Guarda e scopri la città

Guarda e scopri la città, wimmelbuch contemporaneo nato in Spagna e portato sugli scaffali italiani da Il leone Verde piccoli, è un libro brulicante ma anche un libro-gioco. Tra le sue pagine pullulanti è infatti possibile muoversi secondo approcci diversi: girovagando senza una meta precisa per cogliere i molti dettagli che animano ogni scena o setacciando quest’ultima con minuzia per trovare cose e personaggi suggeriti dall’autrice. Non c’è un approccio giusto e uno sbagliato. L’autrice caratterizza, infatti, ogni doppia pagina con una moltitudine di micro-situazioni che possono essere parimenti godute a ritmo lento e a ritmo serrato.

Ciò che le rende particolarmente vitali e attraenti è da un lato il tratto ironico e dinamico con cui vengono dipinte e dall’altro il proliferare di dettagli curiosi che contrastano con l’ordinarietà della cornice. Insieme a un coccodrillo che sbuca dal tombino e a un alieno che interagisce in modo buffo con il mondo degli umani, per esempio, l’autrice si diverte a disseminare in ogni doppia pagina personaggi delle fiabe molto noti, contestualizzandoli a modino (Pinocchio, per esempio, se ne sta tra i banchi di scuola!) e facendoli talvolta interagire con gli abitanti della città (la musica del Pifferaio di Hamelin, a quanto pare, non è così gradevole da ascoltare).

Cristina Losantos costruisce il suo racconto brulicante attraverso sette grandi tavole senza parole che immortalano scorci diversi della città. Qui il lettore ritrova, di fatto, personaggi ricorrenti, come se una cinepresa li seguisse nel loro percorso attraverso le vie del luogo. Possiamo così accompagnare, per esempio, la corsa di un uomo ginnico, il tour di una coppia di turisti, gli spostamenti di una classe, le performance di un musicista di strada e via dicendo. Come spesso accade quando questo tipo di modello di racconto per immagini viene proposto, il lettore ha modo di muoversi con particolare agio tra le diverse scene, scegliendo secondo i suoi gusti e/o le sue capacità, di godere delle singole scene che contengono di per sé delle situazioni narrativamente appaganti, o di godere del loro succedersi in maniera diacronica.

Della stessa seria di Guarda e scopri la città, Il leone verde piccoli ha pubblicato anche Guarda e scopri i mestieri.

Storia di una coda

Prodigy Street è un’anonima via in cui nulla di interessante succede mai. O almeno così pare a Tom che proprio lì si è da poco trasferito con la madre. Ma se è vero che nomen omen, l’intitolazione della via deve pur significare qualcosa e le apparenze vengono presto smentite. Da lì a poco, infatti, si trasferisce nello stesso isolato un bizzarro signore di nome Mister Mirabilis accompagnato da suo cane Najki, e dall’istante in cui Tom ne fa la conoscenza, cose sorprendenti cominciano ad avere luogo. Non cosa casuali o del tutto impreviste, si badi bene, bensì cose ben precise che hanno a che fare con i desideri. Sarà presto chiaro, infatti, agli occhi di Tom che Najki non è un cane comune ma una creatura magica che realizza le volontà di chi gli si trova accanto. E se questo può rappresentare una grande fortuna, parimenti può farsi foriero di imprevisti e guai…

Scorrevole, intrigante e costruito su un’efficace alternanza di voci – quella del narratore esterno e quella del cane – Storia di una coda si presta ad offrire una narrazione abbordabile ma allo stesso tempo gustosa e corposa a bambini che iniziano a muoversi con una certa dimestichezza sul terreno della lettura autonoma. La presenza di illustrazioni frequenti e brillanti, in pieno stile Tony Ross, e il ricorso al corsivo per caratterizzare i capitoli che riportano la voce del cane, vanno dal canto loro a rafforzare la fruibilità di un testo già stampato con caratteristiche di alta leggibilità. Il font biancoenero, la spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, la sbandieratura a destra e la carta color crema affaticano, infatti, meno la vista e sostengono la lettura anche in caso di difficoltà legate alla dislessia. Il risultato è un racconto ricco e narrativamente ben strutturato che dà il benvenuto anche ai lettori meno forti sia in virtù della sua forma che della sua sostanza.

Alberi

Mauro Evangelista è stato un artista e un autore di libri tattili straordinario. A lui dobbiamo, in particolare, un albo illustrato che è familiare a molti bambini e che ha trovato spazio in molte scuole, un albo illustrato che è ormai un classico e che mostra in maniera eloquente come il dialogo tra editoria tattile e tradizionale possa essere fruttuoso. Si tratta di Saremo alberi, noto a molti per l’edizione portata in libreria da  Artebambini.

Il libro, che racconta la diversità di cui la natura è custode attraverso le variegate chiome degli alberi che si fanno metafora dei caratteri umani, tutti egualmente dignitosi e necessari alla collettività, è un piccolo capolavoro di grazia e poesia. Porge al lettore una riflessione suggestiva attraverso un testo minuto e una grafica che rifugge gli orpelli e fa risaltare la qualità squisitamente tattile delle illustrazioni fatte con un materiale semplice come la corda. Scriveva Evangelista nel 2010: «Toccare, sentire una superficie (la “pelle” delle cose) consente di avvicinarsi ad una conoscenza molto profonda del mondo perché permette di avere un contatto intimo con un luogo, una persona o anche solo una materia. È un movimento verso un sapere sensibile».

E non è un caso se, come pochi altri, questo lavoro così capace di farsi tangibile, ha saputo raggiungere pubblici eterogenei, ispirare innumerevoli laboratori e godere di una longeva vita, viaggiando in più sensi di marcia tra ambiti editoriali diversi. Le tavole dell’autore fatte di corda e carta, trasformate attraverso la fotografia nel passaggio ad albo tradizionale da Artebambini, trovano infatti, ora, una nuova veste editoriale che recupera e valorizza a pieno il senso e l’aspetto del lavoro originale e prettamente materico dell’autore.

Nel libro tattile pubblicato dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi con il titolo di Alberi, quelle chiome classiche, disciplinate, disordinate o felici nel vento sono, infatti, nuovamente realizzate con la corda e risultano pertanto palpabili in tutta la loro fisicità. Il testo, dal canto suo, si presenta a grandissimo carattere e unisce la stampa in nero a quella in Braille. Illustrazioni e parole, infine, si abbracciano all’interno di pagine di ampio formato quadrato, realizzate in cartoncino grezzo e rilegate con la stessa corda che compone le figure. L’insieme a cui tutto questo dà vita è un libro tattile corposo e incantevole, che restituisce agli occhi come al tatto l’omaggio alla natura che la narrazione custodisce, e che si presta a letture estremamente accessibili e trasversali per età e abilità. L’ultima pagina, poi, offre una base in velcro e una corda staccabile grazie alle quali il lettore può fare, disfare e rifare il suo personalissimo albero: una sorta di piccolo laboratorio già compreso nel libro!

Brava Chiocciolina!

Quante cose sanno fare gli animali del prato: tutti, ma proprio tutti, agli occhi di chiocciolina sembrano avere un talento speciale e ammirevole. Chi vola, chi salta, chi scava tunnel lunghissimi, chi trasporta cose davvero pesanti. E chiocciolina? Chiocciolina cosa sa fare? Apparentemente nulla di ciò che fanno i suoi pari. Apparentemente. A ben guardare, infatti, come sa fare e sa insegnare a fare la sua mamma, anche chiocciolina ha un modo unico e degno di vivere il prato, non solo standoci ma rendendolo un posto migliore di come sarebbe se lei non ci fosse.

Brava Chiocciolina! è un libro che ha un valore speciale. Non solo perché le parole che Silvia Vecchini impiega per raccontarla sono scelte e limate con cura sopraffina. E neanche soltanto perché le illustrazioni di Carla Manea abbracciano a puntino, con le loro sfumature pastello, una narrazione dall’indole quieta e accogliente. Brava Chiocciolina! è un libro che ha un valore speciale anche perché ha una genesi singolare che, curiosamente, sposa a pieno il messaggio di cui la protagonista si fa portatrice.

Brava chioccolina! è infatti pubblicato da Edizioni corsare in due edizioni – inbook e tradizionale – che vengono di fatto proposte come paritarie, sorelle. Anzi, sebbene la storia della chiocciolina nasca prima dell’idea di farne anche una versione accessibile, è proprio quest’ultima a fare da apripista, uscendo in libreria prima di quella tradizionale. Può sembrare un’inezia, una mera questione di forma, ma in realtà non lo è: perché quello che questa successione temporale ci dice è che l’editoria accessibile non deve sempre andare a rimorchio dell’editoria tradizionale e che lo scambio e l’incontro tra le due non deve per forza essere a senso unico. Certo, proprio come accade a Chiocciolina, serve che il valore che l’accessibilità può portare con sé venga visto e riconosciuto perché possa dare frutto, che poi è proprio ciò che hanno fatto autrici e casa editrice.

Non solo, proprio come nel prato della chiocciolina, tutti gli attori coinvolti in questo progetto sono stati di fatto valorizzati per la loro specifica competenza: un’autrice fuori da comune per immaginare e scrivere la storia, un’illustratrice talentuosa per farla riecheggiare sulla pagina, un gruppo di lavoro specializzato nella simbolizzazione per ampliare la fruibilità del racconto, un editore accorto per comporre parole, simboli e figure in pagine armoniose e piacevoli. Esattamente di questo, crediamo, ha bisogno l’editoria accessibile a abbiamo bisogno tutti noi: di libri che nascano dalla sinergia di professionalità specifiche e che brillino non solo per le buone intenzioni ma anche per esiti degni di nota.

Lunga vita, dunque, alla chiocciolina e alla sua storia! Che possa lasciare una traccia ben visibile sul terreno della lettura inclusiva.

La mia casa

Dal mondo mitteleuropeo, culla fertilissima dei cosiddetti wimmelbucher, arrivano con frequenza sempre maggiore titoli brulicanti da cui lasciarsi assorbire e conquistare. Ali Mitgutsch e Susanne Rotraut Berner sono i maestri indiscussi e gli autori più noti di questo tipo di narrazione. A loro si ispirano spesso gli autori più giovani o meno conosciuti, le cui proposte possono essere cionondimeno valide e interessanti. La mia casa di Anne Suess è una di queste.

Portato in Italia da Gallucci, questo volume-affresco senza parole, presenta un rapporto densità narrativa/spessore decisamente sorprendente. Sottili sottile e composto da sole 8 pagine, il libro contiene in realtà una moltitudine di quadri pullulanti. Ogni doppia pagina fotografa, infatti, la sezione di un condominio, mostrando al lettore cosa accade dentro ogni stanza. Una dozzina di ambienti per ogni doppia pagina, per un totale di circa 50 micro-mondi da osservare. Nel condominio di Anne Suess ci sono appartamenti e negozi, spazi culturali e servizi educativi, uffici e soffitte, laboratori e teatri. C’è tutta una vita, variegata e autentica, che pulsa tra queste mura, dando luogo a micro-scene riconoscibili ma gustose. Lo stile realistico dell’autrice facilita dal canto suo l’identificazione dei contesti e delle azioni mentre il suo guizzo inventivo aggiunge un tocco gustosissimo alle diverse situazioni. Mai piatte, queste ultime ospitano di fatto delle narrazioni istantanee che lasciano però immaginare dei prima e dei dopo suggestivi. Come ci sarà finita la bambina dentro la pendola del gioielliere? Come avranno fatto a portare una mucca fino in soffitta? E la macchina del tempo progettata all’ultimo piano funzionerà davvero?

Anne Suess mette in scena una straordinaria varietà umana: bambini, adulti e anziani (alcuni, peraltro, molto atletici!), professioni pratiche e intellettuali, diversi tipi di tratti somatici e disabilità. La sua è una realtà vera e multiforme, in cui i mestieri non hanno vincoli di genere (c’è una donna meccanico così come un premuroso maestro di asilo) e la quotidianità non cede alla tentazione dell’infiocchettamento. Così, non mancano salsicce rovesciate, buchi involontari nel muro, mal di denti e litigi tra compagni. E tutto questo fa crescere il desiderio e il piacere di avanzare nella lettura per riconoscere (e riconoscersi ancora), per stupirsi, per ridere, per immaginare. Le scene allestite dall’autrice, d’altro canto, non mancano di citazioni e riferimenti intriganti (basti pensare allo scienziato dagli iconici baffi grici!). Ciascuna di esse può essere apprezzata e goduta individualmente, cosa che ne agevola la fruizione anche da parte di bambini che faticano a padroneggiare sequenze articolate e complesse, ma spesso si intreccia con quelle accanto, come nel caso della cantante lirica che scatena l’ira e le reazioni di tutti i vicini. Nascono così collegamenti ulteriori e inattesi sui quali il racconto e l’immaginazione di ciascuno possono continuare a muoversi e trovare nuovo nutrimento.

Il bruco Misuratutto

Quella del Bruco Misuratutto non è forse una delle storie più note di Leo Lionni ma, al pari delle altre, porta la grazia inconfondibile del papà di Piccolo blu e piccolo giallo. Il protagonista è un bruco astuto che per sfuggire alle grinfie degli uccelli decisi a papparselo, fa valere una sua qualità più unica che rara: la capacità di misurare qualunque cosa. E così, un po’ per vanto e un po’ per curiosità, il pettirosso, il fenicottero, il pappagallo, l’airone, il fagiano e il colibrì decidono, uno dopo l’altro, di concedergli la libertà in cambio di una misurazione: chi del collo, chi delle ali, chi della coda. Con l’usignolo, però, la faccenda si fa più complessa: l’uccello sfida, infatti, il bruco a misurare il suo canto. Il bruco sembrerebbe a questo punto spacciato ma anche questa volta, con un’idea semplice ma brillante, riesce a mettere in salvo la pelle.  Perché si sa, l’ingegno vince sempre sulla prepotente vanità…

Sempre in catalogo per Babalibri, Il Bruco Misuratutto è reso ora disponibile in una versione in simboli da Officina Babùk. Quest’ultima preserva in maniera ottimale le illustrazioni di Lionni e ne mantiene pressoché intatto il testo, fatto salvo per qualche aggiustamento nell’ordine sintattico: qui il soggetto precede, infatti, sempre il verbo e il personaggio che parla viene sempre introdotto prima del discorso diretto. Tali modifiche non compromettono, di fatto, la musicalità del testo ma incidono in maniera significativa sulla sua comprensibilità, soprattutto nei confronti di giovani lettori con difficoltà comunicative. Come tutti i titoli di Officina Babùk, anche Il Bruco Misuratutto opta per lo stampato maiuscolo, così da agevolare gli apprendisti lettori, e predilige l’uso di simboli WLS, particolarmente adatti a supportare visivamente dei testi letterari. I riquadri che racchiudono i simboli, dal canto loro, appaiono apprezzabilmente fini così da risultare visibili ma non invasivi dal punto di vista grafico. Essi sfruttano, inoltre, stondature e bordi a punta per sottolineare la fine dei periodi e gli estremi dei discorsi diretti.

Il lavoro fatto da Enza Crivelli e Sante Bandirali in fase di simbolizzazione rende, poi, questa versione de Il Bruco Misuratutto particolarmente interessante. Quello che viene, infatti, prediletto nella scelta e nella composizione dei simboli è la loro comprensibilità. Più elementi testuali (come articolo e sostantivo o verbo e pronome) vengono, per esempio, accostati a un unico simbolo. Inoltre, nel momento in cui vengono citate le parti del corpo degli uccelli misurate dal bruco, il simbolo riproduce il corpo intero dell’animale in questione ed evidenzia con una freccia e uno riempimento cromatico la parte coinvolta. Certo, quei simboli non saranno magari quelli abitualmente impiegati dai bambini per indicare il collo, la coda o il becco di un generico animali ma sono senz’altro molto efficaci per permettergli di capire a cosa il testo faccia riferimento. Una scelta, questa, che va in maniera netta nella direzione di far dialogare fruttuosamente parole e illustrazioni e di trasformare la lettura in un’esperienza di partecipazione piena.

Contare sulle dita

Del talento di Claire Dé nel coniugare riconoscibilità delle immagini e moltiplicazione dei sentieri interpretativi attraverso la fotografia avevamo già detto, raccontando lo splendido Imagine… c’est tout blanc. Quello stesso talento lo ritroviamo ora all’interno di Contare sulle dita, un progetto editoriale che per fortuna, a differenza del precedente, è arrivato ora anche in Italia. Lo ha portato Editoriale Scienza che sta dedicando particolare attenzione a una promettente valorizzazione di titoli fotografici.

Contare sulle dita, dal canto suo, è un libro ibrido, multiforme, difficile da incasellare. È un libro per contare? È un libro per guardare? È un libro per creare collegamenti tra le cose? Sì, sì e sì, è in effetti tutte e tre queste cose, e probabilmente non solo. Ogni doppia pagina di questo robusto cartonato di formato quadrato, propone due fotografie (in una manciata di casi, una sola fotografia che occupa l’intero spazio) nitidissime e dai colori attraenti, associate a un numero o una semplice addizione che interpreta matematicamente gli elementi che la compongono. Più difficile a dirsi che a vedersi, in effetti! Qualche esempio può forse venirci in soccorso: un sasso a sinistra, una conchiglia a destra, la scritta “1”; due insetti a sinistra, due foglie a destra, la scritta “1+1 = 2”; tre coleotteri grandi e uno piccolo a sinistra, quattro foglie a destra, la scritta “3+1 = 4”; quattro foglie gialle e una rossa a sinistra, tre sassi gialli e due rossi a destra, la scritta “4+1 = 3+2” e via dicendo…

Descritto a parole, potrebbe sembrare un libro semplice semplice, che facilmente può esaurire l’interesse. Bene, la verità è che questo libro è l’esatto contrario! Contare sulle dita sottende, infatti, un’architettura raffinatissima, all’interno della quale crescono non solo i numeri ma anche la complessità dei soggetti e delle operazioni matematiche ad essi correlate e soprattutto all’interno della quale tutto, ma proprio tutto, chiede di essere letto: i colori con cui sono scritti i diversi numeri, la loro posizione sulla pagina, i richiami cromatici tra fotografie affiancate, gli sfondi, le luci i giochi di vuoti e pieni, di proporzioni e di contrasti. Di fronte a questo libro risulta, infatti, davvero difficile ostinarsi a ritenere la lettura visiva una lettura di serie B!

Lo sguardo e l’intelletto del bambino, non necessariamente piccolo (anzi!), sono sollecitati senza posa, invitati a cogliere nessi ed equivalenze, a godere di composizioni esteticamente meravigliose, a scoprire che la matematica è intrinsecamente custodita in ogni cosa del mondo, a riconoscere figure, colori e tesori della natura. A fare tutte queste cose o farne anche solo una: e questo è proprio il bello, anche in termini di potenzialità inclusive. In un libro piccolo come questo sono pronti a dipanarsi innumerevoli possibilità di letture e altrettanti percorsi didattici, in cui scienza e poesia possono viaggiare a braccetto.

Il ristorante nel bosco

Il ristorante della pecora Gloria è sempre pieno: la sua inimitabile zuppa attira clienti da tutto il bosco e viene servita da un team specialissimo di camerieri. Difficile dire cosa renda quest’esperienza culinaria così irresistibile, quel che è certo è che mettere piede nella cucina di Gloria garantisce al lettore gustose sorprese e ghiotti sorrisi.

Scritto e illustrato da Alessandra Ciarmela con tocco deliziosamente ironico, Il ristorante nel bosco offre ai lettori alle primissime armi una lettura semplice, abbordabile e accattivante. Il testo, stampato in maiuscolo e con caratteristiche di alta leggibilità, è essenziale e breve ma tutt’altro che sciapo. Le illustrazioni, dal canto loro, sono buffe e non prive di dettagli curiosi. Corredato, in chiusura, da alcuni giochi e approfondimenti divulgativi collegati alla storia, Il ristorante nel bosco fa parte di una collana caratterizzata dalla possibilità di fruire del racconto anche in modalità audio, grazie alla presenza di un semplice qr code che rimanda alla lettura ad alta voce del testo.

Da un punto di vista squisitamente inclusivo, Il ristorante del bosco ha un doppio punto di forza. Non solo, infatti, il libro risulta accessibile, grazie ad accorgimenti grafici che rendono la pagina più amichevole e alla presenza dell’audiolettura che diversifica i canali di fruizione, ma affronta anche in maniera molto delicata e leggera il tema della diversità. I camerieri impiegati nel ristorante di Gloria, infatti, hanno tutti bisogno di un piccolo aiuto da parte della titolare per svolgere al meglio il loro lavoro e, non di rado, richiedono ai clienti una certa pazienza perché, per natura, portano a termine il loro compito con una discreta lentezza e con qualche pasticcio di troppo. Ciononostante, i clienti continuano a tornare con un amichevole sorriso in viso… il miglior esempio di apertura e accoglienza che si possa offrire a un lettore!

Uno e sette

Diritto alla lettura – lo sottolineiamo spesso – significa tra le altre cose diritto a condividere con i pari non solo conoscenze ma anche immaginari. Significa disporre di un bagaglio di storie, parole e figure che nutrono l’immaginazione di chi legge e che permeano il suo modo di conoscere e riconoscere il mondo, rendendolo capace di dialogare con quello di chi gli sta intorno. In quest’ottica, pensare che il lavoro di un maestro come Gianni Rodari possa risultare inaccessibile per qualcuno è fondamentalmente inaccettabile. Per questo l’iniziativa de La leggeria, che ha realizzato una meravigliosa versione tattile del racconto Uno e sette, originariamente inserito tra le Favole al telefono, è meritevole e apprezzabile. E lo è non solo per l’intento ma anche per la resa.

La versione tattile messa a punto da Ilaria e Lucia Macchiarini, infatti, è curata nei minimi dettagli, offrendo un’opportunità di lettura non solo fruibile da parte di lettori sia vedenti sia non vedenti ma anche godibile da un punto di vista estetico, qualunque sia il senso prevalente che un lettore usi. Questo speciale Uno e sette presenta, infatti, ampie pagine di stoffa grigia su cui spiccano testi in nero e Braille perfettamente inseriti all’interno di riquadri cuciti, e illustrazioni minimali di stampo simbolico. E qui risiede, forse, davvero il genio creativo delle autrici: nel trovare una chiave essenziale ed efficace per rendere a pieno lo spirito del racconto di Gianni Rodari senza compromettere l’accessibilità delle figure

Paolo, Jean, Kurt, Juri, Jimmy, Ciù e Pablo, i bambini protagonisti della storia, sono rappresentati, infatti, attraverso l’intelligente ed espressiva combinazione di diversi tipi di fili e bottoni. Niente di più, niente di meno. Questa scelta, dal canto suo, consente di rendere efficacemente la peculiarità di ciascun personaggio ma anche la sua somiglianza con tutti gli altri. Troviamo, così, sulla pagina bottoni di materiali, forme, dimensioni differenti che rappresentano in maniera non figurativa i singoli individui e che, uniti a fili di cotone, metallo e plastica, animano strade, pentagrammi, biciclette e campi fioriti… potere del pensiero che sa uscire dagli schemi!

MITA – Mental Imagery Therapy for Autism

Non è facile trovare un’app per lo sviluppo del linguaggio costruita sulla base di valide evidenze scientifiche, per questo segnaliamo quest’importante progetto di riabilitazione linguistica pensato per i bambini con autismo.

Si tratta di un’app basata sulla “terapia di immagini mentali” creata da un team di ricercatori delle Università di Harvard e Boston.

