Recensione pubblicata il: 5/03/2013
Un libro per ragazzi accorti e smaliziati che con un linguaggio schietto e diretto sa portare adulti e adolescenti nella realtà tanto distante e spesso incomprensibile della sindrome di Asperger: quella da cui è affetto Ben, protagonista forte di questo volume (e del film che a esso è legato), campione di videogames e apparente sconfitto della vita vera. In quest’ultima, Ben fatica infatti a farsi spazio e a trovare il suo posto. Chiuso in un mondo difficile da penetrare e marchiato per quegli atteggiamenti così strani, quasi borderline, il ragazzo diventa vittima di bullismo, accentuando la sua autoesclusione da tutto ciò che lo circonda.
Così Ben non vive, ma si allena semplicemente a farlo. In maniera virtuale, attraverso il videogioco Archlord o la chat in cui si fa chiamare Zorro: due strumenti o due realtà parallele in cui nessuno può farsi beffe di lui né chiedergli conto della sua differenza. Poco a poco queste diventano il suo unico flebile contatto con l’esterno, l’unico spiraglio e valvola di sfogo di un’oppressione che non si vede e non si tocca. Fino alla svolta, al colpo di scena, narrativamente ed esistenzialmente parlando: portato a ingoiare una pastiglia di ecstasy, Ben fa sfiorare a chi gli sta intorno la fredda sensazione della morte e per una volta, forte della sua esperienza virtuale, trova un modo di riscattarsi e uscire allo scoperto.
Ben X è un libro forte e d’impatto. A volte stride, urta, colpisce per il modo non edulcorato con cui parla ai ragazzi e dei ragazzi. Ma c’è qualcosa che sa di verità, qui dentro, al di là degli schermi e delle barriere che a volte ci dividono dalla vita reale.
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