Banchogi solo metà
Recensione pubblicata il: 6/12/2012
Una fiaba coreana tradizionale per parlare di diversità e farlo con voce alta e ferma. Per dire semplicemente che la differenza non significa per forza assenza di coraggio, animo e generosità, come dimostra bene l’eroe Banchogi, “dimezzato” per uno scherzo del destino. Col suo occhio solo, il suo solo braccio e la sua sola gamba – stilizzazione semplice ma incisiva di una concezione diffusa della disabilità come “mancanza di qualche pezzo” – il piccolo protagonista incarna una filosofia di vita più che una condizione fisica, un modo di stare al mondo valorizzando ciò che si ha piuttosto che sottolineando ciò di cui si difetta.
Questa avventura minima, fatta di parole piene ed essenziali e di disegni ben marcati e graffianti diventa perciò un omaggio alla determinazione e alla fermezza. I massi che Banchogi solleva, le astuzie che escogita, le fiere che annienta, le guardie che beffa, le partite che vince – e gli ostacoli di ogni tipo che in generale supera – delineano in definitiva una figura a tutto tondo di cui il lettore appassionato coglie soprattutto la forza risoluta. Quella forza che porta alla conquista finale dell’amata, facendo dell’intera vicenda una questione d’accento, in cui ciò che conta non è la metà ma piuttosto la meta.
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