MITA propone diversi giochi basati sul meccanismo del “puzzle” che legano le parole alle immagini, in modo semplice ed efficace, senza distrazioni. Il rimando vocale permette di comprendere in modo immediato se l’attività è stata svolta correttamente e questo permette di utilizzare l’app anche in modo individuale.Viene sempre utilizzata la modalità “drag – and – drop” in modo che il bambino non incorra in una risposta accidentale solo per il semplice tocco delle dita. Inoltre, l’allenamento nel trascinamento permette di migliorare il coordinamento oculo-motorio e la motricità fine, importanti anche per l’apprendimento.

La cosa davvero interessante ed innovativa è la proposta pensata sul singolo bambino: all’inizio infatti vengono scelti in automatico i giochi adatti alla fascia d’età richiesta, in modo da creare una proposta personalizzata. Ogni volta che il bambino si collega gli verrà proposto un percorso con una selezione di attività dai tempi brevi, in modo che l’utilizzo dell’app sia proprio calibrata sulle capacità del piccolo utente: una volta che il percorso è terminato si conclude con un momento di gioco. Questa modalità è pensata per far si che l’utilizzo dell’app avvenga con frequenza ma per tempi brevi.

Man mano che si va avanti nel suo utilizzo l’app di adatta ai progressi svolti e diventa man mano più complessa, proponendo attività anche di combinazione di immagini mentali, di conteggio, di attenzione. Le istruzioni verbali che accompagnano l’esecuzione dell’attività favoriscono l’ampliamento del lessico e la memoria verbale.

Si tratta di una proposta nata per i bambini con disturbo dello spettro autistico ma adatta anche per bambini con disabilità cognitive e disturbi del linguaggio. Un’app davvero efficace, adatta per delle sedute riabilitative, ma che permette di lavorare in un contesto ludico e giocoso, in particolare sostenendo la motivazione all’apprendimento.

Lo sbadiglio

È possibile raccontare una storia – o, addirittura, la Storia – con un solo suono? A leggere Lo sbadiglio di Ilan Brenman e Renato Moriconi si direbbe proprio di sì! Questo libro (quasi) senza parole, che nasce sulla scia di Telefono senza fili, mette infatti in successione rigorosamente cronologica e profondamente ironica una serie di personaggi – dall’ominide all’astronauta, passando attraverso il faraone egizio, il guerriero vichingo e Napoleone – e li collega attraverso un filo narrativo inaspettato: lo sbadiglio, per l’appunto. A ben pensarci, in effetti, tante cose sono cambiate nel tempo ma tutti (proprio tutti) gli uomini e le donne della storia hanno senz’altro provato e manifestato noia e sonnolenza. Ecco allora che un sonoro Oooohhhh (con un numero di o e di h variabile), attraversa i secoli e le pagine di questo libro invitando irresistibilmente il lettore a interpretarlo alla maniera dei diversi personaggi ritratti. Eva, una statua greca e Charlie Chaplin sbadiglieranno mica alla stessa maniera?

Lo sbadiglia si presenta come un libro molto accessibile e altrettanto stratificato. È accessibile perché l’unica parola di cui fa uso è un’onomatopea, perché segue un filo cronologico chiaro, perché si compone di illustrazioni ampie e riconoscibili e perché ogni pagina presenta un solo personaggio alla volta. È stratificato perché può essere letto in tanti modi, perché le sue tavole possono essere godute anche singolarmente e perché alla rappresentazione in primo piano, realistica e apparentemente seria, Renato Moriconi aggiunge degli imprevisti dettagli di sfondo che generano spasso, straniamento, inferenza e invito alla lettura minuziosa: il cartello di divieto di sosta vicino all’albero di mele del paradiso, la sfinge con le orecchie da Topolino, un greco munito di fionda a fianco ad Icaro che precipita, ma anche Cappuccetto rosso insieme alla lupa di Romolo e Remo o il Bianconiglio e gli orologi di Dalì dietro l’inventore della relatività.

Difficile dire che la Storia è noiosa, di fronte a una rappresentazione di questo tipo. Reale e fantastico, passato e futuro scompigliano infatti le carte e creano percorsi inattesi, ricchi di citazioni tutte da scoprire. Che bello sarebbe fare didattica a partire da libri così?

Comprensione del testo con le sequenze temporali – vol.1

A chi non è capitato di riordinare delle vecchie fotografie in ordine cronologico? Sicuramente tutti, almeno una volta, siamo stati alle prese con date e immagini da ricostruire. Questo software vuole offrire al bambino la possibilità di aiutare in questo lavoro faticoso ma ricco di significato. Per arrivare alla fotografia da ordinare il bambino deve svolgere una serie di attività volte proprio alla comprensione del testo scritto, come dice il titolo. “Comprensione del testo con le sequenze temporali” vuol essere un valido alleato nelle proposte di attività a sostegno della comprensione, in particolare dei nessi temporali che legano il testo scritto. 

Lo fa in un modo molto lineare, con attività che si ripetono per i 20 brani complessivi proposti nel software, favorendo una metodologia efficace che diventa man mano più familiare al piccolo utente. 

Le cinque sezioni proposte – di difficoltà crescente – propongono al loro interno 5 brani con relative attività: 

Il bambino, quindi, dopo aver letto il brano, accede a queste attività che favoriscono la comprensione del testo, ma non solo: permettono infatti di lavorare sulla memorizzazione verbale, sulla sequenza temporale, sulla strutturazione dei nessi causali. 

Adatto per la riabilitazione in bambini con pregressi disturbi del linguaggio o ritardo cognitivo, può essere usato con successo a scuola per il potenziamento della comprensione del testo per attività di classe o in piccolo gruppo. 

Una casa per Fiammetta – versione tattile

Fiammetta nasce da un vulcano durante un’eruzione. È una fiamma curiosa e per questo decide di andare per il mondo a cercare una nuova casa. L’impresa è però meno semplice del previsto perché, data la natura della protagonista, né il bosco né le case si rivelano essere buone opzioni. Il rischio incendio è, infatti, sempre dietro l’angolo. La soluzione arriverà inaspettata grazie all’incontro con un fornaio il cui forno non ha mai funzionato. Non sarà difficile immaginare dove Fiammetta possa felicemente trovare, infine, la sua nuova dimora…

Molto piano ed elementare nello sviluppo narrativo e nella costruzione del testo in rima, Una casa per Fiammetta è il libro che ha vinto il premio Editabilità all’interno del concorso di editoria tattile Typhlo e Tactus 2022. Questa sezione del concorso riconosce e valorizza, in particolare, quei prototipi che risultano più facilmente riproducibili e dunque capaci di essere realizzati con costi più bassi e diffusi in molteplici copie. L’obiettivo è quello di sostenere concretamente la diffusione dei libri tattili: un processo che, evidentemente, non può prescindere da una riflessione sui prezzi e sui meccanismi di distribuzione tipici di questo settore editoriale.

Dal prototipo originale firmato da Claudia e Andrea Sorrenti è nato un libro tattile vero e proprio realizzato dalla Fondazione Robert Hollman e dall’Associazione Fiori blu, con testo stampato in nero e in Braille e parte delle illustrazioni fruibili anche al tatto. La casa Editrice Puntidivista, dal canto suo, ne ha messa a punto una versione sempre tattile ma ulteriormente lavorata per abbattere il più possibile i costi di produzione. Le differenze tra questo volume e l’originale concernono più che altro l’inserimento del Braille tramite l’applicazione di un cartoncino (e dunque non tramite stampa diretta sulle pagine e sulla copertina), la colorazione di alcuni elementi (variopinti nell’originale, tinta legno in questa versione) e la scelta dei materiali con cui questi sono riprodotti. Non si tratta dunque di differenze enormi ed è di fatto apprezzabile il tentativo della casa editrice di dissimulare l’effetto meno raffinato del cartoncino con il Braille applicato sulla pagina con un lavoro sul colore di sfondo e di nascondere la spirale con una copertina cartonata vera e propria.

Della medesima storia di Fiammetta, la casa editrice Puntidivista propone anche una versione in simboli.

Non cancellarmi

Il diritto al gioco, il diritto al cibo, il diritto a una casa, il diritto a un ambiente familiare sereno, il diritto ai sogni… quante cose cancella la guerra ai danni dei bambini? Angelo Ruta prova a esplorare questo tema delicato attraverso le pagine di un albo totalmente privo di parole e di grande impatto simbolico.

Il suo Non cancellarmi, nato dalla collaborazione tra Carthusia e l’associazione culturale U-mani-tà, mostra  due bambini all’interno di normalissime situazioni quotidiane – in cortile, al parco, in casa, a tavola… – rappresentando in bianco e con i contorni tratteggiati tutti quegli elementi quotidiani che una situazione di deprivazione può portare via. Così dello scivolo non resta che la scaletta, della casa una porta, del pasto la tavola vuota e via dicendo. Certo, la resilienza è qualità principe dei bambini che infatti provano a sopperire alle mancanze e a ricucire i danni con l’ingegno e la fantasia, ma a quale prezzo?

L’espediente del tratteggio trovato dall’autore è molto efficace perché riesce a dire in maniera eloquente ed evocativa una realtà scomoda e complessa. Il contesto della guerra, dal canto suo, è citato in quarta di copertina ma non risulta di fatto evidente all’interno del libro: aspetto questo che rende la lettura particolarmente versatile e adatta più in generale a un lavoro sui diritti dei bambini.

LE QUATTRO OPERAZIONI

Più che un software tradizionale di matematica, può essere considerato un aiuto fedele, in modalità digitale, per l’allenamento nei calcoli in colonna. E’ un libretto degli esercizi con una grafica asciutta e senza distrazioni, che permette però di accedere a validi aiuti nel caso di difficoltà: ad esempio un bloc notes con le tabelline di lato, o la possibilità di accedere a un video esplicativo sulla procedura dell’operazione. All’interno di ciascun gruppo di operazioni (addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione) sono riportati i diversi livelli di complessità, in modo da scegliere un esercizio davvero personalizzato. Ad esempio è possibile scegliere tra sottrazioni con o senza prestito, moltiplicazioni con riporti o divisioni a una o due cifre…. In questo modo si può tarare la proposta in modo specifico per lavorare anche in modo individualizzato con ciascun bambino.

Infatti, il rimando sonoro in conclusione dell’operazione permette  di lavorare in autonomia, poichè si riesce a comprendere immediatamente se il risultato è corretto oppure no. Inoltre, la casella in cui il bambino deve scrivere viene man mano segnalata da un riquadro colorato: ottima strategia per aiutare i bambini con difficoltà visuo-spaziali o disgrafia a concentrarsi sul procedimento anzichè sullo spazio del foglio e l’incolonnamento.

Si tratta quindi di un valido strumento per il potenziamento del calcolo in colonna, ideale anche per i bambini che hanno difficoltà di apprendimento nell’ambito matematico.

Piantala

Piantala! è una storia di scontro e di riavvicinamento tra l’uomo e la natura. All’inizio del libro incontriamo infatti un uomo munito di sega che con metodo abbatte, uno dopo l’altro, gli alberi di un bosco. Il paesaggio si fa sempre più desolato ma gli animali che lo popolano non ci stanno e a turno mettono in atto la loro personale vendetta. Così, se prima sono cacche che cadono dagli uccelli in volo, poi sono pigne scagliate dagli scoiattoli e punture di api e infine sono minacce ringhiose di lupo. Impaurito, l’uomo di rifugia sull’unico albero rimasto e qui rimane fino al calare della sera. Sarà allora che il valore di fusti e chiome gli sarà finalmente chiaro e che il suo atteggiamento nei confronti della natura cambierà di segno, a tutto vantaggio degli animali così come suo.

Finalista del Silent Book Contest 2023, l’albo senza parole di Alessia Roselli riesce a tenere insieme in maniera puntualissima atmosfera elegiaca e tocchi ironici. Il suo è un tratto molto particolare in cui dettagli netti si stagliano su paesaggi sfumati. I toni caldi dell’ocra che dominano la pagina, in particolare, facilitano la messa in evidenza dei dettagli più scuri con cui si delineano le sagome degli animali coinvolti. Il risultato è un racconto per immagini dalla composizione raffinata ma dallo sviluppo chiaro e dalla comprensione agevole che ben si presta ad essere goduto tanto in lettura autonoma quanto in lettura condivisa.

Nel bosco

Se coltivare il pensiero divergente significa, per dirla con Rodari, rompere continuamente gli schemi dell’esperienza, possiamo serenamente affermare che Laura Cattabianchi è una contadina straordinaria. Il suo libro Nel bosco, rompe infatti più di una consuetudine consolidata nell’ambito dell’editoria tattile: quella di offrire al lettore immagini perlopiù figurative, per esempio, ma anche quella di privilegiare materiali molto diversi tra loro e quella di considerare questi ultimi quasi esclusivamente per le sensazioni tattili che possono offrire.

Al contrario, l’autrice sceglie di percorrere strade progettuali decisamente non battute, dando vita a un libro tattile composto perlopiù di immagini astratte, realizzate a partire dalla sola carta e confezionate in modo tale da valorizzarne essenzialmente l’aspetto sonoro. Ogni doppia pagina offre sulla sinistra il testo in nero a grandi caratteri e in Braille e sulla destra un riquadro di carta di tipo diverso ma di dimensione fissa.

Visionario, innovativo e unico nel suo genere, il libro accompagna il lettore a fare una passeggiata nel bosco, invitandolo a prestare attenzione alle piccole sorprese che questo ambiente gli può riservare: il rumore dei passi sulle foglie, l’incontro più o meno ravvicinato con le creature che vivono sugli alberi, l’inciampo in un ramo secco, il volo di un uccello, un soffio di vento, l’arrivo improvviso di un temporale. Fino al rientro a casa, al calduccio, di fronte a un camino scoppiettante e infine nel letto, sotto le coperte. Il testo, di fatto, fa strada come farebbe una guida lungo un sentiero: conduce, cioè, il lettore nel suo percorso nel bosco, alla scoperta dei suoni che lo animano. Ogni avanzamento immaginario è seguito da un’istruzione pratica (gratta la carta, tira le linguette, soffia sulla carta, infila la mano sotto la carta e tamburella con le dita…) che consente al lettore di ricreare l’atmosfera sonora evocata poco prima.

Quello che ne viene fuori è un’esperienza interattiva e immersiva sorprendente, di grande effetto e di grande accessibilità. Sperimentata facendo a meno dell’uso della vista, anche da parte di chi non presenta un deficit visivo, la passeggiata nel bosco di Laura Cattabianchi avvolge il lettore con una moltitudine di stimoli molto evocativi. Il fatto, poi, che questi ultimi nascano dall’incontro tra semplici gesti (sfregare, arrotolare, grattare…) e semplici materiali (cartoncino ondulato, carta velina, carta da pacchi…) ha un che di straordinario e costituisce per il lettore, piccolo o grande che sia, un incentivo irresistibile a indagare ulteriormente le inattese potenzialità sonore di materiali comuni come la carta.

Possono così nascere, con relativa facilità, nuove passeggiate e nuovi percorsi, attraverso i quali mettere alla prova e riscoprire sensi trascurati, lasciarsi sorprendere dalla fisicità degli oggetti quotidiani e ritrovarsi vicini, al di là delle specifiche abilità, nella bellezza dei viaggi immaginari. Non a caso, Nel bosco nasce proprio dalla lunga esperienza di Laura Cattabianchi nella conduzione di laboratori con lettori di ogni età, dedicati all’esplorazione dei suoni custoditi dai materiali più insospettabili. La cura che l’autrice profonde nella scelta dei tipi di carta e dei tipi di movimenti con cui interagirvi al fine di dar vita a suoni davvero efficaci, riconoscibili e significativi, è ammirevole e rara. Essa va, d’altronde, di pari passo con l’attenzione riservata alla confezione del libro come oggetto estetico prima e oltre che come contenuto accessibile: con il suo formato quadrato, le sue spesse pagine marroni che incorniciano i riquadri di carta e la sua predilezione per colori caldi e avvolgenti, Nel bosco incuriosisce e ammalia, infatti, il lettore, offrendo la meritata cornice a quella che sarà per lui un’esperienza sorprendentemente affascinante.

Missione al chiaro di luna

Missione al chiaro di luna di Aleksandra Artymowska è una dimostrazione lampante che nello spazio di poche pagine e senza parole scritte può prendere vita una storia avvincente, compiuta e felicemente accessibile.

Il libro, finalista del Silent Book contest 2023 e pubblicato da Carthusia, è ambientato in una serena notte di campagna e racconta di una bambina intraprendente e capace di compiere un’impresa spericolata. Svegliatasi di soprassalto, la bambina si accorge che qualcosa o qualcuno che dovrebbe stare sotto il suo letto manca all’appello. La sua passione per lo spazio, testimoniata da poster e complementi a tema, le dà l’ispirazione necessaria per avviare ricerche e recupero. A cosa potranno mai servirle, però, quadri, presine, paralumi e grucce? Il lettore è portato a chiederselo e a formulare congetture man mano che la protagonista si accinge a raccattare questi e altri oggetti più stravaganti dalla casa. Ogni cosa trova però un senso nello spettacolare finale che chiude in bellezza questa piccola avventura.

Capaci di incuriosire e al contempo di orientare chi legge, grazie a una scelta oculata degli elementi da inserire nelle tavole e a un uso efficace di colori e ombre. Missione al chiaro di luna offre una lettura lineare e chiara ma tutt’altro che prevedibile che ben si presta anche a condivisioni ad alta voce.

Ti voglio bene, Blu

I temi ambientali fanno spesso capolino all’interno degli albi firmati da Barroux. Ti voglio bene, Blu non fa eccezione: i danni provocati dall’abuso e dalla dispersione della plastica nell’ambiente mettono, infatti, a rischio la vita di Blu, una balena gentile che fa amicizia con il protagonista dell’albo. Intraprendente e socievole, quest’ultimo ha le fattezze di un bambino ma naviga in solitaria con la sua barchetta e conosce Blu durante una tempesta. È proprio la balena a metterlo in salvo dalle onde in quel pericoloso frangente e da quel momento il legame tra i due si fa saldo e forte. Così, quando un giorno Blu non si presenta al consueto appuntamento e non risponde ai richiami del bambino, quest’ultimo si tuffa a cercarla e la scopre afflitta dall’ingestione di corpose quantità di sacchetti. Con pazienza e dedizione il bambino riesce a liberarla da questo fardello, riportandola al sorriso e alla voglia di scherzare insieme.

Già in catalogo per Babalibri, Ti voglio bene, Blu è ora proposto da Officina Babùk in una versione alternativa in cui le illustrazioni e l’impianto grafico sono mantenuti intatti ma il testo è supportato visivamente dai simboli. L’obiettivo è quello di rendere albi molto apprezzati come questo, fruibili anche da parte di bambini con difficoltà cognitive e comunicative ma anche di bambini di origine straniere o in età prescolare. Rispetto ad altri titoli della giovane casa editrici specializzata nella pubblicazione di libri in CAA, questo di Barroux pone in questo senso una sfida forse più complessa: il testo si compone, infatti, in buona parte di dialoghi non attribuiti esplicitamente, e questo implica un maggiore sforzo da parte del lettore nella comprensione degli scambi tra i personaggi.

Per il resto, il lessico è piano, le frasi sono piuttosto brevi e paratattiche e le scelte di simbolizzazione fatte da Enza Crivelli e Sante Bandirali vanno nella direzione di ottimizzare i pittogrammi impiegati e di rafforzarne il legame con il testo. Così, per esempio, là dove il testo riporta solo il verbo, il riquadro sottostante riporta anche il simbolo del soggetto o dell’oggetto a cui il verbo si riferisce (“sei” è associato al simbolo di tu e a quello di essere, “incontrarti” al simbolo di incontrare e a quello della balena, e via dicendo…). Sempre nell’ottica di facilitare la comprensione del testo e la distinzione delle sue diverse parti, va l’accorgimento ormai consueto nei libri di Officina Babùk per cui la forma del riquadro del pittogramma cambia (forma a punta) quando posto in corrispondenza dell’inizio e della fine di un discorso diretto così come quando è posto alla fine di una frase di qualunque altro genere (forma tondeggiante). L’obiettivo è sempre quello di supportare il più possibile la piena appropriazione del racconto, anche quando questo, come nel caso di Ti voglio bene, Blu, un po’ più sfidante del consueto per i lettori che necessitano dei simboli della CAA.

Donato, inventore sbadato

Nel fantastico mondo di Ortolandia, i contadini stanno vivendo proprio una brutta avventura! Talpe e corvi stanno attaccando i loro orti, perciò serve l’aiuto di Donato, l’inventore del paese: tempo addietro, Donato aveva infatti progettato un robot che sarebbe molto utile ora per scacciare gli antipatici guastafeste! Ma ahimè, Donato è un pò pasticcione… e non trova più tutte le parti che servono per ricostruire il robot! Riusciranno i giovani giocatori ad aiutarlo?

E’ proprio la cornice narrativa di una favola quella che introduce il bambino in questo software, favorendo così la motivazione alla risoluzione dei giochi. Le 8 sezioni del software infatti, hanno tutte l’obiettivo di aiutare Donato a ritrovare i pezzi per ricostruire il robot, favorendo così una dimensione ludica e giocosa. Ogni sezione propone una modalità di gioco diversa, andando così a lavorare su dimensioni quali la categorizzazione, le sequenze temporali, le relazioni di causa-effetto. Importante strumento per chi ancora non padroneggia la letto-scrittura, è adatto anche per bambini con lievi ritardi cognitivi o disturbi dell’apprendimento che devono allenare le abilità logiche e di concentrazione.

Punto di forza del software è proprio la cornice narrativa, che favorisce parallelamente la motivazione ad apprendere ma anche il dialogo e le capacità linguistiche del bambino.

A tutta musica!

Scopo divulgativo, approccio interattivo, brevi testi e giocose illustrazioni in dialogo: A tutta musica! è decisamente un libro sui generis. Progettato e realizzato a 4 mani da Ole e Hans Konnecke, il volume invita a scoprire 52 strumenti musicali diversi, dai più comuni ai più originali. A ognuno di essi è dedicata una pagina che riporta un breve testo di tono leggero che riassume le caratteristiche dello strumento e/o qualche curiosità in merito – e un’illustrazione in cui lo strumento viene suonato da un animale antropomorfo.

Proprio la scelta di rappresentare i soggetti con lo stile inconfondibile dell’autore tedesco e attraverso l’interpretazione dei suoi personaggi iconici risulta particolarmente felice per rendere il libro accattivante anche per chi non manifesti particolare interesse per la musica. E poiché di musica si può certo disquisire ma poi, a conti fatti, è l’orecchio che deve dire la sua, ogni pagina presenta un Qr code che, inquadrato, consente di ascoltare un piccolo brano suonato con lo strumento descritto. Per il lettore diventa, così, intrigante immaginare il suono di ogni strumento a partire dalle parole e dalle figure che gli autori vi dedicano per poi confrontare le sue ipotesi con una melodia vera.

Stampato con caratteristiche di alta leggibilità, in primis il font Testme, A tutta musica! può essere letto anche a spizzichi e bocconi proprio come un’enciclopedia musicale. Sarà un diletto scoprire che esistono strumenti come lo Steeldrum o la Kalimba… certo, non si può garantire che poi i bambini non vogliano a loro volta testarli in prima persona!

