Il mio leone
Recensione pubblicata il: 11/11/2013
Può essere un leone dolce e feroce allo stesso tempo? Senz’altro sì, almeno quanto una storia può essere insieme reale e fantastica, se ad animarla è la mano seducente di Mandana Sadat.
L’autrice e illustratrice de Il mio leone infonde nel gustoso albo senza parole edito da Terre di Mezzo un buon sapore d’Africa, di leggende senza tempo, di pregiudizi stolidi, di lotte e affetti smisurati. Quella che racconta è la storia di un bambino che, ritrovatosi solo in mezzo al deserto, incappa in un leone in prima battuta selvaggissimo ma poi tenero fino alla commozione e capace di incarnare la migliore delle figure genitoriali: quella che ti nutre nello stomaco e nello spirito, che presta attenzione ai sentimenti e alle loro manifestazioni più minute, che condivide momenti di serena intimità, che accompagna alla scoperta della vita e che non esita a proteggere strenuamente dalle minacce. Bambino e leone coltivano così un affetto profondo che adulti guerrieri, nel loro miope istinto difensivo, costringono a relegare nella dimensione intangibile del sogno. Qui, avvolti dal favore del buio, i due protagonisti ritrovano e rinnovano la loro familiarità che si nutre di ricordi condivisi.
Animato da campi larghi che distendono lo sguardo, da colori caldi che avvolgono la lettura e da un racconto variegato che combina doppie pagine quasi immobili ad altre dal ritmo cinematografico, la storia de Il mio leone occupa un albo piccino picciò, che sta in uno zainetto, in un cruscotto o persino in una tasca. Un’ottima soluzione per avere sempre appresso una porta immaginaria da aprire a volontà.
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