Diversi a chi?
Recensione pubblicata il: 10/05/2023
I bambini con disabilità sono prima di tutto bambini: non c’è niente di più vero. Accorgersene e ricordarsene non è, tuttavia, così scontato quando un limite importante – fisico, cognitivo e/o comunicativo – tende a prendersi la scena e a monopolizzare l’attenzione di chi sta dall’altra parte. Riconoscere l’infanzia prima e oltre un’eventuale diagnosi significa, allora, mettere a fuoco ciò che sta dietro, in una quotidianità che non è fatta solo di rassegnazione, attesa e passivo adeguamento. Anche i bambini con disabilità ideano e mettono in atto dei guai, scherzano e fanno capricci, per esempio. Pensano e provano emozioni, di tutti i tipi. Stanno nel mondo in tanti modi e con tante posture, diverse a seconda del momento, dell’indole, dello stato d’animo e della compagnia. Perché nessun bambino è un angelo (come ricorda il titolo di un altro albo targato Settenove) e perché la ricchezza di ogni vissuto non può prescindere dall’interazione e dalla relazione con l’altro.
Ecco, allora, che un albo apparentemente semplice come Diversi a Chi? di Claire Cantais e Sandra Kollender si fa notare prima di tutto per il realismo e la pungente schiettezza con cui affronta il tema della diversità e dell’inclusione. Perché Diversi a chi? è inequivocabilmente un libro a tema – chiarissimi ed espliciti sono, infatti, il focus e l’intento delle autrici – ma questo non ne riduce la forza e l’incisività. Costruito come una carrellata di personaggi caratterizzati dalle disabilità più diverse che si fanno portatori di considerazioni fulminee e fulminanti, l’albo tende a spiazzare il lettore, ponendolo di fronte a una serie di preconcetti di cui la nostra cultura è intrisa e che all’improvviso vengono messi in discussione. Che la vita di un bambino con disabilità sia vuota, noiosa, votata all’obbedienza e povera di pensiero, per esempio.
La gente mi trova strano perché dico tutto quello che penso. Afferma un bambino con la sindrome di Down, dando voce a un’idea diffusa. E per tutta risposta, dichiara: Eh sì, io penso!.
O ancora Adoro fare le stupidaggini… Farle (e anche dirle!). Annuncia un bambino che si serve della lingua dei segni. Ma soprattutto: Ho appena detto una cosa schifosa con le mani… te la insegno?
L’impertinenza si fa così grimaldello per aprire crepe nelle nostre certezze e spiragli nei nostri pensieri. Impertinenti sono, infatti, le considerazioni dei protagonisti, così come impertinente è la loro raffigurazione. Nuovissima, coraggiosa (da un punto di vista editoriale) e di grande impatto è infatti la scelta di Sandra Kollender non solo di caratterizzare le pagine con vistosi colori fluo – con buona pace dell’immaginario comune che vede e vuole la disabilità in esclusivi toni di grigio – ma non si tira neanche indietro di fronte alla sfida di mettere su carta la disabilità in tutte le sue forme. Tra queste pagine accese da sfondi verde acqua e dettagli rosa brillante, non ci sono infatti solo sedie a rotelle e occhi a mandorla – rappresentazioni abituali e per certi versi rassicuranti agli occhi del lettore – ma anche protesi, capi tenuti su da appositi supporti, deambulatori e arti spastici. Ci sono corpi, visi e posture non conformi alla norma. Ed è proprio lo scarto tra questi e l’assoluta e travolgente normalità di sorrisi e boccacce a generare una scintilla nel lettore. Perché è proprio vero che la rappresentazione che offriamo delle cose condiziona e non poco il nostro modo di guardarle e pensarle.
Caratteristiche del supporto:
Caratteristiche del contenuto:
Caratteristiche del testo:
Caratteristiche delle immagini:
Ti potrebbe interessare anche