Torna a comprare il pane

Jean-Baptiste Drouot ha un tratto delicato e ironico che sa declinare a modino suscitando nel lettore tenerezza e sorrisi. Sinnos ce lo ha fatto conoscere con l’rresistibile prima lettura Vai a comprare il pane a cui fa seguito ora Torna a comprare il pane. Il protagonista è sempre un volpacchiotto intraprendente che anche questa volta viene mandato dalla mamma a fare una semplice commissione ma si ritrova suo malgrado nel bel mezzo di un’avventura incredibile. Basti dire che ci sono di mezzo un cugino scomparso e poi ritrovato, un naufragio, un giro in mongolfiera, l’incontro con coccodrilli selvaggi e una fuga rocambolesca tra dirupi e ponti sospesi. Non che questo gli impedisca di portare a termine il suo compito, ma l’imprevisto – è bene ricordarlo – è sempre dietro l’angolo…

Torna a comprare il pane si presenta come una lettura di grande accessibilità grazie alla combinazione di una serie di caratteristiche. Si tratta infatti di un libro breve (meno di 50 pagine) con testo contenuto e stampato in maiuscolo e ad alta leggibilità e con immagini preponderanti e regolari. Non solo, si tratta anche e soprattutto di un libro divertente e capace di condensare in uno spazio ridotto un’avventura ricca e avvincente, supportata da illustrazioni amichevoli che sposano perfettamente il tono del racconto. Il risultato è un volume estremamente godibile anche in caso di dislessia e/o di scarsa propensione alla lettura a cui affidarsi a occhi chiusi in un qualsivoglia percorso volto a mostrare ai bambini più riluttanti che il libro può essere sinceramente un amico.

La mia pilota, il mio capitano

Con gli occhi giusti, anche un semplice e ripetitivo tragitto può rivelarsi un’avventura. Ma quali sono questi occhi giusti? Quelli di chi si lascia ispirare dai nomi selvaggi delle auto – Mustang, Leon, Panda e Maggiolino –, di chi trasforma le strisce pedonali in un pericoloso ponte sospeso, di chi immagina, inventa e talvolta indovina.

La bambina protagonista di questo libro e il suo papà non hanno occhi buoni ma hanno occhi giusti. Ipovedente lei, cieco lui, i due vivono il percorso quotidiano da casa a scuola e ritorno con grande naturalezza e capacità di evasione. Se la loro disabilità non compromette la possibilità di godersi in autonomia questo momento condiviso, essa amplifica dall’altra le possibilità immaginifiche in esso custodite. Ciò che non si vede – che sia pericoloso come un incrocio o piacevole come un albero abitato da uccellini – può essere infatti memorizzato, riconosciuto con altri sensi, ipotizzato, trasfigurato secondo il proprio gusto e la propria sensibilità. Così mentre i due protagonisti si destreggiano tra semafori e marciapiedi, il traffico intorno a loro assume le fattezze di una giungla animata e rigogliosa.

I testi di Gonzalo Moure, che mettono al centro la bellezza di una passeggiata in compagnia di una persona amata, dedicando alla disabilità lo spazio necessario e le parole esatte, si accompagnano alle illustrazioni di Maria Girón che mettono su carta l’incontro tra realtà vissuta e immaginata. Coccodrilli sullo skateboard, struzzi sui pattini a rotelle e animali di ogni sorta in groppa alle auto che rispettivamente ne portano il nome contribuiscono a rendere indimenticabile quella che potrebbe essere un percorso monotono. In questa cornice delicata e affascinante, la disabilità trova così spazio in maniera significativa ma non invadente: c’è, dunque, e orienta la narrazione ma non ne costituisce il centro e non compromette l’identificazione da parte di chi non la sperimenta in prima persona. Che forse è il modo migliore per offrire della varietà di modi di stare al mondo una rappresentazione autentica.

Ho bisogno di te

Ripresi nel bel messo di una traversata tra i ghiacci polari, mamma e cucciolo di orso procedono a passo spedito diretti chissà dove. Il cucciolo è curioso e questo talvolta lo porta a rallentare, a distrarsi e seguire percorsi alternativi. Così gli succede di restare indietro, attratto per esempio da un branco di socievoli foche. La mamma, dal canto suo, procede diritta, senza guardarsi praticamente mai alle spalle. È fiducia estrema o imperdonabile imprudenza, la sua? Man mano che la storia procede, il lettore è portato a chiederselo. Quel cucciolo, ci viene da pensare anche in virtù del titolo del libro, andrebbe forse protetto.

Cosa capita, infatti, se il supporto dell’adulto di riferimento viene a mancare? Che i predatori possano farsi minacciosi, che la neve possa disorientare e che un guado possa sembrare insuperabile. Per fortuna, l’aiuto può arrivare anche da figure esterne, amiche e di fiducia, che come un ponte possono aiutare a superare momenti difficili.

Contraddistinto da tavole silenziose, non solo perché prive di parole ma anche perché capaci di catapultare in una natura dal fascino ovattato, Ho bisogno di te di Angelo Ruta racconta della cura e del ruolo fondamentale che essa gioca all’interno delle relazioni. Nato da un progetto congiunto di Carthusia e Cesvi, il libro trasforma l’assenza di testo nella chiave per suscitare ipotesi e interrogativi nel lettore, attivando un processo di pensiero che può scavare molto nel profondo.

Storielline

Le Storielline di Miguel Tanco sono come le ciliegie: ne assaggi una e poi finisci per snocciolarne una sfilza, che preso il giro diventano a dir poco irresistibili. Piccine picciò, hanno la durata di una pagina e si fanno spiluccare con diletto. Proprio come dei fumetti a strisce (senza parole però, fatto salvo per il titolo di ognuna) si sviluppano in orizzontale, sfruttando la lunga doppia pagina come scena per moltiplicare interpretazioni e punti di vista rispetto a un medesimo tema. La fine delle vacanze può coincidere con la mogia fine delle corse in spiaggia o con il gioioso ritrovamento delle amicizie di scuole. Si può essere senza paura attraversando il parco con tutto ciò che è proibito portarvi o guardando un elefante da distanza ravvicinata. Si può sperimentare la grande evasione tra pile di libri o campi di grano. E vi dicendo…

E proprio qui stanno la peculiarità e il grande fascino di queste storie mignon: nel raccontare le molte sfaccettature che uno stesso sentimento, esperienza o situazione possono avere. Attraverso i suoi personaggi bambini, indomiti e creativi, Miguel Tanco celebra, cioè, la bellezza dell’umanità, variegata e imprevedibile, soprattutto quando sa conservare l’intraprendente spirito infantile.  È così, infatti, che gli scalini possono diventare montagne e le strisce pedonali tronchi sul fiume infestati dai coccodrilli, che a ping pong si può pensare di giocare con palla, racchetta e mazza da baseball o che può valer la pena affrontare una lunga passeggiata nel bosco solo per bagnare una piantina nascente.

Estremamente concise ma capaci di solleticare grandi aperture di pensiero e immaginazione, le Storielline di Miguel Tanco ci dicono che la vita può essere in un modo ma anche nel suo esatto contrario, e che non è affatto detto che solo l’uno o l’altro sia quello giusto. Lo fa con un approccio freschissimo, ironico e positivo, riflesso da un tratto vivace e dinamico.  Ne risultano vignette quasi istantanee e immediate che mescolano adesione al reale e piccole evasioni fantastiche e che trasformano titoli neutri in contenitori di grandi e variegate avventure.

Finestre

Vincitore del Silent Book Contest 2024, Finestre è un libro senza parole giocoso e sorprendente, tutto basato sull’ingannevolezza delle apparenze. Vietato farsi fuorviare dai toni cupi che non mancano né in copertina né negli interni: il volume è tutt’altro che triste e, anzi, delizia il lettore giocando proprio sul contrasto tra le figure malinconiche o paurose suggerite dalle ombre e le realtà dinamiche e sorridenti che dietro di esse si celano.

Il libro assume il punto di vista di una bambina che troviamo assorta nei suoi pensieri mentre guarda fuori dalla sua finestra di casa. L’immagine di apertura ci dice che il palazzo in cui la bambina vive è alto e circondato da edifici simili: le cose da osservare sono dunque potenzialmente numerose. Attraverso lo sguardo della protagonista, ci soffermiamo su alcune finestre illuminate, mentre fuori il buio della notte avvolge la città. Le sagome che si delineano sembrano appartenere a inquilini isolati, litigiosi, minacciosi o inquietanti: vecchiette chine sul loro solitario lavoro a maglia, coniugi in preda alla disperazione, uomini mastodontici o desolati e persino coccodrilli furibondi… ma la realtà, spesso, non è come appare e così a ogni doppia pagina in cui emerge un’ombra perturbante, ne segue un’altra che inquadra il soggetto dall’interno della stanza, perfettamente illuminato.

Ed è qui che emerge con gioiosa allegria, l’equivoco generato dalla semioscurità. Ciò che sembrava non è: abbuffate di sushi, balli sfrenati, coccole confortanti, tentativi di rinfrescamento e appassionate sessioni di hobbistica vengono alla luce in tutta la loro vivacità, anche cromatica. I toni caldi e avvolgenti diventano protagonisti e catapultano il lettore all’interno di contesti dinamici che molto fanno immaginare. Anche la bambina incontrata in apertura non è esente dal gioco delle apparenze: con lei e con il suo affettuoso gatto si chiude, infatti, questa narrazione fatta di molti inganni, pochi colori e nessuna parola.

Sfizioso e ammaliante, Finestre presenta una struttura iterata che ne agevola la comprensione. Il tratto denso ed espressivo dell’autrice, Lola Svetlova, gioca un ruolo chiave insieme al contrasto tra realtà e apparenza nel solleticare l’immaginazione del lettore. L’ampio formato e il meccanismo ludico lo rendono infine particolarmente adatto anche a una lettura condivisa e ad alta voce.

Scappa, Nocciola!

Scoiattoli accumulatori, ragni furbetti, uccellini affamati, rane dispettose… quanto può essere imprevedibile e rischiosa la vita di un frutto in mezzo al bosco! Lo sa bene la protagonista di Scappa, Nocciola! che per fortuna, però, ha coraggio da vendere, una buona dose di intraprendenza e un pizzico di fortuna che non guasta mai: così, nonostante incappi in una serrata serie di incontri poco felici, Nocciola riesce sempre a mettere in salvo il guscio. Certo, a furia di scappare la sua casa si fa lontana. Sarà a quel punto la fiducia (ben) riposta nella creatura più spaventosa della foresta, a permetterle di riabbracciare il suo nocciolo e gli affezionati insetti che come lei vi abitano.

Incalzante, avventuroso e non privo di tenerezza, Scappa, nocciola racconta una storia densa di personaggi, incontri e colpi di scena, facendo leva sulle sole figure. Del tutto privo di parole, il libro di Caroline Romanet e Magali Clavelet fa parte della validissima collana Le nuvolette di Arka Edizioni: una raccolta di storie avvincenti e appaganti che uniscono l’accessibilità del racconto per immagini alla chiarezza compositiva tipica del fumetto. Proprio come gli altri titoli della collana, anche Scappa, Nocciola! presenta una regolare scansione in vignette (da due a sei per pagina) che accompagna e sostiene la comprensione del racconto. I passaggi narrativi sono infatti molto chiari ed espliciti così che, difficilmente, il lettore si ritrova sperduto.

Perfetto per bambini in età prescolare che, pur senza padroneggiare la lettura alfabetica, amino le storie ricche Scappa, Nocciola! può felicemente accompagnare anche i lettori alle prese con le prime letture autonome, non ultimi quelli che, in ragione di una disabilità uditiva o di un disturbo specifico dell’apprendimento,  trovano nei racconti visivi un rifugio appagante e accogliente.

L’anatra zoppa e la gallina cieca

Quella tra Ulrich Hub e Jorg Muhle è un’accoppiata a dir poco vincente. Pungente e straordinariamente ironico il primo, spassoso e irresistibile nel tratto il secondo, i due sembrano fatti per andare a braccetto. Un po’ come le due protagoniste del delizioso L’anatra zoppa e la gallina cieca: un racconto illustrato che tiene insieme umorismo e saggezza, come pochi altri sanno fare.

I personaggi li anticipa già il titolo: sono due pennute rispettivamente con una difficoltà motoria e con una difficoltà visiva. Le due non si conoscono fino a quando la gallina non si ritrova chissà come nel cortile dell’anatra. Il loro approccio alla vita non potrebbe essere più diverso: tanto è intraprendente e curiosa la prima, quanto è pavida e abitudinaria la seconda. Eppure la gallina riesce a convincere l’anatra ad accompagnarla in un posto imprecisato e lontanissimo in cui possa realizzarsi il suo sogno più grande (un sogno che ogni tre per due si dimentica, ma questa è un’altra storia). Così, le due si inoltrano nel bel mezzo di foreste buie, attraversano ponti sospesi sul vuoto, scalano ripide montagne… o perlomeno hanno l’impressione di farlo. Sul finale, infatti, un piccolo inganno verrà a galla ma poco importa, in fondo: vera o presunta che sia, quell’avventura vale per la gallina e l’anatra molto più di quel che si sarebbero aspettate. E come se non bastasse, regala al lettore non pochi colpi di scena e un numero piuttosto cospicuo di risate.

La forza di questo racconto sta proprio in una coppia di personaggi così antitetici da incastrarsi alla perfezione e da dar vita a battibecchi serrati e irresistibili. Non hanno peli sulla lingua, le due, né quando parlano di sé stesse e della propria disabilità, né quando ognuna di loro si riferisce all’altra. Quella schiettezza, che dà ragione anche di un titolo così poco politically correct, poggia su una solida (auto)ironia e su una leggerezza pensosa che cancellano i tabù con garbo e ammirevole scioltezza. E così, sulla scia di una gallina dagli occhialoni scuri e di un’anatra dalla zampa a zigzag, la disabilità diventa qualcosa di cui si può parlare e di cui si può parlare anche con il sorriso. Ma soprattutto, sulla scia di una gallina dagli occhialoni scuri e di un’anatra dalla zampa a zigzag, le debolezze di chiunque di noi vengono a galla e il processo che porta una conoscenza a trasformarsi in un’amicizia risplende in tutta la sua tortuosa bellezza.

La scomparsa di Maresciallo. Le indagini di Italo

In questa storia ci sono un pappagallo scomparso, un maialino investigatore e una sfilza di altri animali da fattoria che collaborano o interferiscono con le indagini. Seguire le tracce di un pennuto scorbutico misteriosamente sparito è faccenda tutt’altro che semplice, soprattutto se come l’investigatore Italo non puoi volare, non puoi scavare gallerie e provi un’attrazione irresistibile per i pisolini. Ma Italo è un tipo tosto, perciò con molta calma e le dovute pause si mette sulle tracce di Maresciallo, pronto ad affrontare anche il più feroce di cani randagi. Dovrà fare accordi loschi, trovare insperati alleati, fare domande scomode e trovare il coraggio di dire di no ai bulli da cortile ma alla fine verrà a capo dell’enigma, come solo un vero professionista delle indagini sa fare.

Scorrevole e spiritoso, La scomparsa del maresciallo può contare sulla penna giocosa di Beniamino Sidoti e sulla matita leggera di Evelise Obinu. La misura è inoltre breve e il testo è stampato con la font Inconstant, la cui caratteristica irregolarità risulta funzionale a una maggiore leggibilità anche in caso di dislessia. La font in questione, progettata da Daniel Brokstad, fa in particolare leva su forme, altezze inclinazioni variegate che rendono il testo piuttosto dinamico. L’aspetto dei grafemi viene inoltre modificato in funzionale dei grafemi circostanti, così da contrastare spiacevoli sovrapposizioni e confusioni. Lo stesso grafema assume dunque forme diverse a seconda della parola in cui è inserito. La font nasce su sollecitazione di Dyslexia Scotland, ente scozzese che promuove l’inclusione delle persone dislessiche, che attraverso la campagna There’s nothing Comic about Dyslexia ha portato alla luce il rischio di giudicare una font come il Comic Sans solo per il suo aspetto estetico (e non per la sua leggibilità) e ha promosso la progettazione di un carattere approvato tanto dai lettori dislessici quanto dai designer.

Conta chi conta

Un libro per contare, un libro per riflettere, un libro per dare valore: Conta chi conta ha tante facce e proprio come tale può essere proposto ai giovani lettori. Ogni sua doppia pagina mette a confronto un numero che, di fatto, non è che un’entità astratta, con un oggetto che, al contrario, è decisamente concreto. I numeri dal canto loro crescono, l’oggetto cambia ma resta sempre uno. Eppure, con buona pace della matematica, il secondo – che sia un panino per chi ha fame, un raggio di sole per chi ha freddo, un abbraccio, un amico sincero o una fiaba – conta sempre più del primo. Difficile, in effetti, affermare il contrario.

Compatto e dall’aspetto raffinato, il libro di Ilaria e Lucia Macchiarini presenta testi in rima in nero (applicati a posteriori con una soluzione cartotecnica elegante) e Braille e illustrazioni fruibili sia alla vista sia al tatto. Se i testi, dal canto loro, difficilmente sfuggono alla retorica, le illustrazioni evidenziano una ricerca approfondita e interessante sui materiali. Talvolta molto realistiche, come nel caso della candela di compleanno, talvolta simboliche, come nel caso dell’abbraccio di mamma e papà, queste risultano sempre estremamente essenziali, ben percepibili dai polpastrelli e tattilmente stimolanti. Ogni doppia pagina riporta inoltre in alto a destra un numero di tondi dorati che rispecchia il numero di cui di volta in volta parla il testo. In questo modo il confronto tra quantità e valore diventa particolarmente concreto e comprensibile.

Scatola con sorpresa

Edizioni Arka ha portato in Italia un delizioso progetto editoriale di origine francese: una collana di fumetti senza parole per bambini intitolata Le nuvolette (originariamente: Mini bulles). I volumi che la compongono si caratterizzano per un tipo di racconto estremamente fruibile nella misura in cui l’accessibilità legata alla narrazione per immagini si somma a quella dettata dalla partitura regolare delle vignette.

La collana si rivolge idealmente a un pubblico di età prescolare, come intuibile dai personaggi e dal tipo di vicende narrate, dalla predilezione per il codice iconico e dall’attenzione a rendere i passaggi da una vignetta all’altra particolarmente chiari ed evidenti. In questo senso, i diversi autori che hanno collaborato a questa collana hanno dato a vita a storie facili da seguire nel loro sviluppo grazie a sequenze che lasciano pochi vuoti narrativi e dunque accompagnano il lettore passo passo. L’idea che sta alla base della collana è, non a caso, che i volumi che ne fanno parte possano prima di tutto essere letti in autonomia dai bambini, senza che debba necessariamente essere un adulto a guidarli (cosa che, in ogni caso, è sempre possibile e offre una diversa possibilità di lettura).

Scatola con sorpresa di Édouard Manceau si apre, manco a dirlo, con una scatola rossa ben chiusa. Da quella scatola, a partire dalla seconda vignetta, fa capolino un micio che esce, trova a sua volta una scatola azzurra da cui – sorpresa! – esce un amico, un piccolo coniglio. I due si avviano insieme (muovendosi sempre verso destra) e compiono un lungo viaggio durante il quale incontrano un gran numero di scatole, ciascuna delle quali contiene nuovi incontri e/o nuovi ambienti in cui muoversi. Così, in una sequenza molto dinamica, i due si imbattono in un’orchestra allegra, in un mostro buffo, in una motocicletta, in un pesce, in una foresta, in un equipaggiamento da campeggio, in una mongolfiera, in un barattolo, in un arco, in un’auto e in un paesaggio marino… Come si combinino questi elementi per dar vita a piccole spassose e ingegnose vicende non lo riveleremo. Si sappia, però, che quelle che possono sembrare delle innocue scatole di cartone possono contenere tutti gli ingredienti necessari per vivere un’avventura degna di questo nome. Potere dell’immaginazione!

I molteplici cambi di scenario, la dimensione magica che trasforma le scatole in veri e propri mondi in cui immergersi e la varietà di personaggi incontrati ed eventi sopraggiunti rendono Scatola con sorpresa leggermente più complesso rispetto a Coco e Mosca, l’altro titolo che ha inaugurato la collana de Le Nuvolette. Ciononostante troviamo anche qui un’apprezzabile attenzione a rendere agevolmente decodificabile ciò che accade nelle vignette, a esplicitare passaggi anche minimi e a guidare il lettore all’interno di scene mutevoli grazie a efficaci cambi di sfondo (un colore diverso per ogni scatola esplorata) e a precise espressioni del viso dei personaggi. Ne vien fuori un racconto denso ma amichevole che può riservare grandissima soddisfazione!

Il Miciometeo

Non è raro, in montagna, imbattersi in curiosi e ironici sistemi di previsione del tempo basati sulle condizioni di una corda: se è rigida fa freddo, se è mossa c’è vento, se è bagnata piove, se è invisibile c’è nebbia. Ecco, Il Miciometeo potrebbe essere una variante libresca, animata e coccolosa di quei sistemi.

Il protagonista è infatti un placido gattone dal cui lungo pelo si possono evincere le condizioni metereologiche: se piove è umettato e compatto, se grandina nasconde granelli duri, se c’è il sole è caldo e arruffato, se c’è vento è tutto pettinato da un lato, se gela è rigido e se nevica porta dei fiocchi leggeri. Il volume che ne descrive le prodigiose qualità è un libro tattile illustrato che si compone di 8 doppie pagine in stoffa ruvida, con testo in nero (stampato maiuscolo e a grande carattere) e in Braille e con illustrazioni da vedere e da toccare. Il primo è sempre posto sulla pagina di sinistra e le seconde sempre su quella di destra: in questo modo l’orientamento del lettore viene agevolato e la lettura del testo supporta l’esplorazione delle figure che seguono.

Dopo la prima doppia pagina che spiega la peculiarità del Miciometeo, quelle seguenti sono dedicate ai diversi giorni della settimana. A ogni pagina corrisponde un giorno, a ogni giorno corrisponde un clima diverso, e a ogni clima corrisponde un aspetto diverso del pelo. La base di quest’ultimo è però sempre identica e questo aiuta il lettore a riconoscere gli elementi che di volta in volta su di essa variano, senza disperdere tempo e sforzi nella decodifica di sagome sempre diverse. La rappresentazione, inoltre, non è figurativa ma si compone di un semplice quadrato di pelo: in questo modo il lettore è invitato a concentrarsi sull’aspetto tattile più che sulla forma del gatto.

Questi aspetti, uniti a una scelta curata e suggestiva dei materiali da apporre o dei trattamenti da applicare alla base di pelo, fanno sì che il libro di Ilaria e Lucia Macchiarini, già apprezzate autrici di Tana, risulti molto immediato, comprensibile, stimolante e fruibile. Non a caso, in occasione del 7° concorso nazionale di editoria tattile Tocca a te, è stato insignito di una menzione speciale come miglior libro dedicato alle disabilità complesse.

Un pesce fuor d’acqua

Arriva dritta dal Giappone la storia di Pesciolino: una storia di resilienza e amicizia, di diversità e identità, che racconta molto bene la sensazione di essere fuori contesto, senza le abilità, le caratteristiche o gli strumenti giusti per stare insieme o al passo degli altri. Una sensazione, quella del pesce fuor d’acqua (come dice eloquentemente il titolo del libro), molto familiare a chi vive una disabilità ma in cui chiunque, in realtà, può facilmente riconoscersi. E qui sta forse il pregio più grande di questo piccolo libro edito da Kira Kira: nel fatto che il protagonista è evidentemente impossibilitato a compiere delle azioni che per i pari sono normali e automatiche e ciononostante il lettore senza alcuna disabilità può riconoscervisi con molta naturalezza. In quel pesciolino che vive in una casa subacquea ma frequenta un mondo che subacqueo non è, la rappresentazione della disabilità (soprattutto ma non solo motoria) è dunque lampante ma i sentimenti che vengono portati a galla e in cui il lettore può ritrovarsi prescindono completamente da questa condizione perché sono di fatto sentimenti semplicemente umani.

