Filippo Maria il terribile

Giuseppe Caliceti è maestro elementare di lunghissima esperienza e le centinaia di bambini che ha incontrato nel suo percorso professionale si sentono davvero tutte tra le pagine del libro Filippo Maria, il terribile, scritto per l’editore Raffaello. Protagonista del volume, come indicato anche dal titolo, è un bambino vivace di nome Filippo Maria, intorno al quale ruotano le situazioni scolastiche quotidiane narrate dall’autore. Ma protagonisti insieme a lui sono anche il maestro, figura seria ma capace di parlare al cuore dei suoi alunni, e l’intero gruppo classe: una collezione ben assortita di indoli e storie che rende ogni giorno tra i banchi una sorpresa.

Il libro si compone di 33 brevissimi capitoli, ciascuno dedicato a un episodio significativo della vita in classe. Vi rientrano bugie e piccoli scherzi, litigi e punizioni, invenzioni e giochi, compiti e rapporti tra pari: occasioni in cui facilmente il lettore potrà riconoscersi e in cui spesso l’autore rivela la sua indole pedagogica. Stampato ad alta leggibilità, il libro non prevede solo un font specifico per dislessia, una spaziatura maggiore e una sbandieratura a destra ma si premura anche di evidenziare le parole più complesse con un colore che ne identifica la funzione nel testo e di esplicitarne il significato con un glossario posto a lato della pagina: caratteristica, questa, che agevola senz’altro la lettura anche tra i lettori meno forti pur ricordando forse un po’ troppo l’impianto caratteristico dei libri scolastici.

Annie. Il vento in tasca

Che forza, Annie! Classe 1970, Annie Cohen Kopchovsky compì più di 120 anni fa un’impresa memorabile: percorrere il giro del mondo in sella alla sua bicicletta. Nata per scommessa, la sfida di Annie diventa cosa serissima: perché decine di migliaia di chilometri su un sellino (peraltro d’altri tempi) non è propriamente una passeggiata; perché lungo il viaggio non sono pochi gli intoppi – dalle cadute alle reclusioni in prigione; e, non ultimo, perché Annie è una donna e questo porta con sé una fitta serie di complicazioni. Non certo fisiche, come dimostrerà il successo della sua impresa, ma di tutt’altro genere: Annie deve infatti fare i conti con giudizi e pregiudizi che la vorrebbero a casa a occuparsi di marito e figli piuttosto che in calzoni e abiti maschili a scorrazzare per il mondo. Ma già più di un secolo fa, per fortuna, l’opinione comune non era unica e così, dall’America all’India, Annie incontra personaggi moderni, attenti e rispettosi, che sposano la sua battaglia e le offrono appoggio: chi la scorta dopo una rapina, chi la accompagna nei tratti di mare, chi le offre abiti e mezzi più funzionali, chi le dona voce attraverso le pagine di un noto giornale. E così Annie, può finalmente fare ritorno in patria con nelle tasche un vento di libertà che ancora oggi è di grande ispirazione.

Intelligente e vigorosa è la scelta di Sinnos di dedicare ad Annie un volume della sua collana di graphic novel. Perché senza bisogno che lo si sottolineai e ci si giri intorno, la sua vicenda condensa una grandissima ricchezza di spunti e prospettive sulla delicata questione della parità di genere. E lo fa con lo sprint asciutto di un racconto avventuroso che attraversa settimane e continenti in poco meno di cento pagine, supportato da illustrazioni eloquenti, tutte giocate sul marrone e sul blu, che tanta parte hanno nell’aiutare il lettore a restare sulla scia di Annie. Frequentissime, talvolta frammentate al punto da immortalare con minuzia episodi particolari, le figure di Luogo Comune danno una spinta alla lettura, rendendola molto fresca e dinamica.

Ruggiti

Ci sono un leone, una bambina e un meccanico: non è l’inizio di una barzelletta ma il cuore di Ruggiti, un’avventura straordinaria scritta da Daniela Carucci e targata Sinnos. Il leone, in particolare, si chiama Leo e fa compagnia al meccanico Mario da quando la sua proprietaria – donna cannone di un famoso circo – si è trasferita oltreoceano senza poter portare l’animale con sé. Malgrado l’apparenza Leo non è pericoloso e infatti fa presto amicizia con la piccola Mia, compagna di giochi e abituale visitatrice dell’officina di Mario. Un giorno però dei loschi tizi di blu vestiti e denominati, per l’appunto, I Blu, portano via con la forza il povero Leo, innescando una girandola di eventi ad alto tasso di coraggio e divertimento.

Ispirato a una storia vera (!), ripescata dalle memorie d’infanzia dell’autrice, Ruggiti trascina il lettore in un inseguimento a rotta di colla, tra le grinfie di malviventi senza scrupoli, in sella a un’ape con le ali e nel folto di un bosco, il tutto senza scordare di trovare il lato buffo di ogni situazione e aggiungere un sorriso a ogni capitolo.

Complici anche le illustrazioni frizzanti di Giulia Tonelli e la stampa ad alta leggibilità che rende la lettura meno ostica, il libro si presta a far vivere più di un’emozione anche a bambini poco propensi alla lettura.

La tana nell’albero

Il 2019 è ufficialmente l’anno dei leoni addomesticati ad alta leggibilità! Dopo Ruggiti di Daniele Carucci, edito da Sinnos, esce ora per Biancoenero La tana nell’albero: un racconto lungo firmato da Cary Fagan che ci trasporta dritti dritti nella Toronto di inizio novecento. Qui un circo in trasferta perde due vagoni del treno su cui si sta muovendo: su uno di essi viaggiano un domatore e il suo affezionato leone Sunny. Scaraventati giù dal mezzo, i due si perdono di vista e l’attempato Sunny si rifugia in un albero cavo nel bel mezzo di High Park. Ma come può sopravvivere tra passeggiate ombrose e divertimenti per famiglie una creatura del suo genere? Per un po’ il leone si arrabatta cacciando di nascosto quel che può ma pavoni e visitatori a quattro zampe non sono sufficienti per la sua dieta. Come se non bastasse, le irrisolte sparizioni di animali nel parco e le misteriose apparizioni di creature mostruose che ad esse si accompagnano mettono sull’attenti polizia e opinione pubblica. Sarà allora provvidenziale l’incontro di Sunny con Sadie, la figlia del pasticcere Menke, noto in città per le sue prelibate crostate. Tra i due si instaura un rapporto di fiducia, solidamente basato su uno scambio di scarti di macelleria e coccole. Ma trovare abbastanza carne da saziare un leone non è semplice, soprattutto se in famiglia i soldi non scorrono a fiumi. Così, Sadie si convince a confidare il suo segreto felino a Theo Junior, un vicino di casa dell’alta società, dagli abiti buffi e i modi ossequiosi. La loro è un’amicizia nata per necessità, cresciuta con naturalezza e messa alla prova da un repentino precipitare dei fatti. Una soffiata costringe infatti i due ragazzini a trovare in fretta e furia una soluzione per Sunny che costringerà tutti quanti a fare i conti con ciò che è giusto e ciò che è sbagliato ma anche con la perdita che può diventare conquista. Di libertà, per esempio.

Scorrevole, avvincente e ricco di questioni importanti, mai tuttavia sbandierate o men che meno sezionate con intenti didascalici, La tana nell’albero è un racconto che accarezza e scuote, proprio come avrebbe fatto il vecchio Sunny. Stampato come di consueto con caratteristiche di alta leggibilità, agevola inoltre la lettura anche a ragazzi con difficoltà legate alla dislessia.

Io sono Bellaq

La penna di Vincent Cuvellier sa essere versatilissima: leggera e poetica come in La prima volta che sono nata, asciutta e cruda come in La zuppa dell’orco, spassosa e irriverente come in Giancretino ed io. E proprio perché è versatilissima, all’occorrenza questi tratti sa anche mescolarli. È quel che accade in Io sono Bellaq, l’ultimo lavoro dell’autore francese pubblicato da Biancoenero.

Spiazzante, audace e provocatorio, Io sono Bellaq racconta la disavventura di  Bellaq Mostaganem, bambino di origini algerine che una mattina viene prelevato dalla sua classe da una squadra di poliziotti in tenuta antisommossa, portato in luoghi segreti, interrogato, trasferito e messo alle strette con l’accusa di aver compiuto un attacco terroristico in un ristorante: evento del giorno di cui tutti parlano ma di cui lui pare non sapere nulla (la mamma infatti non gli permette di guardare la tv la mattina!). Passerà una giornata intera, tra insinuazioni minacciose e incontri degni di un film poliziesco, prima che Bellaq possa essere restituito alla sua famiglia e tornare, scagionato da ogni accusa, alla sua vita di bambino, dopo un’avventura ben oltre l’ordinario e senz’altro non priva di strascichi quotidiani.

Verrà fuori che a scatenare panico e azioni militari era stata una banale omonimia tra il protagonista e il reale autore dell’attacco: aspetto che accentua ulteriormente la surrealità del racconto, mettendo bene in evidenza la cecità di una giustizia a tutti i costi, disposta ad autentiche follie in nome della sicurezza nazionale. Senza rinunciare a quell’ironia che lo rende inconfondibile, Vince Cuvellier prende così di petto una questione scottantissima, soprattutto per un paese come la Francia all’indomani di diversi attacchi di matrice terroristica e più in generale di numerose manifestazioni di fallita integrazione. La storia di Bellaq, per quanto incredibile, diventa cioè un grido di attenzione, un richiamo a quell’umanità che emergenza e paura rischiano di mettere pericolosamente in secondo piano.

L’attualità del tema, unita allo stile accattivante dell’autore, offrono un buon aggancio a lettori desiderosi di confrontarsi con storie dense e tutt’altro che banali: storie da grandi, insomma. La stampa ad alta leggibilità, caratteristica della casa editrice romana, concorre inoltre, a sua volta, a rendere la fruizione più a misura anche di lettori con Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Non parlo più!

Aurora è una bambina timida e piuttosto solitaria: non ama granché i giochi che fanno le sue compagne e fatica a trovare con loro una possibilità di interazione. Un giorno, messa in imbarazzo davanti alla classe intera a causa di un brutto tiro giocatole da un compagno, Aurora si chiude in sé stessa, rinunciando totalmente a esprimersi a parole, al di fuori dell’ambito familiare. Sarà una maestra paziente e sensibile, con la sua disponibilità ad accogliere i tempi e i modi della bambina, ad aiutarla a sconfiggere quella che lei chiama la timistrezza: un mix di timidezza e tristezza difficilissimo da scacciare. Ma sarà anche l’aiuto di Chiara, nuova compagna di classe, a giocare un ruolo decisivo nel percorso di superamento delle proprie difficoltà da parte di Aurora, delineando così con forza, l’idea che empatia e condivisione tra pari possono fare la differenza nel far sentire ogni bambino accolto e rispettato.

Quella scritta da Sabrina Mengoni è una storia che nasce da un’esperienza reale e che non nasconde un esplicito intento pedagogico: quello di dare voce ai bambini colpiti da mutismo selettivo, mettendo in evidenza le difficoltà e le emozioni che questo tipo di evento porta frequentemente con sé.

Il libro, pubblicato da Eli La Spiga, presenta alcune caratteristiche di alta leggibilità quali il ricorso al font leggimi, la maggiore spaziatura e la sbandieratura a destra del testo che ne rendono più agevole la lettura anche in caso di dislessia. La carta scelta, dal canto suo, si presenta lucida (quindi con qualche criticità legata al riflesso) ma color crema.

La collana L’albero delle storie di cui Non parlo più! fa parte comprende alcuni altri titoli ad alta leggibilità, reperibili qui: https://www.alberodeilibri.com/catalogo/?filter_leggibilita=carattere-ad-alta-leggibilita&query_type_leggibilita=or.

Solo una storia e poi a letto!

Mettetevi comodi e datevi un contegno: la lettura, in solitaria o condivisa, di Solo una storia e poi a letto! richiede infatti grande aplomb e rodato autocontrollo. Perché il libro scritto da Marion Gandon e illustrato da Laurent Simon non è solo piacevole o divertente, ma fa proprio ridere. Ridere a crepapelle.

Protagoniste sono quattro bambine scatenate, presumibilmente cugine, che mettono alle strette la malcapitata adulta, tale Marianna, che della loro messa a letto è incaricata. Di fronte alle loro insistenti richieste di ascoltare una storia, Marianna cede una, due, tre volte, dando forma a tre mini-storie gustosissime, prima di crollare addormentata prima delle piccole (quanto realismo in questo dettaglio!).

E proprio le piccole – la bionda Flavia, la mora Noemi, la rossa Carlotta e la rosa fluo Bianca – sono al centro delle micro-storie raccontate da Marianna: un concentrato di invenzioni surreali, imprevisti e trovate comiche che vede passeggiate in bicicletta divenire improbabili carovane di animali da fattoria; pantofole rosa causare disastri al profumo di fango e forti tempeste dare avvio a pigiama party fuori dagli schemi.

A rendere il tutto ancor più irresistibile, una scrittura minimale che presenta anche i fatti più assurdi come fossero normalissimi senza lasciar spazio a se e a ma, e illustrazioni buffe e frequenti che trasformano pochi tratti in un’autentica chiamata al sorriso.  Parole e illustrazioni fanno qui un gioco di squadra efficacissimo, andando a comporre ogni pagina di una o due vignette al massimo, ciascuna accompagnata da una frase breve e incisiva, stampata ad alta leggibilità con carattere maiuscolo leggimiprima. Tutto questo supporta con grande forza e grande intelligenza la lettura autonoma, anche da parte di bambini che presentano maggiori difficoltà di decodifica, senza dover necessariamente ricorrere a una proposta sciatta o semplificata. Anzi!

Ricapitolando: se siete bambini alle prese con le prime letture autonome troverete una pista in discesa verso grandi soddisfazioni; se siete bambini desiderosi di condividere un momento di lettura spassoso troverete un motivo incontestabile per rimandare la nanna. E se siete adulti dediti alle suddette letture serali, preparatevi a destreggiarvi tra una profonda vicinanza emotiva con la stremata Marianna e l’inconfessabile desiderio di unirvi al coro di “Ancora  una, un’altra, l’ultima, l’ultimissima, ti prego…”!

La guerra può aspettare

Non c’è mestiere più noioso del soldato in tempo di pace. Hai voglia ad ammazzare il tempo con maratone di tennis in tv, corsi di ricamo e merende sontuose: la noia è dura, durissima da scacciare. Lo sa bene l’esercito del paese di Quaggiù, messo a dura prova da mesi e mesi senza nemmeno un assalto, o che so, una cannonata. Così quando l’agguerrito generale ordina di pulire a modino carri armati e fucili, l’entusiasmo tra le truppe dilaga senza posa. Ma il generale, deciso a dichiarare guerra all’esercito di Laggiù, non ha fatto i conti con la flemmatica saggezza del suo corrispettivo nemico. Pasticcini e gare di tiro a segno, evidentemente prioritarie, gli rendono del tutto impossibile accettare i tempi previsti per la battaglia, che viene dunque rimandata più volte. E anche quando la pazienza a Quaggiù comincia a scarseggiare e l’attacco viene sferrato, con o senza il consenso del nemico, questi riesce a sorprendere i soldati avversari con un’inattesa e sorridente trovata.

Ironicissima e affilata critica all’insensato spirito bellico, La guerra può aspettare mette in luce il potere dell’immaginazione contro ogni perdita di umanità e ridimensiona le imprese guerresche, commisurandone il valore su une scala fatta di bignè, giochi e carnevalate. Scritto e illustrato con surreale leggerezza da Josè Sanabria e Alejandra Viacava, il libro è reso ancor più godibile dalla stampa in maiuscolo e con caratteristiche di alta leggibilità che ne agevolano la lettura anche da parte di bambini alle prime armi con la parola scritta o con maggiori difficoltà di decodifica. Perché il diritto alla lettura, come quello alla pace, sia patrimonio davvero democratico.

AFK

AFK, titolo dell’ultimo romanzo di Alice Keller uscito per Camelozampa, è una sigla probabilmente familiare solo ai ragazzi pratici di videogiochi online. Sta per Away From Keyboard e significa quindi impossibilitato a giocare (perché, per l’appunto, lontano dalla tastiera). Lontano dalla tastiera si ritrova infatti il protagonista della storia, Gio, quando sua sorella Emilia decide di trascinarlo con sé nella sua fuga da casa, dopo aver scoperto di essere incinta. E non è affar di poco conto, quella lontananza, perché Gio da due anni non esce di casa, vive attaccato e letteralmente immerso nei videogiochi online e non intrattiene pressoché relazioni sociali, nemmeno con i genitori. Dopo anni di (in)sofferenza e prese in giro, Gio ha infatti deciso di chiudersi in un mondo tutto suo in cui i 130 chili che ormai appesantiscono il suo corpo non possano essere motivo di scherno, in cui i tratti autistici che lui stesso spesso cita non devono riguardare nessun altro all’infuori di lui e dove le minacce e le reazioni fuori controllo che in passato lo hanno visto protagonista gli consentono finalmente di essere lasciato in pace. È una pace quasi catatonica, la sua: uno stato di simil-incoscienza in cui il giorno e la notte sono intercambiabili e nulla conta di più che portare a termine battaglie virtuali. Per questo la fuga quasi imposta da Emilia, che per una volta e di colpo esce dal suo ruolo di sorella perfetta mostrando fragilità e debolezze, scuote Gio come un terremoto, costringendolo a prove e decisioni complesse che non districano senz’altro la matassa emotiva che lo lega (anzi!) ma che forse schiudono in lui qualche prospettiva nuova.

Spiazzante, fuori dagli schemi e diretto come un pugno, AFK mette il lettore davanti a una bella sfida. Snello nell’aspetto, ma densissimo nella sostanza, il romanzo trascina letteralmente il lettore in quel mondo virtuale – pressoché sconosciuto agli adulti, a dirla tutta – che plasma visioni e abitudini. Alice Keller, che indiscutibilmente ha un dono raro per la scrittura, riesce a costruire un racconto che ha il ritmo di un videogioco, la stessa fulminea e rimbombante cadenza. E così par davvero di entrare nella testa di Gio, in quei meandri intricati e impastati di disagio, da cui il lettore si sente avvinghiato e quasi soffocato. La lettura diventa così una corsa a perdifiato in cerca di una via d’uscita, per il protagonista così come per chi lo segue tra le pagine. Ciliegina sulla torta: la stampa del volume ad alta leggibilità – abitudine ormai consolidata, peraltro, in casa Camelozampa – che lo rende ancora più prezioso nell’ottica di promuovere ad ampio raggio letture davvero vicine e a misura di ragazzi.

I cuscini magici

C’è un re odioso che più odioso non si può che si chiama Arraffone I. Sovrano dispotico del regno di Uranopoli, Arraffone I si diletta a scrivere con la sua penna di corvo spaventose leggi: domeniche che diventano prelunedì, parchi giochi sempre chiusi, candeline di compleanno bandite e multe per grattate di naso o starnuti, solo per citarne alcune. Se si aggiunge poi che Arraffone I non esita ad appropriarsi di qualunque cosa veda col suo telescopio e gli piaccia, si capisce bene perché i suoi sudditi a dir poco lo detestino. Ma ad Arraffone quest’odio proprio non va giù: come ogni sovrano che si rispetti, vuole, infatti essere amato, adorato e perché no osannato dai suoi sottoposti. E così, quando uno dei suoi consiglieri suggerisce che il malumore sia dovuto al fatto che i sudditi la notte sognano, Arraffone I si adopera per impedir loro questa pratica e lo fa a suon di leggi, guardie, pedaggi e invenzioni malvagie. Per mezzo di speciali cuscini diabolici il re riesce per un po’ a tenere a bada il popolo indisponente, fino a quando un maestro intraprendente e i suoi solerti allievi non tiran fuori da fili di fiabe, tulle di bonboniere, piume di cigno e anelli di aquilone un’autentica magia che restituisce agli abitanti di Uranopoli la capacità e il diritto di sognare in pace.

È una fiaba lieve e ironica, quella scritta da Evghenios Trivizas: una fiaba che, sì, racconta del potere liberatorio dei sogni con un’attualità peraltro grandissima, ma che lo fa senza perdere il prezioso gusto del fantastico. Così il racconto scorre piacevole, con un bel ritmo e tante invenzioni divertenti, sia linguistiche sia narrative, che lo rendono particolarmente gustoso per una lettura ad alta voce ma anche molto invitante per una lettura autonoma. Lo stile snello dell’autore greco, la trama compatta e le caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono il volume lo rendono infatti amichevole anche nei confronti di lettori poco esperti e/o con difficoltà legate alla dislessia. Da non sottovalutare, poi, sempre in un’ottica di supporto alla lettura, le illustrazioni deliziose firmate da Noemi Vola che echeggiano alla perfezione le atmosfera fantastiche delineate dal racconto.

Un compleanno fantastrofico

Teresa vuole, fortissimamente vuole, una festa di compleanno per i suoi imminenti 9 anni. A casa sua le feste non sono però ben viste: troppo impegnative, troppo caotiche, troppo fuori moda, per la sua inconsueta famiglia. Ma Teresa quest’anno è disposta a tutto pur di avere una festa come Dio comanda e per ottenerla si chiude a chiave nella legnaia. Ottenuto con scarso entusiasmo il sì dei famigliari, per Teresa iniziano i preparativi: ha una settimana davanti per rendere tutto perfetto. Le aspettative della bambina sono infatti altissime poiché da quella festa dipende la possibilità per lei di farsi conoscere meglio e apprezzare dai suoi compagni. Considerata un po’ strana per il suo modo di vestire e per i suoi interessi, Teresa ha infatti un solo vero amico mentre viene tenuta in disparte da tutti gli altri bambini. Inaspettatamente, saranno proprio imprevisti e stramberie di famiglia, nel giorno speciale della sua festa, a rimettere le carte in gioco e dare nuove chances ad amicizie apparentemente impossibili.

Scritto con piglio vivace, con grande empatia e con il coraggio di non zuccherare in eccesso la storia narrata, Un compleanno fantastrofico è un libro piacevole e capace di mescolare sentimenti realissimi con un pizzico di eccentricità. Pubblicato all’interno della serie azzurra de Il Battello a vapore, il racconto di  Annalisa Strada presenta caratteristiche di alta leggibilità che lo rendono più facilmente fruibile anche in caso di dislessia.

 

Susi in piscina

Pista, spazio, fate largo: è in arrivo l’uragano Susi! Irrefrenabile e travolgente, quando Susi si mette in testa qualcosa è meglio non intralciarla. Come quando, in un giorno davvero speciale, può finalmente nuotare nella piscina dei grandi. L’emozione è incontenibile e Susi proprio non può aspettare. Vestiti e stivaletti lanciati per aria, cuffia, maschera e costume indossati al volo, doccia d’ordinanza fatta: non resta che… bombaaaaaaaaaa! Tra corse a bordo vasca, schizzi e invasioni di corsia, l’avventura di Susi nella piscina dei grandi dura ben poco: il bagnino pancione non esita infatti ad acciuffarla con il suo retino e spedirla nella piscina dei piccoli. Che delusione, che smacco! A Susi non resta che mettere in atto un piano di emergenza davvero estremo ma perfettamente commisurato al suo desiderio di sentirsi grande.

