Il pezzettino in più
Recensione pubblicata il: 10/03/2017
È un fatto che negli ultimi anni i siblings, ossia i fratelli di persone con disabilità, siano riusciti a ricavarsi piccoli spazi di rappresentazione anche nella letteratura per ragazzi. Lo dimostrano ad esempio lavori significativi come Mio fratello Simple, Niente giochi nell’acquario o, pensando ai più piccoli, Mia sorella è un quadrifoglio. Sono spazi importanti perché danno voce a una complessità emotiva che agita tanti bambini e ragazzi e che sa restituire una visione della disabilità da una prospettiva privilegiata. Con il libro di Cristina Sànchez-Andrade questo collage di esperienze narrative si arricchisce – è il caso di dirlo – di un pezzettino in più.
Protagonista della storia è Manuelita, il cui pezzettino in più cui allude il titolo è il 47° cromosoma che ne determina la sindrome di Down. Manuelita ha una sorella, Lucia, che è più piccola ma sembra e viene da tutti trattata come la più grande e che vive il rapporto fraterno con tutte le contraddizioni del caso. È lei a chiedere alla mamma – ancora e ancora – di raccontarle di quella volta in cui Manuelita è scappata di casa e in cui lei l’ha salvata dai “bambini-corvo”. Così, mentre la torta al cioccolato e alle noci prende forma, la mamma ripercorre la storia delle due sorelle, mettendone a parte il lettore. È una storia fatta di episodi piccoli piccoli e di momenti salienti: come quando Lucia viene portata a casa la prima volta o quando Manuelita mette la sua bambola nel forno, come quando Manuelita viene derisa dai bambini al parco o quando le due sorelle condividono lo speciale momento prima di dormire fatto di peti, tette e risate soffocate. Ben visibili, in questo susseguirsi di episodi felici e infelici, sono i sentimenti contrastanti che animano la famiglia. Tra le marachelle delle due bambine, trovano posto, infatti, la forza e le debolezze dei genitori, avvolti talvolta di nuvole di pensieri ma capaci di dare risposte importanti e di sdrammatizzare (“No, quel pezzettino non si può togliere. – dice un giorno il papà a Lucia – E’ per quello che Manuelita ha un altro modo di imparare e vedere il mondo. Ma ti dirò cosa farò. Darò un bacio a Manuelita e nessuno si azzarderà a prendersela con una bambina che è stata baciata da un papà calvo come me”), la stramberia del nonno che beve caffè ogni venti minuti e stringe un rapporto speciale con quella nipotina tanto strana quanto lui; le prese in giro dei bambini che sanno essere malvagi; le difficoltà di Manuelita ad apprendere le cose e la sua passione per cambiare d’abito; la paura di Lucia di diventare a sua volta diversa in quanto “sorella di…”. E proprio quest’ultima finisce per apparire al lettore come un autentico personaggio in crescita, capace di compiere un percorso accidentato di conoscenza e accettazione di sé, che evidentemente non può prescindere dalla conoscenza e dall’accettazione di chi le sta vicino.
Il libro di Cristina Sànchez-Andrade è profondo e colmo di interrogativi pesanti che non sempre, come è giusto, trovano risposta. In esso una visione rielaborata in chiave fantastica o metaforica della realtà – dove i bulli, per esempio, diventano bambini-corvo – si affianca a un racconto schietto di una quotidianità in cui sono innegabili le difficoltà di chi si trova con “un pezzettino in più” o di chi gli sta accanto. Questo rende particolarmente complesso individuare un pubblico di riferimento preciso: il volume dell’autrice catalana appare talvolta difficile per rivolgersi ai ragazzi, ma al contempo indispensabile se si intende scandagliare la diversità con coraggio, offrendo anche alle giovani orecchie l’occasione di confrontarsi con un suo ritratto tanto vero quanto complesso.
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