Ma andiamo con ordine. Il protagonista di Un pesce fuor d’acqua è un pesciolino che frequenta la scuola primaria. Vive in una casa acquatica ma per uscire e riuscire a respirare deve indossare un pesante casco di acqua riempito. Questo, unito all’assenza di veri e propri arti, rende un po’ più complesse alcune attività quotidiane come scrivere o mangiare, e molto più ostiche alcune attività frequenti come correre durante l’ora di educazione fisica. Ma Pesciolino è un tipo tosto e vuole fare ciò che fanno i suoi compagni. Così a correre prova lo stesso, incappando però in un brutto incidente che lo tiene bloccato a casa per un po’ e che soprattutto ne mina profondamente l’autostima. Sarà la visita e il regalo inaspettato di due amici a dare una svolta alla situazione, mettendo in evidenza l’impatto che il contesto può avere sulla percezione di una disabilità (o più genericamente di un senso di maggiore o minore adeguatezza).

La storia è dunque semplice ma ciò che la rende straordinaria è la maniera in cui Mimiko Shiotani la racconta, soprattutto attraverso le sue superlative illustrazioni. È infatti il modo in cui l’autrice dipinge i suoi personaggi, già di per sé irresistibili per il tratto e per i toni con cui sono messi sulla carta, a dare spessore e complessità alla narrazione. Nel testo non si trova infatti il benché minimo accenno alla diversità di Pesciolino. Ciò che le parole riportano sono dati di fatto: che Pesciolino deve mettere un casco perché è un pesce, che andare a scuola a piedi è dura perché i pantaloni sono pesanti, per esempio. Tutto ciò che deduciamo sulla sua diversità e sulle sue difficoltà non ce lo dicono pesanti passaggi didascalici ma lo assimiliamo da dettagli sottili: la lunga descrizione delle operazioni per indossare l’uniforme scolastica, per esempio, o i movimenti ritratti in relazione alla scrittura o al pasto. Stop. La complessità, di fatto, non è detta ma trova comunque voce e proprio questo permette al libro di riecheggiare molto più forte.

Non solo. Sempre senza sottolineare la cosa, l’autrice costruisce un mondo in cui sì, Pesciolino è molto più diverso dagli altri, ma in cui in realtà ciascuno ha una sua specifica identità. Pesciolino non vive cioè da pesce in un mondo di bambini ma da pesce in un mondo di creature terrestri variegate: uccelli, lucertole, bambini e gatti, solo per dirne alcuni. E questo fa una grande differenza perché di fatto ci dice che la diversità ha tante forme e che ciascuno può a suo modo sperimentarlo. Analogamente, appare di grande effetto la scena in cui gli amici Lucertola e Bambino vanno a trovare il protagonista. Sono loro, in questo caso, a dover indossare il casco per potersi tuffare dentro la camera di Pesciolino. Qui pesciolino non ne ha bisogno perché è per l’appunto l’ambiente a renderci più o meno abili. Il testo ci dice: “Giochiamo nella mia stanza – risponde Pesciolino e gli fa segno di entrare. Lucertola e Bambino indossano il casco e splash, si tuffano in acqua”. Nessuna sottolineatura, nessun dilungamento inutile sulla faccenda. Ma con quanta forza arriva il messaggio?

Potente e delicatissimo insieme, Un pesce fuor d’acqua racconta un mondo fantastico che somiglia però molto al nostro. Lo fa attraverso un immaginario sognante e un segno stratificato e attento che vorremo ritrovare ancora e ancora perché capace di accompagnarci in appassionanti viaggi dentro e fuori di noi.

La prima storia che abbiamo raccontato

Grande nel formato e nella minuzia compositiva, La prima storia che abbiamo raccontano è un silent book straordinario che celebra la potenza delle storie. Frutto del lavoro a quattro mani di Rafael Yockteng e Jairo Buitrago, il libro si compone di ampie tavole in bianco e nero realizzate a matita con un’accuratezza impressionante. Dinamico e palpitante, ogni passaggio narrativo prende vita grazie a figure definite a tratto fine e a scenari di ampio respiro.

La storia è ambientata nel Pleistocene e ritrae una eterogena tribù di ominidi che si sposta nel bel mezzo di una natura sconfinata e zeppa di pericoli, mentre si dedica ad attività fondamentali come la caccia e la pesca. Ogni passo è un rischio, ogni giorno è una scommessa. Ci sono pareti ripide da superare, intemperie da affrontare, massi da spostare e soprattutto bestie feroci da cui fuggire o contro cui combattere. Non sempre gli esiti sono positivi e il libro non lo nasconde, anzi. Proprio il durissimo combattimento dei protagonisti con un branco di enormi bisonti fa da prologo alla storia e occupa le pagine che precedono il titolo stesso, catapultando immediatamente il lettore in un mondo ostile, in cui stare all’erta è prerequisito fondamentale alla sopravvivenza.

Servono riflessi pronti e sguardo attento. Ma lo sguardo, è bene precisare, può modularsi in tanti modi: si può guardare per trovare delle prede, si può guardare per trovare delle vie di fuga, e si può guardare per trovare delle storie. Così fa, infatti, la più piccola della tribù: una bambina dalla chioma ribelle che silenziosamente, in ogni situazione, si distingue dai suoi compagni di viaggio per la maniera in cui osserva le cose intorno a sé. Nei suoi occhi c’è spazio anche e soprattutto per la curiosità e per la meraviglia: esattamente le scintille che consentono di trasformare legno e fuoco in arnesi per dipingere le pareti di una grotta. Ed ecco che con  questa straordinaria scoperta, tutte le avventure affrontate dalla tribù possono rivivere ancora e ancora. Ma questa è un’altra storia…

Estremamente affascinante, La prima storia che abbiamo raccontano mette in scena molti personaggi e scenari diversi offrendo al lettore una grande varietà di stimoli tra cui districarsi. I passaggi narrativi non sono sempre espliciti e questo rende l’esperienza di lettura particolarmente densa e sfidante. Le cose da osservare sono molte, compresi dettagli dell’ambiente e della fauna ricostruiti in maniera meticolosa: il grado di assorbimento, il tempo di immersione e la ricchezza di questa narrazione per immagini risultano perciò davvero elevati. Immaginate quanti percorsi – inventivi e didattici – possano prendere vita tra questi vulcani e foreste, grotte e animali preistorici?

Anna, la bambina del mare

C’è una sorta di affinità elettiva tra la scrittura fiabesca di Almond e le illustrazioni impalpabili di Beatrice Alemagna. Il loro incontro appare per certi versi naturale, inevitabile, magnetico, di quel magnetismo proprio della bellezza che chiama altra bellezza. Anche e prima di tutto per questo, Anna, la bambina del mare è un libro irresistibile. Racconta la storia di una bambina fuori dal comune, che vive con la sua mamma su un’isola sperduta ma che avverte forte il richiamo del mare, che fatica ad affrontare con successo le sfide scolastiche e che cerca senza posa l’origine della sua diversità: una fiaba moderna che tiene i piedi nel reale e lascia volare via l’immaginazione, custodendo una leggerezza e una sospensione tra vero e fantastico che è cifra stilistica ma anche motore narrativo.

In Anna, la bambina del mare le storie hanno un potere salvifico perché spiegano ciò che gli occhi non riescono a vedere e nutrono un bisogno che si radica nel profondo. “Siamo tutti un mistero persino per noi medici in camice bianco. E alcune persone sono un rompicapo più di altre”, dichiara saggiamente il dottor John dopo aver visitato Anna nel tentativo di spiegare la sua stranezza. Ma là dove la scienza alza le mani, l’immaginazione può molto. E così Anna non si stanca di chiedere alla mamma “Da dove vengo” e di ascoltare storie che parlano di amori venuti dal mare, di creature enigmatiche, di incontri ineffabili, di conchiglie che sono talismani, trasformando il mistero in chiave per guardarsi e finalmente riconoscersi e accettarsi.

Io aspetto te qui

Io aspetto te qui è la versione semplificata e simbolizzata di un albo tattile illustrato nato in casa Puntidivista per offrire al lettore uno strumento di supporto in caso di difficoltà emotiva. Il libro si rivolge direttamente a un ipotetico bambino triste o spaventato, a cui suggerisce alcune strategie che possano aiutarlo a calmarsi: accarezzare un gatto morbido, passeggiare in un bosco, prendersi del tempo per starsene un po’ da solo in un luogo quieto, per esempio.

Questa specifica versione si caratterizza per un testo orientato alla scrittura Easy To Read con frasi minime e costrutti lineari e senza sottintesi, anche se questo può talvolta compromettere la piacevolezza e la fluidità della frase (il titolo può costituire in questo senso un esempio emblematico). L’idea è che possa risultare fruibile e chiaro anche a lettori con difficoltà cognitive e comunicative importanti. A questo scopo concorre d’altronde anche l’affiancamento dei simboli al testo. I simboli appartengono in particolare a una collezione messa a punto dalla stessa casa editrice e vengono riquadrati insieme alle parole di riferimento, stampate in maiuscolo.

Va evidenziato, inoltre, il fatto che le illustrazioni, originariamente nate come immagini visuali piuttosto basiche, vengono arricchite da dettagli tattili anche se il target di riferimento non è quello di lettori con disabilità visiva. Si tratta di un accorgimento apprezzabile e funzionale perché risulta non solo gradito ma anche funzionale, in un’ottica di sostegno all’aggancio e alla comprensione del racconto, da parte di quei bambini che più di altri faticano a seguire e fare proprio la narrazione.

I giorni del mare

Dopo Nel mio giardino il mondo e Su e giù per le montagne, Irene Penazzi torna in vacanza con spirito bambino. Per il terzo volume della serie edita da Terre di Mezzo, l’autrice sceglie una meta marittima. Il titolo è, infatti, I giorni del mare. Come negli altri libri, anche qui troviamo una narrazione che procede per sole immagini e incontriamo tre personaggi: due bambine e un bambino. Eppure a ben guardare non sono davvero loro al centro del racconto. Sembrerebbero piuttosto il gioco e il tempo, i protagonisti assoluti di queste tavole meravigliose.

Il gioco è declinato in tutte le sue forme: strutturato e improvvisato, solitario e condiviso, sulla sabbia e tra le onde, con il supporto di giocattoli o della sola fantasia, corto o lungo, calmo o sfrenato, di ricerca o di sfida… quante opportunità riserva, in effetti, il contesto della spiaggia a chi voglia godersi a pieno le vacanze? Non c’è un minuto da perdere!

Il tempo, dal canto suo, appare silenzioso sulla pagina. I giorni del mare ritrae, infatti, le attività dei tre personaggi in un ipotetico arco temporale che va da inizio giugno a fine agosto. L’affollamento che cambia, l’arrivo delle stelle cadenti, il clima via via meno clemente, gli indumenti sempre più pesanti, i ritmi più lenti… Irene Penazzi non si limita a fotografare l’estate ma ne segue gli sviluppi con attenzione, premurandosi di costruire le sue illustrazioni con dovizia di dettagli che possano guidare la lettura sequenziale. Il suo tratto a matita leggero e inconfondibile, le sue tinte tenui e allegre e il suo sguardo fresco su un mondo mai sopito come quello infantile fanno de I giorni del mare una delizia in cui immergersi per un tempo lungo, godendo dei particolari e dei ricordi che questi senza dubbio attivano in ognuno di noi. La pista delle biglie, la sfida ai cavalloni, i gelati, le altalene a testa in giù, gli scherzi, le costruzioni con la sabbia e le partite a bocce o racchettoni ma anche, più sottilmente, l’allegria spensierata – diversa inevitabilmente da quella di città – con cui queste attività si susseguono e si intrecciano e la curiosità indomita che un ambiente naturale come quello marittimo può solleticare. Irene Penazzi sa guardare, ricordare, fotografare e restituire benissimo non solo le cose ma anche i sentimenti e proprio questo rende speciali i suoi libri senza parole.

La costruzione narrativa, dal canto suo, è particolare come nei volumi precedenti e tende a trattare in maniera dinamica e non lineare la doppia pagina. Gli stessi protagonisti compiono cioè più azioni all’interno della stessa cornice, senza soluzione di continuità, e questo richiede al lettore grande spirito di osservazione e capacità di inferenza: due qualità spesso presenti nei bambini con disturbi specifici dell’apprendimento o con una disabilità in cui sia compromessa la sola decifrazione testuale (per esempio la sordità) ma che possono faticare a emergere all’interno dei libri tradizionali e che invece, all’interno di silent book come questi, trovano terreno fertilissimo per risplendere ed essere messe a frutto.

Topé

New entry nella collana Minizoom di Biancoenero, dedicata alle prime letture, il racconto illustrato Topé è firmato da uno dei più grandi autori per bambini e ragazzi italiani: Roberto Piumini. E dell’autore bresciano, Topè porta tutta la grazia e l’amore per la parola. La parola che gioca, la parola che vola, la parola che rima e che dà nuova forma al mondo.

Topè mescola infatti prosa e versi per raccontare l’avventura del suo piccolo protagonista: un topolino che, in sogno o per davvero, chissà! – si trova un giorno tutto solo e inizia un viaggio alla ricerca dei suoi cari. È un viaggio zeppo di imprevisti, di prove e di scoperte, il suo. Un viaggio a cui il lettore è chiamato dall’autore a dare slancio, pronunciando insieme a lui parole in rima che sanno di incantesimo e fiabesca poesia. E così, guidato dalla voce di chi legge, Topé supera massi e ruscelli, alberi e gatti, fidandosi del suo istinto, dei suoi sensi e dei ricordi, che anche quando svaniscono, restano in qualche modo sopiti in qualche parte nascosta del nostro corpo. Fino alla sorpresa finale, che non può che essere lieta e che apre uno spiragli verso un viaggio ancora da cominciare…

Tenero e coraggioso, Topé è al centro di un racconto dal ritmo deciso e dalla forma curata. Il volume che lo ospita, dal canto suo, presenta tutte le caratteristiche di alta leggibilità che agevolano la lettura anche in caso di dislessia (font specifica, spaziatura maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, sbandieratura a destra, capitoli brevi, carta opaca e color crema, illustrazioni frequenti) ma vanta anche un’apprezzabile sinergia tra testo e figure. Le illustrazioni a colori di Isadora Bucciarelli accompagnano, infatti, le parole di Piumini con puntualità, sposandone a pieno il tono leggero.

Dove abita la frutta

Un piacevole testo in rima, illustrazioni minimali e dai colori attraenti, un impianto compositivo iterato e rassicurante: Dove abita la frutta di Caterina Bolasco offre una lettura tattile di agevole esplorazione che stuzzica l’appetito del lettore con una serie di versi dedicati ai diversi frutti e alle relative piante.

Limoni, uva, ciliegie, castagne, fragole e pesche sono protagonisti di ampie pagine in cartoncino nero, su cui spiccano in maniera felicemente contrastata le illustrazioni colorate a collage materico. Accompagnate da brevissimi testi descrittivi in rima, che evidenziano uno o due tratti peculiari di ogni albero e di ogni frutto, queste si fanno particolarmente apprezzare per la scelta oculata ed efficacissima dei materiali con cui i soggetti sono rappresentati. L’idea di impiegare, per esempi, le solette in gel – rispettivamente nella parte totalmente liscia e in quella puntinata – per sagomare la fragola o le ciliegie è, per esempio, un piccolo colpo di genio.

Questa attenzione a offrire materiali significativi, unita a uno stile compositivo votato all’essenzialità (pochissimi elementi ben distinguibili per ogni albero e frutto), agevola il riconoscimento dei soggetti nonostante questi siano in buona parte aderenti a modelli di rappresentazione basati sulla vista (gli alberi, nella fattispecie, presentano puntualmente la forma tronco + chioma con una sagoma diversa). A sostenere il lettore nelle operazioni di decodifica concorre inoltre la struttura fissa della doppia pagina che vede sempre il testo in nero e in Braille collocato nella parte bassa, la rappresentazione dell’albero sulla sinistra e la rappresentazione del frutto sulla destra.

Completa il volume un’ultima doppia pagina che raccoglie alcune ricette, anch’esse scritte sia in nero sia in Braille, che vedono protagonisti i frutti descritti e che costituiscono un rinnovato invito a costruire collegamenti funzionali tra il mondo reale e quello dei libri.

Piccolo Blu e Piccolo Giallo

Il giorno in cui viene pubblicato un libro accessibile di qualità è un buon giorno per l’inclusione. Il giorno in cui viene pubblicata una versione accessibile di qualità di un libro per l’infanzia straordinario come Piccolo blu e piccolo giallo, però, è a dir poco meraviglioso. Se, come crediamo, il potenziale inclusivo di un libro accessibile risiede prima di tutto nella sua capacità di aprire alla condivisione degli immaginari, la possibilità di godere di un pilatro della cultura infantile anche in una versione in simboli è quantomai preziosa. Massima, dunque, è la gioia per l’iniziativa di Officina Babùk che ha da poco dato alle stampe il capolavoro di Lionni: un libro che peraltro si presta estremamente bene a questo tipo di resa perché caratterizzato da un’essenzialità di fondo, da testi diretti e da figure minimali ed espressive.

La storia è arcinota: due piccoli amici, rappresentati come due macchie di diverso colore, amano giocare insieme e, in seguito a un gioioso abbraccio, si fondono in un colore terzo che ne impedisce inizialmente il riconoscimento da parte dei genitori ma che diventa sul finale segno tangibile di un sentimento affettuoso. Ben distante dall’essere un semplice libro sui colori, Piccolo blu e Piccolo giallo è diventato un classico per la sua narrazione meravigliosamente semplice e insieme raffinata e per la capacità di arrivare dritto ai bambini, parlando intensamente di emozioni senza avvertire però il bisogno di costruire una storia a tema. Pensare dunque che un simile patrimonio possa ora essere condiviso anche da bambini con difficoltà comunicative o cognitive o fruito in maniera alternativa da bambini senza specifiche difficoltà in procinto di imparare a leggere (per i quali non è trascurabile la scelta di stampare il testo in maiuscolo) è cosa assai importante.

La versione di Piccolo Blu e Piccolo giallo di Officina Babùk, la cui simbolizzazione è curata da Enza Crivelli e Sante Bandirali, presta attenzione a rispettare non solo il testo originale ma anche l’equilibrio grafico che coinvolge testo e immagini e che destina agli spazi bianchi un ruolo non trascurabile. I simboli WLS, di dimensione contenuta ma fruibile, sono sempre posti sotto le parole nella parte bassa della pagina, proprio come nella versione tradizionale dell’albo. Il loro uso è funzionale a creare un supporto visivo al testo: ecco dunque che vengono impiegati qualificatori temporali, che articoli e (la maggior parte delle) preposizioni non vengono, per esempio, associati a un simbolo (ma vengono uniti al sostantivo di riferimento) e che talvolta unità di senso corrispondano a un unico simbolo. Ciò che colpisce e che dà anche la misura, però, del talento di Lionni nel parlare ai bambini, è che i simboli impiegati e resi necessari dal suo testo sono estremamente trasparenti, ossia parlano quasi da sé. La schiettezza e la chiarezza essenziale, cifre inconfondibili di Piccolo Blu e Piccolo giallo hanno, di fatto, un valore intrinseco anche in termini di accessibilità.

Fuori piove!

L’immaginazione trova sempre nuove strade: leggere Fuori piove! per credere! Nel libro di Jane Massey, la piccola protagonista viene bloccata dentro casa dal maltempo, trovandosi così faccia a faccia con  un ospite imprevisto: la noia. Di certo la bambina non può giocare a palla con il suo cagnolino (non che non ci abbia provato…) ma nulla le vieta di trasformare le cose di casa in ciò che occorre per evadere con la fantasia. Così i cuscini diventano sassi per guadare il fiume, i pupazzi dei perfetti compagni di degustazione di tè, le scale strade di collina su cui arrampicarsi. E poi si possono fare le bolle, suonare gli strumenti, travestirsi… e quando anche la scatola dei giochi finisce per svuotarsi, la sua utilità non si esaurisce. Basta un palloncino e si è già pronti a partire per un viaggio, giusto il tempo che il sole torni a fare capolino e che si formino per bene le pozzanghere in cui saltare!

Delizioso nel tratto e nel racconto, Fuori piove! dice bene del potere dell’immaginazione e del motore creativo che può essere la noia. L’autrice sa rendere in maniera molto efficace il viaggio multidirezionale tra mondo reale e mondo fantastico che la protagonista compie, grazie a un tratto minimale, a un efficace uso del colore e a una studiata scansione narrativa. Il rosso del vestito e di pochi altri oggetti chiave di scena, che spicca su scene in bianco e nero con qualche tocco tenuissimo di azzurro e rosa pastello, aiuta infatti a sottolineare l’azione. Il passaggio da un mondo all’altro avviene, dal canto suo, sempre in coincidenza con il voltare della pagina, trasformando il movimento della sfogliatura in una sorta di rituale funzionale al compiersi della magia. Questa ricorrenza, inoltre, facilita la comprensione di ciò che sta accadendo, al pari della riquadratura che scandisce la narrazione senza trascurare mai dei passaggi essenziali. Il fumetto senza parole che prende così forma appare di conseguenza molto fruibile, oltre che capace di suscitare sincera identificazione da parte del piccolo lettore.

Hank Zipzer. Chi ha ordinato quel bambino?

Avventura numero 13 per Hank Zipzer, il bambino combina-disastri-e-trova-soluzioni più simpatico di New York. 13 è un bel numero, soprattutto considerando che la qualità delle storie che compongono la serie di cui Hank è protagonista è finora sempre rimasta elevata. Come fare per mantenerla tale? Può certo essere utile una scossa, un elemento inatteso, una novità che mescoli un po’ le carte in tavola, devono aver pensato Lin Oliver ed Henry Winkler. Detto fatto: ecco che in questo nuovo volume della serie qualcosa di sorprendente accade: Hank sta per diventare fratello maggiore!

Il problema è che la sorpresa non tocca solo il lettore ma anche e soprattutto Hank stesso, che tutto si aspettava fuorché di ritrovarsi in pochi mesi con un bebè che gironzola per casa. La sua reazione è, dunque, tutt’altro che composta. Oltretutto la notizia arriva a pochi giorni dal suo compleanno e tutti sembrano più interessati a dare il benvenuto al bambino che ad aiutarlo a organizzare una festa epica. Per fortuna c’è Papa Pete, nonno insuperabile, che abbraccia le emozioni di Hank (belle e brutte, che siano) e lo accompagna nel negozio di animali per scegliere un regalo di compleanno adeguato alle aspettative. Deciso a fare uno sforzo e ad allenarsi nel prendersi cura di una creatura piccola come potrebbe essere un fratellino, Hank opta per una tarantola che decide di chiamare Rosa. Inutile dire, se un poco si conosce la serie, che la combo Hank+tarantola non può che generare scompiglio, soprattutto se si considera che Hank decide di auto-organizzarsi una festa di compleanno in solitaria, portando in pubblico la sua nuova amica.  Guai e pezze (peggiori dei guai stessi) sono dunque dietro l’angolo, ma con loro anche qualche inattesa sorpresa che fa capire ad Hank che l’arrivo di un fratellino non divide l’amore dei famigliari ma piuttosto lo moltiplica. Il che può sembrare strano, in effetti, ma è proprio vero. Questione di matematica affettiva, la discalculia questa volta non c’entra!

Divertente e scorrevole come di consueto, Hank Zipzer. Chi ha ordinato quel bambino? ruota meno di molti volumi precedenti  intorno al tema dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento, come se questi fossero ormai una peculiarità assodata del personaggio, che emerge di tanto in tanto proprio come accade nella realtà, senza che debba necessariamente scatenare degli eventi narrativi. Restano inalterati tutti gli accorgimenti di alta leggibilità che Uovonero mette in campo in questa collana (font, spaziatura, margini, sbandieratura, colore della carta) e che continuano a renderla particolarmente gradevole non solo nei contenuti ma anche alla vista.