Esuberante come pochi, Susi è un personaggio portentoso che sa come portare il buonumore. Il merito è della collaudata coppia Jaap Robben e Benjamin Leroy (già nota ai lettori di casa Sinnos per un altro personaggio indimenticabile: il supereroe dalla straordinaria pipì, Super P), che sa cogliere l’infanzia nei suoi tratti più liberi da briglie e condizionamenti e restituirla attraverso micro-avventure davvero gustose. Il testo snello snello, scritto in stampatello maiuscolo e contraddistinto da stampa ad alta leggibilità si accompagna ad illustrazioni ad altissimo tasso di spasso in cui si muovono personaggi di contorno tanto buffi quanto in fondo realistici. Dalle nonne dell’aquagym che borbottano per gli spruzzi al fusto tutto muscoli che digita sullo smartphone anche sotto la doccia, dal bagnino che si atteggia a generale al cane che non si sa come sia finito tra i poppanti: il giorno in piscina della piccola Susi diventa in realtà un giorno fuori dall’ordinario per una fitta e animata schiera di personaggi. E con loro, per il fortunato lettore!

Due pirati come noi

Se c’è una cosa che rende piuttosto discutibili molti libri per bambini che affrontano il tema della disabilità è la generale bontà di sentimenti che tendono ad attribuire ai loro personaggi: una predisposizione ad accogliere il diverso senza porre domande, senza fare resistenza o senza sentirsi a disagio, che difficilmente rispecchia il vero. Perché la disabilità pone interrogativi scomodi e mette di fronte a sentimenti contrastanti che i giovani lettori hanno il diritto di ritrovare tra le pagine delle storie che offriamo loro. Anche e soprattutto per questo motivo Due pirati come noi è un racconto che non passa inosservato: perché quelle domande e quei sentimenti contrastanti che il lettore avverte, il racconto di Guido Quarzo non li cancella ma li accoglie pienamente, dando loro dignità e rappresentazione.

Protagonista del racconto è un bambino di nome Leo che in un noioso pomeriggio trascorso in solitaria si rende conto di non avere un amico che si possa davvero dire tale e di ricorrere per questo molto spesso all’immaginaria compagnia del Pirata Barban. Meglio questo – pensa Leo – piuttosto che passare il tempo con Massimiliano, il figlio di una cara amica della mamma. Massimiliano, infatti, ha la Sindrome di Down e per questo non parla bene, non sa fare i giochi ed è a dir poco appiccicoso. Così, quando si ritrova nella camera di Massimiliano, poco meno che costretto, Leo vorrebbe essere da tutt’altra parte e non nasconde al lettore i suoi pensieri ben poco lusinghieri nei confronti del compagno. Eppure, in quella camera qualcosa accade: senza la pretesa di annullare le differenze (ma quella di arrembare i pregiudizi, sì), il Pirata Barban compie forse la sua più straordinaria impresa, trasformando due bambini pressoché sconosciuti in una ciurma d’assalto che ha più di un’avventura da condividere. Guido Quarzo e Cinzia Ghigliano firmano così un racconto illustrato che è un inno alle seconde impressioni (quelle che si nascondono sotto le prime, spesso fallaci) e all’immaginazione come terreno fertilissimo di incontro e relazione.

Agente 008. Missione vacanze

È lungo solo 48 pagine, Agente oo8. Missione vacanze, ma dentro ci sono, solo per fare qualche esempio, una paperella sommergibile, un covo segreto nascosto tra le rocce, un computer che sa le risposte ma non le domande, un lunghissimo scivolo di vetro, 2 braccioli carichi di dinamite, trabocchetti luminosi, infradito boomerang e un orso polare. Non sarà difficile immaginare, dunque, quanto possa essere serrato il ritmo del racconto che tiene insieme tutti questi elementi in un’avventura al contempo divertente e vorticosa. A viverla in prima persona è appunto l’agente 008 che, in procinto di godersi una meritata vacanza, si trova suo malgrado a svolgere l’ennesima missione. Perché quando una missione chiama, l’agente 008 risponde, soprattutto se la missione ha un nome in codice e quel nome è: lasagne!

Surreale, scanzonato e avventuroso al punto giusto, Agente oo8. Missione vacanze si presta bene a stuzzicare anche quei lettori alle prime armi che faticano ad appassionarsi alla lettura. Questa procede qui, infatti, spedita a suon di colpi di scena via via più improbabili e di trovate spassose, portando il lettore a chiedersi di continuo “Che cosa sarà capace di inventarsi ora, l’autore?”. Le caratteristiche di alta leggibilità tipiche del catalogo di Biancoenero e in particolare della collana Minizoom di cui il volume fa parte, rafforzano dal canto loro l’invito a godersi la lettura, rendendola più agevole anche in caso di dislessia.

Il giorno del nonno

Quando i miei genitori lavorano, sto dai nonni. Sono molto carini, ma a casa loro mi annoio da morire. Non c’è internet, non c’è la televisione, ci sono solo tre fumetti un po’ ammuffiti e tutt’intorno nient’altro che campi di mais. Dentro casa c’è odore di cavolfiore vecchio e di caccole di mosca.

Voilà, un incipit spassoso al punto giusto è bell’e servito! Difficile, una volta letto, immaginare che in quella casa in cui noia e muffa la fanno da padrone non stia per succedere qualcosa di straordinario e che Simone, lo sbuffante protagonista e narratore, non sia pronto a raccontarcelo con piglio ironico e divertente. Niente di più vero. Da lì a poco Simone scopre infatti che il nonno, apparentemente “alle fragole” e dalla memoria zoppicante, viene come attivato alla vista di particolari oggetti (una lente di ingrandimento, una spada di legno, una corona di cartone, una ventosa fluorescente…) che lo portano a raccontare storie passate a dir poco incredibili. Storie in cui il nonno arrestava il famigerato Jo Patatina, si faceva chiamare Pirata Barba-fifa, dava ordini da re o curava intestini pigri di extraterrestri: storie che mescolano realtà e fantasia, trasformando il mercoledì, il giorno in cui Simone va a trovare i nonni, nel giorno più atteso della settimana. Così Simone inizia a cercare oggetti via via più suggestivi da sottoporre al nonno e porta i suoi amici ad assistere allo show infrasettimanale, divenuto ormai ambitissimo e leggendario. Fino a quando, un mercoledì come tanti, il nonno non si fa stranamente trovare a casa: sarà quello, con la triste e realistica visita in ospedale che toccherà a Simone, il momento in cui il bambino parteciperà a un simbolico passaggio di consegne e allo svelamento di un segreto più che speciale.

Stampato con alcune caratteristiche di alta leggibilità (font specifico, spaziatura maggiore), Il giorno del nonno è un libro godibilissimo di Emmanuel Bourdier, capace di unire efficacemente divertimento e tenerezza. Contraddistinto da dialoghi serrati e descrizioni che sposano un punto di vista squisitamente bambino, il racconto è accompagnato dalle illustrazioni ironiche e buffe di Laurent Simon che ne sottolineano il tono brioso.

Il mistero del London Eye – audiolibro

In questo libro ci sono: una città multiculturale e caotica, un ragazzino scomparso in un pomeriggio come tanti, una famiglia allargata che a tratti alterni si frammenta e si rinsalda e una ruota panoramica che sembra inghiottire la gente. E poi c’è Ted, il giovane protagonista, che mette insieme tutti questi elementi, trovando una soluzione al Mistero del London Eye. È un giallo ben congegnato, insomma, quello messo a punto da Siobhan Dowd, ma è anche un racconto straordinario che sa di vita quotidiana, di adolescenza e di affetti.

Con uno stile ironico e spigliato e una tecnica narrativa appassionante e sapiente, l’autrice del bel libro già vincitore del prestigioso Premio Andersen nel 2012 (miglior libro oltre i 12 anni) racconta infatti come Ted, grazie al suo modo strambo di ragionare, riesca a capire come il cugino Salim sia potuto salire sul London Eye senza apparentemente ridiscendervi e a ritrovarlo prima che possa fare la peggiore delle fini.

Affetto da Sindrome di Asperger, il protagonista ha difficoltà a interpretare tutte quelle espressioni – linguistiche o corporee – non univoche ma manifesta uno spiccato e non comune senso deduttivo. Il suo fiuto tutto basato sull’oggettività delle cose si mescola, dunque, a un’insormontabile difficoltà relazionale, a un’insolita passione per la meteorologia e a una curiosa incapacità a dire le bugie: quel che ne esce è un ritratto pertinente e intrigante della realtà Asperger, ben calata nelle dinamiche famigliari e nei contesti sociali che vi echeggiano intorno. La strada aperta ormai qualche anno fa dall’originale Strano caso del cane ucciso a mezzanotte trova qui, dunque, nuova polpa, grazie a un libro che sa fare magistralmente dell’ironia e dell’intrigo narrativo la chiave per sbucciare temi spinosi come la disabilità e la differenza.

Portato in Italia da Uovonero nella sua versione cartacea, il romanzo di Siobhan Dowd è ora reso disponibile in versione audiolibro da Emons, con la coinvolgente voce di Pietro Sermonti (che ne ha anche realizzato un buffo trailer in dialetto romanesco, alla maniera di Stanis La Rochelle della serie Boris): una coedizione, questa, particolarmente gradita poiché allarga le possibilità di fruizione di una delle storie più apprezzate dai ragazzi negli ultimi anni.

Hank Zipzer. Odio i corsi estivi

In Tiratemi fuori dalla quarta abbiamo lasciato Hank alle prese con un tormentato superamento della penultima classe e ora eccoci qui: è arrivata l’estate e con essa i temibili corsi estivi che Hank si trova a dover frequentare mentre i suoi migliori amici si godono lo spassoso programma dei Giovani Esploratori. Si aggiunga poi che i compagni di corso del povero Hank sono i peggiori in circolazione (compresa la fidanzata dello stolido Nick McKelty) e si capirà il perché dell’umore nero di Hank. Unica consolazione: a tenere i corsi estivi è il signor Rock, insegnante di musica e docente preferito di Hank. È lui a chiedere come compito la presentazione di un personaggio famoso ammirevole e ad Hank, in particolare, consiglia di scegliere Albert Einstein. Così il ragazzo inizia una forsennata ricerca di informazioni sullo scienziato: l’obiettivo è confezionare la più straordinaria introduzione mai vista alla SP 87 perché la posta in gioco è alta. In ballo, per Hank, c’è infatti la possibilità di partecipare al talent show finale dei Giovani Esploratori con la performance da urlo dei Magik 3.

Anche questa volta il protagonista brilla per la sua capacità di affrontare i problemi con creatività, per le sue associazioni mentali sorprendenti, per il suo saper fare di una motivazione forte un importante alleato. Ma rispetto agli episodi precedenti, il protagonista mostra qui un’ulteriore inattesa qualità: il saper accogliere con dolcezza persone indifese, come il piccolo Mason, riconoscendo nelle difficoltà altrui le proprie e vestendo i panni di un affettuoso e talentuoso insegnante.

Ago storia di un capitano

Ago, storia di un capitano è la storia di Agostino Di Bartolomei, capitano della Roma negli anni ottanta. Non c’è ragione, tuttavia, di considerare questi volumetto – agile e scattante come un buon centrocampista – di interesse esclusivo per gli appassionati di calcio o, addirittura, per i soli tifosi della Roma. Quella di Ago è infatti una storia di talento che non sfocia nell’arroganza, di una timidezza che favorisce il gioco di squadra, di una maniera non ostentata di vivere lo sport del calcio. Sicché, per quanto si tratti di un felice omaggio a un grande campione, anche chi non lo conosce affatto può godersi il valore e la bellezza della sua storia.

Piacevole, scorrevole e conciso, Ago storia di un capitano propone una lettura accessibile e amichevole non  solo grazie al font specifico per dislessia biancoenero e a caratteristiche tipografiche che affaticano meno la vista, ma anche grazie a un racconto snellissimo a firma di Giulia Franchi in cui poche frasi brevi fanno quasi da didascalia alle numerose e incisive illustrazioni. Dinamiche, espressive ma al contempo molto essenziali, queste sono realizzate da Massimiliano di Lauro che gioca con perizia sui vuoti e sui pieni della pagina. Il risultano è un racconto snello e palpitante che in poche pagine sa appassionare il lettore. Un bel goal insomma per la casa editrice Biancoenero!

Terribile gatto!

Che Michael Rosen sia un autore straordinario, capace di dare un ritmo inconfondibile alle storie, non c’è bisogno di dirlo. Basta leggere uno qualsiasi dei suoi racconti per far risuonare questa sua rara capacità nelle orecchie prima e nella mente poi. E non si parla solo dei suoi lavori più famosi – A caccia dell’orso in primis – ma anche quelli meno noti, come il delizioso Terribile gatto!, di recente uscito per i tipi ad alta leggibilità di Sinnos (a cui peraltro dobbiamo anche L’ultimo lupo in città).

Asciutto e diretto come una favola tradizionale, Terribile gatto! è la storia di un gatto feroce che terrorizza tutti e cinquanta i topi che con lui dividono la casa. È feroce, Terribile gatto, ma è anche furbissimo e infatti mette in piedi uno stratagemma ingegnoso per mangiare uno ad uno tutti i topi che lo circondano, senza che questi nemmeno sospettino di lui. Ogni sera il gatto, che dichiara solennemente finita la guerra con i topi, concede a ognuno di loro un pezzetto di formaggio. Distratti dal gradito omaggio e interessati ad approfittarne senza correre alcun rischio, i topi arraffano ciò che spetta loro senza preoccuparsi di ciò che accade ai compagni. Fino a quando il numero dei topi, in forte diminuzione, inizia a creare qualche sospetto, a far nascere ipotesi di colpevolezza e a stimolare una reazione compatta. Sarà proprio il principio del utuo aiuto– ben espresso da quel “Ecco che faremo questa sera: ognuno di noi dovrà essere sicuro di avere un topo davanti ma anche di averne uno dietro “ – a smascherare lo spietato impostore e a sancire la vittoria dello spirito di comunità sull’egoismo.

Tra queste pagine si rintraccia dunque con forza ma senza forzature, l’importanza dell’idea di gruppo unito e di solidarietà ma anche il monito a non lasciare che un certo fumo negli occhi, spesso lanciato in forma di gradita gentilezza, possa distogliere l’attenzione di ognuno dalle mascalzonate che dietro quel fumo si celano talvolta. Monito quanto mai attuale, verrebbe da dire, e capace di arrivare al giovanissimo lettore, alle prime esperienze di lettura autonoma con o senza difficoltà legate alla dislessia, grazie a pagine godibilissime, rese tali da una narrazione incisiva, dalle illustrazioni spiritose e perfettamente calzanti di Martina Motzo e da un’impaginazione amichevole che rispetta in pieno i criteri dell’alta leggibilità.

Una piccola grande invenzione

La storia delle invenzioni è piena zeppa di aneddoti intriganti, corse al fotofinish per la registrazione dei brevetti, contese lunghe secoli per l’attribuzione di un’idea. Non fa eccezione l’invenzione della molletta da bucato, protagonista di un lungo percorso progettuale fatto di mutande al vento, primi clienti insoddisfatti, bislacche soluzioni in corso d’opera e migliorie che attraversano le generazioni. Geniale inventore di quel semplice ma indispensabile oggetto che non manca nella casa di nessuno di noi, è il toscanissimo signor Piolo, benché la storia ufficiale attribuisca i meriti allo statunitense David M. Smith. Contraddistinto da un estro originale e incentivato da una caotica famiglia, il signor Piolo si mette all’opera per trovare il modo di far asciugare i panni di casa al ritmo con cui i suoi numerosi figli riescono a sporcarli: la sua sarà un’impresa poco eroica ma a dir poco rivoluzionaria che val la pena conoscere e ricordare, ancora oggi, ogni volta che un calzino resta saldamente appeso a uno stendibiancheria!

Raccontato in maniera snella e brillante, capace di accendere piccole scintille di curiosità e qualche sorriso, la storia del signor piolo e della sua Piccola grande invenzione è proposta da Sinnos nella deliziosa collana leggimi!, contraddistinta da tutte le principali caratteristiche di alta leggibilità (font specifico per dislessia leggimi, sbandieratura a destra, carta opaca, spaziatura maggiore). Corredata inoltre dalle frizzanti illustrazioni di Federico Appel, che non solo alleggeriscono la lettura, alternandosi o accompagnandosi frequentemente al testo, ma  ne caratterizzano fortemente lo spirito leggero e brioso, Una piccola grande invenzione ha il merito di coniugare storia, divulgazione scientifica e narrazione in un mix piacevole e coinvolgente.

Orsetta Mirtilla

Se c’è una cosa che non manca a Mirtilla quella è la curiosità. Così, durante una noiosa giornata invernale, basta l’idea che un paio di occhiali della fantasia possa nascondersi in casa per spingere l’orsetta a perlustrare ogni stanza fino a perdersi tra le forme dei monti che spuntano dalla finestra e inventare, tra di essi, avventure straordinarie. Questo accade nella prima storia che compone il volume ad alta leggibilità Orsetta Mirtilla (intitolato Gli occhiali della fantasia), seguita a ruota dalla seconda (intitolata In tanti è meglio!) in cui l’intraprendenza e l’apertura al nuovo che contraddistingue l’orsetta si manifesta nel viaggio alla ricerca di amici che questa compie, sfidando paure e intemperie. Sarà una ricerca pienamente ripagata, la sua, grazie a un felice incontro capace non solo di sfatare credenze e pregiudizi a anche di costruire nuove relazioni al profumo di the e torte di mele.

Scritta in maniera lineare e pulita da Isabella Paglia, con una certa felice attenzione anche alla cura sonora del racconto, Orsetta mirtilla si fa apprezzare anche per le illustrazioni deliziose firmate da Laura Deo.

 

LA COLLANA TANDEM

Orsetta Mirtilla fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

L’orto della scuola

Permettere ai bambini di riappropriarsi di un rapporto sano e intenso con la natura, per esempio attraverso la cura di un orto di classe, è una pratica utile e quanto mai necessaria di questi tempi. Così anche la maestra di Luca propone ai suoi bambini di coltivare alcuni ortaggi durante l’anno. Le patate tanto per cominciare.

Nella prima storia che compone il volume L’orto della scuola (intitolato Patatine gialle fritte) la classe di Luca si dedica infatti con passione alla coltivazione di questo tubero che richiede pazienza e impegno. Saranno mesi lunghi quelli che si riveleranno necessari alla crescita delle patate, rendendo ancor più gustoso il momento in cui la cuoca della scuola potrò finalmente friggerle. Piselli e insalata sono invece i protagonisti della seconda storia (intitolata Il furto di insalata). Coltivati da Luca e dai suoi compagni con l’aiuto della maestra e dell’esperto contadino Osvaldo, questi spariscono da un giorno all’altro misteriosamente. A nulla varranno le indagini messe in campo e i sospetti verificati. La verità verrà comunque a galla grazie a un atto di coraggio e onestà del colpevole: qualità che val la pena coltivare, quanto e ben più degli ortaggi.

Di impianto un po’ più didascalico rispetto ad altri volumi della serie, L’orto della scuola risulta più dinamico e scorrevole nella sue seconda parte, grazie a una struttura narrativa più intrigante.

 

LA COLLANA TANDEM

L’orto della scuola fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Teo e Leo

Teo e Leo sono fratelli, gemelli per la precisione. Si assomigliano molto (ma non del tutto!) e vivono questa loro affinità a tratti con favore e a tratti con avversione. Nella prima storia che li vede protagonisti (Gemelli quasi uguali), per esempio, i due si divertono al parco giochi in modi non convenzionali che avranno conseguenze un pochino dolorose, a suon di bernoccoli e denti dondolanti, ma che offriranno loro l’inattesa occasione di distinguersi l’uno dall’altro. Nella seconda storia (Voglio la febbre!), invece, i due si trovano forzatamente separati poiché Leo si ammala e Teo no, il primo resta quindi a casa mentre al secondo tocca andare a scuola. Invidiosi l’uno dell’altro e desiderosi di godere dei privilegi altrui, i due gemelli si inventano fantasiosi stratagemmi fino a scoprire che ciò che rende speciale lo stare a casa o a scuola dipende in gran parte da chi si ha accanto.

Vivaci e scanzonati Teo e Leo sono due personaggi divertenti, resi particolarmente simpatici da un approccio sorridente alla quotidianità delineato dall’autrice Sara Stangherlin e dal tratto fumettistico dell’illustratore Fabio Santomauro.

 

LA COLLANA TANDEM

Teo e Leo fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Puzzetta e piccolo pirata

Chi da piccolo ha avuto un fratello o una sorella con cui condividere la cameretta, sa che il momento di dormire può offrire occasioni ghiottissime per far viaggiare la fantasia in piacevole compagnia. Se costruite e vissute insieme, le avventure fantastiche hanno infatti un sapore diverso, più ricco e travolgente, nutrito di immaginari che si intrecciano e si mescolano. Così è anche per Puzzetta e Piccolo pirata – nomi di battaglia per esplorazioni al chiaro di luna – che ogni sera tenendosi per mano vengono catapultati in situazioni bizzarre, talvolta paurose e talvolta buffe, da cui sempre riescono a uscire facendosi coraggio a vicenda.

Accade con l’incontro con l’orso bianco, apparentemente ferocissimo ma in realtà mansueto e persino delizioso; con la visita a casa della nonna mancata e rimpiazzata da una nonna farlocca a cui rubare fette di pizza; e con le performances di canto di fronte al grande pubblico interrotte da presunti rumori intestinali. A turno, è uno dei due bambini a modellare sui suoi gusti e sogni il set dell’avventura, raggiunta poi magicamente grazie all’intervento di misteriosi folletti. Sempre a turno, l’altro bambino fa dal canto suo da spalla, da accompagnatore e da completatore della fantasia. Nei sogni a occhi aperti dei due fratelli si mescolano così con attenta adesione al mondo infantile, sogno e realtà, ricordi e desideri, ricerca del brivido e bisogno di rassicurazione, individualità e legami forti, in un rito notturno potenzialmente senza fine e denso di significato.

Puzzetta e piccolo pirata è un racconto che strizza l’occhio al giovane lettore e ne sostiene la lettura – anche laddove questa sia poco abituale o resa difficoltosa da disturbi specifici dell’apprendimento – grazie a una struttura che assembla episodi  ben definiti e in parte autoconclusivi e a un aspetto grafico amichevole che sfrutta criteri di alta leggibilità. Più lento e distaccato nelle parti introduttive, più snello e sorridente nelle parti dialogate, il racconto di Julie Bonnie si accompagna alla illustrazioni di Charles Dutertre (già apprezzatissimo in coppia con Alex Cousseu nella creazione delle avventure di Lucilla Scintilla) che con pochissimi mirati tratti sanno cogliere ironicamente ma con grande rispetto quella sospensione tra reale e fantastico che è caratteristica del libro e dell’infanzia tutta.

