Hank Zipzer e il peperoncino killer
Recensione pubblicata il: 21/10/2015
San, ni ichi…via: la due giorni nel segno del Giappone sta per iniziare nella scuola SP 87 e Hank Zipzer, come tutti i suoi compagni, ne è elettrizzato. Figuratevi quando il suo nome viene estratto dal cappello a brillantini di Ashley assegnandogli ufficialmente il compito di ospitare a casa sua Yoshi, il figlio del signor Morimoto, preside della scuola gemellata. Hank non sta più nella pelle e si dà un gran daffare per organizzare un soggiorno indimenticabile con l’aiuto dell’intera famiglia Zipzer e dello schieramento al completo di amici storici. Per di più Yoshi si rivela essere estremamente socievole e simpatico perciò le premesse per la sua visita newyorkese non potrebbero essere migliori.
Ma i guai non tardano a farsi avvistare quando Yoshi, Hank e la sua cricca si cimentano con la preparazione di speciali enchiladas messicane per il pranzo multiculturale della scuola. Tra un’iguana su di giri, una ricetta difficile da decifrare e il desiderio di fare colpo su un nuovo amico, la dose di peperoncino scappa di mano e le enchiladas si trasformano in potenziali finger food incendiari. Ne scaturisce un pranzo tutto pepe(roncino) davvero esilarante in cui tuttavia l’onestà e l’amor proprio di Hank vengono messi a dura prova.
Più dei precedenti episodi della serie, Hank Zipzer e il peperoncino killer mette a fuoco in effetti il disagio che un disturbo specifico dell’apprendimento può portare con sè. Messo alle strette e forzato a render conto delle proprie difficoltà davanti a tutti, Hank rivela chiaro e tondo al lettore: “ Non penso che nemmeno i miei amici sappiano veramente come ci si sente nei miei panni. Odio la sensazione di non essere intelligente come gli altri. Odio provare continuamente vergogna di me stesso. E odio non poter contare sul mio cervello per poter far bene le cose”. Nelle sue parole, pur inserite in un contesto spiritoso e leggero in pieno stile Winkler-Oliver, si leggono tutto il malessere emotivo e tutta la sfiducia in sé stessi che la dislessia può generare, soprattutto quando ci sono di mezzo amicizie, affetti o più in generale rapporti sociali. Per fortuna esistono insegnanti lungimiranti ed empatici capaci di cogliere anche una difficoltà non detta e di trasformare un momento di potenziale imbarazzo in una conversazione piena di sprint!
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