Il diario di Lola Patapum

La protagonista di questa storia si chiama Lola ma presto il suo nome diventa Lola Patapum perché così la chiama la sua amica Lilù. Conosciuta un giorno per caso al parco, Lilù non è una bambina con cui sia facile entrare in contatto: non manifesta all’inizio alcun interesse per il gioco condiviso, tende a starsene sulle sue e reagisce in maniera inconsueta a situazioni piuttosto comuni, come quando Lola le tocca il braccio per attirare la sua attenzione. Così i primi approcci di Lola, che è invece desiderosa di fare nuove amicizie, risultano piuttosto fallimentari. Quando, però, Lola inizia dondolarsi come fa Lilù e cade per errore all’indietro, Lilù sembra animarsi all’improvviso e ride divertita. Lola lo nota e da quel momento la caduta al suono di Patapum diventa la chiave per entrare in contatto con quella bambina imprevedibile e misteriosa a cui Lola si affeziona presto.

La loro sarà un’amicizia costruita passo passo, per tentativi e aggiustamenti. Un rapporto apparentemente fragile ma in realtà molto solido, perché forte è la motivazione e il sentimento che vi stanno alla base. Lola vuole bene a Lilù e Lilù vuole bene a Lola ed entrambe lo sanno, anche se tra loro può essere difficile comunicare. Ecco allora che l’ostacolo diventa stimolo e Lola si inventa un modo tutto suo di parlare attraverso le figure: una sorta di Comunicazione Aumentativa autoprodotta che si rivela tanto più efficace perché fondata sull’affetto e sulla conoscenza profonda.

Raccontato dal punto di vista e attraverso la voce di Lola, Lola Patapum costruisce una cornice gradevole all’interno della quale l’autismo può trovare spazio di rappresentazione. In questo senso il libro può costituire un supporto utile e piacevole grazie al quale i bambini possono familiarizzare con alcuni comportamenti e modalità di funzionamento associate allo spettro autistico senza limitarsi ad etichettarli come strambi. L’impressione è dunque che l’intento di sensibilizzare e facilitare un contatto tra bambini neurotipici e bambini neurodivergenti sia nel volume prioritario. “Una storia di amicizia. Un racconto per comunicare meglio con i bambini autistici”, recita la copertina con una certa apprezzabile schiettezza. Il libro, dal canto suo, presenta una grafica pulita, un testo abbastanza fluido e illustrazioni fini, amichevoli e brillanti (in tricromia: bianco, nero e arancione acceso) che giocano un ruolo fondamentale nel dire l’autismo senza rinunciare a un poco di leggerezza.

I guai di mini cowboy

Un cowboy si giudica dal suo coraggio, non dalla sua statura.  Eppure, per chi è alto poco più di un soldo di cacio, la vita del west sembra particolarmente dura. Un’impresa montare a cavallo, impossibile ordinare da bere, ridicole taglie sulla testa proporzionate all’altezza. Mini cowboy lo sa bene e per far fronte agli inconvenienti dovuti ai suoi centimetri ridotti, prova ogni sorta di ingegnosa soluzione. Sarà però l’incontro con altri due cowboy (anzi, un cowboy e una cowgirl) che condividono i suoi stessi crucci a permettergli di trovare la soluzione. Perché è proprio vero che non è importante essere alti ma essere all’altezza!

Scritto e illustrato dall’inglese Daniel Frost, I guai di mini cowboy fa deliziosamente leva sull’immaginario western dando vita a una storia insieme buffa e serrata. L’autore privilegia illustrazioni asciutte e dai colori accesi, in cui spiccano i giochi di altezze e prospettive su cui si basa l’intero libro. Le ampie pagine del volume danno loro ampio spazio e restituiscono pieno valore alla tensione grande-piccolo che anima il racconto. Quest’ultimo procede spedito e secco attraverso frasi perlopiù brevi e distribuite con grande parsimonia, così da lasciare il maggior spazio possibile alle figure.

Già in catalogo per Babalibri, I guai di mini cowboy trova ora una nuova veste (che non sostituisce ma si affianca alla precedente) in cui il testo viene supportato visivamente dai simboli a beneficio dei lettori che faticano, per ragioni diverse, a padroneggiare la lettura alfabetica: bambini con disabilità comunicative e intellettive, per esempio, ma anche bambini stranieri e, più genericamente, bambini in età prescolare. Il libro, pubblicato da Officinia Babùk, è in tutto e per tutto identico alla versione tradizionale, fatto salvo per l’aggiunta dei simboli WLS. Anche il testo, in questo caso, non subisce la benché minima modifica e l’ampio formato delle pagine ne facilita un inserimento che mantiene inalterato l’equilibrio con le illustrazioni. Proprio la grandezza delle pagine, inoltre, consente di fare un propizio uso del volume anche in contesti di lettura collettiva.

I simboli, dal canto loro, sono impiegati secondo una logica di economia ed efficacia: un unico simbolo, per esempio,  affianca non singole parole ma porzioni di testo che compongono unità di senso così come più simboli vengono talvolta posti all’interno dello stesso riquadro per rendere più immediata la comprensione del significato (es: altri cowboy = simbolo di “altri” e simbolo di “cowboy” o trovarli = simbolo per “trovare” e simbolo per “loro”). L’idea è quella, infatti, non di impiegare in maniera rigida il codice simbolico ma di sfruttarne le potenzialità per facilitare la comprensione e/o il passaggio alla lettura autonoma, garantendo a tutti i lettori la possibilità di godere dell’incontro con il libro come di un’esperienza piacevole e non legata a una logica di performance.

Scrivere con le sillabe

In linea con le precedenti “Impariamo le sillabe” e ” Leggere le sillabe”, ecco un’ulteriore proposta dello sviluppatore Raffaele Tasso che completa il percorso di apprendimento della letto-scrittura.

Il nostro ipotetico giovane allievo, dopo aver memorizzato le sillabe ed aver imparato a leggerle, è ora pronto a scegliere quali scrivere per comporre la parola. Punto di forza di quest’app, che manca in proposte simili, è la possibilità di scegliere tra sillabe che sono già scritte, aiutando così il bambino a concentrarsi  sulla corretta composizione della parola ma senza doverla scrivere autonomamente.

Sulla schermata compare infatti l’immagine della parola prescelta, circondata da alcune sillabe (4 sillabe per le parole bisillabe, 6 per le parole trisillabe e quadrisillabe): dopo aver ascoltato la “lettura” dell’immagine, il bambino deve scegliere quali sillabe la compongono, cliccando sopra in modo sequenziale. Dato che basta un tocco per poter inserire correttamente le sillabe al loro posto nelle caselle vuote, quest’app è particolarmente interessante anche per i bambini che non hanno ancora acquisito delle competenze di motricità fine particolarmente complesse.

Nella proposta così impostata è inoltre presente un meccanismo di auto-correzione: è infatti sempre possibile cliccare sulla sillaba già scritta per riascoltarla e, attraverso un meccanismo di ripetizione orale, valutare a che punto della parola si è arrivati a scrivere.

La cornice a cui ci ha già abituato Raffaele Tasso per le altre app, ovvero uno sfondo essenziale, senza distrattori, la possibilità di scelta rispetto al livello di complessità delle parole e delle scritte in maiuscolo o minuscolo, confermano le potenzialità di quest’app per il potenziamento individuale di bambini in fase di apprendimento della letto-scrittura, anche in caso di ritardo cognitivo e disturbi dell’apprendimento.

 

La montagna

C’è il reale e c’è il fantastico. C’è il dentro e c’è il fuori. C’è il minuscolo e c’è il gigante. C’è il colore e ci sono i toni di grigio. C’è tutto questo ne La montagna, regno gioioso dei contrari che si intrecciano e si contaminano.

Costruito come un solido leporello di  spesso cartone che resta agevolmente su da sé, il libro di Andrea Antinori è deliziosamente sorprendente. Da un lato del volume, quello più colorato, il lettore può esplorare l’esterno della montagna, (ri)conoscendone profili, elementi e abitanti più familiari. Dall’altro lato del volume, quello in cui primeggiano il bianco e il nero, egli può sondare la montagna nelle sue profondità, scoprendone profili, elementi e abitanti più misteriosi. Ai campanili, alle vette e alle mucche del fronte, fanno dunque da contraltare le stalattiti, gli gnomi e le variegate creature sotterranee.

Sopra come sotto la superficie, c’è un mondo pullulante da scandagliare attentamente perché, sotto come sopra la superficie, gemme e storie inaspettate attendono di essere portate alla luce. Chi si aspetterebbe, per esempio, che nella pancia della montagna si celi un autentico forno da pizza e che, tra rocce e fiumi arcobaleno, gnomi, funghi e animali stravaganti se ne gustino fette fumanti (anche da asporto!)? Che dai mammut dipenda il trasporto delle pietre preziose estratte con perizia da una squadra di piccoli esseri dal cappello a punta? Che tra i pini si allevino mucche a pallini rossi, che bislacchi professionisti misurino le cime con lunghissimi righelli o che papere intrepide possano darsi alla guida degli elicotteri?

Il confine tra vero e immaginario è talmente labile nel segno di Andrea Antinori, vincitore nel 2023 dell’International Illustration Award della Bologna Children’s Book Fair, che l’unica cosa da fare è immergersi nel mondo inconfondibile da lui delineato e abbandonarsi al diletto di scoprirlo ora estraneo ora familiare. Non c’è di fatto, niente da capire, solo da assaporare, muovendosi senza vincoli tra ciò che è noto e ciò che non lo è.

Questo, d’altra parte, è uno dei punti di forza, in termini di accessibilità, mostrati da questo volume straordinario che può essere fruito in maniera molto libera e trasversale sia per età sia per abilità. C’è letteralmente posto per tutti ne La montagna e questo accade non solo in virtù di un racconto visivo votato al piacere dell’esplorazione più che a quello della comprensione, ma anche in virtù di una narrazione a tutti gli effetti istantanea. Il libro non segue, infatti, una serie di eventi successivi ma immortala una serie di situazioni simultanee che avvengono nel medesimo scenario. Questo significa che al lettore non viene richiesto di padroneggiare la sequenzialità e la concatenazione dei passaggi narrativi: competenza che spesso può essere compromessa dalla presenza di una disabilità, soprattutto relativa alla sfera cognitiva. Di fatto, scorrendo la lunghezza del leporello è come se seguissimo una telecamera che si muove in orizzontale inquadrando via via ciò che compare sulla scena. Non c’è dunque un prima e un dopo, una causa e una conseguenza: il lettore è messo nella condizione di muoversi con grande agio e libertà. Se a questo si unisce, poi, il fatto che lo stile dell’autore ha un fascino assolutamente magnetico, che cattura al primo sguardo, anche solo per la scelta dei colori accesi e per il richiamo a un universo naif, si capirà facilmente quanto questo volume possa offrire il terreno perfetto per molteplici possibilità di incanto, godimento e invenzione. Un gioiellino (di grande formato!) per bellezza e condivisibilità: provare per credere!

Il gatto con gli stivali

Alla storia del gatto furbo che aiuta il suo padrone a sposare la figlia del re, facendolo credere ricco, è dedicata l’ultima uscita dei Pesci Parlanti di Uovonero, l’unica collana di fiabe in simboli PCS ad oggi disponibile sul mercato. Contraddistinto come i precedenti da testi ridotti al nocciolo (l’incipit “Un mugnaio muore.” È in questo senso forse anche troppo emblematico!), impaginazione ariosa, simboli grandi e netta distinzione tra testo e illustrazioni, Il gatto con gli stivali offre un racconto dinamico e animato da diversi personaggi che rendono la narrazione particolarmente densa e tutt’altro che scontata.

Apprezzabile, soprattutto per un pubblico con importanti difficoltà comunicative e cognitive, la costruzione dei testi – sempre minimali, chiari e lineari – a cura di Enza Crivelli e la scelta di simbolizzarli, certo dettata anche dalla scelta della collezione PCS, procedendo per unità di senso e non per singole parole. I simboli, dal canto loro, appaiono chiari, pertinenti ed efficaci nel supportare la comprensione del racconto, anche se la scelta di ricorrere all’illustrazione in luogo dell’icona viene usata in maniera irregolare (per il marchese, il gatto e l’orco ma non, per esempio, per il re e per la principessa). Preziosa e funzionale, come già rilevato in passato, la sagomatura irregolare delle pagine che ne agevola la sfogliatura autonoma anche in caso di disprassia. Brevettato da Uovonero, questo formato denominato sfogliafacile® viene applicato nei titoli più recenti a pagine più sottili e dunque più leggere senza che tuttavia la praticità e l’efficacia della soluzione cartotecnica vengano compromesse.

Rispetto ad altri volumi, come il recente I vestiti nuovi dell’imperatore, questo predilige illustrazioni di stampo più tradizionale. Affidate alla matita di Roberta Angeletti, queste si caratterizzano per un tratto delicato, colori pastello e inquadrature nette che mettono in evidenza i protagonisti e gli eventi narrati senza dedicare spazio ad elementi marginali o di contorno.

Il libro bianco

Di app per colorare ce ne sono tante, ma con animali di ogni genere che prendono vita una volta colorati…ben poche! Dall’omonimo libro, un’app in grado di divertire nella sua semplicità e immediatezza. La videata iniziale permette di scegliere da quale barattolo di vernice attingere per colorare la parete, che con dei semplici tocchi di dita o sfregamento si riempirà velocemente della tinta scelta! In rilievo emergerà un animale – topino, rana, pesciolini, riccio…chi più ne ha, più ne metta!- che al tocco su di esso inizierà ad animarsi con scenette buffe e divertenti. Dopo poco l’animale scompare di nuovo sulla parete bianca e così si torna all’inizio per scegliere un nuovo barattolo di vernice.

L’efficacia delle animazioni permette di rivivere il senso narrativo che troviamo nel libro, favorendo la condivisione del gioco e del racconto di ciò che succede al simpatico animaletto. Per giocare non è richiesta una manualità fine particolarmente precisa perciò è adatto anche a bambini che devono ancora svilupparla e che trovano in quest’app un valido strumento per il suo potenziamento.

Il Natale di Pettson

Il gatto Findus e il suo padrone Pettson, inventati dall’autore svedese Sven Nordqvist, sono due personaggi irresistibili e così, ça va sans dire, sono le loro avventure. Inaugurate dal volume Una torta per Findus, queste sono state portate in Italia da Camelozampa che le sta pian piano raccogliendo e proponendo all’interno di una bella collana dedicata del suo catalogo. Sono avventure cui vale la pena dedicare attenzione perché offrono letture abbordabili e accattivanti che possono rappresentare una validissima proposta anche per i lettori più riluttanti o che sperimentino difficoltà legate alla dislessia. Non solo, infatti, la collana Pettson e Findus è impaginata e stampata dall’editore con alcune caratteristiche di alta leggibilità come il font EasyReading, la sbandieratura a destra e un minimo di spaziatura in più tra le parole e le righe, ma i volumi che la compongono si caratterizzano per una lunghezza contenuta, un ampio spazio riservato alle illustrazioni, testi perlopiù paratattici e ritmo sostenuto. Al lettore vengono cioè offerte delle storie gradevolissime, ricche di avvenimenti sempre diversi ma animate da due protagonisti ricorrenti e familiari, presentate in una forma che riserva un ruolo significativo alle figure (molto dinamiche e particolareggiate) ma che al contempo amplia la misura del racconto rispetto a ciò che accade in un albo illustrato.

Il Natale di Pettson presenta, dal canto suo, tutte queste caratteristiche e propone una storia che profuma intensamente di festa. Decisi a celebrare come si deve il Natale, Pettson e Findus si preparano a una vigilia operosa in cui non possono mancare il taglio e la decorazione dell’abete, la preparazione di piatti tradizionali e le pulizie di casa. Una brutta (ma buffa) caduta dallo slittino costringe però Pettson all’immobilità e così, con somma delusione di Findus, albero e delizie culinarie sembrano sfumare: toccherà accontentarsi di cibo ordinario e decorazioni di recupero. Non tutto è perduto però: quando i vicini di casa scoprono dell’incidente di Pettson, la casa torna a risplendere. I piatti e la gioia delle feste non mancheranno, alla fine. E anche un albero decorato con cucchiai, orologi e termometri finirà per dire forte e chiara la magia del Natale.

La cosa più preziosa

Quando pensiamo al ruolo che libri e narrazioni possono giocare in favore del radicamento di una nuova cultura dell’inclusione, non possiamo assolutamente trascurare quei volumi che la disabilità la sfiorano senza affrontarla di petto. Come e più dei libri che mettono di diversità al centro del racconto, infatti, queste proposte offrono al lettore la possibilità di incontrare, conoscere e riconoscere la varietà che popola il mondo in maniera autentica e incisiva. Proprio in quei racconti che sembrano stare a margine, cioè, il valore della differenza tende spesso a emergere con maggiore forza e con minore forzatura.

Il libro di Victor D.O. Santos e Anna Forlati è proprio uno di questi. Qui la protagonista è una cosa preziosa – quella più preziosa addirittura, stando al titolo dell’edizione italiana (la cosa che ci rende umani, per affidarci in maniera più letterale al titolo dell’edizione originale) – qualcosa che risale a moltissimo tempo fa, che si può trovare dappertutto, che si impara pian piano e che permea le nostre giornate, che è mutevole e multiforme e che può fare cose davvero straordinarie. Protagonista del libro è – svelando l’arcano – la lingua, o meglio l’insieme delle lingue che animano il mondo. Il libro ne rivela l’identità solo nell’ultima pagina costruendo nelle pagine precedenti un ritratto per immagini e parole evocative che ne fanno emergere tutta la forza. Il libro si pone dunque come un omaggio a qualcosa che è molto presente nella nostra storia e nella nostra vita, senza che spesso ce ne accorgiamo o che gli attribuiamo la dovuta importanza. Gli autori ne costruiscono l’identikit in maniera efficace, attraverso riferimenti sempre più evidenti e attraverso piccoli indizi visivi che aiutano a trovare la soluzione prima che questa venga esplicitata.

Ma come si colloca la disabilità in questa cornice? In una maniera molto rispettosa e significativa. Dal libro emerge infatti che si può comunicare in tanti modi diversi e ciascuno di essi è messo esattamente sullo stesso piano. Parole, segni, punti, icone trovano posto, cioè, con pari dignità e questo non è poca cosa se si considera il fatto, per esempio, che solo nel 2021 la LIS è stata riconosciuta come lingua a tutti gli effetti nel nostro paese. Mettere per iscritto e raccontare con le immagini che la lingua ha tante forme, che si può vedere, sentire o percepire, significa a tutti gli effetti fare e promuovere l’inclusione. E significa farlo con un mezzo potente. Rappresentare inoltre sulla pagina persone che segnano o che si orientano con un bastone bianco significa contribuire a rendere la disabilità reale, presente. Anna Forlati, già apprezzata per le illustrazioni di Se un bambino, è molto brava in questo: la varietà del mondo passa con delicatezza attraverso le sue matite che suggeriscono senza urlare e arricchiscono ogni tavola di citazioni, rimandi e guizzi inventivi forieri di spunti e significati da scovare.

Mi chiamano Teschio

Il paese di Monte Quiete, sperduto, mignon e apparentemente tranquillo, è un luogo ormai familiare a molti lettori. Qui hanno avuto luogo le straordinarie avventure di Giustino in compagnia del pirata Sgrunt, e ha preso forma il famigerato piano di Mia e Testone per far chiudere la scuola locale. Giustino, Sgrunt, Mia e Testone, tipi dai tratti riconoscibili e memorabili, sono solo alcuni degli abitanti del posto nati dal felice sodalizio tra Daniele Movarelli e Alice Coppini e protagonisti dei racconti illustrati targati Sinnos. Non meno iconici, però, sono i cattivi di turno che in questi racconti si sono sempre ritagliati un ruolo: Teschio, il capo banda, Tozzo e Smilzo, i suoi scagnozzi, sono infatti ragazzini prepotenti dal look e della fisionomia eloquenti, che di divertono a importunare i bambini più timidi e a far compiere grandi voli ai 54 gatti del paese.

Nel terzo episodio della serie, proprio i bulli diventano protagonisti (il titolo Mi chiamano Teschio lo lascia in effetti intuire!). Attratti dall’idea che la nuova maestra della scuola possa essere una strega e nascondere segreti terrificanti, i tre decidono di appostarsi vicino al cimitero dove l’hanno vista sostare più volte. Tozzo e Smilzo, però, si tirano indietro all’ultimo con scuse improbabili e così Teschio si ritrova da solo a pedinare la maestra Atena. Le cose non andranno esattamente come Teschio immaginava ma le strade impreviste che le giornate a volte prendono, possono essere dei felici punti di svolta nelle vite degli individui. E così è per Teschio che, scoprendo un lato inatteso della maestra e condividendo con lei un’attività nuova, finisce di fatto a fare i conti con la sua identità e con un’immagine di sé che non lo soddisfa davvero. Ché anche il più duro dei teschi, forse forse preferisce farsi (ri)conoscere come Jacopo…

Tenero ma tutt’altro che melenso e soprattutto capace di non sacrificare lo spirito ironico e intrepido sull’altare di un messaggio edificante, Mi chiamano Teschio ha il sapore di un’avventura insieme familiare e sorprendente. La dimestichezza che il lettore può avere non solo con i personaggi e il contesto ma anche con lo stile compositivo e con una narrazione che mescola efficacemente racconto, figure e fumetti, ne facilita l’orientamento e ne agevola l’immersione e il godimento della storia. Dall’altro lato, la scelta di guardare oltre le apparenze e portare in primo piano il personaggio più scomodo, spiazza e suscita piacevole curiosità. Questo, unito all’attenzione che abitualmente Sinnos dedica alla leggibilità dei suoi testi, grazie a scelte che investono font, impaginazione e tipo di carta, fa di Mi chiamo teschio una lettura molto apprezzabile e da non sottovalutare in un’ipotetica rosa di proposte rivolte anche ai lettori più riluttanti.

Un mammut nel frigorifero

Michaël Escoffier e Matthieu Maudet sono una specie di marchio di garanzia. Difficile trovare un libro firmato da questa coppia scoppiettante di autori che non susciti sonore risate o non stupisca il lettore con un colpo di scena finale. La forza dei loro albi sta nell’ironia costante sottesa al racconto, nei puntuali rovesciamenti di prospettiva, nelle costruzioni narrative ad accumulo e nella capacità di immaginare situazioni ogni volta surreali e sinceramente spassose. Tutti questi aspetti, poi, vengono messi in valore dalla sinergia rara con cui procedono parole e figure: due codici che dialogano senza posa, ora dandosi manforte, ora facendosi sberleffi.

Un mammut nel frigorifero, uno dei titoli a cui i due autori francesi hanno dato vita, non fa eccezione. Divertente, surreale e sorprendente, il libro racconta di quella volta in cui la famiglia protagonista si ritrova nel frigorifero un preistorico pachiderma. Come l’animale sia finito lì dentro, non è inizialmente dato saperlo. Quel che si sa è che il mammut, da lì, deve sparire: serve dunque l’intervento dei pompieri. Tutto è pronto per la cattura ma la preda è scaltra e riesce a fuggire su un albero nelle vicinanze. Tocca farla scendere ma il mammut è tenace, non molla e anzi si sistema tra le fronde per schiacciare un pisolino. E così, uno alla volta, pompieri e famigliari desistono e ritornano ai propri affari. Scesa la notte, però, qualcosa succede. Qualcuno, in particolare, si attiva nuovamente per far scendere il mammut. Il motivo non lo sveleremo: basti sapere che, come d’abitudine, l’insospettabile aspetta dietro l’angolo il lettore!

