Eppure sentire
Recensione pubblicata il: 5/02/2018
Silvia va per i quindici anni, frequenta il liceo classico, gioca a pallavolo e ha recentemente avuto un incidente sulla corriera che la portava a scuola: un grosso schianto con un tir proprio in corrispondenza del suo sedile e una ferita importante in testa. Ma soprattutto un aumento del danno all’udito con cui la ragazza combatte fin dalla nascita a suon di protesi – due giraffe a macchie che sono ormai parte di lei – e di instancabili esercizi di ascolto e lettura del labiale condotti insieme all’amorevolissima mamma. Insomma, l’incidente non ci voleva proprio, soprattutto perché concorre a rendere inderogabile la decisione che Silvia rimanda da tempo: sottoporsi o meno all’intervento per l’impianto cocleare.
Accanto e intorno a questa decisione ruotano eventi, incontri, pensieri in un turbinio che solo l’adolescenza è in grado di tenere insieme: le amicizie che nascono e che muoiono, l’amore che sboccia, le attività di volontariato, le feste, le prime responsabilità, il senso di esclusione, il desiderio di mascherare la propria diversità, i sentimenti complessi nei confronti dei propri familiari. Il tutto con l’inscalfibile consapevolezza che la sordità resta un marchio a cui è difficile sottrarsi, un fardello che condiziona ogni azione e rappresentazione di sé nel presente e nel futuro. Lo dice chiaramente, Silvia:
“Se hai già fallito una volta, nascendo sorda, non puoi fallire più. Anzi, come minimo, per recuperare non devi essere solo normale, devi essere eccezionale, sorprendente, sorprendere tutti, che progressi la bambina, chi l’avrebbe mai detto, , chi si aspettava questi risultati, meglio del previsto…”
Forte anche di un personaggio ispirato a una persona reale e davvero ben delineato, Eppure sentire appare un romanzo forte, coinvolgente e vero, che tocca corde profonde e commuove fino alle lacrime. È un romanzo che parla chiaro alle orecchie dei ragazzi, anche a quelle di chi non sente bene o non sente affatto, scoprendo al contempo tutta la normalità e tutta l’unicità di un’adolescenza segnata da una disabilità invisibile come la sordità. Ma è anche una celebrazione degli spazi di possibilità che ciascuno ha il diritto e il dovere di ritagliarsi, qualunque sia la sua forma di diversità rispetto agli altri.
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