’enorme fortuna ma non sempre necessariamente lo è. Leggere e scrivere in due lingue all’asilo nido, frequentare l’università quando l’adolescenza non ha nemmeno bussato alla porta, e insegnare fisica in un college prestigioso prima ancora di poter guidare un motorino può essere, infatti, molto motivante ma al tempo stesso anche molto provante. Soprattutto se, come nel caso di Will Malvasi, la famiglia in cui cresci non fa nulla per aiutarti ad affrontare con tanto anticipo esperienze così complesse e a relazionarti con le persone con la stessa facilità con cui ti relazioni con i numeri. Risultato: le persone come Will spesso arrivano in giovanissima età a non reggere più la pressione e si rendono presto conto che la medaglia dorata dell’intelligenza ha anche un retro e che questo può essere molto meno felice.
Ecco allora che Will sceglie – e non è né il primo né l’ultimo a farlo – di dire addio al mondo accademico cui si è dedicato fin da piccolissimo, inscenando la sua morte e scomparendo nel nulla. Lo fa con l’aiuto del vecchio Anantram, professore di origine indiana e premio Nobel sotto mentite spoglie, che ne condivide e ne comprende a pieno le difficoltà. Dopo un periodo nascosto in Svizzera, Will si sposta a Torino ed è qui che in modo del tutto fortuito fa la conoscenza di Dora. Badante di origine rumena, Dora lo accoglie in casa sua e instaura con lui un legame, un po’ materno, un po’ amichevole, il primo forse di cui Will abbia davvero fatto esperienza. È lei a mostrargli l’importanza di alcune cose apparentemente banali ma lontanissime dall’orizzonte di pensiero di Will, come la gratitudine o l’empatia. Lo fa con molta naturalezza, forte di quell’intelligenza emotiva di cui il ragazzo è tanto carente. Ma anche questo tipo di relazione, con tutto il corollario di sforzi che richiede, sembra diventare troppo per Will, sicché il ragazzo nuovamente scompare. Non per sempre, però. Perché la fisica degli abbracci, al pari di quella scientifica, richiede molto impegno ma si può anche, a quanto pare, a poco a poco apprendere…
Romanzo tanto asciutto quanto intenso, La fisica degli abbracci racconta la plusdotazione in tutti i suoi aspetti: quelli di successo così come quelli di grande, grandissima frustrazione. Il personaggio di Will, autistico ad alto funzionamento, li incarna profondamente entrambi, mettendo il lettore a parte di una sofferenza autentica e spesso taciuta – quella del misurare ovunque la propria inadeguatezza e del rivelarsi in qualche modo un prodigio importuno. Il romanzo di Anna Vivarelli rispolvera, così, un lato dell’autismo che ha sempre affascinato molto il cinema e la letteratura ma lo fa in maniera schietta e multisfaccettata. Dando spazio ai chiaroscuri che caratterizzano un modo molto brillante anche molto fragile di affrontare il mondo, l’autrice rende profondamente vivo, vero e umano il suo personaggio.
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