In catalogo per Babalibri nella sua versione tradizionale, Un mammut in frigorifero è ora reso disponibile in versione in simboli da Officina Babùk. Questa appare contraddistinta, come gli altri volumi dell’editore, da testo in maiuscolo supportato visivamente da simboli WLS, simbolizzazione per unità di senso, testo esterno ai riquadri (sottili) e riquadri dalle forme diverse per segnalare la fine di una frase e l’apertura o la chiusura di un discorso diretto. Nel caso di Un mammut nel frigorifero quest’ultima accortezza è particolarmente significativa poiché il volume procede praticamente per intero attraverso i dialoghi. Non esplicitamente attribuiti, questi possono complicare un poco la comprensione da parte di bambini che presentano maggiori difficoltà a compiere inferenze. Per contro, il testo sembra nato per supportare la simbolizzazione dal momento che si compone di frasi brevi e brevissime, perlopiù dalla struttura lineare. Comparata alla versione originale, quella in simboli mostra di conseguenza un numero davvero irrisorio di modifiche, perché il testo appare naturalmente chiaro e fruibile.

Il libro risulta, dal canto suo, estremamente rispettoso dell’originale, in linea con la filosofia che anima il progetto di Officina Babùk, che intende offrire al maggior numero di bambini la massima qualità editoriale. In questo senso può essere significativo notare non solo come le illustrazioni mantengano intatto il loro valore, nonostante il maggiore ingombro della parte testuale dovuto alla presenza dei simboli, ma anche come la disposizione di testo e figure risulti immutata e come l’armonia compositiva generale benefici di accorgimenti piccoli ma significativi quale per esempio l’assenza di riempimento dei riquadri e l’adattamento del colore di simboli e cornici in base alla tonalità dello sfondo.

Dentro me

Negli ultimi anni, la produzione editoriale rivolta all’infanzia ha registrato un pullulare di proposte dedicate al tema delle emozioni: titoli molto variegati, talvolta profondi e coinvolgenti, talaltra volti perlopiù a definire, incasellare, fare presunta chiarezza tra i sentimenti che ciascuno di noi si trova a provare. Anche nell’ambito dell’editoria tattile non sono mancati volumi costruiti intorno a questo tema, con cornici narrative più o meno articolate e con approcci più o meno diretti, da Ho un po’ paura di Laure Constantin a Prima o poi di Isabella Christina Felline. Il punto di forza di questi libri  risiede, spesso, nella capacità di offrire una rappresentazione tangibile delle emozioni trattate: di proporre, cioè, possibilità di entrare in contatto con qualcosa di molto astratto, come i sentimenti, a partire da qualcosa di molto concreto, come le sensazioni.

Un nuovo titolo, da poco pubblicato dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, percorre in maniera particolarmente efficace questa strada. Si tratta di Dentro me di Stefania Luisi, un volume in cui l’essenzialità compositiva nasconde una grande ricchezza di spunti.  L’autrice offre, in particolare, una carrellata di situazioni a ciascuna delle quali fa corrispondere un modo di sentirsi espresso in forma di metafora. “Quando mi sento in pace con il mondo, dentro me c’è una distesa di erba tenera. Oppure Quando mi sento solo, dentro mi sgonfio come un palloncino bucato”. O ancora: “Quando non capisco quello che sta accadendo, dentro me c’è un groviglio attorcigliato”. Ogni situazione emotiva è descritta a parole, in nero e in Braille, sulla pagina di sinistra, e rappresentata con illustrazioni tattili sulla pagina di destra. Il bianco dello sfondo domina, da una parte e dall’altra, creando una composizione orientata alla pulizia piacevole alla vista e capace di agevolare l’esplorazione tattile. Quest’ultima, dal canto suo, è resa agevole anche dalla scelta dei soggetti (e, dunque, a monte, anche delle metafore proposte) e dei materiali. L’erba, la mano e i grovigli di fili, per esempio, sono senz’altro familiari al lettore. il primo, inoltre, fruscia realmente, la seconda è davvero vellutata e il terzo risulta praticamente indistricabile.

Dentro me si presenta come un volume che può offrire validi spunti di lavoro e riflessioni soprattutto (ma non solo) in un contesto come quello scolastico. Molto apprezzabile il fatto che le emozioni non vengano semplicemente definite ma contestualizzate e raccontate attraverso immagini efficaci. Potrebbe sembrare trascurabile, ma anche il fatto che la voce narrante parli in prima persona gioca un suo ruolo in questa direzione. Le sensazioni descritte sono, cioè, proposte come personali, come a dire “Io (e non necessariamente anche tu) mi sento così”. Come tali, dunque, esse non si impongono come delle definizioni ma invitano piuttosto chi legge a pensare se si riconosce in quella immagine o se esprimerebbe la sua sensazione in maniera differente. È una differenza sottile ma importante perché segna un percorso (non scontato) che predilige l’apertura alla chiusura stringente. E non è poca cosa.

Il nostro cane Max (FabuLIS)

Gli animali domestici sono, per tanti padroni e padroncini, autentici membri della famiglia. Con loro si condividono rituali, viaggi, esperienze, emozioni e così, quando muoiono, lasciano un vuoto grande e un segno indelebile. Proprio questa parabola esistenziale, tanto familiare a chiunque abbia posseduto e amato un cane o un gatto, trova posto tra le pagine de Il nostro cane Max.

Il libro scritto da Alessandra Bocchetti omaggia e ripercorre la vita del cane Max all’interno della famiglia che lo ha accolto quando era ancora piccolissimo e brutto. L’autrice racconta in particolar modo il rapporto speciale e unico che il cane instaura con i diversi membri della famiglia, dando un assaggio delle piccole gioie che, dal primo all’ultimo giorno, la sua presenza ha regalato. Fino a che la vecchiaia lo porta via, senza che tuttavia il suo ricordo svanisca. Tutt’altro: nel cielo, nelle rocce e persino nella forma di un’isola Max torna a far visita ai suoi padroncini, nel nome di un legame intenso e sempre vivo.

Lineare e senza arzigogolate capriole narrative, Il nostro cane Max si presenta come un omaggio personalissimo a un cagnolino realmente esistito che suscita simpatia e affetto. Piacevole da leggere e commuovente nel finale, il libro fa parte di una doppia collana. La versione originale è stata inserita, infatti, all’interno della Minizoom di cui il libro condivide tutte le apprezzabili caratteristiche di alta leggibilità: font specifica, spaziatura, maggiore tra lettere, parole, righe e paragrafi, sbandieratura a destra e carta color crema. Una seconda versione, che va ad affiancarsi alla precedente e che ne mantiene tutte le caratteristiche sopracitate, è stata invece di recente messa a punto da Biancoenero e inserita nella nuovissima collana Fabulis.

In questa nuova versione, inserita all’interno della collana Fabulis, ogni doppia pagina del volume di Alessandra Bocchetti e Martina Tonello presenta sulla sinistra un QRcode grazie al quale accedere a un video che ne racconta il testo in Lingua dei Segni Italiana. L’illustrazione figura, come una sorta di sfondo,  anche alle spalle dell’interprete, facilitando  così l’associazione tra i due supporti. Nella parte destra di ogni doppia pagina, inoltre, possono essere presenti altri QRcode contraddistinti da un bordo di colore differente. Questi attivano la traduzione in LIS delle parole meno comuni o di più difficile comprensione, all’interno di video che, così come i precedenti, non presentano audio.

La collana Fabulis è frutto di un progetto estremamente significativo e apprezzabile, per più di una ragione. In primo luogo perché sfrutta in maniera semplice ma efficace la sinergia tra cartaceo e digitale. Grazie al basico riconoscimento di un QRcode, che rinvia a un video caricato su Vimeo, il lettore ha infatti la possibilità di fruire di una modalità narrativa e comunicativa supplementare che mal si accorderebbe con l’inserimento sulla pagina, senza dover per questo rinunciare al valore del rapporto con la fisicità del volume. L’espediente del QRcode, inoltre, è molto poco invasivo e questo fa sì che la pagina risulti praticamente identica a quella della versione originale del libro. Il lettore si trova perciò tra le mani un volume bello e curato come l’originale ma più accessibile.

La corrispondenza puntuale tra testo in italiano sulla pagina e video in LIS non solo favorisce l’appropriazione e il pieno godimento del racconto da parte dei bambini sordi segnanti ma facilita anche la costruzione di un ponte tra le due lingue che questi lettori si trovano a fronteggiare nella vita quotidiana. Il nostro cane Max, così come gli altri volumi che compongono la collana Fabulis,  costituisce, cioè, una bellissima proposta di narrativa che merita e chiama il libero gusto e il gratuito piacere della lettura, rivelandosi però anche un prezioso e valido strumento di sostegno all’apprendimento.

Da ultimo, non va trascurato il processo che ha portato alla nascita della collana. Il coinvolgimento, insieme a Biancoenero, dell’ENS (Ente Nazionale per la Protezione e l’Assistenza dei Sordi) e di Huawei (azienda privata già sensibile al tema e attiva sul campo grazie al progetto Storysign), mette in luce l’importanza e la validità di progetti che fanno leva sull’integrazione di competenze specifiche e complementari così da offrire ai lettori prodotti di qualità tanto dal punto di vista dell’accessibilità quanto da quello letterario.

Zeb e la scorta di baci

La storia di Zeb, che ha paura di andare da solo al campo estivo e che riceve da mamma e papà una scatolina di baci-caramella da tirare fuori all’occorrenza è amatissima. Letto e riletto in famiglia, in biblioteca e a scuola, dall’asilo nido fino all’inizio della scuola primaria, Zeb e la scorta di baci è uno dei libri che più frequentemente vengono proposti per accompagnare i momenti di distacco dei bambini e il suo protagonista è uno di quelli a cui più si affezionano i giovanissimi lettori. Perché Zeb è proprio come loro, mostra le stesse paure e fragilità e ama scoprirsi più grande e forte del previsto. L’apprensione che prova Zeb di fronte all’idea di stare per la prima volta lontano da mamma e papà, il conforto che riceve da un oggetto semplice ma simbolicamente forte come la scatola di baci di carta, il timore che ha di essere preso in giro, il sollievo che sperimenta nel riconoscere nei compagni di viaggio sentimenti affini ai suoi e l’incoraggiamento che trova nella condivisione della sua scorta di baci sono tutti sentimenti familiari ai bambini.

Anche per questo motivo, il libro di Michel Gay, da anni in catalogo per Babalibri (la prima edizioni italiana è datata 2008!), continua a essere ristampato e a riscuotere consensi, nei grandi come nei piccoli. Per certi versi, con garbo e discrezione, Zeb riesce a entrare nella quotidianità dei bambini per poi dimorarvi a lungo, come una sorta di rassicurante compagno di sfide emotive. È dunque, a tutti gli effetti, una presenza forte nell’immaginario collettivo, e come tale merita di essere conosciuto e fatto proprio da tutti i bambini.

È dunque una lieta notizia, quella che vede Zeb e la scorta di baci entrare nel catalogo di Officina Babùk, la casa editrice specializzata in libri in simboli nata dalla sinergia tra Babalibri e Uovonero. Grazie all’impiego dei simboli WLS della Comunicazione Aumentativa e Alternativa a supporto visivo del testo, questa pubblicazione consente infatti anche ai bambini con difficoltà di lettura di accedere con maggiore agio alla storia della timida zebra. Quest’ultima, dal canto suo, rimane assolutamente riconoscibile poiché il rispetto dell’originale è uno dei principi che animano la produzione degli albi della neonata casa editrice. Così, il lettore che già conosca la versione tradizionale del libro e che ne scopra questa adattata, ritroverà le stesse figure dallo stile delicato e amichevole, la stessa organizzazione della pagina (illustrazione in alto, testo in basso) e lo stesso testo, fatto salvo per minimi aggiustamenti che possono rendere più lineare e fruibile la sintassi (esplicitazione del soggetto, trasformazione di una frase subordinata in una frase autonoma, ecc…), per l’aggiunta dei simboli e per il cambio del carattere da minuscolo a maiuscolo.

La scelta del maiuscolo, dal canto suo, evidenzia una volta di più l’approccio inclusivo adottato dalla casa editrice. Si tratta infatti del carattere che prima e meglio riescono a padroneggiare i bambini che iniziano a cimentarsi con la lettura e la scrittura. L’idea vincente è dunque che si tratti di libri ad ampio raggio, che accolgono tante esigenze diverse non necessariamente legate a una disabilità.

Il libro, come gli altri che animano il catalogo di Officina Babùk, adotta un modello di simbolizzazione orientato all’equilibrio tra ricchezza e fruibilità, per cui in molti casi un simbolo corrisponde a un’unità di senso più che a una parola singola. I riquadri che contengono i simboli, inoltre, assumono una funzione comunicativa, presentando stondature e punte diverse a seconda che si trovino a inizio/fine di un dialogo o di un passaggio narrativo di altro tipo. L’aspetto finale è chiaro e gradevole, anche in quelle pagine in cui il numero di parole e simboli risulta più alto e richiede grande perizia dal punto di vista grafico.

Didakeys

DIDAKEYS è una tastiera facilitata completamente in italiano. Con tasti di grandi dimensioni (cm 2 x 2), è dotata delle lettere accentate, oltre che dei principali tasti funzione tradotti in italiano. Connettendo Didakeys alla porta USB la si può utilizzare in parallelo alla tastiera normale facilitando attività didattiche di sostegno. I tasti sono di 5 diversi colori che vanno a caratterizzare gruppi di tasti funzione differenti:

E’ disponibile come accessorio uno scudo per facilitare la selezione dei tasti ed evitare le digitazioni involontarie.

La strega del tombino

Gli accorgimenti che possono essere adottati nei libri per agevolare e incentivare la lettura nei bambini dislessici sono molteplici – dall’uso di font specifiche alla spaziatura più ampia del consueto, dalla sbandieratura del testo all’uso di carta color crema – e la casa editrice Biancoenero è tra quelle che meglio le padroneggia e più le impiega all’interno del suo catalogo. A questi accorgimenti di tipo grafico e tipografico si possono aggiungere altre qualità del volume, questa volta squisitamente stilistiche e contenutistiche, che ne ampliano e rafforzano l’efficacia. Storie accattivanti e testi incisivi, per esempio, incidono in maniera decisiva sulla motivazione e sulla soddisfazione collegate alla pratica della lettura. E anche in questo, la casa editrice romana ha una lunga esperienza.

Si prenda ad esempio il recente racconto ad alta leggibilità La strega del tombino di Isabelle Renaud. Qui l’incipit sembra dire al lettore “Vieni qui, ho decisamente qualcosa per te! Non sei curioso?”. Si legge, infatti, in apertura: Nella mia città c’è una scuola. La scuola ha un cortile dove si fa ricreazione. Nel cortile c’è un tombino. In fondo al tombino c’è una strega imprigionata. Io e la mia amica Melinda le diamo spesso da mangiare: fili d’erba, sassolini, avanzi delle nostre merende. A volte la strega non mangia tutto quello che le diamo e il giorno dopo vediamo i fii d’erba o altro galleggiare in superficie. La maggior parte delle volte, però, mangia ogni cosa senza lasciare niente. Va detto che nella situazione in cui si trova non può essere troppo schizzinosa. E poi è una strega! […]

Da qui in poi il racconto procede spedito, con un piede sempre dentro un’interpretazione fantastica del reale. Quella strega che Melinda e Maud temono e nutrono dal tombino, immaginando sul suo conto le storie più articolate, si sospetta abbia un ruolo determinante nel piano messo in atto dalle bambine per tenere testa alla terribile supplente che ha preso il posto della deliziosa maestra Vittoria. Inflessibile e con una passione sfrenata per la pratica di far sezionare i pesci ai suoi allievi, la signora Tric non solo tratta la classe con autoritaria prepotenza ma rischia anche di far saltare lo spettacolo di fine anno ispirato al pow-wow indiano per cui gli alunni si sono a lungo preparati. Per liberarsi di lei servono un piano e circostanze fuori dal comune. Un’eccezionale tempesta, per esempio, di quelle che solo una creatura magica, forse, è in grado di scatenare…

Isabelle Renaud ci regala un racconto confezionato a puntino e perfetto per intercettare l’interesse anche dei lettori più riluttanti. Breve ma dotato di una storia solida e dal ritmo serrato, La strega del tombino mescola in poche pagine humour e avventura. Impaginazione ariosa e illustrazioni frequenti, dal canto loro, completano il quadro di una narrazione che sorride invece che allontanare chi teme un po’ di più la parola scritta.

Tadà

Una bella libreria di storie tradizionali (e non solo) in simboli? Ecco Tadà, un’app che permette di leggere e giocare con le storie narrate in simboli. Oltre ad una raccolta di storie, Tadà è un punto di partenza per narrare ma anche giocare con e attraverso la narrazione: al termine della lettura si trovano alcuni giochi di comprensione del testo, come domande e risposte o completamento di frasi ma anche vero/falso o il classico memory.

L’efficacia di questa applicazione, adatta a bambini con difficoltà di comunicazione, sta in alcuni elementi che favoriscono l’accesso diretto alla lettura per bambini con diversi tipologie di difficoltà. Una libreria in simboli è sempre presente a lato della schermata, per permettere un rapido accesso in caso di bisogno e per favorire l’interazione con chi legge: ad esempio ci sono richieste come ripetizione e interruzione o desiderio di passare al gioco.

Sono presenti diverse opzioni di lettura, oltre che la possibilità di registrare l’audio in autonomia. Man mano che la voce narrante legge la storia, i simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) vengono messi in evidenza in modo da facilitare la sequenza narrativa. Inoltre i giochi al termine della narrazione, di diversi livelli di complessità, permettono a Tadà di rivolgersi a una vasta platea di interlocutori, risultando accessibile per bambini con diverse tipologie di difficoltà.

Una volta scaricata l’app si ha accesso alla fiaba “Il leone e il topo”, per poi poter acquistare altre numerose narrazioni, dalle più tradizionali “I tre porcellini” e “Cappuccetto Rosso” a ministorie e favole inedite.

Le possibilità di questa applicazione sono davvero ampie e possono essere fruite da bambini con diversi livelli di difficoltà: ad esempio, in situazioni di difficoltà motorie, dove può essere complicata la gestione autonoma di un ebook. Anche in situazioni di difficoltà cognitive lievi o di comprensione del testo Tadà può essere un’importante risorsa, poichè ponendosi come cornice narrativa e facilitando l’accesso comunicativo, fa sì che si possa accedere facilmente alla lettura e al gioco ad essa corredato.

La casa di notte

Siamo proprio sicuri che il momento in cui scende la sera sia il più tranquillo della giornata, quello in cui di fatto tutti dormono e poco accade? Il libro di Joub e Nicoby sembrerebbe mostrarci l’esatto contrario. Pur essendo apparentemente molto ordinaria e abitata da una famiglia poco numerosa, La casa di notte che ci offrono è tutt’altro che silenziosa, immobile e quieta. C’è chi fa amicizia, chi si ama, chi rubacchia, chi esplora, chi scappa e chi festeggia.

Perché ogni casa nasconde qualche segreto, più o meno noto a chi vi risiede: ospiti imprevisti come mostri buffi o topolini ma anche azioni segrete e intime che si consumano a porte chiuse. Ecco allora che il lettore de La casa di notte, tutto può permettersi salvo che di pisolare: c’è tanto da scoprire, seguire, intuire, tra queste pagine senza parole.

Del tutto privo di testo, La casa di notte presenta un’architettura narrativa intrigante che poggia su un efficace contrasto tra regolarità e imprevisto. Ogni pagina vanta, infatti, una partitura regolarissima a sei riquadri e inquadrature ricorrenti che fotografano in maniera sempre identica alcuni interni (più un esterno) della casa. All’interno di quelle cornici stabili, però, succede di tutto e proprio questo scarto tra ciò che è fisso e ciò che cambia, si anima e succede, dà vita a una lettura dinamicissima e appassionante, in cui anche i personaggi apparentemente più collaterali portano guizzi narrativi spassosi (imperdibili, in particolare, gli uccellini insaziabili che vivono sul tetto).

Il gioco di inquadrature ricorrenti che caratterizza il volume predispone un’intelaiatura fissa con cui il lettore può familiarizzare e che le lo aiuta a orientarsi. I fitti fili che legano ciò che accade nelle diverse stanze danno però vita a una narrazione tutt’altro che banale che richiede dal canto suo un lettore abbastanza scaltro, capace di muoversi tra situazioni distinte (per quanto intrecciate), tra personaggi diversi e tra avvenimenti che richiedono alcune inferenze.

Un pezzetto di carta solleticante

Un pezzetto di carta solleticante è un compagno formidabile di avventure per chiunque desideri allenarsi ad abitare – come dice Bobin – poeticamente il mondo. Il libro tattile progettato e realizzato da Élodie Maïno per la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi costituisce infatti un invito molto pratico e suggestivo a cogliere la magia nascosta nelle cose, a creare micro-storie a partire dall’accostamento inatteso degli elementi e a trasformare materiali comuni e apparentemente banali in figure evocative e ricche di senso.

Il libro, dal particolare formato basso e largo e dalla rilegatura a spirale, presenta la struttura di un mix and match. Si compone, cioè, di testi e figure collocati su pagine mobili e combinabili a piacere, in modo tale da dare vita a composizioni sempre diverse. Ogni ipotetica pagina è divisa in cinque sottoparti, così dedicate: soggetto – aggettivo relativo al soggetto – verbo – complemento oggetto – aggettivo relativo al complemento oggetto. Le micro-storie che ne derivano, che sono di per sé delle frasi semplici ma il cui potenziale evocativo suggerisce veri e propri percorsi narrativi, sono spiazzanti, poetiche, divertenti e impreviste. L’autrice ha selezionato, infatti, in maniera molto efficace gli ingredienti con cui il lettore può dar vita alle combinazioni, spaziando dal quotidiano al fiabesco, dall’ordinario all’insolito. Una medusa dolce scolpisce un petalo di fiore bizzarro, Una roccia vulcanica scura arrotola un pizzo spiegazzato, Una lavatrice minuscola spiana un labirinto croccante… Sono storie in nuce, germogli narrativi pronti a sbocciare!

Piacevolmente coinvolgente, il libro di Élodie Maïno è totalmente fruibile sia alla vista sia al tatto. Ogni segmento di pagina che contiene un elemento narrativo presenta un’illustrazione tattile e, subito sotto, la parola corrispondente stampata in nero e in Braille. La grafica è minimale, essenziale, chiara. La cosa straordinaria è che l’autrice è riuscita a costruire tutte le illustrazioni facendo uso soltanto della carta, o per meglio dire dei diversi tipi di carta. Carta da fotocopia, da pacchi, Bristol, acquerello, pergamina e velina si prestano a trasformarsi e ad evocare un numero inimmaginabile di cose se opportunamente piegate, manipolate, strappate, tagliate, forate, arrotolate, goffrate, graffiate, grattate, incollate, cucite… L’autrice si premura di presentare, in apertura di volume, sia le carte impiegate sia le azioni a cui queste possono essere sottoposte. E questo è un valore aggiunto perché oltre a offrire al lettore uno spunto metanarrativo interessante, dandogli accesso, per certi versi, al dietro le quinte del libro, lo invita davvero a spalancare gli occhi (e le mani) rispetto alle innumerevoli possibilità che sono custodite in un materiale ordinario come la carta.

È un libro davvero speciale, Un pezzetto di carta solleticante. E lo è per tante ragioni. È in primo luogo un libro molto accessibile, non solo in relazione alla disabilità visiva. La brevità delle composizioni che si formano, l’associazione diretta tra figura e parola, l’essenzialità del testo, la pulizia della grafica e la ricchezza di stimoli (non solo tattili ma anche sonori) delle illustrazioni lo rendono infatti molto apprezzabile anche da bambini e ragazzi con altri tipi di difficoltà di lettura: cognitive, uditive o comunicative, per esempio, ma anche legate a un disturbo specifico dell’apprendimento. In seconda battuta è un libro ma è anche un gioco, quindi non teme gli sconfinamenti ma anzi li accoglie con diletto per dar vita a qualcosa di bello. Ed è un libro che oltre a consentire e incentivare molteplici letture, perché le combinazioni a cui può dar vita sono numerose, predispone un modello di invenzione narrativa multisensoriale facilmente e piacevolmente replicabile. Praticamente è un libro che contiene senza sforzo alcuno anche un’idea di laboratorio. E, infine, è un libro che, nel suo divertito e divertente spirito combinatorie e nella sua capacità di indagare le potenzialità nascoste e immaginifiche della carta, ci pare un omaggio schietto e fedele agli insegnamenti di due maestri come Munari e Rodari. Insomma, come si fa a resistergli?

