C’era una volta un topo chiuso in un libro…
Recensione pubblicata il: 30/01/2014
Come le persone, ci sono libri capaci di mantenere uno spirito fresco e spensierato anche superata la soglia dei trent’anni. È il caso di C’era una volta un topo chiuso in un libro di Monique Felix: un libricino senza parole dal sapore un po’ vintage ma estremamente stuzzicante, concepito e pubblicato per la prima volta in Francia negli anni ’80 e riproposto 2009 in Italia dalle Edizioni EL nel. Un’intuizione non da poco quella della casa editrice triestina, dal momento che da lì a un anno il volume avrebbe vinto l’Andersen come miglior libro mai premiato.
Il formato del volume– piccolo e quadrato – non è consueto e genera un primo silenzioso invito a dare una sbirciatina tra le pagine. Il titolo poi, così sospeso e curioso, porta il lettore con un piede dentro il volume prima ancora di averne girata la copertina. Da lì, seguire le avventure del topino protagonista è un minuscolo e gustoso piacere: ci si ritrova infatti a essere impazienti – quanto e più di lui – di scoprire il mondo che brulica sotto la pagina bianca e che affiora via via che la bestiola rosicchia la carta.
Tutto basato su questa paziente e progressiva rivelazione illustrata, il libro propone un gioco delicato e moderno con i limiti imposti dalla pagina, in un crescendo ben calibrato di curiosità. Se ne esce deliziati e persuasi dall’idea che tra le tante cose che può essere un libro, non c’è una prigione da cui scappare ma un mondo nuovo, talvolta migliore di quello in cui ci si trova, nel quale tuffarsi a capofitto.
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