Mostro fai da te

Non è facile avere dieci anni, essere piccolo e magrolino e per di più andare bene a scuola. Il destino da zimbello, in quel caso, è infatti dietro l’angolo. Lo sa bene Paul, soprannominato con disprezzo Pulce e preso di mira dal bullo Jo Pappa, molto più grande e molto meno gentile di lui, più forte con le mani che con i numeri e le parole. Proprio per questo suo subire insistenti angherie, Paul desidera continuamente e ardentemente farsi un amico, così da sentirsi meno solo e in pericolo. Anche Jo, dal canto suo, ha un desiderio ed è quello di non venire trattato da stupido e non venire, come invece accade, maltrattato a casa. Le storie e i desideri dei due ragazzi, apparentemente così distanti, trovano un giorno una strada comune. Nel tentativo di costruirsi un mostro tutto suo, che possa accompagnarlo e difenderlo, Paul si caccia infatti in un guaio più grosso di lui in cui trovano posto adulti senza scrupoli e altri generosi, creature gommose al gusto fragola, incidenti scolastici da espulsione e prove di coraggio da veri eroi: tutte cose a cui il bambino è tutt’altro che avvezzo e che potranno sfociare in un lieto fine solo grazie alla più impensata delle alleanze, quella con Jo appunto!

Forte di una trama avventurosa, di uno stile snello e di una stampa ad alta leggibilità, Mostro fai da te si presta a catturare l’attenzione anche di bambini poco avvezzi alla lettura perché ostacolati da un disturbo specifico dell’apprendimento. Il connubio tra vicende avvincenti, personaggi memorabili, narrazione ironica e impostazione grafica amichevole – dettata soprattutto da  un font specifico denominato Junction, una spaziatura maggiore tra le lettere, le parole e le righe, una sbandieratura a destra e un uso di carta color crema – costituisce infatti un invito ghiotto per lettori curiosi, a scoprire nella lettura un piacere da non sottovalutare. Almeno quanto un gommoso Chumpa Chumpa!

3300 secondi

3300 secondi sono poi 55 minuti, nemmeno un’ora. Cosa potrebbe succedere di tanto importante in un lasso di tempo così circoscritto? Molto, a dirla tutta. E Fred Paronuzzi lo dimostra al lettore con quattro storie di adolescenza che nel tempo di una lezione di scuola si sfiorano, si incontrano e soprattutto prendono una svolta. Tra le pagine di questo romanzo tanto intenso quanto breve c’è dunque la trepidazione di Julie per un amore fuori dagli schemi appena dichiarato, c’è il ricordo doloroso di Ilyes che prova a prendere le distanze dalla sua immagine di straniero, c’è il dramma di Océane che ha subito una violenza in un’unica serata di trasgressione e c’è la decisione di Clément di allontanarsi da un luogo in cui la morte della sorella si fa soffocante.

Le storie di Leah, Ilyes, Océane e Clément sono storie molto forti a cui ci si sente avvinghiati dopo  poche pagine, sono storie che portano a galla alcuni volti di un’interiorità adolescenziale che rischia di essere occultata da chi la vive e ignorata da chi la vede. La bravura di Fred Paronuzzi sta nel cogliere tutta l’autenticità e la familiarità di storie così singolari, sicché anche in un racconto di immigrazione, di violenza, di lutto o di omosessualità il lettore si rispecchia anche se l’esperienza narrata parrebbe non gli appartenergli affatto. Perché sono le emozioni, la fragilità, la ricerca di un’identità soddisfacente e il desiderio di prendere in mano il proprio destino a parlare davvero a chi legge questo libro, il che la dice lunga su quanto sia potente.

Insieme a Davì di Barbara Garlaschelli e Maionese, ketchup o latte di soia di Gaia Guasti, 3300 secondi dà avvio a una serie di pubblicazioni ad alta leggibilità targate Camelozampa e inserite all’interno della collana Gli arcobaleni. I titoli in questione, come in passato accaduto per Dante Pappamolla e più recentemente per Madelief lanciare le bambole, sfruttano il carattere tipografico Easyreading che risulta meno stancante alla vista e più leggibile anche in caso di dislessia.  

Micromamma

Una mamma pret-à-porter: così diventa, in pratica, la mamma di Sander il giorno in cui inizia a rimpicciolire. Fenomeno strano davvero, il suo: la signora diventa infatti più piccola ogni volta che qualcosa va storto. E così, tra la notizia dell’operazione a cui deve sottoporsi, la fuga villana del fidanzato Allan e quell’incidente in pasticceria con la torta di nozze caduta dal tavolo, la mamma di Sander diventa a tutti gli effetti una micromamma che sta in un taschino, dorme in una scatola di fiammiferi e usa un bottone come piatto. Sander si occupa di lei con una tenerezza e una maturità fuori dal comune fino a quando la mamma sparisce dalla cartella in cui l’aveva riposta per portarla a scuola con sé. E da lì la situazione precipita in un turbinio di incursioni vietatissime in classe, corse al parco, indagini e inseguimenti fin nel mezzo di una festa di matrimonio. Complice delle ricerche e del lieto fine, il trovatello Zorro: un cane irresistibile, la cui generosa vivacità offrirà  un supporto più che mai prezioso a Sanders in un momento di grande fragilità.

Attraverso avventure rocambolesche e a tratti surreali, Piret Raud dà voce a una vulnerabilità non solo infantile ma più ampia, familiare: una vulnerabilità che nella vita vera ha tante facce, tante sfumature e tanti risvolti. Nello strano caso della micromamma, leggero e piacevolissimo per come è raccontato, si leggono per esempio il disagio di sentirsi sovrastati da avversità troppo grandi da affrontare, il dolore di apparire invisibile agli occhi di un genitore e un certo infantilismo dei grandi di cui i piccoli fanno le spese, il tutto attraverso una forma narrativa che trasforma felicemente in situazioni reali quelli che sono di solito solo modi di dire (sentirsi piccolo piccolo o invisibile, avere la testa tra le nuvole…).

Stampato ad alta leggibilità da Sinnos – con font specifico leggimi, spaziatura maggiore, sbandieratura a destra, sillabazione evitata, paragrafi distinti e illustrazioni frequenti – Micromamma offre un’occasione di lettura avvincente anche per chi non affronta il testo in maniera speditissima, forte di una veste grafica amichevole che si sposa a una trama senza posa.

Tredici cervi blu

Luna è una bambina solare e timida, poco avvezza ad alzare la voce e a far sentire le sue ragioni. Suo fratello maggiore Ralf è l’esatto opposto: irascibile e poco accomodante, ha spesso reazioni imprevedibili. Il loro è un rapporto non semplicissimo, fatto di poche parole e molti silenzi. Fino al giorno in cui i cervi fanno la loro comparsa. Da quel pomeriggio apparentemente come tanti, infatti, qualcosa cambia nella vita dei due fratelli. I piccoli cervi blu che Luna vede uscire dal vaso, che giocano con e su di lei e che improvvisamente, così come sono comparsi spariscono, non schiudono solo delle possibilità immaginative (Chi sono? Da dove vengono? Perché solo Luna riesce a vederli?) ma anche relazionali. Luna scopre infatti che anche Ralf, in passato, ha avvistato degli animali fantastici e che anche lui da quell’incontro si è sentito arricchito, rinvigorito, trasformato. Quello degli animali misteriosi diventa così un segreto tacito e condiviso – che tale deve restare per non causarne la scomparsa definitiva –, che avvicina i due fratelli più di ogni altra cosa in un momento di delicato equilibrio familiare come quello della nascita di un nuovo fratellino.

Contraddistinto da uno stile sospeso tra reale e fantastico – tanto nelle parole quanto nelle illustrazioni – I tredici cervi blu è un racconto in cui le emozioni, anche quelle più oscure come la paura e la rabbia, trovano posto senza essere giudicate, in cui la fantasia acquisisce pieno diritto di dimora nel quotidiano e in cui l’inspiegabilità di certi avvenimenti non cerca a tutti i costi una ragione forzata. Anche per queste ragioni nell’avventura straordinaria di Luna e di Ralf, il giovane lettore può facilmente rispecchiarsi e sentirsi compreso, interrogarsi sul proprio vissuto emotivo e riconoscere il valore straordinario della propria immaginazione.

Stampato da Sinnos con tutti i crismi dell’alta leggibilità – dal font meno confusivo leggimi all’impaginazione più ariosa, dalla sbandieratura a destra alla carta opaca – I tredici cervi blu si presenta come un racconto corposo ma al contempo leggero in cui il contributo delle strepitose e frequenti illustrazioni di Mattias De Leeuw (già apprezzatissimo per ragioni analoghe nel silent book La notte del circo), sottilissime e insieme dense di dettagli ed echi espressivi, amplifica a dismisura le possibilità evocative della narrazione.

Celestiale

Celestiale è una parola che di rado si sente pronunciare. Ed eppure è una parola straordinaria, carica di senso e sonorità, perfetta per indicare quelle che cose così belle da mandarti in orbita. Il gusto delle patatine fritte, il suono del violoncello o le canzoni dei Madredeus, per esempio, almeno stando ai gusti di Maddalena che di celestialità, pare se ne intenda. Per lei questa parola è importante, importantissima, soprattutto perché definisce meglio di qualunque altra le qualità di Fabrizio Fiorini, il timido ragazzo di cui è pazzamente innamorata. Il suo è un amore smisurato e totalizzante come solo l’amore adolescenziale sa essere, dotato di una sua logica e al contempo del tutto irrazionale, meraviglioso e struggente come poche altre cose al mondo: un amore che come silenziosi e rispettosi confidenti osserviamo da vicino, con tenerezza e apprensione, soprattutto nel suo alternare gioie e sofferenze.

A dargli voce non solo la stessa Maddalena ma anche il suo celestialissimo Fabrizio, in un controcanto di punti di vista che dà tutto il senso di un sentimento articolato e sfuggente. Alle loro si aggiunge poi la voce di Ivano detto Lama, fratello di Maddalena, che dell’amore crede di poter e voler fare a meno, forte della sua corazza da vero duro. A legare strette le tre voci non è solo la vicinanza dettata dalla parentela o da un sentimento ma anche una comune e inattesa riflessione sul valore della parola, protagonista invisibile di questo racconto. Le parole che dicono l’amore, le parole che l’amore rende incapaci di dire, le parole che ci fanno risuonare le storie dentro, le parole pronunciate da qualcuno che ci cambia la vita: tutte le parole insomma che dicono quello che siamo, quello che sentiamo, quello che vorremmo o che potremmo essere.

Celestiale fa parte della collana Zonafranca che Sinnos rivolge ai lettori grandicelli e in cui trovano spazio temi caldi e complessi interpretati da voce interessanti come quella della giovane Francesca Bonafini. Pubblicato ad alta leggibilità, il volume offre una lettura davvero fresca e nuova nel panorama editoriale per adolescenti, garantendo loro possibilità di riconoscimento e confronto, leggerezza non frivola, spunti impensati di pensiero e una misura che non spaventa.

Occhi da orientale

Ha un narratore insolito, Occhi da orientale. Alta e maestosa, sempre attenta a ciò che accade nel cortile, è infatti la vecchia quercia che fa ombra all’asilo a raccontare al lettore la storia di Chiara, bambina placida e taciturna che stenta a fare amicizia con i compagni. Di lei non sappiamo molto, se non che “ha qualcosa di diverso dagli altri bambini” – confermato in maniera appena accennata dal titolo del libro – e che se ne sta spesso sotto l’albero ad accarezzare il gatto Mattia. È gentile, Chiara, e la vecchia quercia la prende in simpatia a differenza di quanto fa con Goffredo, bambino prepotente e dispettoso. Così, quando il gatto Mattia si arrampica troppo in alto e non riesce a tornare a terra, la quercia non esita a sostenere Chiara nel suo coraggioso tentativo di arrampicarsi per salvare l’animale. È così che Chiara arriva in alto, dove nessun altro bambino è mai arrivato, fino a scorgere lo scoglio dei gabbiani in mezzo al mare. Ed è così che qualcosa, nella percezione dei compagni cambia, consentendo una prima felice possibilità di relazione.

Un po’ fuori dagli schemi a cui l’editoria per l’infanzia attenta alle tematiche della disabilità ci ha abituato, Occhi da Orientale sceglie la strada del sussurro, in parole ed immagini, per raccontare la sua storia. È una storia senza fretta, questa, e come tale viene narrata, chiedendo al lettore di prestare ascolto e prendersi il suo tempo per assaporare, cogliere, capire. I testi raffinati di Annamaria Piccione, votati talvolta al ricordo e alla riflessione pensosa, e le illustrazioni particolarissime di Monica Saladino, che uniscono in maniera efficace matita e collage, trovano un comune punto di incontro nell’apprezzabile scelta di mettere l’infanzia – tutta – al centro della narrazione, senza fare della questione della disabilità una bandiera forzatamente sventolata. Ne emerge un racconto pacato e poetico, che invita sommessamente a riconoscere le occasioni che la vita ci porge di superare e rimettere in discussione pregiudizi e distanze.

Mangia la foglia!

Anna, Magnus e Stina sono tre cugini. Durante i pranzi di famiglia il loro tavolo, piccolo e rotondo, diventa una postazione separata e privilegiata di osservazione degli adulti. È da qui che i tre assistono al grande litigio di maggio che porta lo zio Jan e la zia Betta, genitori di Stina, ad allontanarsi  per un po’ dalla famiglia. Ed è da qui che assorbono, più o meno inconsapevolmente,  le dinamiche divisive che gli adulti mettono in atto. Quelle stesse dinamiche non tarderanno a trovare una replica in scala ridotta anche tra i piccoli di casa, alimentate in particolar modo dalla dieta vegetariana di Stina. “Stina è una ragazzina inutile”, “Io una volta l’ho sentita fare muuuu”, dicono di lei Magnus e Anna, convinti così di consolidare la loro amicizia esclusiva. Fino al giorno del funerale della nonna di Stina, quando le prese in giro di Magnus passano il segno facendo correre un grosso rischio alla cuginetta e aprendo gli occhi di Anna su quanto un’amicizia che si regge sul dileggio altrui sia fragile e inconsistente.

Il racconto breve scritto da Bart Moeyaert (qui in una sorridente conversazione con l’editrice Della Passarelli in cui si racconta come nasce Mangia la foglia) è denso e avvincente, capace in pochissime parole di tratteggiare un’infanzia vera e palpitante, finanche politicamente scorretta. Nelle noiose ore a tavola, nei “facciamo finta che…” che si sviluppano sul prato, nelle promesse indissolubili, nella forza silenziosa del modello adulto, nella tentazione di costruire rapporti saldi su un comune nemico ma anche nella capacità di cogliere un’ingiustizia quando perpetrata, si leggono infatti quella fragilità e quella determinazione che rendono speciale l’età bambina. L’autore le coglie con un’efficacia rara, offrendo al giovane lettore un’occasione intensa di leggersi e riconoscersi. Le parole di Bart, stampate ad alta leggibilità e dunque rese più agevoli da scorrere anche in caso di dislessia, sono accompagnate dalle illustrazioni di Alice Piaggio che aggiungono una forte carica espressiva a una narrazione già molto intensa.

Il ladro di Panini

Appetitoso come un panino al prosciutto, provolone e lattuga (con uno strato di maionese fatta in casa, naturalmente!), Il ladro di panini è una ghiotta novità edita da Sinnos. È ghiotta per il formato, che si ispira al fumetto pur non procedendo solo per balloons e che combina in maniera accattivante immagini frequenti e testi snelli ad alta leggibilità. È ghiotta per la storia, che smilza e appassionante, coinvolge il lettore in un giallo da gourmet. Ed è ghiotta per lo stile irresistibilmente ironico degli autori Patrick Doyon e André Marois.

Protagonista del libro è Marin che un giorno, all’ora di pranzo, non trova nel suo cestino il raffinato panino che la mamma è solita preparagli. Il panino al prosciutto, provolone, lattuga e maionese fatta in casa, nella fattispecie: quello del lunedì. Il problema è che non si tratta di un furto o di uno smarrimento isolato: la faccenda si ripete infatti il martedì, con il succulento panino al tonno, pomodorini secchi e maionese fatta in casa, il giovedì con il delizioso panino all’uovo, parmigiano, cipolla rossa e maionese fatta in casa e il venerdì, con l’intrigante panino al pollo, avocado, cetriolo e maionese fatta in casa. Solo il mercoledì il malcapitato la scampa, il giorno del panino con tofu, rughetta, pomodorini e gamberetti. L’affronto è davvero grande e la fame pure, perciò Marin si mette a investigare, individuando possibili sospettati, lanciando accuse spavalde e tendendo ingegnose trappole. Fino all’agognata cattura dell’impostore, colto letteralmente con le mani nella… maionese!

Davvero divertente e agevole da seguire Il ladro di panini combina la soddisfazione di una storia corposa (anche nel numero di pagine) con una grafica accattivante e amichevole, capace con buona probabilità di stuzzicare anche i lettori più recalcitranti o convinti che la lettura debba necessariamente essere affar ostico e poco piacevole.

Hank Zipzer mago segreto del ping-pong

Inizia un nuovo anno scolastico alla SP87, il quinto per Hank e i suoi amici di sempre, Ashley e Frankie. E inizia col botto, a dire il vero, se si considera che al posto della nuova attesissima insegnante, la classe di Hank si ritrova sulle croste l’arcinota signorina Adolf e che la prima iniziativa che coinvolge l’istituto è una Parata degli Atleti in cui ognuno può mettere in mostra i suoi talenti sportivi. E se la prima disgrazia in qualche modo è sopportabile (sono quattro anni, d’altronde, che Hank si allena a sopravvivere alla rigidità dell’insegnante), la seconda ha un che di catastrofico. La predisposizione sportiva non è infatti tra le qualità più spiccate di Hank, data la difficoltà di concentrazione e coordinamento associata al suo Disturbo Specifico dell’Apprendimento. Non a caso le selezioni per la squadra di calcio fatte dall’allenatore Gilroy sono un vero e proprio fiasco per il ragazzo, a cui non resta che rassegnarsi a un vergognoso futuro da scaldapanchine e raddrizzatore di coni. O forse no?

Complice il premuroso nonno Papà Pete, Hank scoprirà una disciplina in cui non solo ha talento ma soprattutto si diverte: il ping pong. Da lì in poi sarà tutto un allenamento per sviluppare le tre fatidiche C – Concentrazione, Controllo e Convinzione – e soprattutto per accettare il fatto che il giudizio degli altri non ha il diritto di minare la soddisfazione e gli sforzi (sportivi e non) di qualcuno. Alla faccia del fastidioso Nick McKelty, fortemente motivato a denigrare la scelta sportiva di Hank, questi avrà l’occasione di dimostrare a tutti che il ping pong è uno sport con la S maiuscola e che chi lo pratica può essere molto coraggioso e altruista, oltre che atletico.

Nona avventura della serie ideata da Henry Winkler e Lin Oliver, Hank Zipzer mago segreto del ping-pong vanta le caratteristiche di alta leggibilità (font senza grazie, sbandieratura a destra, assenza di divisioni sillabiche, spaziatura maggiore, a capo secondo il ritmo e la struttura della frase) che, insieme a uno stile spassoso, a vicende avvincenti e a una squadra di personaggi irresistibile, ha reso il personaggio piuttosto noto e amato. Senza per nulla risentire di un appiattimento dovuto all’alto numero di episodi pubblicati – aspetto tutt’altro che trascurabile – la serie di Hank Zipzer ha l’apprezzabile merito di aprire possibilità di lettura soddisfacente e piena anche a bambini e ragazzi che con la lettura non vanno propriamente d’accordo, non solo grazie agli importanti accorgimenti tipografici indicati ma anche grazie a storie che sanno coinvolgere e divertire senza rinunciare alla ricchezza di contenuto . La dislessia, da cui il protagonista è emblematicamente contraddistinto, è qui trattata inoltre con un’ironia sempre rispettosa, quella che viene da una conoscenza diretta e che dà alle difficoltà un risvolto narrativo pratico, offrendo così strumenti preziosi per capire e per capirsi. In quest’ultimo episodio, per esempio, viene messa in luce la questione della concentrazione e del coordinamento occhio-mano che tanta parte ha nella definizione del disturbo di Hank. Le informazioni riportate sono utili e pertinenti ma mai posticce o dall’intento divulgativo fuori contesto ed è proprio la loro rielaborazione hankesca a renderle in definitiva davvero spendibili:

Mi chiedo se da qualche parte c’è un’officina meccanica per cervelli, dove puoi portare il tuo cervello e loro ci lavorano mentre aspetti. Riparatemi il meccanismo della concentrazione. E già che ci siete, controllatemi anche acqua e olio, grazie.

Divisioni senza resto

Solare e intraprendente, Francesco è un bambino che si muove in sedia a rotelle a causa della distrofia muscolare. I suoi compagni sono perlopiù gentili con lui e spesso si fermano a giocare in classe per non lasciarlo solo. Ma Francesco sa che talvolta non è ciò che preferirebbero fare, e questo un po’ lo incupisce. Trovare un amico vero, con cui trascorrere il tempo per puro piacere, quello sì sarebbe pazzesco. Per questo quando in classe arriva Valentino, un bambino di origine cinese che condivide con Francesco l’insegnante di sostegno a causa delle difficoltà linguistiche, la sua vita si trasforma. Valentino è un tipetto vivace ma anche disposto a chiacchierare di sport (di motori soprattutto!) e a divertirsi con giochi tranquilli. Con lui le giornate di Francesco prendono una nuova spinta: quella verso alcuni guai, nuove relazioni  e soprattutto verso una nuova consapevolezza delle proprie possibilità.

Ben scritto e contraddistinto da un certo dinamismo, Divisioni senza resto è un bel racconto sull’amicizia in cui la disabilità ha tanta parte nella vicenda ma non appesantisce la narrazione portando a derive buoniste. La capacità di Caterina Frustagli è quella di raccontare i sentimenti e le situazioni anche complicati, con grande chiarezza, trovando immagini efficaci per dire anche i pensieri e i concetti più critici. Il titolo stesso ne è un esempio significativa, poiché come dichiara più avanti il protagonista: “Mi piacciono le divisioni, perché dividono e danno a tutti in parti uguali. Se ci sono venti caramelle e cinque bambini, stai sicuro che ognuno avrà quattro caramelle, senza ingiustizie. La vita dovrebbe essere una divisione senza resto: a tutti parti uguali e stop.

C’era due volte il barone Lamberto

La storia del barone Lamberto, come molte di quelle create da Gianni Rodari, fa un uso sapiente e gustoso del surreale. Qui, in particolare, questo aspetto trova espressione nel bizzarro meccanismo scoperto dal protagonista – ricchissimo nobile che vive sull’isola di San Giulio – per mantenersi giovane: sentire in continuazione ripetere il suo nome. Come anticipato da un’antica profezia, la ripetizione del nome consente di non morire e così Lamberto paga alcuni servitori per garantire la sua giovinezza. E già qui la fantasia ha di che essere compiaciuta. Ma è quando un gruppo di banditi fa irruzione sulla scena con lo scopo di rapire il barone per chiedere un riscatto che il romanzo trova un’ulteriore spinta: è a quel punto infatti che inizia una rocambolesca catena di avventure che comprende una fuga in mongolfiera, il provvido intervento di alcuni scout, la comparsa di un nipote con diabolici piani, una morte improvvisa e persino una resurrezione, fino a una conclusione che porta alle estreme spassose conseguenze l’astrusa corrispondenza tra nomina e giovinezza da cui il romanzo prende vita.