DISLESSIA EVOLUTIVA

Uno dei più longevi e completi software per la riabilitazione delle difficoltà di lettura, Dislessia Evolutiva si è evoluto con la tecnologia, divenendo ora disponibile sia su chiavetta USB che come app per tablet.

La proposta, molto articolata, può essere fruita sia con un uso libero del software, ovvero scegliendo a piacere le attività da svolgere, che attraverso un “percorso guidato” a cui accedere dopo un “Autosetup” in cui vengono individuate le attività su cui impostare il lavoro per il bambino. Questa proposta può essere utile anche per il lavoro in autonomia a casa, perchè permette di calibrare le attività in base alle criticità su cui il bambino deve lavorare.

Per ogni percorso guidato è possibile scegliere tra tre livelli: Riscaldamento, Allenato o Campione. Questa molteplicità di proposte rende il software adatto anche ad un uso prolungato nel tempo, poichè accompagna il bambino che cresce nelle sue competenze e abilità.

Le attività proposte sono numerose e varie: dal riconoscimento delle lettere, alle sillabe, alla lettura veloce di parole e di brani.

Un software quindi che si propone come un valido alleato nella riabilitazione della dislessia, da usare anche in ambiente domestico per il potenziamento della lettura.

Risolvere problemi per immagini

Uno dei software più longevi della casa editrice Erickson, ora si presenta in una versione aggiornata sotto le vesti di web app. Il punto forte di questa proposta è l’utilizzo del canale visivo per presentare i problemi, attraverso cioè immagini essenziali ma esplicative. Il bambino può così approcciarsi ai problemi in modo intuitivo e utilizzare il calcolo mentale in modo immediato. Basato sul metodo analogico-deduttivo di Camillo Bortolato, è uno software molto utile per i bambini con ritardi cognitivi che faticano nella comprensione dei problemi, sia per difficoltà logiche che di astrazione, ma anche adatto per il potenziamento, individuale o di gruppo. L’ampia proposta di problemi, divisi nei livelli delle 5 classi, permette di lavorare sulla base degli argomenti e degli obiettivi, senza necessariamente dover seguire un percorso rigido o pre-impostato: una versatilità molto utile per supportare i ragazzi in base alle reali difficoltà che incontrano.

 

Trucas

Se c’è un personaggio capace di incarnare il richiamo irresistibile dell’arte, quello è senza dubbio Trucas, mostriciattolo alto un dito o poco più creato dall’artista messicano Juan Gedovius. Impossibile non provare un moto di tenerezza verso questa creatura verde dal naso importante, i piedoni lunghi, i capelli arruffati e le orecchie a punta. Il suo viso ispira subito simpatia, per non parlare poi delle sue disavventure. Il fatto è che Trucas trova nel colore e nel segno grafico una forma di espressione trascinante e così, che sulla sua strada si trovi una matita o della tempera, poco importa: quello che Trucas farà sarà farne un uso smodato, impiastricciando senza ritegno sé stesso e tutto ciò che lo circonda.

Lo conosciamo proprio così, tubetti alla mano, che corre dopo aver lasciato delle tracce variopinte. Ma subito una mano grande e minacciosa gli impone un bagno nel mastello. Neanche il tempo di asciugarsi e Trucas si lancia alla ricerca di nuovi stimoli artistici. Peccato che quella che sembra una matita piazzata lì per aspettarlo si rivela essere la coda di un drago sputafuoco. Poco male, messa in salvo la pelle, Trucas scopre presto che anche delle zampe fuligginose possono lasciare il segno!

Incontenibile e irriverente, Trucas è il protagonista di un libro senza parole portato in Italia da Logos. Le sue avventure iniziano e finiscono nei risguardi, parte a pieno titolo del racconto, e fanno della pagina un oggetto con cui giocare. Anche grazie a queste trovate metanarrative, il racconto per immagine strizza l’occhio di continuo al lettore e assume delle sfumature di senso tutt’altro che banali. Contraddistinte da un ampio ed efficace uso dello sfondo bianco, le pagine di Juan Gedovius non cedono ai fronzoli, rendendo sempre molto chiaro il focus del racconto. I passaggi da una scena all’altra sono dal canto loro sempre piuttosto chiari, anche grazie a una resa molto eloquente delle espressioni del protagonista. Ne risulta un volume, oltre che divertente e accattivante, anche molto accessibile.

Leggere le sillabe

Sulla scia del fortunato “Impariamo le sillabe”, una nuova proposta dello sviluppatore Raffaele Tasso per continuare il percorso di apprendimento della lettura.

Questa volta infatti si richiede di leggere una parola suddivisa in sillabe (è possibile scegliere se attingere da una lista di parole bisillabe, trisillabe o quadrisillabe) e di cliccare sull’immagine corrispondente, scelta tra 3 possibilità. Prezioso per il giovane lettore è poter ascoltare i nomi delle immagini, prima di accedere alla lettura autonoma della parola, in modo da avere già un’idea del bagaglio semantico dal quale attingere. Dopo la scelta corretta, la parola viene ripetuta ad alta voce, in modo da avere un rimando della correttezza della lettura autonoma.

La videata essenziale aiuta il bambino a concentrarsi sul compito ed evita inutili distrazioni; inoltre la possibilità di scelta del carattere tra maiuscolo/minuscolo e del livello di difficoltà delle parole rende l’app particolarmente adatta per il potenziamento individuale, da svolgersi anche a casa.

La scatola

La scatola di Isabella Paglia e Paolo Proietti è un albo illustrato che celebra il potere dell’amicizia come dono affettuoso e disinteressato. Protagonisti sono alcuni animali del bosco che un giorno trovano tra gli alberi una scatola dalla provenienza e dal contenuto ignoti. La scatola sembrerebbe senza dubbio abitata da qualcuno che però, nonostante gli inviti e le premure degli animali, non manifesta alcuna intenzione di uscire. Ma gli animali non demordono e, oltre a escogitare soluzioni variegate per rassicurare l’inquilino e convincerlo a fare capolino, fanno soprattutto una cosa importante: aspettano. Ché l’attesa è una forma di rispetto tanto difficile quanto preziosa e abbracciare senza sindacare le esigenze dell’altro è un modo quanto mai amorevole di manifestare la propria benevolenza. Grazie per avermi aspettato è, non a caso, la prima cosa che l’animale misterioso ci tiene a dire non appena trova il coraggio di aprire il coperchio e godersi l’abbraccio dei nuovi amici.

Delicato nei testi, nel messaggio trasmesso e nelle illustrazioni, che colpiscono per la grazia tenue con cui dipingono non tanto i protagonisti quanto i loro atteggiamenti premurosi, La scatola è in catalogo dal 2023 per La Margherita Edizioni. Lo stesso editore ne propone ora una versione in simboli che segue in particolare il modello inbook. Il testo viene perciò qui simbolizzato integralmente e riquadrato insieme ai simboli: due aspetti, questi, che rendono l’adattamento molto fedele all’originale dal punto di vista del racconto a scapito dell’adesione all’originale in termini visivi. I numerosi riquadri bianchi occupano infatti molto posto sulla pagina, pur essendo di dimensioni contenute, e spiccano in maniera evidente là dove lo sfondo non sia dello stesso colore. Le competenze di lettura che questo tipo di testo in simboli richiede sono, dal canto loro, piuttosto raffinate, perché i simboli da padroneggiare sono molti, completi di qualificatori di genere, numero e tempo e spesso non immediati.

I vestiti nuovi dell’imperatore

Quella de I pesci parlanti di Uovonero è una collana che mostra bene come si possano sposare solidità e disponibilità al cambiamento. Attiva da oltre 13 anni (il primo titolo, Cappuccetto rosso, è datato 2010), la collana si è nel tempo arricchita di nuovi titoli (10, ad oggi), si è sdoppiata offrendo due tipi di formato differenti (ai Pesci si sono aggiunti i più snelli Pesciolini) e soprattutto si è fatta più consapevole e matura nelle scelte compositive, espresse attraverso illustrazioni variegate e via via più ricercate, una stampa di qualità crescente e migliorie dal punto di vista dell’armonia grafica.

In questo senso, se gli ultimi titoli pubblicati come La principessa sul pisello o I vestiti nuovi dell’imperatore, presentano lo stesso impianto dei primi – testo in maiuscolo, simbolizzazione per unità di senso, pochi e grandi simboli nella pagina di sinistra e illustrazioni in quella di destra – vantano anche alcune accortezze –riquadri dei simboli meno marcati, equilibrio tra dimensione del simbolo e dimensione del testo, figure accattivanti – che li rendono più simili, nell’effetto finale, agli albi illustrati tradizionali. Ne I vestiti nuovi dell’imperatore, poi, anche il formato risulta più maneggevole e leggero. Il volume presenta, infatti, pagine meno spesse pur continuando a garantire una più agevole sfogliatura grazie alla sagomatura Sfogliafacile brevettata dall’editore.

Sempre curato nell’adattamento testuale da Enza Crivelli, I vestiti nuovi dell’imperatore propone le illustrazioni di Nadia Corfini, formatasi al Master Ars in Fabula di Macerata, contesto all’interno del quale il progetto editoriale messo a punto con Uovonero è nato. Le sue figure dagli irresistibili colori vivaci giocano con leggerezza sul contrasto tra il tempo lontano della fiaba e la modernità. Introducendo nelle tavole elementi contemporanei come lavatrici, computer, transenne e smartphone, l’illustratrice strizza l’occhio al lettore di oggi e regala alle immagini un quid inatteso e sorprendente. Ne nasce in questo modo un racconto per immagini che non procede esattamente in parallelo a quello fatto di parole e simboli. All’essenzialità e all’asciuttezza di quest’ultimo fanno, infatti, da contraltare illustrazioni particolareggiate e stranianti. Al lettore si offrono così diverse chiavi di accesso alla narrazione che questi può modulare secondo i suoi gusti, le sue predisposizioni e le sue abilità.

La matita

La matita di Hyeeun Kim è un libro senza parole in cui immaginazione e riflessione vanno a braccetto. Il libro si apre infatti con una matita che viene temperata e i cui trucioli fanno crescere una rigogliosa foresta: uno spazio accogliente e affascinante in cui la biodiversità può trovare casa. Specie diverse di animali e piante convivono in uno spirito di armonia ben espresso dal delicato concerto cromatico messo a punto dall’autrice.

Pochi colori e pochi tratti danno forma, infatti, a un bosco ricco e quasi ipnotico, su cui posare e far vagabondare piacevolmente lo sguardo. Quando però le chiome si scuotono e i volatili iniziano a fuggire si intuisce che qualcosa sta accadendo. In rapida successione i tronchi cadono, i camion sgasano, le fabbriche triturano. Ed ecco che gli spessi tronchi diventano oggetti al servizio dell’uomo: matite, per esempio, con cui una bambina paziente ridisegna un futuro possibile.

Grazie a una struttura circolare e a un sottile gioco di richiami interni, questo volume pubblicato da Terre di Mezzo fa di un oggetto semplice come una matita colorata il fulcro intorno al quale può ruotare una storia evocativa in cui fantasia e realtà si rincorrono senza posa. Il tratto essenziale di Hyeeun Kim è capace di dar vita a una straordinaria ricchezza visiva in cui perdersi e da cui lasciarsi ispirare. È un tratto un po’ magico, il suo, che inventa connessioni tra piani del reale differenti e che fa dell’assenza di parole la chiave per interrogare, pungolare e deliziare il lettore.

La sedia blu

Insieme a Mangerei volentieri un bambino, La sedia blu è il titolo con cui Officina Babùk ha inaugurato la sua produzione editoriale. Si tratta di un titolo già noto a molti lettori, perché in catalogo dal 2011 per Babalibri, e che in questa versione viene proposto in simboli. Nata dalla collaborazione tra Uovonero e Babalibri, Officina Babùk è infatti una neonata casa editrice specializzata nella pubblicazione di albi illustrati in cui il testo è supportato visivamente dai simboli della Comunicazione Aumentativa e Alternativa. Il suo catalogo, che per ora attinge principalmente al vasto, ricco e curato ventaglio di titoli di Babalibri di cui offre una versione accessibile, raccoglie di fatto il testimone dello splendido progetto “I libri di Camilla” di Uovonero che dal 2016 al 2022 (ma i cui titoli sono tuttora disponibili) ha consentito la pubblicazione di una versione simbolizzata di una decina di albi molto apprezzati di diverse case editrici tra cui Topipittori, Giralangolo, Kalandraka e Sinnos. In linea con la filosofia de I libri di Camilla, Officina Babùk promuove con i suoi libri l’idea che la lettura possa costituire un potente strumento di inclusione e che le storie più amate e diffuse tra i bambini necessitino di molteplici versioni capaci di consentire una reale condivisione di immaginari anche da parte di coloro che leggono e comunicano in maniere non convenzionali.

La sedia blu, curato nei testi come nelle figure da Claude Boujon, è dal canto suo un albo illustrato molto ironico, a tratti surreale ed estremamente aderente all’approccio dei bambini alle cose del mondo. I due protagonisti – due cani di nome Bruscolo e Botolo – trovano un’insolita sedia blu in mezzo al deserto in cui vivono e subito ne fanno il fulcro di un appassionante gioco simbolico. In un crescendo immaginativo, quella semplice sedia diventa, infatti, un rifugio, una barca, un bancone e un versatile strumento circense. Fino a quando i due non vengono redarguiti da un severissimo camelide che tutto può approvare fuorché un uso così divertente e divergente di una sedia. Ai due non resta che andarsene – ché chi ha fantasia, in fondo, un oggetto consono al gioco lo trova facilmente – non prima però di aver lanciato una spassosa e irriverente stoccata al gobbuto bacchettone.

La sedia blu è contraddistinto dall’impiego di simboli WLS riquadrati, dal testo in maiuscolo esterno ai riquadri e da una simbolizzazione votata a un principio di economia funzionale. In base a quest’ultimo, i singoli elementi testuali non vengono sempre simbolizzati individualmente ma vengono talvolta riuniti in unità di senso (es: una macchia blu, articolo + sostantivo …). Il volume presenta pagine piuttosto ariose in cui i simboli tendono a occupare gli spazi bianchi delle figure così da non compromettere l’apprezzamento di queste ultime.  Ogni pagina offre un paio di frasi al massimo, distribuite in maniera tale da seguire l’andamento della frase (a capo dopo la punteggiatura, unità di senso mai divise tra due righe diverse…). I riquadri, come accade per tutti i volumi di Officina Babùk – non si limitano a delimitare i simboli ma assumono una vera e propria funzione comunicativa, cambiando forma in presenza dell’inizio e della fine di un discorso diretto (bordo a punta) e della fine di una qualunque frase (bordo stondato).

Il risultato finale è un volume in cui la presenza dei simboli non mina affatto la leggibilità e la piacevolezza della pagina e in cui un vero e proprio inno al gioco simbolico trova curiosamente espressione attraverso un codice fatto proprio di simboli.

Ultimo regalo

In questa storia ci sono una nipotina intraprendente, una prozia elegante, uno spasimante un po’ troppo invadente e tanti animali domestici, più o meno comuni. Come si legano tra loro questi ingredienti? È presto detto: la prozia elegante riceve quotidianamente dei regali dai suoi spasimanti, così tanti che non sa più dove metterli e periodicamente è costretta a fare un mercatino per disfarsene, cosa in cui la pronipote la affianca con piacere. Un giorno, però, l’omaggio che arriva dallo spasimante più attivo e donominato Ultimo regalo è davvero fuori dal comune: nelle dimensioni, nell’aspetto e nelle abitudini alimentari. Gestirlo non sarà semplice e ancor meno sarà recuperarlo in seguito a un’inaspettata fuga. Ignota fino alla fine è la sua natura e questo fa sì che il racconto assuma un allure intrigante e surreale con la quale si sposano alla perfezione le illustrazioni di Andrea Antinori.

Coloratissime e capaci di reinventare forme, dimensioni e inquadrature del reale, queste ultime catapultano il lettore in una dimensione fantastica irresistibile. Distribuite con frequenza tra le pagine di testo che compongono i brevi capitoli, le figure del giovane illustratore concorrono a rendere la lettura più dinamica, abbordabile e amichevole. A questo fino contribuiscono d’altro canto le acute scelte editoriali fatte da Camelozampa in un’ottica di alta leggibilità. Al font EasyReading, alla spaziatura maggiore tra lettere, parole e righe, alla sbandieratura a destra e alla carta opaca si aggiunge anche una dimensione del carattere più ampia del consueto che sembra dire ai lettori che da poco o con fatica padroneggiano la lettura: “Scegli me!”.

Papà-isola

Émile Jadoul è tra gli artisti che più e meglio hanno raccontato il meraviglioso e delicato rapporto tra padri e figli attraverso il linguaggio dell’albo illustrato. Papà-isola è uno dei libri attraverso i quali l’autore francese ha dato voce a questo tema con la delicatezza del tratto che lo contraddistingue. È un albo tenero e vero, questo che vede protagonista l’orso Gigi che sta per avere un cucciolo. Un albo che non ha paura di dire le fragilità dei grandi e in cui i timori di chi sta per affrontare una grande avventura come la paternità si dissolvono di fronte all’idea che l’amore porta a galla il meglio di noi. E poco importa, allora, se Gigi non ama il calcio, non sa nuotare e non ha molta dimestichezza con gli attrezzi. A renderlo speciale per il suo piccolo sarà ciò che lo rende l’orso che è: l’essere protettivo come un papà-capanna, avventuroso come un papà-cavallo, curioso come un papà-aeroplano. O, per l’appunto, accogliente come un papà-isola.

In catalogo per Babalibri nella sua versione tradizionale, questo classico di Émile Jadoul diventa oggi più accessibile grazie alla versione in simboli pubblicata da Officina Babùk. Quest’ultima mantiene intatta tutta la poesia del racconto e la felicità delle illustrazioni ma rende più fruibile il testo grazie al supporto visivo dei simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) e grazie a minime modifiche orientate alla linearità della sintassi e all’attribuzione esplicita dei discorsi diretti. Si tratta per l’appunto di modifiche minime perché l’originale di Jadoul presenta già, di per sé, caratteristiche di essenzialità, chiarezza e ricorsività testuale che risultano estremamente funzionali a una resa in simboli. La brevità e il numero ristretto delle frasi che compongono Papà-isola fanno sì, inoltre, che, anche accompagnato dai simboli, il testo non occupi troppo spazio e lasci ampio respiro alle poetiche illustrazioni che rendono il volume così riconoscibile.

I simboli, dal canto loro, sono impiegati in maniera puntuale (praticamente solo gli articoli e le preposizioni vengono uniti al sostantivo di riferimento) e si adattano felicemente alle invenzioni linguistiche proprio del volume. Così, per esempio, l’espressione papà-isola corrisponde a un unico riquadro che contiene il simbolo del papà e quello dell’isola. Vale la pena sottolineare, infine, l’uso caratteristico dei riquadri fatto dall’editore per evidenziare l’inizio e la fine dei discorsi diretti e degli altri tipi di frasi (oltre che, chiaramente, per racchiudere i simboli) e la scelta di sostituire il carattere minuscolo dell’originale con il maiuscolo. Il volume adattato assume così un aspetto più amichevole anche per quei bambini che – con o senza il supporto dei simboli – si cimentino con le prime letture autonome.

Coco e Mosca

Edizioni Arka ha portato in Italia un delizioso progetto editoriale di origine francese. Mini bulles, qui diventato Le nuvolette, è una collana di libri fumetti senza parole per bambini. I volumi che la compongono si caratterizzano, cioè, per un tipo di racconto estremamente fruibile nella misura in cui l’accessibilità legata alla narrazione per immagini si somma a quella dettata dalla partitura regolare delle vignette.

La collana si rivolge idealmente a un pubblico di età prescolare come intuibile dai personaggi e dal tipo di vicende narrate, dalla predilezione per il codice iconico e dall’attenzione a rendere i passaggi da una vignetta all’altra particolarmente chiari ed evidenti. In questo senso, i diversi autori che hanno collaborato a questa collana hanno dato a vita a storie facili da seguire nel loro sviluppo grazie a sequenze che lasciano pochi vuoti narrativi e dunque accompagnano il lettore passo passo. L’idea che sta alla base della collana è, non a caso, che i volumi che la compongono possano prima di tutto essere letti in autonomia dai bambini, senza che debba necessariamente essere un adulto a guidarli (cosa che, in ogni caso, è sempre possibile e offre una diversa possibilità di lettura).

In Coco e mosca di Mathis, uno dei primi due titoli pubblicati all’interno de Le Nuvolette, il protagonista è un piccolo lupo fortemente motivato a usare tutti i pezzi della sua scatola di costruzioni per realizzare una torre altissima. Se i primi piani del progetto non gli creano particolari problemi, da un certo punto in poi il lupetto deve trovare degli stratagemmi per arrivare più in alto. Una scaletta? Non basta. L’aiuto dell’amica cicogna? Non pervenuto. L’uso di una pinza? Apprezzabile nella teoria, fallimentare nella pratica. La frustrazione di Coco cresce e come se non bastasse una mosca continua a tormentarlo, poggiandosi sulla costruzione e compromettendone il già precario equilibrio. Ne nasce un’accanita caccia all’insetto che non darà gli esiti sperati. Ma questo non è necessariamente un male…

Contraddistinto da una grafica pulita, da figure con contorni netti e tratti buffi, da situazioni divertenti e da espressioni estremamente eloquenti, Coco e la mosca propone un racconto per immagini molto lineare e agevole da interpretare. Laddove necessario, l’autore inserisce anche dei balloons il cui contenuto è però a sua volta iconico e privo di parole. Davvero una proposta interessante per prime letture autonome senza parole, accessibili ma non prive di una certa raffinatezza compositiva.

100 Letture in stampato maiuscolo

Il valore della narrazione è al centro di questa interessante “web app” che si propone l’obiettivo di sostenere i bambini non solo nelle abilità di comprensione del testo, ma anche nella narrazione personale di fatti quotidiani e vissuti emotivi. La modalità “a livelli” inserisce l’attività in una cornice ludica, permettendo al bambino di affrontare compiti adatti alle proprie capacità e conferendo così importante valore agli obiettivi raggiunti.

Ogni livello propone una serie di racconti, che possono essere letti in autonomia dal bambino o dalla sintesi vocale. Successivamente alla lettura il bambino affronta un breve percorso di attività inerenti la narrazione, volte ad stimolare la comprensione del testo, ma anche la conoscenza di parole nuove e la creatività. Un’ultima attività permette inoltre di aiutare il bambino a riflettere sulle proprie emozioni davanti al racconto e sulla propria prestazione,  attraverso domande esplicite come “La storia ti è piaciuta?” oppure “La storia ti è sembrata difficile?”

Tutt’altro quindi che una sterile raccolta di storie, questo software propone delle interessanti attività che possono essere fruite sia individualmente dal bambino, come potenziamento, sia utilizzate dall’insegnante come proposta coinvolgente per tutta la classe.