Dinamico e divertente C’era due volte il Barone Lamberto solletica la fantasia dei lettori da ormai quarant’anni e non c’è forse modo migliore di festeggiare tale traguardo con una nuova edizione del romanzo che ne consenta la fruizione anche a chi fatica o proprio non può leggere un testo tradizionalmente scritto, per esempio per difficoltà legate a una disabilità visiva o alla dislessia. Ecco dunque che l’iniziativa di Emons Audiolibri di proporre la storia di Rodari in formato audio, scaricabile o su Cd MP3, appare estremamente apprezzabile. C’era due volte il barone Lamberto va così ad arricchire la già cospicua collezione di testi rodariani realizzati dall’editore in una versione per le orecchie, per i quali sono stati scelti di volta in volta interpreti diversi. Qui la voce, piacevolissima e attenta, è quella di Massimo Popolizio che contribuisce a mantenere giovane un testo con qualche anno sulle spalle. Proprio come accade allo stesso barone!

Maionese, ketchup o latte di soia

Élianor è nuova a scuola: secca secca, pallida pallida e silenziosa come pochi, la ragazza è da subito vittima di scherni e angherie da parte dei compagni. Non che serva per forza un motivo per finire vittima dei bulli, ma questi pensano bene di bersagliarla per il suo presunto insolito odore. E così, in meno di un giorno di scuola, Élianor diventa per tutti la ragazza che puzza. Per tutti tranne uno, a dire il vero: per Noah, infatti, l’odore può raccontare a suo modo la storia delle persone, creando invisibili forme di relazione e contatto, e per questa ragione non esita ad avvicinarsi alla ragazza. Sarà un incontro turbolento il loro, sia perché li porta a sfidare la prepotenza di teppisti come Sylvester sia perché li porta a mettere faccia a faccia due quotidianità molto distanti tra loro. Come può una ragazza che vive con un guru scalzo e che si ciba di strani intrugli naturali  trovare qualcosa in comune con un ragazzo cresciuto a cola e merendine? Sarà necessario per i due andare più a fondo di una dieta per scoprire che ci si può incontrare nelle comuni esperienze di vita, emozioni e rispetto della diversità.

Fresco e avvincente, il racconto di Gaia Guasti parla in modo schietto e diretto alle orecchie dei giovanissimi, trovando così il modo più efficace di dare spazio a cose vere e complesse come il bullismo e la tolleranza. Nei pensieri di Noah ed Élianor, nelle dinamiche tra i banchi di scuola, nelle storie nascoste dei singoli personaggi, si percepisce infatti un’adolescenza palpitante. E brava davvero è l’autrice a coglierla e restituirla nella sua ricchezza. Già edito nel 2016 da Camelozampa, Maionese, ketchup o latte di soia è ora ripubblicato dall’editore padovano in una snella e apprezzabilissima versione ad alta leggibilità che sfrutta il font Easyreading e un’impaginazione più ariosa del testo.

Mio nonno gigante

Metti che un giorno ti svegli e ti ritrovi il nonno alto sei metri: un nonno gigante che si aggira in mutande e ciabatte per la città, come un novello King Kong con la dentiera. Cosa fai? Bella domanda! Se lo chiede anche la famiglia Brodino alla quale questa strana avventura effettivamente è capitata. Mio nonno gigante, nato dalla penna scanzonata di Davide Calì, è proprio il racconto di quella mattina insolita in cui la mamma smette di cercar mosche nella tazza di te, il papà smette di controllare se ha vinto alla lotteria, Brodino-figlia smette di pesare le fette biscottate e Brodino-Figlio smette persino di ascoltare i Cani Lagnosi per andare a cercare il nonno colosso: una rincorsa improbabile che scomoda persino generali ottusi dell’esercito e si risolve (si fa per dire), infine, con un astuto stratagemma culinario. Gli anziani, si sa, tocca prenderli per la gola…

Con un racconto che mescola con grande sapore dimensione reale e surreale, non solo negli eventi ma anche nelle parole dei protagonisti, Davide Calì invita i bambini a una lettura che scorre spassosa e originale. Straordinariamente adatta a una condivisione ad alta voce – grazie ai dialoghi ritmati e spiazzanti, all’uso arguto di elenchi e climax e a una narrazione che garantisce un sorriso fisso in volto – Mio nonno gigante offre altresì una ghiotta occasione di lettura autonoma per bambini alle prime armi, anche poco invogliati o propensi a scegliere un libro, a causa di difficoltà legate ai DSA. Le caratteristiche tipografiche care alla casa editrice (font specifica biancoenero, carta color crema e opaca, spaziatura maggiore, sbandieratura a destra, corrispondenza tra punteggiatura e a capo) che garantiscono l’alta leggibilità del volume si sposano infatti a un testo piacevole da seguire e sostenuto da illustrazioni a loro volta molto ironiche. Il risultato è un libretto snello che mette a proprio agio, diverte e dà al piccolo lettore grandi soddisfazioni.

La maialina, la bicicletta e la luna

Se nella fattoria passa un giorno un bimbo in bicicletta, si può star certi che qualcuno degli animali desidererà con forza il suo mezzo a due ruote. E quel qualcuno, nella fattispecie, è la maialina Viola. Determinata come pochi, Viola si appropria di nascosto della bicicletta e le prova tutte per farla stare in equilibrio, accettando con stoicismo capitomboli e bozzi, studiando ingegnosi sistemi di sicurezza e propulsione e sopportando perfino irrisioni e beffe dei compagni d’aia. Come vada a finire la sua storia di sogni e pedalate non lo sveliamo e non lo svela fino in fondo nemmeno l’autore, lasciando al lettore il gusto di un delizioso finale semiaperto.

Proposto da Sinnos all’interno della collana Prime letture, La maialina, la bicicletta e la luna vanta un equilibrio studiatissimo tra testo in stampatello maiuscolo, misurato e ben distribuito e illustrazioni a tutta pagina o frequenti. Come gli altri volumi della collana, anche questo sfrutta font e impaginazione ad alta leggibilità e si presenta in un formato maneggevole e pratico. Tutti questi aspetti, uniti alla personalità travolgente di Viola, all’ironia sottile del testo e a quella sfacciata delle illustrazioni, al dialogo ben oliato tra testo tradizionale e sparuti baloons fa del lavoro di Pierrette Dubé e Orbie un’occasione di lettura davvero curata e incentivante per bambini alle prime armi, con o senza dislessia.

Mira Kurz capelli rosso cuoco

Essere disortografici come Mira, la protagonista di Mira Kurz capelli rosso cuoco, può essere davvero molto faticoso e provante. Soprattutto se le persone – genitori, insegnanti e compagni – che ti circondano non danno troppo credito alle difficoltà che lamenti e anzi ci mettono del loro per complicarti la vita. Così, di fronte a una maestra poco attenta e un po’ superficiale, stanca dell’indisciplina degli alunni ma incapace o priva delle forze necessarie a porvi freno, una classe fuori controllo e guidata da alcuni bulli si accanisce contro Mira, deridendola per le sue difficoltà scolastiche. Dapprima sono prese in giro verbali, poi, esclusioni fisiche, atti di vandalismo ai danni dei suoi oggetti, menzogne riportate alla direttrice e vere e proprie trappole per metterla nei guai. Mira dal canto suo si guarda bene dal fare la spia e cerca di arginare la situazione elaborando piccole vendette, che peggiorano ulteriormente la situazione, e cercando il supporto di pochi amici rimasti. Sarà un adulto della scuola dalla spiccata sensibilità a cogliere per primo e per davvero il malessere della bambina, consentendo alla verità di saltare fuori e all’intera classe di rimediare a  quanto accaduto e a Mira di trovare il proprio posto e valorizzare le proprie capacità.

Contraddistinto da un tono leggero e scherzoso, forte anche del bel caratterino della protagonista, il libro di Anja Janotta affronta con brio il tema delicato delle difficoltà scolastiche e delle dinamiche di bullismo che spesso intorno ad esse si vengono a creare. Efficace e centrato è soprattutto il focus sull’escalation di gravità delle angherie, sull’impatto significativo che queste hanno sull’autostima dei bambini e sulla loro difficoltà a chiedere aiuto quando gli adulti si mostrano disattenti (più che sulla disortografia in sé, piuttosto calcata e in parte deformata per alimentare i giochi di parole che rendono particolare il racconto). Interessante e meritevole la capacità dell’autrice di rendere tutto questo con un racconto votato all’ironia, disseminato di piccole avventure e piacevolmente scorrevole nonostante le oltre 200 pagine che compongono il volume.

Alex e Axel

Se è vero che nomen omen, allora il legame speciale che unisce Alex e il cane Axel che abita vicino a lei pare predestinato dalla somiglianza tra i loro nomi. È tuttavia un legame tanto forte quanto osteggiato, il loro: il padrone di Axel è infatti un uomo scorbutico e scostante, tutt’altro che favorevole alle attenzioni che ogni giorno la ragazzina rivolge al suo cane. Alex non cede, però, alle proteste del signor Alberto, soprattutto quando si accorge che questi non offre al povero Axel la libertà di movimento che meriterebbe e che anche il cane – ringhioso e aggressivo verso chiunque tranne lei –  manifesta nei suoi confronti un attaccamento fuori dal comune. Da lì in poi, Alex farà di tutto per stare vicino al suo amico peloso e per fargli avere il dovuto svago: compreso scavalcare la recinzione del signor Alberto e portare Axel a spasso di nascosto. Quando però l’effrazione viene scoperta Alex passerà un brutto guaio e solo la sua straordinaria affinità con Axel riuscirà a ribaltare la situazione critica in cui la ragazzina viene a trovarsi, ricucendo rapporti compromessi e liberando da fantasmi del passato.

Alex e Axel è un libro che fa parte della serie azzurra del Battello a Vapore: è destinato ai bambini dai sette anni in su ma richiede una certa pratica di lettura. Il testo ha già infatti un certo spessore e non trascura parti riflessive e sottesi che richiedono una certa dimestichezza nel lettore. La scelta editoriale di pubblicare il libro ad alta leggibilità – con font specifico, paragrafi distanziati e non giustificati, spaziature maggiori e assenza di sillabazione – viene dal canto suo incontro alle esigenze di bambini con disturbi specifici dell’apprendimento che non vogliono rinunciare al gusto di storie appassionanti.

L’uomo che lucidava le stelle

L’uomo che lucidava le stelle è un uomo munito di secchi, stracci e  spazzolone con i quali si dedica – così  dice – a far brillare gli astri della notte. Non che Nicola, protagonista e narratore della storia, lo abbia mai visto all’opera ma quella figura adulta così strana e suggestiva segna profondamente i suoi ricordi di bambino e acquisisce una credibilità che stenta a trovare consensi nel mondo adulto. Non a caso quest’ultimo trova spazio nelle giornate e nei racconti di Nicola solo quando, per una ragione o per l’altra, dimostra di conservare uno spirito genuino e sognatore che è tipico dell’infanzia. Così, nei pomeriggio di gioco intorno al laghetto, insieme a Nicola e agli altri ragazzi, ci sono solo adulti sui generis – gli strambi del paese – quelli che avrebbero tante cose da dire ma faticano tra i grandi a trovare ascolto. Così le loro storie di matrimoni pluririmandati a cui i maialini, ahimé, non sono invitati, di incomprensibili reclusioni e di pietre da collezione capaci di parlare trovano ascolto solo negli orecchi acerbi dei piccoli come Nicola a cui appare molto chiara l’importanza di non fermarsi all’apparenza per guardare nel profondo degli individui.

L’uomo che lucidava le stelle è un libro dai toni spiccatamente onirici e metaforici, fuori dagli schemi abituali. Anche per questo, nonostante l’impaginazione ad alta leggibilità che lo rende più fruibile e amichevole alla vista anche in caso di DSA, non risulta immediatissimo e facilissimo da seguire. Si tratta però di un libro molto suggestivo e denso, che si presta a stimolare riflessioni, interpretazioni e confronti nei bambini e nei ragazzi.

La rana ballerina

Ogni famiglia ha le sue storie di antenati, ma sfido a trovarne di pazzesche come quelle della famiglia di Jo. Per competere servono perlomeno un leone e un iceberg. O – minimo minimo – una rana ballerina. Facile dunque capire perché Jo sia così desideroso di conoscere le peripezie dei suoi parenti bislacchi. Ecco allora che la mamma, seppur stanca, lo accontenta con un racconto davvero straordinario. Protagonista è la zia Gertrude che,  perso il marito marinaio in mare, trova inaspettata consolazione nell’incontro con una rana. Non una rana qualsiasi, ma una rana di nome George che balla divinamente quadriglie, polke e danze scozzesi. Così i due iniziano a girare per il mondo, animando i teatri più prestigiosi con uno spettacolo sensazionale che trova picchi di successo anche in circostanze piuttosto indesiderabili come un incendio in albergo. La tournée, la preparazione dei numeri e il meritato riposo nella casa di campagna francese offrono momenti di grande gioia condivisa alla rana e alla ragazza di cui – non ci si spiega proprio come – quasi nessuno oggi si ricorda.

L’incredibile storia di George e Gertrude ha lo spirito asciutto delle narrazioni orali e lo sprint inconfondibile dei racconti marchiati Quentin Blake. Frizzante nel tratto, l’autore profonde la stessa cifra anche nel testo che appare così leggero, snello e piacevolissimo. Perfetto, insomma, per trovare posto nella collana leggimi! di Sinnos che applica i criteri tipografici dell’alta leggibilità a una serie di storie selezionate per la capacità di catturare il lettore e tenerlo agganciato. La storia de La rana ballerina, che in poche righe racchiude con leggerezza i momenti più bui e più luminosi di una vita, si presenta così in un formato tascabile e accattivante in cui ogni pagina accoglie una paio di paragrafi al massimo, ben distanziati e accompagnanti da un’illustrazioni a colori che pare davvero danzare.

Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina

Un giorno Giulio Coniglio si sveglia e trova fuori da casa sua un bellissimo camper che reca scritto “Gelsomina”, ossia il nome della  famosa leprotta ballerina che ne è proprietaria. Gelsomina fa rapidamente la conoscenza di Giulio e dei suoi amici, accorsi appositamente ed elegantemente agghindati per l’occasione, deliziandoli con un meraviglioso spettacolo di danza. Un po’ meno movimentata delle altre avventure, Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina ha un ritmo più lento e punta l’attenzione sull’emozione di fare nuovi incontri.

 

La collana Le giocastorie ad alta leggibilità

Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina fa parte della collana Le Giocastorie, ora in parte pubblicata da Franco Cosimo Panini Editore ad alta leggibilità. L’utilizzo del font leggimiprima rende infatti  le avventure del noto coniglio creato da Nicoletta Costa più accessibili anche in caso di dislessia: scelta editoriale apprezzabilissima perché concretizza realmente la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze imposta da un disturbo o una disabilità. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto significa, per i bambini con qualche difficoltà, potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. La collana Le Giocastorie si contraddistingue per un formato snello e maneggevole, storie brevi ma  ben strutturate, una narrazione lineare, un rapporto bilanciato tra immagini e testo, illustrazioni inconfondibili e una scrittura piana ma mai sciatta. In  chiusura, piccoli giochi ispirati alla storia ed adesivi staccabili concorrono ad aumentare per vie traverse l’appeal del volume nei confronti dei lettori meno forti.

 

Giulio Coniglio e il picnic con la balena

Quando la balena Bernarda e il pinguino Pedro vanno fanno visita a Giulio Coniglio e ai suoi amici è una vera festa. L’accoglienza calorosa a base di succo di carota e frittelle è ben gradita dai due ospiti che ben si prestano a far trascorrere ai padroni di casa un intenso pomeriggio di sguazzate al fiume. C’è chi come topo Tommaso si tuffa senza timore tra le onde e chi come Giulio preferisce guardare. Ognuno è a suo modo, e va bene così. Poi scende la sera e la fatica cala, ma anche il momento di dormire può trasformarsi in una bella occasione per dimostrarsi amici affettuosi e accoglienti.

I testi di Giulio Coniglio e il picnic con la balena sono leggermente più brevi rispetto ad altri della medesima serie, il che rende il volume particolarmente adatto a un primo tentativo di approccio autonomo. Essi risultano inoltre arricchiti da brevissimi fumetti (composti da una o due parole) che dinamizzano la pagina e il racconto, offrendo tra l’altro una possibilità di divisione nei compiti di lettura (“io leggo questi, tu leggi il resto”) che può contribuire a rendere le prime esperienze autonome più graduali  e in quanto tali piacevoli.

 

La collana Le giocastorie ad alta leggibilità

Giulio Coniglio e il pic nic con la balena fa parte della collana Le Giocastorie, ora in parte pubblicata da Franco Cosimo Panini Editore ad alta leggibilità. L’utilizzo del font leggimiprima rende infatti  le avventure del noto coniglio creato da Nicoletta Costa più accessibili anche in caso di dislessia: scelta editoriale apprezzabilissima perché concretizza realmente la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze imposta da un disturbo o una disabilità. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto dai bambini significa, per chi ha qualche difficoltà, potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. La collana Le Giocastorie si contraddistingue per un formato snello e maneggevole, storie brevi ma  ben strutturate, una narrazione lineare, un rapporto bilanciato tra immagini e testo, illustrazioni inconfondibili e una scrittura piana ma mai sciatta. In  chiusura, piccoli giochi ispirati alla storia ed adesivi staccabili concorrono ad aumentare per vie traverse l’appeal del volume nei confronti dei lettori meno forti.

Giulio Coniglio e la nave pirata

Quando un libro o una serie di grande successo vengono riproposti in una forma nuova, che consente l’accesso a un maggior numero di giovani lettori, è sempre una buona notizia. Ecco perché val proprio un festeggiamento la pubblicazione di alcune delle Giocastorie di Giulio Coniglio in una versione ad alta leggibilità che sfrutta il font leggimiprima (messo a punto e concesso all’editore da Sinnos). Scelte editoriali come questa concretizzano realmente, infatti, la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze legate, per esempio, ai Disturbi Specifici dell’apprendimento. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto dai bambini di pochi anni significa potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. Le Giocastorie, peraltro, si prestano bene a venire incontro a lettori inesperti o in difficoltà, non solo per l’appeal straordinario dei personaggi, ma anche per la struttura lineare del racconto, il rapporto bilanciato tra immagini e testo, l’aspetto snello, tascabile e gradevole dei volumi  e la scrittura a misura di bambino ma non sciatta.

In Giulio Coniglio e la nave pirata l’istrice Ignazio propone agli amici di giocare ai pirati, procurando addirittura una barca vera con tanto di bandiera nera. Regola ferrea: divieto assoluto per le femmine di partecipare. Così Ignazio, Giulio e il topo Tommaso trascorrono un maschilissimo pomeriggio solcando le onde. Quando però la barca si incaglia, la sera scende e la mancanza di carote inizia a farsi sentire, i tre amici si scoraggiano sicché il salvataggio generosamente messo a punto dalle amiche femmine – la mucca Maddalena e l’oca Caterina – viene accolto con straordinaria felicità e festeggiato con una meritata pizza condivisa.

Con le ali di Aurora

Nella vita di Lorenzo qualcosa sta cambiando: il papà si è trasferito per lavoro in Australia, la mamma non è più solare come in passato e nella sua classe, da qualche tempo, tutto sembra più caotico e complicato. Una volta era diverso: la vita in famiglia nella tranquilla Pesaro era piacevole, la mamma Lola inventava storie buffe senza diventar matta per trovare un editore e il suo amico Maurizio stava bene con lui, sia a casa sia a scuola. Ma ora non più. E così Lorenzo si dedica in solitaria a passioni come il basket e prova a ritrovare una sintonia con chi gli sta accanto, alla disperata di ricerca di un equilibrio con sé stesso e con il mondo intorno. In questo delicato passaggio è l’arrivo in classe di una nuova bambina, Aurora, a fare la differenza. Affetta da sindrome di Down, Aurora ha modi e tempi tutti suoi, necessita di un insegnante di sostegno e crea non poco scompiglio in classe mettendo a dura prova la pazienza delle maestre e le dinamiche rodate del gruppo. Proprio questo suo modo insolito di stare al mondo porta però Lorenzo a una riflessione importante su cosa sia la normalità e a un’idea vincente che metterà insieme la passione di Aurora per il disegno e l’abilità di Lola nel narrare storie.

Con le ali di Aurora è un libro con un ritmo pacato che parte piano piano e accelera sul finale dopo essersi preso il tempo di far conoscere i suoi protagonisti al lettore. Le situazioni di vita scolastica che dipinge sono impastate di realtà e danno conto del ruolo determinante giocato, per una buona soluzione inclusiva, dalla personalità, dall’inventiva e dalla buona volontà delle singole maestre . Nel comportamento di Maurizio e di Aurora, ma anche dei loro compagni, c’è tutto lo scarto tra le etichette di cui sono infarcite le direttive e la pratica con cui gli insegnanti si trovano quotidianamente  ad avere a che fare, ci sono le soddisfazioni enormi di chi abbraccia la missione  educativa ma anche le sue difficoltà non trascurabili, c’è la necessità ben espressa di trovare spazi di conforto per ciascuno e possibilità di valorizzazione che travalichino i limiti imposti dall’handicap. Nel libro potranno trovare tracce di sé, quindi, sia gli adulti che i bambini, il che rende Con le ali di Aurora particolarmente adatto a una lettura in classe che stimoli il confronto e la condivisione di esperienze.

Il mio tempo con Olly

Il mio tempo con Olly è l’affettuoso ritratto che di Olly, all’anagrafe Olimpia, offre il fratello. Con il pretesto di un compito delle vacanze che recita “ Scrivere un racconto su qualcuno di importante per me”, questi si propone di dipingere la straordinaria normalità di una persona con sindrome di Down come la sua sorellina.

Attraverso i ricordi e alcuni episodi di vita familiare particolarmente significativi, il giovane narratore affronta questioni delicatissime e importanti per chiunque viva più o meno direttamente una disabilità: il ruolo del sibling come equilibrista che si dondola tra un affetto smisurato e un senso di sacrificio; le battaglie per una reale inclusione scolastica; la diffusa ignoranza e scarsa sensibilità da parte di molti adulti; l’orgoglio e la soddisfazione per i piccoli e grandi traguardi raggiunti dal proprio caro, il tanto discusso “dopo di noi”. Tutto questo emerge attraverso una voce amica, che è quella di un bambino che parla ai suoi pari. Per questo motivo il libro si presta particolarmente bene a offrire uno spunto per confrontarsi – magari in classe – su un tema importante come quello della diversità e della sua accettazione. Accettazione che passa prima di tutto attraverso la conoscenza, come Il mio tempo con Olly pare sapere bene.

Scritto da Francesca Gallo con un linguaggio a misura di bambino che supporta a dovere un’intenzione divulgativa oltre che narrativa, Il mio tempo con Olly sfrutta un font ad alta leggibilità. Spiazzanti e ironiche, le illustrazioni del libro sono affidate all’estro di Andrea Rivola che sceglie di dare a Olly e alla sua famiglia un aspetto non umano. Le coloratissime talpe a cui dà vita l’autore producono quindi un certo scarto rispetto al tono piuttosto realistico del testo, sottolineando l’idea che ognuno, in fondo, è a suo modo diverso.

Madelief. Lanciare le bambole

Ci sono tre ragazzini irresistibili – Madelief, Roos e Jan-Willem – e c’è un autore pluripremiato –Guus Kuijer – che ne immagina e racconta con grande ironia le piccole grandi avventure. Nasce così il primo volume di una serie gustosissima e divertente, capace di immortalare quel delicatissimo passaggio esistenziale che porta dall’infanzia a ciò che la segue, offrendo al lettore in crescita un piacevole ritratto in cui ritrovarsi.  Tra le pagine di Madelief. Lanciare le bambole i protagonisti vengono colti nel loro inventare giochi e coltivare hobby, affrontare sentimenti contrastanti, avere a che fare con adulti talvolta complici talvolta incomprensibili. E così i tre, di capitolo in capitolo, persuadono il lettore a seguirli mentre salvano un piccione, sfidano dei bulli, scampano vestiti imbarazzanti o si stuzzicano con innocui scherzi.

Che siano bambini degli anni settanta (le avventure di Madelief sono state pubblicate per la prima volta in Olanda nel 1975) lo si può evincere da alcuni dettagli (come la passione smodata per i cowboy, l’uso di una macchina da scrivere per redigere un giornale o l’incontro con un venditore di fiori porta a porta) ma son dettagli per davvero, a cui quasi non si bada, perché qui a colpire davvero il lettore è la freschezza del racconto e quello spirito irriverente tipico dell’infanzia che l’autore coglie con grande naturalezza. Con un sonoro ciao ciao agli stereotipi e ai buoni sentimenti (ah, come erano avanti nel nord Europa già quarant’anni fa!), il libro di Guus Kuijer conquista per la sua candida schiettezza che non teme di dare a una protagonista travolgente come Madelief una personalità complessa, fatta anche di difetti.

Non lasciatevi scappare questo libro e tenete d’occhio il suo seguito (altri quattro volumi fanno parte della serie ma non sono ancora pubblicati in Italia). Oltre a proporre personaggi davvero sinceri e fuori dal comune, Madelief offre una possibilità (rara!) di lettura realmente accessibile anche in caso di difficoltà legate alla dislessia o a una scarsa propensione a un’immersione tra le pagine. Non solo il libro presenta caratteristiche di alta leggibilità – grazie al font Easyreading,  la spaziatura maggiore tra righe e parole, la sbandieratura a destra, la sillabazione evitata e la separazione netta tra i paragrafi – ma si compone anche di capitoli molto brevi e perlopiù autonomi che consentono una flessibilità di lettura felicemente modulabile in base alle esigenze del lettore. Ogni capitolo corrisponde cioè a una micro-avventura, godibile in sé oltre che nella cornice generale. E questo aspetto, tra gli altri, non è da sottovalutare perché oltre a stuzzicare anche i lettori meno scafati, sotto sotto dice anche dell’impegno dalla casa editrice Camelozampa a non fare dell’alta leggibilità solo un’etichetta vuota ma una scelta frutto di un pensiero accorto.

Quattro viaggi straordinari

Invenzioni avveniristiche, viaggi avventurosi, missioni delicatissime ed esplorazioni misteriose: dentro i Quattro viaggi straordinari di Luigi Capuana c’è tutto questo, peraltro impastato in una forma snella e accattivante. Nonostante i loro annetti, i racconti dell’autore siciliano mantengono infatti uno spirito fresco che può incontrare anche il favore di ragazzini d’oggi. La lingua certo, è, ricercata e il fraseggio è di un certo respiro ma l’appeal dell’invenzione narrativa e il bel lavoro editoriale fatto dalla Splen restituiscono ai racconti una veste piacevole e moderna. Basterà poco quindi per tuffarsi sulle ali di un marchingegno volante, alla ricerca di un popolo di scimmie, nelle profondità di una grotta oscura, naufraghi su un’isola selvaggia e godersi un viaggio tanto breve (il che significa lettura abbordabile!) quanto straordinario.

Il cofanetto proposto da Splen si presenta al contempo amichevole ed elegante. Apprezzabilissima, in particolare, la scelta di affidare le illustrazioni a pennelli diversi – Santo Pappalardo, Lucia Scuderi, M. Rachele Fichera, Riccardo Francaviglia e Margherita Sgarlata -, ciascuno con un carattere particolare. In questo modo la fantasia sfrenata dell’autore, lasciata correre attraverso tempi e mondi lontani, trova eco e valorizzazione. Da non sottovalutare, infine, l’attenzione riservata ai lettori con dislessia. I Quattro viaggi straordinari sono infatti pubblicati con font Easyreading che rende meno ostica la decodifica testuale e resi disponibili anche in versione ebook con maggiori possibilità di personalizzazione della lettura.

Bombo all’avventura

Il protagonista di Bombo all’avventura è un bombo curioso e amichevole che si avvicina con fare pacifico a tutte le creature che incontra sul suo cammino, siano esse umani o animali.

Nella prima storia che compone il volume (Bombo e il gigante), l’insetto vola verso l’alto, attratto dagli indumenti sgargianti, dalle lunghe gambe e dai due occhi grandi della bimba in cui si imbatte. Il loro è un avvicinamento silenzioso e timoroso, che lascia però presagire possibilità future di incontro sereno.

Nella seconda storia (Grazie bombo!), invece, il bombo è portato a dirigersi verso il basso e più nello specifico verso la tana di una puzzola di cui scova casualmente l’accesso.  Qui farà la conoscenza non solo della proprietaria di casa ma anche della tartaruga e dello scoiattolo suoi amici. I tre condividono il cruccio per gli sgarbi arrecati dalla vicina vipera ma Bombo, con sguardo lucido e fervida inventiva, saprà risolvere il loro problema con un piano  a base di more smemorine: un successo che casca a fagiolo per trovare nel bosco nuovi amici con cui giocare!

Unite non solo dalla presenza del medesimo personaggio, le due storie di Bombo all’avventura si contraddistinguono per lo stile affabile di Elisa Mazzoli che costruisce il suo racconto – più semplice o complesso che sia – dosando con perizia le ripetizioni, una sensibilità vicina all’infanzia e diverse velocità narrative. Quest’ aspetto, unito alla simpatia delle immagini firmate da Febe Sillani, rendono il volume particolarmente amichevole e apptibile anche in caso di difficoltà di lettura.

 

LA COLLANA TANDEM

Bombo all’avventura  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Storie sotto il letto

Nessuno si è mai chiesto se i piccoli dei giganti, soprattutto quelli che abitano sotto i letti dei bambini, abbiano anch’essi difficoltà ad addormentarsi? Ebbene, Sergio Rossi lo ha fatto e ne sono nate due storie notturne che scacciano con forza la paura del buio.

Nella prima (Il gigante sotto il letto), la piccola Agnese trova finalmente il modo di addormentarsi grazie ai gessetti della notte che le regala il Gigante che abita sotto il suo letto. Sono gessetti speciali che cancellano i brutti sogni per disegnarne di nuovi, più belli. Il gessetto prediletto di Agnese, in particolare, è quello blu che zittisce i tuoni, frena i terremoti e calma le tempeste, assicurando il riposo per molte e molte ore.

Nella seconda (Agnese e il ladro di milla) è il figlio del Gigante a fare la sua comparsa. Restio ad addormentarsi proprio come Agnese, questi vorrebbe ogni notte accaparrarsi un po’ della camomilla che la mamma della bambina prepara. E così ogni mattina la preziosa tazza viene ritrovata in un posto diverso, con una certa irritazione della genitrice stessa. Sarà la furba caccia al ladruncolo architettata da Agnese e dal suo fido peluche signor nanne a dare una spiegazione alle misteriose sparizioni e a permettere la nascita di una nuova inattesa amicizia.

 

LA COLLANA TANDEM

Storie sotto il letto  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Amici di spiaggia

Chi torna ogni anno in vacanza nello stesso posto sa quanto è bello ritrovarsi con gli amici della spiaggia. A maggior ragione se questi sono algosauri! Come dite? Gli algosauri non esistono?  Provate a dirlo ad Aldo, che con uno di loro ha fatto conoscenza e gioca in riva al mare!

Aldo è un bambino solare e tranquillo che tra i lettini del bagnino Delfino, i gelati del chiosco e il faro di guardia è quasi di casa. Come si racconta nella prima storia di Amici da spiaggia (Pisolino e il polipo agitato), Aldo ama farsi delle pennichella a bordo del pedalò, cullato dalle onde e accarezzato dal sole estivo. Sono momenti tanto rilassanti che sogna una terra selvaggia in cui un polipo agitato e un pacifico marinaio si incontrano e fanno amicizia. Che sia la stessa terra selvaggia da cui proviene Samantina, l’algosaura che compare nella seconda storia del volume (Il salvagente di Aldo)? Amichevole e allegra, questa arriva un giorno proprio sulla spiaggia in cui si reca il bambino e con lui si diverte a giocare. Sembrerebbe il frutto di un altro fervido sogno e invece, più reale che mai, Samatina torna il giorno seguente accompagnata dai genitori. Deve restituire il salvagente ad Aldo e promettergli che tornerà a trovarlo ancora molte volte… parola di dinosauro!

 

LA COLLANA TANDEM

Amici di spiaggia  fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Gli errori del coccodrillo

Le parole sono per il coccodrillo Crocco una croce e una delizia: se da un lato passerebbe ore a sollazzarsi tra giochi linguistici e storie inventate, dall’altra gli errori ortografici sono il suo cruccio scolastico. Al punto che i suoi compagni di classe prendono a chiamarlo scherzosamente Errore. Ma dagli errori può nascere molto, e Crocco avrà occasione di dimostrarlo con forza a chi lo prende in giro per i suoi sbagli nel dettato.

Accade infatti nella seconda storia contenuta ne Gli errori del coccodrillo (Errore l’eroe), che in classe faccia la sua comparsa un nemico spaventoso che terrorizza allievi e maestra. In preda al panico questi gridano a squarciagola il soprannome di Crocco, confuso dal cattivo con la parola Eroe. Preoccupato dal possibile arrivo di un prode combattente il nemico quindi fugge, garantendo nuova fama al piccolo coccodrillo.

La storia costituisce un invito leggero a fare dell’errore un’occasione di creatività, cosa che può accadere e dare buoni frutti soprattutto in una scuola capace di accogliere le differenze e mostrarsi flessibile. Efficacissima, in questo senso, la prima storia del volume (Salti e voli), in cui la maestra di Crocco sa valorizzarne la predisposizione all’osservazione attenta, all’immaginazione e alla divagazione poetica, trasformando il suo tragitto da casa a scuola di ogni giorno in una possibilità di apprendimento per l’intera classe.

 

LA COLLANA TANDEM

Gli errori del coccodrillo fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Nuvole di drago

Non tutti i draghi sono uguali: c’è chi sputa fuoco, come nella miglior tradizione, e chi dalla bocca non produce nemmeno un po’ di fumo. Così Beo, protagonista di Nuvole di drago, non presenta nessuna attitudine alla produzione di  fiamme. Ogni volta che prova a imitare i suoi fratelli, il risultato è un disastro anche perché per accendere il fuoco tra le fauci occorre pensare cose davvero spaventose, attività che a lui riesce proprio difficile. Perché Beo è in realtà un draghetto sognatore, che ama passeggiare in riva al lago, fare pensieri e osservare le nuvole.

Non a caso, nella prima avventura raccolta nel libro (Beo salva una nuvola) il draghetto si incanta di fronte a una nuvoletta incastrata tra i rami di un albero e sogna di portarla a casa con sé. Ma il desiderio di possesso si scioglie facilmente di fronte alla possibilità di fare una buona azione e spingere con un soffio la nuvoletta dalla sua mamma.

Ma l’amore per le nuvole non è solo una velleità da drago poeta. Nella seconda avventura che lo vede protagonista (Fuoco o nuvole?) Beo scopre infatti che produrre fuoco dalla bocca può essere molto utile, ma che altrettanto può esserlo sapere spegnere le fiamme producendo nuvole temporalesche dal naso. Ecco allora che la sua conoscenza, la sua peculiarità e la sua passione consentono di domare un piccolo incendio divampato in casa, suscitando ammirazione e gratitudine nei draghi che gli stanno accanto.

 

LA COLLANA TANDEM

Nuvole di drago fa parte della collana Tandem, la cui idea di base è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Che cosè il Magicoso?

Proposto dalla cooperativa Puntidivista, Che cos’è il magicoso? è un libro multicodice – con testo in nero e in Braille, arricchito da alcune illustrazioni tattili – che fa parte della collana Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa. Nata per rispondere al più ampio ventaglio di esigenze di lettura, secondo un progetto ambizioso e ammirevole, quest’ultima propone diverse versioni di ogni volume così da renderlo fruibile in caso di differenti disabilità. Ecco dunque che  il libro in questione trova posto nel catalogo della casa editrice rietina anche in versione tradizionale e in versione simbolizzata.

In tutte, protagonisti sono Lampadino e Caramella, due bambini curiosi, e il loro cane Zampacorta, alle prese con la ricerca di un misterioso oggetto smarrito dal ricco Michele nel Bosco verde. Che cosa sia questo oggetto misterioso, denominato Magicoso, non è dato saperlo fino alla fine, quando niente meno che una lente di ingrandimento salterà fuori dal ruscello.

Contraddistinto da una storia piana, un testo poco ostico e alcune illustrazioni realizzate a collage materico, Che cos’è il magicoso?,  nasce per risultare accessibile anche in caso di disabilità visiva. Il libro, stampato su carta piuttosto sottile e rilegato a spirale, presenta pagine di testo piuttosto fitte con il Braille sovrapposto al nero. Le illustrazioni – in numero inferiore rispetto alle pagine di testo perché dedicate soltanto alla presentazione dei protagonisti della storia – non si trovano mai affiancate a quest’ultimo, rendendo la corrispondenza tra descrizione verbale ed esplorazione tattile meno immediata. Le illustrazioni sono tuttavia poco complesse e perciò comunque decodificabili in differita rispetto alla lettura del testo. Che cosa sia lo stesso magicoso, oggetto cardine del racconto, non viene mai esplicitato ma reso piuttosto efficacemente a livello tattile, lasciando all’esplorazione del bambino la soluzione del mistero.

Il ladro di risate

Il paese di Risolandia è una piccola oasi felice: gli abitanti qui sono sempre contenti, consapevoli che per godersi la vita conviene prenderla alla leggera. Nulla sembra poter scalfire questi  inguaribili ottimisti, guidati da un sindaco che è un autentico leader dell’entusiasmo. Eppure un giorno arriva un ladro meschino che, con l’aiuto di una strega scienziata, mette a punto una macchina ruba-risate che mette a dura prova l’inscalfibile allegria di Risolandia. Saranno i bambini, portatori sani di risate, a escogitare un piano arguto per restituire al paese (ma anche la ladro e alla strega) la contentezza che lo contraddistingue.

Pubblicato da Gribaudo all’interno della collana Facile! che privilegia storie semplici e stampate ad alta leggibilità, Il ladro di risate propone un racconto piano e lineare, agevole da seguire e animato da illustrazioni frequenti: caratteristiche volte a renderlo più apprezzabile e fruibile anche in caso di dislessia.

Un giorno speciale

La gentilezza genera gentilezza: è un dato di fatto! Parola di Martino, che un giorno mette un bigliettino speciale nella tasca di suo papà e che alla sera, in virtù  di una catena di gesti garbati nati proprio da quel pensiero carino, si ritrova a festeggiare l’onomastico della mamma con una deliziosa torta al cioccolato. Già, perché se il papà di Martino, di ottimo umore, recupera il gatto della signora Jole sull’albero del giardino, la signora Jole decide di cucinare le sue imbattibili tagliatelle e portarne un piatto al signor Pino, che troverà lo slancio per ultimare la riparazione della sedia a dondolo della signora Adele, che cercherà una pianta per la mamma di Martino che chiuderà il cerchio con la preparazione della torta con cui tutti potranno festeggiare.

Con una storia breve e leggera ma capace di mostrare molto bene come sia semplice ed efficace innescare il circuito della gentilezza, Francesca Mascheroni offre ai lettori che hanno da non molto imparato a leggere in autonomia un racconto piacevole e snello. La scelta della casa editrice Piemme di pubblicarlo ad alta leggibilità – con font specifico, spaziatura maggiore, paragrafi distanziati, allineamento a sinistra e illustrazioni frequenti – contribuisce ad allargarne la fruibilità anche a quei bambini che faticano di più con il testo, a causa di difficoltà legate alla dislessia.

Cornelius Holmes – Il caso del barboncino di Baskerville

Ci sono un investigatore di nome Holmes e il suo compare di nome Watson. Aspettate: sembra strano ma la loro storia – siamo certi – non la conoscete già! A dispetto dell’omonimia, i due sono personaggi sono infatti del tutto originali! Certo convivono in un appartamento di Baker Street, si dedicano a delicatissime indagini e portano due cognomi piuttosto noti ma escono dritti dritti dalla penna di Davide Calì per sollazzare le menti fresche di giovani lettori, strizzando l’occhio ai conoscitori del giallo in stile british.

Ne Il caso del barboncino di Baskerville, il signor Cornelius Holmes e il suo cane Watson, appassionanti di enigmi, si mettono sulle tracce di un raro cagnolino dagli occhi viola, apparentemente rapito dalla casa della duchessa di Bakerville (sì, la S di Baskerville appositamente manca!). La loro sarà un’indagine sui generis, fatta di improvvise illuminazioni dagli esiti dubbi e di corse sfrenate in giro per Londra. Alla fine un cagnolino dagli occhi viola Cornelius Holmes lo troverà e lo porterà alla presunta proprietaria, ma sarà davvero l’oggetto del rapimento?

La strada scelta da Davide Calì per omaggiare il celebre lavoro di Arthur Conan Doyle è intelligente e sfiziosa. I richiami al mondo dell’investigatore più famoso d’Inghilterra sono infatti numerosissimi e puntuali – dalla narrazione affidata a Watson alla presenza di un certo Moriarty, dal metodo di indagine ai luoghi di ambientazione – ma impastati in una vicenda del tutto nuova e dal differente spirito.

A differenza del più famoso Holmes, di cui sostiene ingenuamente di essere un discendente, Cornelius è un ometto incline più alla tavola che all’avventura oltre che distratto più che maniacale. Le sue indagini avanzano al ritmo di spuntini e merende: ricompensa e carburante delle sue sofisticate congetture. Così, ogni breve capitolo dello scorrevole racconto scritto da Davide Calì, si anima di sfiziose digressioni sugli snack dell’investigatore, alleggerendo ulteriormente la lettura. Quest’ultima, inoltre, è agevolata dalla scelta della casa editrice Biancoenero di pubblicare il volume ad alta leggibilità, prediligendo un font specifico per dislessia, una spaziatura maggiore tra le lettere, le parole e le frasi, una carta non lucida, un testo non giustificato e frequentemente accompagnato dalle illustrazioni, qui firmate da Sara Gavioli.

Lo sguardo fragile

Mattia è un bambino particolare. Alcuni suoi comportamenti – come l’insofferenza verso i rumori forti o il contatto fisico, lo sfarfallio delle mani in caso di agitazione o la fatica a gestire un flusso eccessivo di emozioni e pensieri – lo rendono strano agli occhi di chi, come il compagno Andy, non si soffermi a coglierne le ragioni profonde ma si limiti a giudicarli con sufficienza perché distanti dal proprio modo di essere. Chi invece fa lo sforzo di capire cosa si nasconda dietro quei comportamenti, riesce a vedere anche il retro della medaglia e a cogliere così la fortissima sensibilità di Mattia. Quella sensibilità, per esempio, che gli fa dire alla maestra “Mi fa male la tua testa”, con un’espressione che rende in modo straordinario il grado di empatia di cui è capace.  Nel caso di Mattia e non solo, tutto dipende, insomma, da come si guardano le cose e le persone. Lo spiega bene il vigile Luigi, chiamato affettuosamente Gigile dai bambini e protagonista di un brutto incidente proprio fuori dalla scuola, quando illustra alla classe di Mattia il potere del gesto di una mano, capace di fermare un’intera colonna di macchine per far attraversare dei pedoni. Lo sguardo fragile parte proprio da lì e dall’idea che la forza non coincida con la prepotenza, per offrire un ritratto accessibile e godibile di una sindrome poco nota come quella da cui è colpito Mattia.

Coerente con i precedenti volumi della collana Uniti per crescereIl puzzle di Matteo e Il deserto fiorito, editi da Kite – Lo sguardo fragile vede coinvolti come autori Luigi Dal Cin e Chiara Carrer e presenta una cornice narrativa che funge da pretesto per introdurre e dettagliare, con un linguaggio a misura di bambino, le caratteristiche principali della sindrome trattata. Così anche qui, l’incontro della maestra e dei bambini con il vigile Luigi diventa l’occasione per mettere in luce i sintomi più significativi della sindrome del cromosoma X fragile: quelli che anche un bambino – un amico, un compagno di classe, un fratello – potrebbe facilmente riconoscere anche nella realtà  e che sono perlopiù riportati da una bambina, Anna. E non è certo casuale questa scelta: tutto il libro infatti ruota intorno all’idea che la forza stia nello sguardo e che a fare la differenza sia il punto di vista con cui ciascuno di noi decide di guardare e di vedere le cose. E così come l’autore Luigi Dal Cin sottolinea questo aspetto cruciale attribuendo con cura le parti espositive ai diversi  personaggi e costruendo una metafora narrativa molto potente, anche l’illustratrice Chiara Carrer vi contribuisce dando vita a illustrazioni che richiamano profondamente – nel tratto e nelle tinte – lo spirito dell’infanzia e dando forma alla confusione emotiva e di pensiero che popola talvolta la mente dei bambini come Mattia.

La presenza di schede operative per gli operatori e di alcuni passaggi un po’ meno diretti (per esempio quello in cui si legge “Se invece non facciamo lo sforzo di prendere il suo punto di vista, uno sforzo di immedesimazione, il nostro sguardo – sempre centrato su noi stessi – coglierà solo quei comportamenti che giudicheremo “strani”, ma non avremo capito nulla di Mattia”) lasciano intendere che il destinatario adulto sia ben presente, accanto a quello bambino, nella mente degli autori, dell’editore e dell’associazione che ha promosso l’intero progetto editoriale Uniti per Crescere. Ma questo non è un male, semplicemente ci dice quanto un libro che mescola divulgazione scientifica e narrazione possa essere utile anche ai grandi e come possa farsi strumento prezioso per dire quel che pare  a volte troppo difficile: perché poter e riuscire a dire la disabilità è un passo tanto complesso quanto fondamentale per poter far sì che una corretta cultura dell’inclusione possa farsi strada.

Serpenti finti e strani maghi

Eccoci in un batter d’occhio alla quarta avventura della serie Vi presento Hank e a questo punto lo spumeggiante personaggio creato da Henry Winkler e Lin Oliver può dirsi familiare non solo ai lettori della serie maggiore (Hank Zipzer il superdisastro, giunta ormai all’ottavo episodio) ma anche ai loro fratellini più piccoli che hanno da meno tempo imparato a padroneggiare la lettura. Dopo Un segnalibro in cerca di autore, Breve storia un lungo cane e Fermate quella rana!, anche i sette-ottenni appassionati di avventure divertenti potranno ormai dirsi esperti del travolgente mondo di Hank.

Cacciatosi come al solito in un guaio, il ragazzino più creativo di New York si trova questa volta a dover imparare in pochi giorni un complicatissimo numero di magia. Intenerito dal sogno della sorella Emily di avere dei serpenti alla sua festa di compleanno, Hank le promette infatti la partecipazione del famoso Mago di Manhattan che potrà esaudire con i suoi poteri il suo bizzarro desiderio. Peccato che il Mago di Manhattan non esista e che Hank debba  trovare il modo di non farlo scoprire alla sorella.

Meno incentrato dei precedenti episodi sulle difficoltà scolastiche di Hank legate alla sua forte dislessia,  Serpenti finti e strani maghi  non manca di dare spazio e rilievo alla straordinaria inventiva del protagonista, qui insolitamente colto nel suo lato tenero di fratellone. Stampata come sempre ad alta leggibilità – con carattere che aiuta a confondere meno le lettere, spaziatura maggiore, sbandieratura a destra, carta color crema e grandi disegni – quest’ultima avventura è godibile e leggera: un buon incentivo alla lettura anche per chi fatica un po’ di più a far suo un testo.

La piccola aliena del pianeta 1p36

La storia della piccola aliena del pianeta 1p36 è, come dichiara la copertina del libro edito da Homeless Book, “una favola per siblings, genitori, educatori”: una narrazione intima in forma fiabesca che offre rispecchiamento e conforto a chi quotidianamente si confronta con le difficoltà implicate da un’anomalia cromosomica come quella della sindrome da delezione 1p36.

Nel racconto di Roberta Zoli, mamma coraggiosa e affettuosa di Francesca che è la protagonista del libri, molti dei sintomi che contraddistinguono la sindrome da cui è affetta la figlia vengono presentati come mostriciattoli dispettosi che rendono difficoltose anche le operazioni e le attività quotidiane più comuni. Dopo aver invaso il pianeta dove serenamente vivevano tutti i bimbi come Francesca, i mostriciattoli hanno seguito le malcapitate vittime anche nel loro trasloco sul pianeta Terra, complicando le loro funzioni cardiache, le loro abilità motorie di base, le loro percezioni sensoriali e le loro capacità cognitive. L’affetto dei familiari e l’operato dei dottori, che su questo nuovo pianeta abitano, però, offre a Francesca (e con lei a chi racconta e legge la storia) la fiducia di poter un giorno sconfiggere quelle bestiacce.

Senza pretese letterarie ma con una forte valenza umana e personale, La piccola aliena del pianeta 1p36 dà voce a un dolore e a una speranza che accomuna tanti bambini e soprattutto con disabilità, qualunque sia il pianeta da cui provengono.

Cosa dovrei dire io?

Spassosissimo: S P A S S O S I S S I M O! Non c’è tanto da discutere: questo libretto agile e allegro targato Sinnos metterà duramente alla prova la vostra capacità di restare seri (figuratevi dunque quella dei bambini!). Protagonisti sono una sfilza di animali della foresta che a turno diventano vittime e promotori di prese in giro: la scimmia viene derisa per le sue orecchie a sventola, l’elefante che ne condivide il problema la consola e lei, risollevata, lo deride per i suoi dentoni a banana. Allora l’elefante si intristisce, il castoro che ne condivide il problema lo consola e lui, risollevato, lo deride per la sua coda piatta a mo’ di focaccia. Allora il castoro si intristisce, il coccodrillo che ne condivide il problema lo consola e… inutile dire che la spirale di scherni subiti e perpetrati va proseguendo su questa strada, in un crescendo ironico che arriva a una degna e buffa conclusione, che è al contempo una fine e un (ri)inizio.

Cosa dovrei dire io? – che non è solo il titolo del volume ma anche il leitmotiv che ogni animale ripete quando cerca di consolarne un altro – fa parte della collana Leggimiprima di Sinnos, rivolta a bambini del primo ciclo delle elementari (ma godibile in lettura condivisa anche da bambini più piccoli) e contraddistinta da storie brevi e accattivanti, font apposito in stampatello maiuscolo (leggimiprima), sbandieratura a destra, spaziatura maggiore e carta color crema che ne agevolano la fruizione anche in caso di difficoltà legate ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Ecco, credo che nulla valga più di una storia divertente, travolgente, ben costruita e sapientemente narrata come questa per avvicinare i bambini, anche quelli più recalcitranti, alla lettura autonoma (oltre che alla lettura in generale, data l’eccelsa predisposizione anche a una lettura ad alta voce). Se poi una storia come questa – con un meccanismo di ripetizione perfetto, un linguaggio tutt’altro che banale e delle illustrazioni che sono un inno al divertimento –  viene pubblicato ad alta leggibilità allora il diabolico progetto di  invitare in bambini a scoprirsi lettori può dirsi davvero completo. Brava, bravissima Sinnos, quindi, che senza mai stufarsi e senza mai stufare continua a scovare e proporre titoli che fanno dell’alta leggibilità non solo un’etichetta formale ma un progetto che mai prescinde dal contenuto.

Betta suona qui!

Elisabetta detta Betta ha sei anni e ha rispettivamente: una finta amica del cuore imposta dai genitori, che si chiama Celeste e che lei detesta, e una vera amica del cuore, conosciuta alla nuova scuola elementare, che si chiama Elisabetta detta Betti. Betta ha anche un fratellino più piccolo, che ha quattro anni e si chiama Marcello detto Momo. Momo ha delle abitudini e dei comportamenti bizzarri – odia quando i cibi di colori diversi si toccano, per esempio, o corre facendo l’aeroplano per calmarsi – e forse anche per questo Betta è molto premurosa nei suoi confronti e detesta le prese in giro che invece Celeste gli rivolge. Così, quando arriva il momento della prima lezione di musica a cui Betta contava di prendere parte insieme a Betti ma che per colpa delle mamme vede partecipare anche Celeste, tutto sembra votato al peggio. E invece succede qualcosa di inatteso: con il suo modo insolito di fare le cose e di distaccarsi da tutto quando la situazione si fa troppo caotica, Momo finisce per mostrare un suo sopito talento che con leggerezza trasforma la tensione in condivisione.

La scrittura di Gigliola Alvisi è pulita e leggera, sa di buono e non di buonista. È una scrittura che sa dire che l’amicizia può avere tante sfumature, che i sentimenti dei bambini possono essere tutt’altro che a tinte pastello e che la diversità può rivelare sorprese inaspettate. L’avevamo scoperto in Piccolissimo me, grazie soprattutto al personaggio di Michelangelo e lo ritroviamo qui, grazie soprattutto al tenero personaggio di Momo. Che Momo possa mostrare dei tratti autistici lo intuiamo noi e lo  possono cogliere forse anche i giovani lettori che abbiano un ‘esperienza diretta in tal senso, ma non è ciò che davvero conta e ciò che probabilmente sta a cuore all’autrice. Quel che, in effetti, ha davvero peso in Betta suona qui! sono i sentimenti positivi e negativi che la diversità accende e la straordinarietà dei piccoli eventi che possono tramutare i secondi nei primi. Su questo aspetto in particolare tiene alta l’attenzione questo volumetto smilzo ma vivo, che si presta bene sia ad una lettura autonoma sia a una lettura ad alta voce.

Un’ultima notazione: le storie che raccontano in maniera concreta e abbordabile la disabilità sono spesso racchiuse in albi illustrati e romanzi. Molto meno frequenti invece i racconti brevi e a misura di lettori alle prime armi. Anche per questa ragione Betta suona qui! – che presenta un numero contenuto di pagine, un  testo in stampatello maiuscolo  schietto e familiare e illustrazioni colorate e frequenti – va a collocarsi in uno spazio perlopiù lacunoso e merita quindi un’attenzione supplementare.

Vacanze in balcone

Metti che tuo padre la spari grossa con gli amici del Circolo delle Freccette e dica a tutti che quest’anno andrete in vacanza alle Maldive. Metti anche che per salvare l’onore gli sia impossibile ritrattare quanto detto e chiudere lì la faccenda, anche quando perde il lavoro in tipografia. Che si fa? Occorre mettere a punto un piano! Ecco quindi che scatta l’operazione Estate in balcone per la famiglia di Tex, giovane narratore di quest’avventura surreale. Il piano è semplice ma ingegnoso: fingere di partire per le Maldive e chiudersi invece in casa, cercando di rendere la frottola il più possibile credibile.

Scandite da una studiata tabella di turni per rosolarsi in maniera credibile sul balconcino, le giornate estive della famiglia Capossi trascorrono tra esperimenti scientifici (è possibile cuocere un uovo solo col calore del sole?), partite appassionate a giochi di società e manicaretti con quel che passa il convento. Sarà per tutti – compreso il nonno Alarico che da anni se ne sta zitto e fermo sulla sua poltrona – l’occasione per riscoprirsi come individui e come gruppo, cogliendo il senso più coinvolgente e spesso dimenticato di quell’avventura chiamata vita in famiglia.

Il libro scritto da Fulvia Degl’Innocenti con un umorismo godibilissimo e illustrato da Noemi Vola con una freschezza espressiva che perfettamente si accompagna al testo, fa parte della collana Zoom di Biancoenero, pensata per un pubblico di lettori, con o senza dislessia, alle prime ma non primissime armi. Come gli altri volumi in catalogo, Vacanze in balcone vanta quindi tutti i tratti caratteristici dell’alta leggibilità (font specifico, spaziatura maggiore, testo non giustificato, distribuzione del testo che segue l’andamento della frase, carta color crema…), che trova ulteriore valore e significato nella scelta di una storia pensosamente leggera e di una narrazione che sa come far sorridere il lettore.

La dieta del pugile

Stuc e Pugnodiferro – all’anagrafe Riccardino Stucchi e Lucius Carnecruda – sono due pugili di fama mondiale. Non a caso sono pronti a sfidarsi nella cornice della palestra Sport Internescional. Il loro incontro è attesissimo, ma il vero duello si combatte prima del gong in una serie di sfide a distanza: il racconto è tutto una gara a chi disferà prima l’avversario, a chi trova l’offesa più curiosa nei confronti dell’altro o a chi può inghiottire più cibo, in un climax che culmina con “20 babà al rum, 6 chili di biscotti al burro, 10 cannoli siciliani con panna e un torrone” e, facile a credersi, una bella indigestione. Ma sarà davvero giunto al termine lo scontro?

Con una propensione alle liste spassose, già felicemente testata ne L’inaugurazione del Poseidon, Davide Calì torna alla carica con un nuovo racconto che ben rispecchia le caratteristiche della serie Minizoom di Biancoenero in cui è inserito: testo breve, divertente e ben scandito, illustrazioni frequenti, grafica amichevole, font e impaginazione ad alta leggibilità. Perfetto per lettori in erba intorno ai 7 anni, La dieta del pugile si presta bene a soddisfare la voglia di abbordabili ma appaganti letture autonome, strizzando l’occhio anche a lettori che arrancano un po’ a causa di disturbi specifici dell’apprendimento. Allo stesso tempo non si può fare a meno di pensare che, per la struttura, il ritmo e la caratterizzazione dei personaggi, questo sfizioso racconto si adatti a meraviglia a una lettura ad alta voce: a scorrer le righe di Calì pare proprio di sentirli, infatti, Stuc e Pugnodiferro, mentre si sfidano a suon di sparate boxistiche o di bistecche ingurgitate.

Il grande cane rosso

Torna in campo Beniamino, protagonista ironico e sognante de La settima onda, felice creatura di Vincent Cuvellier. In questa nuova avventura ad alta leggibilità, pubblicata da Biancoenero e intitolata Il grande cane rosso, il bambino condivide con il lettore una serie di ricordi della sua infanzia – il papà che lo fa volare fino in cielo, il buon odore della mamma, la sorella dai poteri di fata , il signore vestito di rosso che si calava dal camino e il topino che scambiava i denti caduti con dei soldini: ricordi che a un certo punto hanno subito un brusco cambiamento, costringendo il bambino a un quotidiano noiosamente normale. Sarà un tema particolarmente stimolante assegnato dal maestro e intitolato “Immaginate di avere un potere magico” a restituire al protagonista il gusto per il fantasticare.

Spiazzante e poetico, Il grande cane rosso celebra il valore della scrittura e dell’immaginazione come fondamentali animatori della vita di ogni giorno. Difficile trattenersi dallo scovare tracce autobiografiche tra queste righe, data la profonda sensibilità e lo straordinario potere inventivo dell’autore francese. Asciutto e lineare, il suo testo si presta naturalmente a una pubblicazione che rispetti le esigenze di lettori con disturbi specifici dell’apprendimento. Le illustrazioni, a colori (recente novità per le pubblicazioni dell’editore romano) e forti di un gioco molto efficace di inquadrature insolite, amplificano perfettamente, dal canto loro, il tono surreale della narrazione. Chiara Lanzieri pare cogliere cioè con garbo e precisione il gusto dell’autore francese per un equilibrio tra sogno e realtà in cui convince amabilmente il lettore a seguirlo.

Che genio Eugenio

Che tipo, Eugenio! Di professione fa l’inventore di cose inutili: la lampada senza lampadina, l’orologio in ritardo, la borsa col buco sono tutte sue creazioni e anche se apparentemente possono sembrare fuori di zucca, rivelano sotto sotto un’originale funzione. Proprio questa andrà a scoprire il lettore della prima storia ospitata da questo volume (Eugenio l’inventore) mentre se vorrà proseguire con la seconda (Eugenio e la torta sdolcinata) avrà modo di leggere di quella volta in cui il protagonista salvò un paese intero dalla noia, rivelandone le potenzialità sopite. Perché la noia, si sa, è propulsore di creatività!

Le due storie che compongono Che genio, Eugenio fanno parte della collana Tandem, la cui idea di base è molto sfiziosa. Sono due storie indipendenti ma legate tra loro: l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi per affrontare la seconda. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Zazì, i maschi si vestono di rosa

Zazì è un tipo tosto: una bambina tutto pepe che ama gli sport e le avventure da scavezzacollo. Il suo modo scatenato di vivere il gioco, la scuola e i pomeriggi a casa la rendono un’amica unica per Max che insieme a lei si sente felice e si trova costretto a rimettere in discussione tutte le sue certezze in fatto di maschi e femmine. Con i suoi interrogativi (tu ce l’hai il pisellino? nella prima avventura e i maschi si vestono di rosa? in questa seconda) il bambino accende la miccia di piccoli dibattiti e buffe situazioni in cui la sua straordinari amica butta all’aria conformismi e convenzioni. Max e la nonna di Zazì sostengono per esempio che a quest’ultima stia benissimo un vestito fru fru, tutto pizzi e nastri. Ma siamo sicuri che sia così?

Ironico, irriverente e attento a far riflettere sui pregiudizi di genere che popolano le nostre teste, Zazì, i maschi si vestono di rosa? offre un’occasione di lettura divertente. La storia minima, i dialoghi incalzanti e le illustrazioni spiritose rendono in libro di Thierry Lenain e Delphine Durand adatto a bambini che muovono i primi passi da soli nel mondo della lettura. La pubblicazione ad alta leggibilità – con font leggimi concesso da Sinnos, sbandieratura a destra e spaziatura maggiore – amplifica dal canto suo l’appeal del libro, rendendo amichevole e invitante anche per quei giovanissimi lettori che sperimentano qualche difficoltà.

Il pezzettino in più

È un fatto che negli ultimi anni i siblings, ossia i fratelli di persone con disabilità, siano riusciti a ricavarsi piccoli spazi di rappresentazione anche nella letteratura per ragazzi. Lo dimostrano ad esempio lavori significativi come Mio fratello Simple, Niente giochi nell’acquario o, pensando ai più piccoli, Mia sorella è un quadrifoglio. Sono spazi importanti perché danno voce a una complessità emotiva che agita tanti bambini e ragazzi e che sa restituire una visione della disabilità da una prospettiva privilegiata. Con il libro di Cristina Sànchez-Andrade questo collage di esperienze narrative si arricchisce – è il caso di dirlo – di un pezzettino in più.

Protagonista della storia è Manuelita, il cui pezzettino in più cui allude il titolo è il 47° cromosoma che ne determina la sindrome di Down.  Manuelita ha una sorella, Lucia, che è più piccola ma sembra e viene da tutti trattata come la più grande e che vive il rapporto fraterno con tutte le contraddizioni del caso. È lei a chiedere alla mamma – ancora e ancora – di raccontarle di quella volta in cui Manuelita è scappata di casa e in cui lei l’ha salvata dai “bambini-corvo”. Così, mentre la torta al cioccolato e alle noci prende forma, la mamma ripercorre la storia delle due sorelle, mettendone a parte il lettore. È una storia fatta di episodi piccoli piccoli e di momenti salienti: come quando Lucia viene portata a casa la prima volta o quando Manuelita mette la sua bambola nel forno, come quando Manuelita viene derisa dai bambini al parco o quando le due sorelle condividono lo speciale momento prima di dormire fatto di peti, tette e risate soffocate. Ben visibili, in questo susseguirsi di episodi felici e infelici, sono i sentimenti contrastanti che animano la famiglia. Tra le marachelle delle due bambine, trovano posto, infatti, la forza e le debolezze dei genitori, avvolti talvolta di nuvole di pensieri ma capaci di dare risposte importanti e di sdrammatizzare (“No, quel pezzettino non si può togliere. – dice un giorno il papà a Lucia – E’ per quello che Manuelita ha un altro modo di imparare e vedere il mondo. Ma ti dirò cosa farò. Darò un bacio a Manuelita e nessuno si azzarderà a prendersela con una bambina che è stata baciata da un papà calvo come me”), la stramberia del nonno che beve caffè ogni venti minuti e stringe un rapporto speciale con quella nipotina tanto strana quanto lui; le prese in giro dei bambini che sanno essere malvagi; le difficoltà di Manuelita ad apprendere le cose e la sua passione per cambiare d’abito; la paura di Lucia di diventare a sua volta diversa in quanto “sorella di…”. E proprio quest’ultima finisce per apparire al lettore come un autentico personaggio in crescita, capace di compiere un percorso accidentato di conoscenza e accettazione di sé, che evidentemente non può prescindere dalla conoscenza e dall’accettazione di chi le sta vicino.

Il libro di Cristina Sànchez-Andrade è profondo e colmo di interrogativi pesanti che non sempre, come è giusto, trovano risposta. In esso una visione rielaborata in chiave fantastica o metaforica della realtà – dove i bulli, per esempio, diventano bambini-corvo – si affianca a un racconto schietto di una quotidianità in cui sono innegabili le difficoltà di chi si trova con “un pezzettino in più” o di chi gli sta accanto. Questo rende particolarmente complesso individuare un pubblico di riferimento preciso: il volume dell’autrice catalana appare talvolta difficile per rivolgersi ai ragazzi, ma al contempo indispensabile se si intende scandagliare la diversità con coraggio, offrendo anche alle giovani orecchie l’occasione di confrontarsi con un suo ritratto tanto vero quanto complesso.

Brutti, sporchi e gentili

Ricco e colto, il dodicenne Alighiero De La Tour viene rapito da una banda di lestofanti che vive in una roulotte in mezzo a una discarica. Rozzi e analfabeti – eccezion fatta per Giulia, la più giovane della famiglia, coetanea del povero Alighiero – i rapitori intendono chiedere un riscatto consistente per restituire l’ostaggio. Si imbarcano così in una rocambolesca trattativa fatta di costosissimi occhiali rotti, pollici mozzati per errore e filmini girati senza videocassetta.

A margine, ma neanche troppo, prende forma una singolare ma sincera amicizia tra Alighiero e Giulia che contribuisce a rendere l’atteggiamento dell’ostaggio stranamente conciliante e sereno. Quella presso la sgangherata banda del Cane Rognoso finisce così per diventare una permanenza formativa e persin piacevole per il ragazzino che sperimenta un calore famigliare inatteso e forse sconosciuto, fatto di piccoli gesti gentili (come il servire il dessert a tutti da parte del nonno e tenere per sé solo la fetta più piccola) che pur non vanno perduti in un contesto di disagio marcato all’estremo.

La storia narrata da Guillame Guéraud (già autore di Falla finita!, anch’esso pubblicato da Biancoenero secondo criteri di alta leggibilità) ha un tono piacevolmente surreale, ben esemplificato dalla scena il cui il povero Alighiero, prigioniero da un giorno, si gode la colazione da ostaggio famoso perché è finito in prima pagina. “Le novità hanno messo tutti di buonumore e abbiamo fatto colazione in allegria. – racconta il protagonista e, pur mazziato e con gli occhiali rotti aggiunge – Io più di tutti perché era la prima volta che finivo sul giornale”. L’aplomb svagato di Alighiero, narratore in prima persona, dà peraltro un tocco buffo all’intero racconto che scorre così piuttosto leggero, fino all’inatteso e romantico colpo di scena finale. nel complesso

Lo Yark

Se per caso vi trovate Lo Yark tra le mani ma siete in un luogo che richiede silenzio, per carità pazientate un poco. Resistete e rimandate la lettura fino a quando la vostra voce (o quella di Franco Sangermano che ha inciso l’audiolibro allegato al volume) potrà  finalmente esser libera di scorrere il testo a un volume adeguato. Perché Lo Yark è – assolutissimamente e fortissimamente è – un libro da leggere ad alta voce! Sia in classe a un gruppo di bambini, in camera da letto al figliolo coraggioso o a voi stessi in pace sul divano, questo libro vi conquisterà con il suo incipit asciutto e stuzzicante, il suo testo in prosa ma al contempo infarcito di rime nascoste, il suo ritmo calzante e incalzante.

Incontrerete qui un mostro – lo Yark, appunto – ghiotto di bambini buoni e allergico ai bambini cattivi, che si imbatte in una schiera di pargoli capaci di spiazzarlo, fino al più straordinario incontro, quello con la dolce e saggia Madelaine. La profondità e la tenerezza di questa bambina, che vive in cima un faro e non bada alla superficie delle cose, tocca le corde più intime e sconosciute del protagonista, tanto da portarlo a un difficile ma cruciale viaggio di riappropriazione de sé. Lungo un percorso simile a quello compiuto dal peloso Sullivan in Monsters&co, lo Yark si scopre capace di essere diverso da come è sempre stato e da come è sempre stato raccontato, sino a un delicato finale che chiama in causa anche il lettore più duro.

Forte di una storia che mescola a puntino dolcezza e crudeltà (non si pensi infatti che lo Yark si rammollisca tutto d’un tratto come un pezzetto di burro!) e di una narrazione che incanta, il libro di Bertrand Santini si arricchisce di magnifiche illustrazioni in bianco e nero di Laurent Gapaillard che diffondono un piacevole aroma gotico-retrò e che rendono perfettamente giustizia a un personaggio a tinte chiaroscure come lo Yark.  La combinazione di tutti questi aspetti dà vita a una proposta davvero speciale che sa offrire una storia gustosa e insieme dipingere la differenza tra il “preoccuparsi di” e il “preoccuparsi per”. Ecco perché l’idea che tutto questo sia reso fruibile a un pubblico ancor più ampio di giovani lettori, grazie all’aggiunta della registrazione audio su cd, rende Lo Yark un lavoro davvero mirabile.

L’uovo della contessa

Servono dosi sovrumane di pazienza per sopportare i caprici di una contessa viziata, soprattutto se fin dal mattino esige cose come “un uovo cotto a puntino. Non troppo duro, non troppo mollo, con un pizzico di sale”. Guai a deludere le sue aspettative! Lo sa bene Clara, la domestica del castello che si sente chiamare ogni minuto con un appellativo tanto fantasioso quanto spiacevole e lo sa bene Oreste, il cuoco del castello che non può tardare nemmeno un minuto a servire la colazione. Ma un giorno proprio Oreste sembra dire basta a questi soprusi e dall’oggi al domani non si presenta più a lavoro. Dove sarà finito? Cosa ne sarà stato di lui? Il lieto fine, inaspettatamente, è dietro l’angolo ma prima di scoprirlo la contessina si troverà a sperimentare il disgusto dell’uovo molliccio come il moccio e dell’uovo duro come cemento, la fatica della caccia direttamente nel pollaio, l’umiliazione di un finto malore, la delusione del ristorante chic, la pazzia di una corsa sfrenata in carrozza fino al centro commerciale e la fifa di un passaggio in gattabuia. Un prezzo tanto alto quanto spassoso perché Oreste e Clara possano finalmente sentirsi dire “per favore”.

 

Le folli avventure de L’uovo della contessa, scritte da Tanneke Wigersma e illustrate da Linde Faas, fanno parte della leggera collana di Sinnos dedicata alla produzione straniera in traduzione, stampata ad alta leggibilità e rivolta a lettori, con o senza dislessia, con una certa dimestichezza di lettura. Il volume è infatti tutt’altro che stringato (100 pagine e rotti non sono poche!) ma le vicende divertenti, il tono ironico, l’aspetto tipografico amichevole e le illustrazioni frequenti lo rendono molto piacevole da abbordare e poi portare a termine. Il testo in particolare è colorito e animato, tanto da parer quasi una sceneggiatura teatrale, mentre i disegni spiritosi e irriverenti attraggono l’occhio svelando inequivocabilmente il tono scanzonato del volume.

Jacob due-due in alto mare

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Imbarcarsi con la famiglia per il Canada e ritrovarsi protagonista di un rocambolesco abbordaggio da parte di pirati: tutto si può dire del trasloco di Jacob due-due – così chiamato da tutti perché ha 2+2+2 anni – tranne che sia noioso e scontato. Certo il nome della barca scelta per la traversata dall’Inghilterra – Colabrodo – non lasciava presagire granché di buono ma che a bordo si trovasse un vile traditore e che a Jacob toccasse un’indagine misteriosa era proprio difficile da prevedere. Affiancato da Cindy, un’amica conosciuta durante il viaggio, il bambino se la vede con l’insospettabile spietatezza del primo ufficiale Mr. Mangiapane, fa comunella con l’addetto ai motori Morgenbesser e viene rapito dalla ciurma del pirata Quattrossa. A porre fine alla sua insolita disavventura arriva infine l’idea balzana di due dei suoi fratelli che non solo salvano la situazione ma aprono spiragli di vita inattesi per molti passeggeri della Colabrodo. Un finale a sorpresa, insomma, che lascia stupito il lettore. Travolto dagli eventi narrati con stuzzicante ironia, questi si imbatte in un tourbillon di personaggi – la numerosa famiglia di Jacob,  gli acrobati Bubov, l’inventore di giocattoli Peabody e la snobbissima mamma di Cindy – che, con ruoli più o meno determinanti vivacizzano il racconto e lo rendono piacevolmente movimentato. Tra questi davvero irresistibile è il capitano Dentesplendente, la cui giuliva vanità crea siparietti che fanno ridere di gusto e che ben si prestano anche ad una lettura ad alta voce.

Quello di Jacob due-due è un personaggio circondato da un mondo che convince e diverte. Uscito tra gli anni ’70 e ‘90 dalla penna di Mordecai Richler, in una serie di avventure pubblicate in Italia da Adelphi nei primi anni 2000,  Jacob due-due viene qui ripreso e riproposto da Cary Fagan, scrittore canadese di talento (già edito da Biancoenero con La strana collezione di Mister Karp e The big Swim) che sa rendere omaggio all’originale e regalargli uno humour e un piglio irresistibili. La penna ironica dell’autore dà vita a un’avventura spensierata, che non manca di evidenziare le contraddizioni di un certo mondo adulto, ma che prima di tutto ha il merito di travolgere il lettore e tenerlo appeso con leggerezza e talvolta vero spasso: non male, c’è da dire, per un libro che presta attenzione anche ai lettori meno forti perché poco avvezzi alla lettura o magari affetti da dislessia. Jacob due-due si avvale infatti delle consuete caratteristiche di alta leggibilità (font specifico che aiuta a confondere e sovrapporre meno le lettere, spaziatura maggiore, sbandiera tura a destra, carta color crema) che rendono amichevole oltre che appassionante la collana Maxizoom di Biancoenero.

Iole, la balena mangiaparole

Iole è una animale pacifico e speciale: il suo talento consiste nel raccogliere le parole che cadono negli abissi dalla barca di un poeta e dare loro nuova vita, trasformandole in racconti da donare agli amici del mare. Narratrice insolita, la balena protagonista del libro si fa amare dalle creature che la circondano, sicché queste non mancheranno di venire in suo soccorso quando le parole in acqua inizieranno misteriosamente a scarseggiare.

Il libro, semplice ma suggestivo, fa parte della collana facile! Messa recentemente a punto da Gribaudo editore per venire incontro anche alle esigenze di piccoli lettori con disturbi specifici dell’apprendimento. Grazie ad accorgimenti tipografici mirati e all’utilizzo del font leggimi di Sinnos, oltre che a un testo curato e ad illustrazioni molto piacevoli, Iole la balena mangiaparole risulta più amichevole e meno ostico di altri testi destinati a lettori alle prime armi.

Clemente il pesce col salvagente

Un pesciolino diverso, perché incapace di nuotare autonomamente, viene preso di mira da alcuni abitanti del mare, l’arrogante delfino e la sciocca medusa in primis. Solo il granchio si mostra fedele e vicino alla vittima delle angherie, cercando di aiutarlo in ogni modo a superare le sue difficoltà e costruendo per lui un salvagente di rami, alghe e conchiglie. Clemente, così si chiama il pesciolino, si sente ferito e umiliato e, certo, il suo primo istinto sarebbe quello di vendicarsi con i due bulli acquatici. Sarà la saggia tartaruga a convincerlo a dimostrare invece con l’azione quanto realmente valga nonostante le sue difficoltà: cosa che Clemente non mancherà di fare difendendo la medusa e il delfino dall’attacco di un pericoloso squalo e diventando così un vero eroe degli abissi.

La storia di Clemente, il pesce col salvagente non brilla per originalità ma si rende interessante per le caratteristiche con cui l’autore – Carlo Scataglini – confeziona il volume che la contiene. Questo presenta infatti una doppia versione del racconto: una più semplice, con meno dettagli, frasi più brevi e carattere maiuscolo, l’altra più articolata e dettagliata, frasi e lessico più complessi e carattere minuscolo. In questo modo anche bambini con abilità o livelli di lettura diversi possono condividere la stessa storia, trovando ciascuno la forma a lui più congeniale.

Fanno parte della stessa serie anche i volumi: Calzino bucato e l’invasione delle mollette, La rosa dei sette desideri, Coccole spinose e Mulk, l’amico extraterrestre. L’autore ha curato inoltre una seconda serie dalle medesime caratteristiche (due versioni della stessa storia con gradi di difficoltà differenti) ma destinata a lettori più scafati e con competenze di base già acquisite. I titoli, in questo caso, sono: Gigantino e la guerra saporita, SuperAle, un supereroe niente male e Topigno e la giungla da salvare.

Le nuove avventure di Lester e Bob

Ci mancavano, ah quanto ci mancavano! Conosciuti soltanto un anno fa, la scaltra oca Lester e il bonaccione orso Bob tornano a soddisfare la fame di storie sfiziose dei lettori alle prime armi. Come nella prima, anche in questa nuova raccolta di avventure i due protagonisti non mancano di battibeccare, di tendersi trappole, di inventare argute soluzioni a problemi insormontabili e di cementare la loro bizzarra amicizia con piccoli gesti di preziosa tenerezza. Tra un raffinato Bob che si fa crescere i baffi, un furbo Lester che si finge ispettore delle torte e un improbabile duello senza pistole per mettere fine a un litigio tra i due, spicca particolarmente gustosa l’avventura del volano, finito – ahiloro – nel giardino a fianco, di proprietà dei coccodrilli. Il finale è, qui, come in ogni altro sketch, gustoso e sorprendente, capace di strappare un sorriso anche al più brontolone dei lettori.

L’ironia garbata che regalano queste pagine è rara e preziosa. Coltivata con cura, essa contribuisce a rendere Le nuove avventure di Lester e Bob un libro davvero appetitoso e amichevole, forte anche dell’impaginazione pulita – con testo in stampatello maiuscolo a sinistra e illustrazioni ben riquadrate a destra –  e del carattere ad alta leggibilità di Beisler Testme. La combinazione di tutti questi fattori dà vita a un lavoro che non delude le aspettative ma che anzi fa già venire l’acquolina in vista di una terza auspicabile avventura.

Aiuto, i grandi

L’idea che sta alla base della collana Tandem è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Aiuto, i grandi racconta col sorriso di bambini ricoperti di aspettative genitoriali e di genitori estremamente infantili. A far da filo conduttore nei due racconti che compongono il volume, non c’è soltanto infatti la figura di un bambino di nome Filippo, ma più in generale la presenza divertente (ma ahinoi  drammaticamente attuale!) di genitori ipercompetitivi. Se nella prima storia dal titolo Quando divento grande Filippo è alle prese con familiari stressanti che premono per definire il suo futuro mestiere in barba alle sue mirabolanti prospettive da astronauta, nella seconda, intitolata L’invasione dei grandi, lo stesso bambino affronta il primo giorno di scuola e con i compagni affronta una marmaglia di genitori desiderosi di mostrarsi abili (a dipingere, scrivere, giocare e far di conto) e di sostituire la vita d’ufficio con quella di classe. Semplici ma gradevoli, i due racconti di Isabella Paglia invitano a una lettura distesa, accompagnati a puntino dalle illustrazioni movimentate e coinvolgenti di Chiara Nocentini.

Sorprese al museo

Una bambina vivace e un museo cittadino. Potrebbe esserci combinazione più rischiosa? Apparentemente no, ma quando Flora viene accompagnata dai suoi seriorissimi genitori a visitare il museo locale ciò che si scatena non è un guaio ma la fantasia. Mentre gli adulti seguono il percorso espositivo con rispettoso rigore, la piccola segue una pista ben più interessante: in un quadro intitolato “I fiori blu”, infatti, dei fiori non c’è manco l’ombra e in compenso una margherita color del cielo giace abbandonata sul pavimento. Come si spiega? Per scoprirlo serve una piccola indagine e Flora non si tira certo indietro. Quella che rischiava di essere un noioso pomeriggio diventa così una strepitosa avventura tra tigri feroci, indiani pellerossa e signorotte benestanti.

Ricco di dettagli da scovare e gustare (tra cui un signore barbuto che assomiglia tremenamente all’autore!), Sorprese al museo è un invito a scoprire la cultura con occhi curiosi e freschi. E siccome la cultura deve essere per tutti, un librino come questo non poteva che comparire tra le pubblicazioni di Sinnos, che ha fatto della lettura inclusiva uno dei suoi capisaldi. Il libro, scritto da Federico Appel e illustrato da Francesca Carabelli, rientra infatti in una collana ad alta leggibilità dedicata al primo ciclo delle elementari e caratterizzata da storie brevi, leggere e tipograficamente amichevoli.

Fermate quella rana!

Le avventure di Hank Zipzer, funambolico personaggio creato da Henry Winkler e Lin Oliver, hanno ormai preso il largo, contando più di sette episodi già pubblicati in italiano. Accanto alla serie classica che vede protagonista il bambino dislessico più creativo di New York alla fine della scuola primaria, inizia a decollare anche la serie che, come una sorta di prequel destinato ai lettori più giovani, lo vede alle prese con i primi anni alla SP87. Dopo Un segnalibro in cerca di autore e Breve storia di un lungo cane, esce infatti ora, sempre per i tipi di Uovonero, il terzo capitolo (come sempre predisposto per una lettura autonoma ma ancor più gustoso se letto a seguito dei precedenti) intitolato Fermate quella rana e contraddistinto dalla consueta grafica ariosa, dalle illustrazioni a tutta pagina di Giulia Orecchia, dai capitoli brevi e dalla stampa ad alta leggibilità in carattere piuttosto grande.

La rana in questione è Fred: l’animale domestico del preside Love, lasciato in custodia alla classe di Hank, Ashley e Frankie durante un intero weekend. È Hank, in particolare, ad avere la fortuna di occuparsene dato l’inatteso feeling che dimostra di avere fin da subito con l’animale. Da parte sua ci sono le migliori intenzioni di prendersi cura del temporaneo ospite ma quando difficoltà di attenzione e memoria ci mettono lo zampino può diventare difficile fare fronte a fughe anfibie. Quando Hank dimentica di mettere il coperchio all’acquario di Fred tutti gli amici e i famigliari saranno costretti a una caccia al tesoro contro per ritrovare la preziosa bestiola. Un posto d’onore in questa nuova avventura lo guadagna senza dubbio il cane Cheerio, affettuoso quanto inaspettato compagno di giochi di Fred, capace di mostrare a suo modo come gli amici si nascondano spesso dove meno ce lo aspettiamo.

Un ottimo lavoro

Tra tutte le teste di legno che al mondo (reale o letterario) si possono incontrare quella creata dal bravissimo Iban Barrenetxea è in assoluto una delle più memorabili. Il suo Barone von Bomben, guerrafondaio di prima categoria, non si perde infatti una battaglia e a ogni scontro finisce per lasciarci un pezzo del corpo e per necessitare una protesi di legno. Succede per le due braccia, per le due gambe e per il capo appunto. Chiamato di volta in volta a scolpire i pezzi è lo stimatissimo falegname Firmìn che con professionalità e precisione non manca mai di soddisfare le insolite richieste dell’entourage del barone. Così, un arto dopo l’altro, l’abile artigiano dà forma a un Von Bombus pressoché interamente ligneo, senz’altro più benigno dell’originale. Ecco allora che l’ottimo lavoro cui allude il titolo travalica l’aspetto prettamente artigianale per assumere un valore squisitamente politico: perché chi lancia bombe e carica cannoni non può che aver trucioli o segatura dentro il capoccione ed è meglio se si rende innocuo.

Il libro, stampato da Sinnos ad alta leggibilità, non si caratterizza solo per l’utilizzo della ormai nota font leggimi ma anche per una scelta grafica nutrita di grassetti e colori: accorgimenti e finezze che contribuiscono a rendere il volume appetibile e piacevole anche allo sguardo di chi, per pigrizia, scarsa abitudine o disturbi dell’apprendimento, non va a nozze con i testi scritti. E come se non bastasse, a spingere la lettura con la potenza di un carro armato, ci pensano qui le parole e le immagini realizzate dall’autore basco: un piccolo curatissimo lavoro, degno di un artigiano letterario del calibro di Firmìn. La storia asciutta a incisiva, la sapiente costruzione ricorsiva e le illustrazioni che incantano, ferme nel tempo eppure in movimento tra una pagina e la seguente, danno infatti forma a un libro davvero intelligente e gustoso.

Hank Zipzer. Tiratemi fuori dalla quarta

Mayday mayday, allarme rosso! Si avvicinano i famigerati colloqui insegnanti-genitori: incontri ad alto rischio che possono segnare il futuro degli allievi della Scuola Primaria 87, decretandone o meno il passaggio alla classe successiva. Ecco allora che Hank, il cui profitto scolastico non è dei più brillanti, deve necessariamente ingegnarsi per evitare che la signorina Adolf e i coniugi Zipzer riescano a incrociarsi. Non basta, tuttavia, fingere di dimenticare l’avviso o tentare di distruggerlo o occultarlo: qui serve un piano degno di una mente geniale, tipo vincere due biglietti per un concerto rock a Philidalphia a cui spedire  i genitori proprio il giorno del colloquio. Detto fatto! Hank si mette all’opera con una dedizione e un impegno invidiabili ma come al solito ad aspettarlo c’è una montagna russa di panico ed euforia capace di suscitare una divertita empatia  in chi legge.

Settima avventura della serie creata da Henry Winkler e Lin Oliver, Tiratemi fuori dalla quarta sfrutta un impianto e una squadra di personaggi ben consolidata e ormai familiare al lettore. Insieme ad Hank, spumeggiante protagonista bambino con difficoltà di apprendimento, trovano spazio gli amici di sempre (Ashley e Frankie) che cercano di aiutarlo a boicottare il colloquio con gli insegnanti, la solida e insolita famiglia Zipzer che rivela qui tratti inaspettati (dall’indole benevola della sorella allo spirito rockeggiante dei genitori) e il corpo docente (in particolare la ferrea signorina Adolf e la comprensiva dottoressa Berger) che offrono un’immagine in definitiva sorprendente dell’istituzione scolastica.

Tiratemi fuori dalla quarta ha inoltre il merito di mostrare come la scuola non sia per i bambini solo un anonimo luogo in cui si apprende ma il luogo principe in cui ci si confronta, in cui ci si diverte, intorno a cui ruotano la vita sociale, l’autostima, molte relazioni e il giudizio dei pari. La scuola, insomma, come piccolo microcosmo in cui si affollano ansie, emozioni e tormenti impegnativi da gestire, che possono però trovare un contenitore e una forma positiva se ben gestite dagli adulti e ben affrontate dai piccoli. “Vogliamo darti tutte le possibilità di riuscire, Hank”, è la frase significativa che pronuncia la dottoressa Berger durante il colloquio, condensando in una riga il valore di un punto di riferimento educativo che sappia accogliere le difficoltà, valorizzando le risorse di ognuno.

Una scuola mostruosa

Spilungo-Frankie, Stecco-Lecco e Fagiolone gigante sono solo alcuni degli spiacevoli nomignoli che Frankie, bambino piuttosto alto e magro, si sente affibbiare ogni giorno a scuola. Le giornate in classe sono tutte una presa in giro e  farsi un amico gli appare un’impresa pressoché titanica. Che fare? Mamma e papà hanno una soluzione a dir poco insolita: iscriverlo per qualche tempo a una scuola di mostri! Potrebbe sembrare strambo, in effetti, ma gli insegnamenti dei professori Paletto, Furioso, Conte Fantasmino e Ombra regaleranno a Frankie la possibilità di farsi notare e apprezzare dai compagni che prima lo snobbavano. Chi l’avrebbe detto che due denti insanguinati, un muso peloso,una testa svitata e muri attraversati potessero rivelarsi così utili per fare amicizia?

Con un racconto leggero e divertente, Jeremy Strong prova e invita a ridere della paura e a trovare soluzioni creative alle difficoltà di socializzazione che spesso affliggono i bambini (ma anche i grandi). La sua storia, inserita da Sinnos all’interno della collana ad alta leggibilità leggimi! a colori, costituisce un incentivo alla lettura basato sul sorriso anche per lettori non troppo esperti o con difficoltà. In più, quasi tre le righe, si legge in questo libro del valore dell’amicizia tra maschi e femmine – spesso bistrattato o oggetto di pregiudizi – che non fa male e anzi qui dà una bella spinta alla narrazione. Nella piccola (di statura) Molly, il giovane Frenkie troverà infatti un’alleata, un’amica e una spalla tosta come poche se ne scovano in giro!

 

La rapina del secolo

Il furbo, Carlone e Luigino lo svelto sono tre ladri e hanno in mente quella che potrebbe rivelarsi la rapina del secolo: rubare la torta di nozze del figlio del presidente del Cile dalla pasticceria del celebre Rolando per chiedere un sostanzioso ricatto. Ma il furbo, Carlone e Luigino lo svelto – come lasciano facilmente intuire i nomi – sono una banda scalcinata tutta da ridere con un boss alto un soldo di cacio che fa il duro che più duro non si può e due gregari di cui uno un po’ tonto e l’altro intento solo a mangiare. Inutile dire che, date le caratteristiche del trio, l’impresa incontrerà qualche intoppo, a tutto guadagno del divertimento del lettore.

Davide Calì racconta infatti questa brevissima storia sottolineando i tratti più comici dei suoi protagonisti, i dialoghi surreali che prendono vita tra loro e la piega rocambolesca che assume l’intera faccenda. Lo fa con una scrittura semplice e ben calibrata che ben si sposa con illustrazioni essenzialissime, anch’esse a firma sua,  tutte giocate su forme minime e sui toni del bianco, del nero e del verde salvia.  Il risultato sono pagine non solo dal contenuto ma anche dall’aspetto ammiccante che si mostrano fin da una prima occhiata accessibili e amichevoli anche per chi non bazzica la lettura con frequenza o con facilità. Lo stesso accade anche nell’altro libro firmato dall’autore e intitolato La casa di riposo dei Supereroi che con La rapina del secolo inaugura Minizoom, la fresca collana ad alta leggibilità per giovanissimi lanciata da Biancoenero nel 2016.

 

 

Geranio, il cane caduto dal cielo

E se un giorno come un altro, camminando placidamente per strada, un cane piombasse dal cielo e arrivasse dritto dritto sulla vostra capoccia? Di fatto è proprio quello che succede ad Alberto, quel giorno che pieno di speranza si dirigeva verso l’edicola con la speranza di acquistare la bustina fortunata di figurine. L’impatto è rovinoso ma una volta ripresosi dal colpo il bambino non può che cedere alle affettuose insistenze del cane piovuto da chissà dove e portarlo con sé a casa. Non sarà un’impresa facile perché il colonnello Marziali, che abita nello stesso palazzo di Alberto, non vuole nemmeno sentire parlare di animali domestici. Allettato però da una ricca posta in gioco, l’austero condomino accetta la sfida lanciatagli dal bambino, da sua sorella Ines e dall’amico Marcello: se entro una settimana i tre dimostreranno che il cane sa fare qualcosa di speciale potranno tenerlo, altrimenti finirà dritto al canile e il colonnello otterrà un raro francobollo. Inizia così per i tre un conto alla rovescia appassionante che li vede impegnati a testare le abilità di Geranio – questo il nome, più che mai azzeccato, del cane piovuto come un vaso dal cielo – in fatto di soccorso acquatico, traino di slitte e caccia alla selvaggina. Ma niente da fare: il cane pare non eccellere in nulla. Solo in extremis, quando tutta la famiglia si è ormai affezionata alla bestiola e ogni possibilità di successo sembra svanire, qualcuno si rende conto che una qualità speciale può essere qualcosa di semplice ma importante cui talvolta non diamo abbastanza peso…

Geranio, il cane caduto dal cielo, racconta del legame stretto che si può instaurare tra animali ed essere umani e dell’affetto che, in entrambe le direzioni, viene troppo spesso sottovalutato. Lo fa attraverso pagine che accolgono caratteri di alta leggibilità (il font leggimi mutuato dalla Sinnos, la spaziatura ariosa, la carta color crema e la sbandieratura a destra), invitando così alla lettura anche un pubblico di ragazzi con difficoltà legate ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Appuntamento nel bosco

Gli appuntamenti al buio, si sa, sono un azzardo. Imprevisti ed equivoci possono nascondersi dietro l’angolo, rimescolando a sorpresa le carte dell’attesa. E’ proprio quel che succede alla pipistrellina protagonista di Appuntamento nel bosco che aspetta per cena un cervo ma che in luogo del maestoso mammifero si trova sulla porta di casa un insetto minuto e dimesso. A dispetto del nome, il cervo volante che si presenta al rendez-vous romantico non ha nulla a che vedere con l’ospite immaginato e rischia persino di finire divorato prima ancora di varcare la soglia. Ma la pipistrellina, dopo un primo momento di scoramento, decide di darsi e dare al coleottero una possibilità di conoscenza. Il risultato sarà una piacevole sorpresa, in barba all’ottuso martin pescatore e alla sua filosofia dell’ “ognuno se ne stia solo con i suoi simili”.

Tutto basato su un equivoco scientifico-lessical , il libro segue gli sviluppi di un incontro stravagante in cui i pregiudizi finiscono per andare a farsi friggere: niente di più adeguato, peraltro, per un racconto incentrato su una cena! A rendere il racconto ancora più gustoso intervengono illustrazioni colorate e divertenti che, sottolineando somiglianze e differenze tra i protagonisti e spargendo dettagli sfiziosi su tutte le pagine, trasformano la biodiversità in una faccenda tutta da scoprire. Lo stesso argomento, inoltre, diventa protagonista in chiusura di libro, all’interno di giochi e piccoli approfondimenti che stimolano la curiosità scientifica su alcuni degli animali citati nella storia.

La coppia autorale che dà vita a questo godibile libro è formata da Sylvia Vanden Heede, già pubblicata ad alta leggibilità con le avventure di Lupo e cane insoliti cugini (Beisler), e da Benjamin Leroy, il cui tratto sorridente ha già animato Caccia alla tigre dei denti a sciabola (Sinnos). Particolarmente adatto a lettori del primo ciclo delle elementari, Appuntamento nel bosco fa parte di una collana intelligente e accattivante di Sinnos (I narratori a colori) che combina storie brevi e divertenti, illustrazioni frequenti e avvolgenti (nei confronti sia del testo si del lettore) e accorgimenti tipografici in favore di una leggibilità maggiore e più agevole, anche per chi è colpito di dislessia.

Eugenia l’ingegnosa

Metti un’isola in cui gli abitanti hanno smesso di sognare e di domandarsi cosa ci sia oltre il mare. Ma metti anche una bambina intraprendente e determinata, che non si accontenta di muoversi entro limiti prefissati. Conoscerai così l’isola dei Nascondoni – popolo mite e rassegnato – ma anche Eugenia –bambina dalle idee chiare ben intenzionata a raggiungere l’ormai dimenticata isola di Nonsodove. Per farlo dovrà faticare non poco e avvalersi dell’aiuto di insoliti assistenti, dal fratellino Nicola a schiere di disponibili animali locali come castori, ragni e lucciole. Il risultato sarà così sudato ma varrà senz’altro gli sforzi, rivelando ad Eugenia e ai Nascondoni tutti, occasioni di conoscenza e arricchimento inaudite.

Eugenia l’ingegnosa dipinge con freschezza la voglia e il diritto di sognare, di essere curiosi e soprattutto di impegnarsi per diventare ciò che si desidera. Maschi o femmine che si sia. Ma racconta anche con forza che i ponti non solo strutture asettiche che collegano luoghi ma soprattutto possibilità di incontro tra persone. Tutto questo in un piccolo e apparentemente innocuo libretto che sa fare di una semplice metafora un messaggio potentissimo dalla veste frizzante (merito delle numerose e vivaci illustrazioni) e dall’aspetto amichevole (grazie ai criteri di alta leggibilità, garantiti dalla rodatissima collana leggimi di Sinnos). Agli spunti di cui il libro è già colmo di per sé si aggiungono quelli messi a punto da un’équipe di architette e ingegnere che ha fortemente voluto dar vita alla storia di Eugenia: una sfiziosa serie di semplici attività, scaricabili gratuitamente qui, sono infatti messe a disposizione di insegnanti, genitori e adulti in genere che vogliano farne uso con i piccoli lettori.

Le avventure di Lester e Bob

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Fate largo, sono in arrivo due personaggi illustrati a dir poco irresistibili! Usciti direttamente dalla penna di Ole Könnecke, Lester e Bob sono due amici davvero bislacchi: un papero con un certo savoir faire e un orso pacioccone re delle torte al forno. Il loro approccio alla vita non potrebbe essere più divergente – egocentrico e sicuro il primo, low-profile e accomodante il secondo – e proprio da questa divergenza nasce l’ilarità degli sketch cui i due danno vita e la vitalità della relazione che li unisce.

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Che sia nel bel mezzo di una partita a bocce con dei coccodrilli o in preparazione di una serata di gala, di ritorno da un giro del mondo o in piena costruzione di volatili di neve, i battibecchi, gli scambi di opinioni, le battute e le trovate dei due animali sanno lasciare spiazzati, sorridenti e di buonumore.

Nelle loro sono avventure, minimal e surreali, la stramberia è all’ordine del giorno e l’amicizia finisce sempre per trionfare. Senza moralismi o forzature, però – si badi bene – ma per il solo e invincibile potere di una torta al cioccolato o di una maschera del buonumore. L’autore ha infatti questa rara abilità nel raccontare storie a misura di bambino che danno rilievo ai sentimenti passando attraverso le cose concrete. Qui, in particolare, l’anatra e l’orso sono protagonisti di quadretti gustosi e concisi – perfetti per stuzzicare senza appesantire – che si vorrebbe potessero avere un seguito ancora molto lungo, lunghissimo.

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Le avventure di Lester e Bob fa parte della collana ad alta leggibilità Leggo già di Beisler, inaugurata dall’altrettanto surreale volume Lupo e cane. Insoliti cugini. Il libro di Ole Könnecke fa però uso del font specifico per dislessia in formato maiuscolo, che calza a pennello sulle storie narrate e sul target più giovane cui queste si rivolgono.

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The big swim. La grande prova

Presentatosi ai lettori i italiani con La strana collezione di Mister Karp (finalista del premio Andersen 2014), Cary Fagan torna a farsi notare con un nuovo libro ad alta leggibilità destinato ad un pubblico analogo o di poco più grande. Pubblicato con la consueta attenzione alle esigenze di lettori con dislessia dalla Biancoenero, The big swim. La grande prova racconta di un’estate a un campo estivo per ragazzi, così come vissuta dal protagonista Ethan.

Timido e poco predisposto a farsi notare, Ethan cerca dapprima di mantenere un basso profilo e non farsi dei nemici ma scopre pian piano di potersi spingere più in là, trovando compagni che lo apprezzino, occasioni per mettersi alla prova e coraggio per mostrare i propri talenti e per esternare i propri sentimenti. La settimana di campo estivo diventa così per lui una piccola ma intensissima esperienza di crescita, con compagni di avventura che val la pena di scoprire a fondo e possibilità di toccare da vicino l’emozione palpitante e contrastante dell’adolescenza che bussa alla porta. La stessa palpitante e contrastante emozione che si prova, forse, a cimentarsi in piena notte, con la Grande Traversata a nuoto verso l’isola di Downing…

 

La casa di riposo dei supereroi

Dei supereroi così, di certo, non li avete mai visti! Acciaccati, smemorati, mollicci e un po’ rimbambiti, alcuni dei più intrepidi paladini della giustizia sono ritratti da Davide Calì al tramonto della loro carriera, tra un apparecchio acustico e una pappetta adatta alle dentiere. Quando meno se lo aspettano, però, una nuova (e forse non ultima) avventura bussa alla porta della loro casa di riposo, obbligandoli a riscoprire il gusto della sfida e il valore della collaborazione.

La casa di riposo dei supereroi, uscito insieme a La rapina del secolo (anch’esso a firma del bravo Davide Calì), inaugura la nuova e apprezzabilissima collana Minizoom della casa editrice Biancoenero: una collana di librini agili nel formato e nel contenuto, con testi e illustrazioni amichevoli e divertenti. L’ideale insomma per avvicinare alla lettura anche i bambini più poco esperti o riluttanti che possono ritrovare qui la consueta attenzione per l’alta leggibilità a cui la casa editrice romana si è da sempre dedicata.

Il cavaliere saponetta

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Il cavaliere Saponetta si chiama così per la sua sfrenato attitudine alla pulizia: sempre lindo e profumato, non perde occasione per strofinarsi per bene dopo una battaglia condotta con lealtà e ardore. Ad accompagnarlo nelle imprese il fido ma ancora inesperto Elmo e a circondarlo presso la sua magione una sfilza di personaggi buffi, primo fra tutti il maestro inglese di quick step.

La vita del protagonista è insomma sufficientemente avvincente e vivace di per sé ma sarà un’improvvisa e urgente lettera del re a renderla davvero travolgente. Incaricato di sconfiggere un drago che sta terrorizzando il regno, il cavaliere Saponetta si trova ad affrontare molti pericoli, la maggior parte dei quali predisposti dal malfido conte Grigio che come lui punta alla mano di Linda, la soave figlia del re. Il finale sarà tutta una sorpresa, capace di rivelare intrighi ma anche di dare una scossa agli stereotipi che spesso si nascono nelle fiabe.

A rendere ancora più piacevole una storia già così molto gustosa, entrano in campo i disegni frequenti, colorati e irresistibili di Mattias de Leeuw che illustrano con pazienza i vari passaggi del racconto e ne sottolineano bene il tono scherzoso. Gli accorgimenti tipografici caratteristici (font leggimi, spaziatura maggiore, carta avoriata, sbandieratura a destra, a capo in linea con la punteggiatura) della collana ad alta leggibilità I narratori a colori di Sinnos, di cui Il cavaliere Saponetta fa parte, completano infine il quadro, garantendo una più agevole lettura anche in caso di dislessia.

Ti regalo la luna

Quale regalo può essere all’altezza di un amore è così grande come quello tra un bambino e la sua mamma? Forse solo la luna, o almeno questa è la risposta che si dà il piccolo Riccardo, desideroso di fare un dono speciale alla sua mamma. Ma la luna è così in alto che gli servirà salire sulle spalle del papà, e poi ancora dei vicini, e poi ancora dei cugini e così via prima di poter arrivare all’agognato obiettivo. Ma con tutti questi aiuti, che andranno in qualche modo ricompensati con un pezzetto di luna – resterà infine un regalo abbastanza degno per la mamma? Le parole affettuose di Alice Brière-Haquet accompagnano il lettore a scoprirlo con i toni, l’essenzialità e le atmosfere sospese tipiche delle fiaba. Accanto ad esse, le immagini sognanti di Célia Chauffrey, persin sacrificate in un formato così ridotto, danno una forma silenziosa a tutto il sentimento contenuto nella narrazione.

La struttura a iterazione che caratterizza il racconto dona un ritmo cullante alla lettura e contribuisce forse a renderla più agevole, costruendo una rete di richiami e riprese amichevoli anche per il lettore con qualche difficoltà. Di certo a questo scopo concorrono le scelte tipografiche operate dall’editore Gribaudo all’interno di questo volume così come degli altri che compongono la collana Facile! Leggere bene. Leggere tutti: font ad alta leggibilità leggimi mutuato dalla Sinnos, spaziatura maggiore tra le righe e le parole e sbandieratura a destra. Un piccolo dono per i lettori con e senza disturbi specifici dell’apprendimento, almeno prezioso come quello di Riccardo alla sua mamma.

Il topino che si mangiò la luna

Il fascino della luna, si sa, è universale. Grandi e piccoli ne restano ammaliati e così accade anche all’animaletto protagonista de Il topino che si mangiò la luna. Addormentatosi la sera ammirandone il bagliore, il topino si sveglia la mattina convinto di averla trovata a fianco al suo letto. Ne assaggia così un pezzetto, crucciandosi però subito per averla così rovinata. Non sarà facile per gli amici del bosco convincerlo che la delizia da lui gustata era solo una banana che nulla ha tolto allo splendore della notte.

La storia è semplicissima ma di una tenerezza cosmica. Ci si trova dentro tutta l’ingenuità infantile: quella che porta a vedere le cose da un punto di vista insolito e ad attribuire loro un valore tutto speciale. Le parolecentellinate e scelte con attenzione alla loro familiarità fanno come da didascalia o inserto a illustrazioni ampie (malgrado il piccolo formato del libro) e delicate. Le une e le altre sono firmate da Petr Horáček, autore e illustratore ceco che sceglie di parlare ai lettori più piccoli sbirciando direttamente nel loro mondo.

La piacevolezza del racconto, ideale per una lettura intima condivisa, è valorizzata da scelte tipografiche che promuovono l’inclusione e una lettura a misura di lettori con qualche difficoltà. Il font leggimi firmato Sinnos e la scelte di impaginazione ad alta leggibilità accentuano infatti il carattere lineare e accogliente di una storia tutta da mordere!

Il signor Paltò

Il signor Paltò era un omino che aveva sempre freddo. Ma freddo freddo freddo, tanto che stava sempre in casa e anche il giorno in cui decise di avventurarsi fuori dovette coprirsi con così tanti indumenti da diventare un’attrattiva. Fu allora che ebbe l’occasione di incontrare finalmente un essere simile a lui e scoprire che il freddo – fuori e dentro – si combatte meglio se non si è da soli. Il libro dell’olandese Sieb Posthuma, piacevolissimo nei testi e nelle immagini, offre così una storia d’amore tenera e delicata che scalda il lettore almeno quanto i personaggi.

Il signor Paltò fa parte di una valida collana edita da Gribaudo che propone storie brevi e semplici capaci di possono catturare lettori poco esperti e che segue criteri di alta leggibilità tra cui l’utilizzo del font leggimi messo a punto da Sinnos in favore di lettori con dislessia. Che font come questo  inizino a diffondersi e vengano concessi da un lato e richiesti dall’altro è un segnale forte e importante di come l’offerta di una lettura più aperta costituisca una questione sempre meno di nicchia.

La torta in cielo

È una storia semplice (ma quale storia di Rodari, in fondo, non lo è?) ma saporitissima, quella racchiusa tra le pagine de La torta in cielo: una storia che a distanza di anni sa ancora ammaliare perché parla di dolci che piovono come per magia, perché si fa leggere con gusto e senza fatica e perché, ancora una volta, mette la saggezza dei bambini al centro.

Sono infatti due ragazzi – Paolo e Rita – a svelare l’arcano del misterioso oggetto volante che un giorno primaverile sorvola i cieli di Roma, scatenando panico e assurde reazioni nella popolazione adulta della città. Proprio i due giovani curiosi incontrano infatti per primi lo scienziato pasticcione che trasforma le bombe atomiche in torte squisite e si fanno ambasciatori di un delizioso invito alla pace rivolto ai lettori.

Raccontata da Claudia Pandolfi in questa versione audio, La torta in cielo arricchisce la collezione rodariana promossa dalla Emons e già composta da Il pianeta degli alberi di Natale, Il libro degli errori, Favole al telefono, Filastrocche in cielo e in terra e La freccia azzurra: capolavori capaci ancora di parlare agli “orecchi acerbi” e pertanto meritevolissimi di riscoperte e riproposte come questa che ne allargano le possibilità di fruizione.

Il libro degli errori

L’ormai celeberrimo petaloso ce lo ha recentemente ricordato: gli errori possono essere preziosi perché fecondi e potenzialmente ricchi di creatività. Lo sapeva e insegnava bene – meglio di chiunque altro forse – proprio Gianni Rodari che al valore e al potere dello sbaglio dedicò più di un suo lavoro. Ne Il libro degli errori, in particolare, l’autore di Omegna raccoglie una lunga serie di brevi storie nate da piccole grandi sviste: storie in cui errori ortografici, interpretazioni letterali di proverbi e veri e propri abbagli esistenziali diventano protagonisti di narrazioni prosa e in rima divertenti ed edificanti.

Originariamente pubblicato da Einaudi e illustrato da Bruno Munari, Il libro degli errori è ora rilanciato dalla Emons in formato audiolibro, con la voce vivace e accattivante di Lunetta Savino. La casa editrice romana propone in particolare il testo in formato MP3 acquistabile su CD (al costo di € 14.90) o direttamente scaricabile dal sito (al costo di € 8.94): in questo modo la tecnologia viene intelligentemente incontro a esigenze di lettura diverse, imposte anche ma non solo da disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento.

B&B che bello essere unici

B&B alias Bea e Blanco, una coppia di amici inseparabili composta da una bambina sveglia dagli occhiali lilla e un cane vivace dal monocalzino su una zampa ferita. Protagonisti di tre storie indipendenti tra loro, la bambina e il suo fedele amico affrontano insieme piccole difficoltà o avventure – come i dispetti dei compagni (B&B che bello essere unici), la ricerca di un animaletto smarrito (B&B alla ricerca di Jack) e i primi innamoramenti (B&B e l’amore). Il loro è un approccio positivo e curioso alla vita e alle sorprese anche minime che può riservare.

Le storie che compongono il volume si ispirano a episodi, emozioni e traguardi a misura di bambino e che come tali possono essere facilmente riconosciuti e compresi da piccoli lettori. Questo, più che la morale fin troppo esplicita che caratterizza la narrazione, può senz’altro concorrere  a lasciare una piccola traccia in chi legge. Le illustrazioni, curate dal venezuelano Rafael Andrade, non aggiungono particolare emozione ai racconti ma con la loro frequenza e vivacità accompagnano la lettura e ne evidenziano i passaggi chiave.

Il libro, pubblicato da Sestante edizioni, si propone di venire incontro alle esigenze di lettura di bambini colpiti da dislessia adottando alcuni accorgimenti quali l’uso di carta avoriata, una spaziatura leggermente aumentata, una giustificazione solo a sinistra e l’assenza di parole spezzate per andare a capo. Il font utilizzato – un Verdana – non è specificamente messo a punto per lo scopo sopracitato ma tra i font abitualmente impiegati e reperibili su qualunque pc risulta tra i meno affaticanti la vista per via dell’assenza di grazie.

Nel paese delle parole

L’idea che sta alla base della collana Tandem è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

Nel Paese delle parole protagoniste sono proprio queste ultime. Nel primo racconto (L’albero delle parole) Federico e Tommaso scoprono che poche semplici parole possono condurre l’immaginazione molto lontano, facendo inventare persino mostri puzzoni che si nascondono nelle tane buie. Nel secondo racconto (Il ladro di parole) gli stessi protagonisti si imbattano davvero in una creatura fantastica: non si tratta però di un mostro puzzone bensì di un bizzarro folletto mangiaparole. Famelico e astuto, questi ruba le parole più ghiotte prima che le persone riescano a pronunciarle ma dopo un primo momento di smarrimento, i bambini trovano un’ingegnosa soluzione che  non solo sfama il folletto ma migliora anche la loro padronanza lessicale! I racconti firmati da Lodovica Cima – un vero inno al potere nutritivo e fantastico della parole, in pieno stile rodariano –  invitano con garbo a giocare con le parole e trovano qui un delicato accompagnamento nelle illustrazioni di Chiara fiorentino.

Martina e il suo cappello

L’idea che sta alla base della collana Tandem è sfiziosa: due storie indipendenti ma comunque legate tra loro, l’una più breve, semplice, stampata in maiuscolo e composta di frasi perlopiù essenziali; l’altra più lunga, più articolata, stampata in minuscolo e composta da frasi non prive di subordinate. La lettura della prima, più agevole e a misura di principiante, crea le condizioni e gli incentivi (conoscenza dei personaggi e della situazione di partenza, voglia di scoprire cosa succede in seguito, sfida a mettersi alla prova con un testo adatto a lettori un pelo più arditi) per affrontare la seconda nonostante il livello di difficoltà maggiore. Entrambe, poi, sono stampate dall’editrice Il Castoro rispettando criteri di alta leggibilità grazie a una font specifico denominato Sassoon e a una sbandieratura a destra. Ulteriori accortezze potrebbero venire dall’uso di una carta non lucida come quella attuale e da una più ampia spaziatura.

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All’interno di Martina e il suo cappello le storie sono scritte da Sofia Gallo e illustrate da Silvia Baroncelli. La prima, intitolata Il compleanno di Martina, vede la protagonista al centro dei festeggiamenti in famiglia insieme al nonno che compie gli anni il suo stesso giorno. I due ricevono alcuni regali speciali – un libro, degli stivaletti di gomma e un cappello di paglia lei, un paio di occhiali, un cappello di tela e una canna da pesca lui – che consentono loro di trascorrere insieme del tempo prezioso e costruire così  dei ricordi felici. Non a caso quegli stessi doni tornano protagonisti anche nella seconda storia contenuta nel volume e intitolata Il cappello di Martina. Qui il cappello di paglia nuovo di zecca della protagonista vola via per un colpo di vento e finisce nelle mani di una bambina che vorrebbe usarlo come cestino. Sarà l’intervento paziente e affettuoso della nonna di Martina a sistemare la faccenda lanciando un bel messaggio sul valore della condivisione.

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Anch’io so leggere…piano!

Teo è uno scoiattolino di prima elementare che muove i primi passi nel mondo della scrittura e della lettura. Curioso, vivace e abilissimo nel disegno, Teo si sente diverso dai suoi compagni, molto più abili di lui con lettere e numeri. Sarà la pazienza  dei genitori, unita alla pacata professionalità della dottoressa Talpin (l’oculista), del dottor Lucertolis (l’otorino), della dottoressa Luli (la psicologo) e del dottor Turi (il logopedista) e alla  lungimiranza della maestra Tea, a portare il protagonista del libro a conoscere e accettare serenamente il suo disturbo dell’apprendimento.

In linea con lo stile caratteristico della casa editrice Erickson Anch’io so leggere…piano. Tutti i cuccioli possono imparare è una storia costruita per spiegare la dislessia con un linguaggio e delle immagini adatte a un bambino. Il libro segue infatti il piccolo Teo proprio durante la fase di scoperta di un problema che colpisce, come lui, molti altri cuccioli.

Se si considera quindi il volume in questa sua particolare veste e con questo suo esplicito scopo se ne possono cogliere e a apprezzare la delicatezza dei toni e la semplicità di espressione che lo rendono particolarmente adatto a una lettura in classe dal valore più esplicativo che puramente narrativo. Il racconto sottolinea con chiarezza il ruolo decisivo che il comportamento di adulti – genitori e insegnanti in primis – può giocare in un positivo percorso di accettazione di sé.

L’uomo che piantava gli alberi e altri racconti

Quella dell’Uomo che piantava gli alberi è la storia di un pastore quieto ma tenace che nel corso della sua intere pacata esistenza si prodiga per trasformare in meglio il luogo in cui vive curando la crescita di una vera e propria foresta. Caparbio e infaticabile, l’uomo pianta ogni giorno 100 ghiande con l’idea che possano negli anni nascerne migliaia di maestose querce. L’uomo che piantava gli alberi è forse il racconto più celebre di Jean Giono, Giono. Semplice ma penetrante, la storia parla con grande efficacia di rispetto della natura e delle creature che la popolano, di possibilità creatrici dell’uomo e di responsabilità, utilizzando un linguaggio insieme poetico e concreto, capace di parlare e generazioni diverse.

Rispetto all’edizione cartacea, edita sempre da Salani, la versione in audiolibro si arricchisce di altri quattro racconti meno noti, e forse più complessi, ma altrettanto suggestivi. Firmati anch’essi dall’autore francese e pubblicati su carta sotto il titolo di uno di essi – Il nocciolo dell’albicocca – i quattro racconti sono fiabe dai toni orientali che echeggiano e richiamano esplicitamente Le mille e una notte.   Così, nel primo racconto si legge di vendette, magie, trasformazioni e nei successivi – Il cespuglio di issopo, Il principe annoiato e La principessa aveva voglia d’uva – piante, fiori e frutti, con proprietà reali o immaginarie, si fanno il centro di storie dal sapore leggendario e fantastico. Lette da quattro voci diverse, che contribuiscono a variegare e animare il racconto, le quattro fiabe offrono uno spaccato più ampio della produzione di Giono: ricca e multiforme ma costantemente animata da un solido e spassionato interesse per la straordinarietà della natura.