Dida-LABS

In seguito all’emergenza sanitaria di marzo 2020, Erickson lancia “Dida-LABS”, un’innovativa piattaforma online a supporto della didattica a distanza. Dida-LABS offre agli insegnanti della scuola Primaria (con alcune attività per la Scuola dell’Infanzia) più di 800 attività multimediali volte a potenziare gli ambiti di letto-scrittura e matematica. Come da sempre si caratterizza Erickson, i materiali proposti sono particolarmente adatti a potenziare le abilità trasversali e indicati anche in situazioni di difficoltà di apprendimento e Bisogni Educativi Speciali. Su Dida-LABS ogni insegnante può iscrivere i propri studenti e caricare per loro i materiali che ritiene più adatti, sia come classe che come singoli studenti, in un’ottica di personalizzazione dell’attività didattica particolarmente importante da perseguire anche a distanza. Inoltre l’insegnante stesso può seguire i progressi del suo allievo attraverso la propria pagina di “Report”.

Le attività sono molto varie e si dividono tra esercizi interattivi e schede, ideali da scaricare ed eventualmente stampare. E’ possibile inoltre assegnare ad uno studente un “percorso” in cui sono inserite diverse attività riguardanti quell’ambito specifico, ad esempio Nomi, Tabelline, Giochi di parole… Particolarmente interessante è il percorso dei Prerequisiti che può essere particolarmente prezioso per i bambini della scuola dell’infanzia a cui si vuol iniziare a proporre qualche attività in una modalità diversa, interattiva e digitale.

Il punto di forza di Dida-Labs è che permette agli insegnanti di scegliere tra un’ampia selezione di attività già pronte quelle che ritengono più adatte per gli studenti, favorendo così un accompagnamento personale e una reale proposta di potenziamento degli alunni in difficoltà.

 

Gaspare e Amleto

Come cane e gatto – o per meglio dire, come rospo e riccio – Gaspare e Amleto non si possono proprio vedere. Fin dal loro primo incontro allo stagno si intuisce che, tra i due, la miccia del litigio può essere facilmente accesa. Un sasso gettato di sorpresa nelle acque placide scatena infatti una rapida zuffa. La prima di una serie, a dire la verità, perché da lì a poco inizia la scuola e, loro malgrado, Gaspare e Amleto si ritrovano nella stessa classe ogni pretesto diventa buono per litigare e scambiarsi oltraggi e dispetti. Fino a quando il rospo e il riccio non si scoprono complici perfetti di una marachella con la M maiuscola: il furto del tesoro che la maestra nasconde nel suo armadietto. Cioccolato, imprevisti e segreti condivisi si riveleranno allora più forti di diversità e superficiali antipatie…

La storia di Gaspare e Amleto è buffa e lineare, movimentata e capace di rispecchiare dinamiche infantili autentiche. A tutto questo, che già gioca la sua parte nel rendere il volume accattivante e abbordabile, si aggiungono le scelte adottate dalle autrici e dall’editore per fare di questo libro una prima lettura amichevole e accessibile, anche per coloro che faticano un po’ di più a confrontarsi con la parola scritta.

Oltre ad adottare il font maiuscolo leggimi (leggimiprima) e tutto il set di caratteristiche di alta leggibilità (spaziatura ampia, sbandieratura a destra, distribuzione del testo che segue la punteggiatura, carta color crema…), Gaspare e Amleto presenta un’architettura narrativa in cui testo e illustrazioni si alternano regolarmente e con equilibrio, rendendo ogni doppia pagina poco densa di parole e capace di stimolare parimenti lettura alfabetica e lettura visiva. Quest’ultima, peraltro, trova ampio spazio alla fine di ogni capitolo dove si trova sempre una doppia pagina conclusiva fatta solo di figure.  I capitoli, dal canto loro, sono brevi e offrono così traguardi di lettura raggiungibili e incoraggianti.

Impariamo le sillabe

Non è semplice rispondere alle necessità di apprendimento di un bambino con difficoltà cognitive che tenta di imparare a leggere. Accanto alle schede preparate dagli insegnanti, spesso si cerca un alleato in qualche app che possa aiutare al bambino a fare il primo passo: imparare le sillabe. Ma non è facile, perchè spesso si parte da proposte troppo complesse, con le sillabe già inserite in un contesto di parole, o con un sovraccarico di stimoli visivi, tra disegni e animazioni. Con vera gioia e soddisfazione invece segnaliamo quest’app, che risponde davvero ai bisogni di un bambino che si sta addentrando nel mondo delle sillabe. Impariamo le sillabe è un app che aiuta il bambino ad associare alla sillaba ascoltata la sillaba scritta corrispondente. La richiesta è semplice ed immediata: il bambino deve cliccare la sillaba che ha ascoltato potendo scegliere tra 3 proposte.  Il fatto di avere le sillabe già scritte (in maiuscolo o minuscolo a scelta), permette al bambino di concentrarsi sul suono e sulla relativa associazione visiva, sgravandolo dal tratto grafico che potrebbe essere una fatica eccessiva in questo momento per lui. La scelta multipla ma limitata non distoglie l’attenzione, bensì lo aiuta a concentrarsi senza disperdere le sue energie. La grafica molto essenziale in questo caso gioca a nostro favore: immediatamente il bambino comprende la richiesta che può gestire in autonomia, con un rimando visivo immediato del suo operato: si illumina il faccino verde se la sillaba toccata è corretta, mentre diventa rosso se si sbaglia. Inoltre, quando il bambino tocca la sillaba, c’è subito la sua uscita in voce, permettendo così al bambino di associare subito se i due suoni (quello appena ascoltato e quello cliccato) sono uguali o diversi e offrendogli così un ulteriore rimando del suo lavoro. Ultimo aspetto, ma non secondario, è che le richieste motorie sono davvero minime e permettono così di essere fruibili anche per bambini con ridotte capacità di movimento degli arti inferiori.

Insomma, un’app davvero inclusiva che risponde alle esigenze formative di un vasto gruppo di bambini che si accostano all’apprendimento delle sillabe: consigliata sia per un lavoro collettivo a scuola che per un potenziamento individuale a casa.

Dalla Chioma

Un’app coinvolgente e interattiva, che stimola la narrazione e la fantasia: forse è questa la definizione che meglio delinea Dalla Chioma, l’app che trasporta in digitale il mondo meraviglioso che si cela dentro la chioma del grande albero dell’omonimo libro senza parole. Parallelamente a quest’ultimo, l’app ripropone la sua sequenza narrativa (far cadere dall’albero personaggi sempre diversi), ma arricchendolo delle animazioni tipiche di un libro interattivo; sarebbe pertanto riduttivo definirla escluivamente come un’app per sviluppare i pre-requisiti o adatta a bambini molto piccoli.

Qui fisicamente il lettore può scuotere l’albero, con un trascinamento deciso da cui spuntano di volta in volta ogni sorta di animali. Una volta caduti dall’albero, si aprono scenari divertenti poichè ogni animale compie un’azione, di solito sorprendete e per nulla banale, che stimola la narrazione come in un vero e proprio libro interattivo.

Il ritmo tranquillo della sequenza narrativa, che richiede di toccare man mano i personaggi che scendono per fargli compiere un’azione, permette di condividere riflessioni tra il bambino e chi gioca con lui, stimolando dialogo e narrazione. Le azioni buffe contribuiscono a creare un mondo fantastico in cui potrebbe accadere di tutto, dall’alce che vola al rinoceronte che si diverte sull’altalena! E’ un’app particolarmente adatta a bambini con difficoltà motorie, poichè stimola l’alternanza del semplice tocco con il trascinamento favorendo così la coordinazione oculo-motoria. Anche le azioni causa-effetto vengono suggerite al bambino in modo ludico, facendo sì che venga stimolato il ragionamento e il problem-solving ma in un contesto di gioco spontaneo e intuitivo. La cornice in cui si svolge il gioco, la grande chioma dell’albero, rimanendo sempre da sfondo agli animali in primo piano, favorisce la concentrazione in bambini con difficoltà di attenzione e che verrebbero distratti dall’eccessivo movimento o da troppi stimoli visivi.

Esattamente come capita per i libri, quest’app di Minibombo deve essere fruita da bambino e genitore insieme, perchè non è fine a sè stessa ma traghetta il giocatore in mondi e scenari creativi e fantasiosi. Sono queste le app che ci piacciono, realmente inclusive perchè basate sulla condivisione delle emozioni che nascono dal gioco e, in questo caso, dalla narrazione.

Lola Slug alla mostra

E’ davvero lei, Lola Slug, la protagonista di un libro interattivo davvero accessibile per bambini con dislessia. Lola Slug alla mostra è infatti una book-app in cui il bambino segue il personaggio, una lumachina, che deve andare alla mostra di un suo amico. Durante il tragitto incontrerà diverse attività da svolgere molto interessanti, ma soprattuito accessibili anche per bambini con disturbi specifici dell’apprendimento. Una serie di semplici interazioni attendono il lettore, che riesce così ad addentrarsi nel mondo di Lola e a creare un legame con la protagonista della storia.

La grafica  è stata progettata per essere leggibile da parte di tutti i bambini: oltre alla possibilità di scegliere fra il testo in stampato maiuscolo (ABC) e quello minuscolo (abc), ogni lettera ha una forma differente: p, b, q, d, n, u, I (elle), I (i maiuscola), e 1 (uno) sono diverse anche vedendole specchiate o ribaltate. Inoltre, è presente il righello di lettura che aiuta a tenere il segno e le parole vengono evidenziate man mano che vengono lette a voce alta. Insomma, una serie di accortezze che fanno di questa app una vera risorsa per tutti i bambini.

Inoltre, è importante segnalare che la storia di Lola rimanda ad attività inerenti la vita quotidiana: prendere un autobus, organizzarsi per uscire, salutare un amico…. questo le permette di essere particolarmente vicina ai bambini con difficoltà di organizzazione temporale e spaziale, che potranno rivivere attraverso la nostra protagonista momenti di vita famigliare per loro non sempre così immediati.

Da vero e proprio libro interattivo, la durata della pagina dipende da quando il fruitore decide di girarla, pertanto anche il soffermarsi un pò di più su di essa permette al bambino di ragionare su quanto è successo, creando così un legame con le sue attività quotidiane.

Insomma, una risorsa preziosa per un pubblico variegato, che non potrà non amare questa simpatica lumachina e il suo mondo colorato: la grafica stessa veicola emozioni gioiose e trasmette allegria, permettendo un approccio positivo alla lettura, un’attività complessa per i bambini con dislessia, e non solo.

Mangerei volentieri un bambino

Il 2023 è un anno importante per i libri in simboli. È, infatti, l’anno in cui nasce Officina Babùk: una casa editrice nuova ma con una salda esperienza alle spalle, che unisce le forze e le competenze di due realtà editoriali dall’identità forte come Uovonero e Babalibri e che raccoglie il testimone di un progetto come I libri di Camilla il cui ruolo nella costruzione di una nuova idea di libro accessibile è stato fondamentale .

Dal 2016 al 2022, infatti, il progetto de I libri di Camilla a cura di Uovonero ha portato alla pubblicazione di una versione di simboli, in tutto e per tutto identica all’originale se non per minimi aggiustamenti testuali e per l’aggiunta dei simboli WLS, di nove albi illustrati di altrettante case editrici indipendenti: da Che rabbia! (Babalibri) a Lindo porcello (Bohem press), da Ninna nanna per una pecorella (Topipittori) a Il piccolo coniglio bianco (Kalandraka). Ma perché questo progetto è stato così importante? Perché ha segnato un punto di svolta, evidenziando la necessità di offrire anche ai bambini con disabilità non solo dei libri progettati ad hoc ma anche degli adattamenti di quei libri che dai compagni sono particolarmente letti e amati. Perché è proprio su questi ultimi che è possibile costruire degli immaginari condivisi, terreno fertilissimo per coltivare possibilità di incontro, dialogo, gioco, relazione.

Con la pubblicazione di Lei ci sarà sempre, il progetto de I libri di Camilla si è chiuso ma ha lasciato un’eredità importante. L’idea forte con cui era nato ha trovato, infatti, nuova linfa proprio in Officina Babùk: una casa editrice specializzata in libri in simboli che metterà a frutto l’esperienza di Uovonero in materia di lettura accessibile di qualità e che attingerà in primis al catalogo di albi illustrati di Babalibri. Albi curati, divertenti, amati e conosciuti, dunque. Albi che sono una garanzia per chi desidera proporre letture su misura per i bambini. La forza sta proprio in questo: nel fatto che le due case editrici che hanno dato vita al progetto condividono un’idea di diritto alla lettura come di diritto a un’esperienza piena, ricca, appagante e che ciascuna di esse ha messo a disposizione, a questo fine, la propria esperienza specifica. Perché, di fatto, è così che nascono i libri accessibili meglio riusciti: dalla compenetrazione di professionalità e competenze diverse, messe al servizio di una comune idea. L’avventura di Officina Babùk è iniziata nel mese di settembre con la pubblicazione dei primi due titoli: Mangerei volentieri un bambino e La sedia blu.

Mangerei volentieri un bambino è, per l’appunto, un titolo di grande successo firmato da Sylvaine Donnio e Dorothée de Monfreid e pubblicato nella sua versione standard da Babalibri. Qui si racconta del cocciuto coccodrillino Achille, determinato più che mai a mangiare un bambino. A nulla valgono i tentativi di mamma e papà coccodrillo, che provano a dissuaderlo dal progetto offrendogli ogni sorta di delizia: le banane di cui il piccolo è ghiotto, una salsiccia grande come un camion e persino la torta al cioccolato a cui non è proprio difficile resistire. Niente funziona. Fino a che Achille, una bambina, la incontra davvero e l’incontro non va esattamente come il cucciolo aveva previsto. Allora sì che le banane tornano utili, anche se non certo a raggiungere lo scopo di mamma e papà coccodrillo…

Divertentissimo, contraddistinto da una piacevole e funzionale struttura iterata e animato da illustrazioni buffe che fanno a meno di inutili fronzoli, Mangerei volentieri un bambino si presta a favorire momenti di lettura condivisa molto spassosi. Quelle stesse caratteristiche, d’altra parte, lo rendono anche particolarmente adatto a una resa in simboli perché la ripetizione, sia narrativa sia testuale, favorisce l’attenzione e la comprensione e perché l’ampio spazio bianco lasciato dalle figure lascia ampio margine di manovra per l’inserimento dei pittogrammi. Le doppie pagine adattate risultano così molto ariose, piacevoli alla vista e rispettose dell’originale, nonostante la consistenza presenza di simboli.

Il testo, dal canto suo, appare molto simile alla versione solo alfabetica, fatto salvo per  minimi aggiustamenti legati per esempio all’inversione delle componenti testuali (soggetto e verbo, sostantivo e aggettivo…) e all’esplicitazione o all’anticipazione del soggetto parlante, laddove non presente o laddove collocato alla fine del discorso diretto. Si tratta, cioè, di accomodamenti che vanno a incidere in maniera irrisoria sulla musicalità e sulla resa testuale ma che possono fare la differenza nella comprensione del racconto da parte di chi necessiti di una narrazione più lineare. Per le stesse ragioni, la distribuzione del testo sulla pagina segue maggiormente la punteggiatura e l’andamento della frase. Così, per esempio, dopo ogni punto il testo va a capo e fa lo stesso rispettando il più possibile le unità di senso: aspetto questo, estremamente prezioso, per qualunque lettore alle prime armi.

Mangerei volentieri un bambino, così come gli altri titoli di Officina Babùk, si caratterizza infine per un uso particolare e per certi versi sperimentale dei simboli. Oltre alla scelta di optare per un carattere maiuscolo, più adatto a chi si cimenti con le prime letture autonome, il libro fa un uso flessibile dei riquadri, la cui forma diventa leggermente a punta, rispettivamente a sinistra e a destra, quando inizia o finisce un dialogo, così come diventa leggermente stondata a destra quando finisce una frase. Il riquadro non si limita, dunque, a contenere il pittogramma ma assume anche una funzione squisitamente comunicativa. La simbolizzazione predilige poi, in generale, un certo equilibrio tra completezza ed economia. Così per esempio, gli articoli non sono mai simbolizzati ma vengono uniti al sostantivo di riferimento ed elementi che compongono unità di senso (torta al cioccolato, il nostro caro Achille…) vengono spesso uniti in un unico simbolo.

Il risultato è un libro davvero ben progettato, in cui l’accessibilità non diventa fardello per la godibilità estetica e in cui, anzi, gli accorgimenti adottati in funzione di una più agevole fruizione da parte di chi sperimenti una difficoltà di lettura risultano in definitiva apprezzabili da qualunque lettore vi si approcci.

Matika

Non è facile trovare il lato divertente della matematica, si sa. Soprattutto per ragazzi con difficoltà specifiche in questo ambito. Matika è una piattaforma che cerca di rendere la matematica giocosa e divertente, inserendo numerose attività divise in base alle classi scolastiche in una cornice ludica e piacevole. Le modalità proposte sono infatti quelle dei tradizionali rompicapi e giochi enigmistici, che diventano un’ottimo pretesto per ripassare le operazioni di base, il calcolo a mente, risolvere problemi. E’ possibile usare Matika sia per il ripasso autonomo, svolgendo gli esercizi sul sito (viene sempre fornita la soluzione) sia stampandoli, ma anche per il ripasso collettivo in classe, utilizzando i giochi che possono essere personalizzati in base agli argomenti da ripassare. E’ possibile inoltre giocare da soli, contro “Matteo” (personaggio guida del computer) oppure contro un amico, previo login.

Nonostante la mancanza al suo interno di strumenti compensativi, come una calcolatrice o una sinstesi vocale che legga le istruzioni, Matika è una piattaforma che raggiunge il suo obiettivo, ovvero fornire modalità alternative per ripassare la matematica. La cornice ordinata la rende un sito facile da navigare, usufribile direttamente anche dai bambini più piccoli e una vera miniera di risorse per gli insegnanti.

Che mistero anche se…

Storybox è piccolo editore indipendente che ha scelto di adottare caratteristiche di alta leggibilità per i suoi volumi. Questi ultimi fanno uso, in particolare, del font EasyReading e privilegiano un’impaginazione ariosa con margini non risicati, sbandieratura a destra e spaziatura ampia tra lettere, parole e righe.

Tra le pubblicazioni di Storybox, avviate nel 2021, spiccano in particolare alcune raccolte di racconti, contraddistinte da una formula ricorrente e azzeccata così sintetizzabile: storie brevi, penne diverse e, appunto, grafica amichevole. Alle prime due – È Natale anche se… e Che paura anche se…, si è da poco aggiunta la terza, intitolata Che mistero anche se…

Il volume raccoglie in particolare 31 racconti scritti da altrettanti autori, tutti soci di ICWA (Associazione Italiana degli Scrittori per Ragazzi). Si tratta di storie brevi e brevissime che in una manciata di pagine offrono al lettore piccole vicende enigmatiche il cui tono è sempre piuttosto leggero e ironico, più orientato quindi a far divertire il lettore che a fargli fare ardite congetture e ipotesi. In questo senso, anche il tratto leggero amichevole dell’illustratrice Silvia Baroncelli asseconda bene le atmosfere delineate dagli autori.  Dalle loro penne escono, per esempio, note scomparse e vicini di casa sospetti, marchingegni antichi ed eredità da decifrare, crocchette magiche e gatti ipnotizzatori. A volte la spiegazione sta tutta in un equivoco, altre viene a galla mettendo insieme tracce e indizi, altre ancora è la magia a metterci lo zampino.

Da un punto di vista dell’accessibilità, Che mi stero anche se… è una proposta molto valida. Nel sostenere la lettura anche da parte di lettori meno forti o con dislessia, le caratteristiche di alta leggibilità sopra citate vengono infatti coadiuvate dalla brevità dei racconti, dalla varietà di stili e soggetti e dal tono brioso che si riflette anche nella grafica.

Il valzer delle foglie

Chi l’ha detto che l’autunno debba essere per forza la stagione della malinconia e dell’attesa di un tempo in cui la natura si ferma e si congela? Il vento e la caduta delle foglie che caratterizzano questi mesi possono accendere infatti la più vorticosa delle danze, creando sagome, figure, percorsi e giravolte in cui tuffarsi senza ritegno alcuno. Sulla scia delle foglie che si staccano dai rami, si balla, si esplora, si vortica, si naviga… parola dei sei scoiattoli che fanno capolino dalla loro tana in un tronco e si lasciano trasportare dall’irresistibile ritmo autunnale. Tra una capriola e una piroetta, uno di loro si accorge però che una foglia non è caduta. Ecco allora che in quattro e quattr’otto una squadra di soccorso si mette all’opera per far scendere in totale sicurezza quella che diventerà il simbolo di una stagione da conservare, letteralmente e metaforicamente. Sarà più dolce, allora, svegliarsi dal torpore invernale e scoprire che la ciclicità della natura può essere qualcosa di straordinariamente emozionante…

Contraddistinto da un tratto delicato e dinamico, Il valzer delle foglie riesce a dare voce, con pochi tratti schizzati, a una grande espressività che non solo concorre a coinvolgere sensibilmente il lettore ma lo aiuta a procedere con maggiore agio nel lavoro di lettura visiva. Qui l’attenzione ai dettagli si fa determinante: dalla posizione di una zampa, dalla forma degli occhi  o dalla linea della bocca è possibile comprendere cosa pensano e cosa stanno facendo i protagonisti, seguendo un racconto che appare dal canto suo molto lineare e privo di critici salti narrativi. Il valzer delle foglie porta la firma di Oleksandr Shatokhin, artista ucraino che nel 2022 ha partecipato al Silent Book Contest promosso da Carthusia ed è risultato finalista. Il suo libro senza parole mescola con apprezzabile equilibrio grazia e brio, invitando il lettore a guardare alla natura, anche nei suoi momenti apparentemente meno vitali, con occhi nuovi.

Software Didattico

Ivana Sacchi è un’insegnante formatrice di lunga esperienza che ha realizzato un sito sul quale è possibile consultare e scaricare materiale didattico e numerosi software interessanti per la scuola primaria. Forse una tra le prime risorse con software utilizzabili online, ha mantenuto nel tempo il suo profilo inclusivo con proposte adatte a bambini con diverse competenze e livelli cognitivi.

Attulamente sul sito sono a disposizione strumenti per diverse discipline e aree trasversali (lingua italiana, matematica, area antropologica, pensiero computazionale / coding, giochi logici, software per la LIM, strumenti per lo studente / per il docente) ed utilizzabili in tutte le classi. Alcune risorse sono gratuite e direttamente usufruibili dal sito, altre sono allegate ad alcune pubblicazioni acquistabili sulle principali librerie on-line. Questa modalità (pubblicazione con schede in pdf e software) può essere una modalità efficace per una didattica centrata sui diversi stili di apprendimento. In particolare, le schede sono dei pdf interattivi perciò compilabili direttamente su schermo.

Molto materiale compete argomenti di matematica ed utilizza una modalità visiva di proporre i problemi e le attività di problem solving; è perciò adatto anche a situazioni di fragilità nell’ambito logico-matematico e a bambini con difficoltà di comprensione del testo.

L’ultima isola

I silent book di Ji Hyeon Lee portati in Italia da Orecchio acerbo ci hanno abituati a racconti in cui reale e surreale convivono con grande naturalezza, in cui l’assenza di parole moltiplica le suggestioni che si levano dalle pagine e in cui alcuni nodi problematici della contemporaneità trovano spazio in una critica pacata ma incisiva. Così accade, per esempio, che la frenesia caciarona che anima la folla ne La piscina o l’avanzare corrucciato e miope degli adulti ne La porta vengano a galla in tutta la loro stonatura e in netto contrasto con mondi ben più abitabili in cui si muovono solitamente dei protagonisti bambini.

Ne L’ultima isola i bambini non ci sono e la critica si fa più marcata, ma il tratto gentile a matita, l’uso significativo e miratissimo del colore e le incursioni del fantastico rendono evidente la firma dell’autrice coreana. In questo suo terzo albo di sole figure, il lettore entra pian piano in confidenza con l’abitante di un’isola presumibilmente deserta, un uomo mansueto che vive in grande sintonia con l’ambiente naturale che lo circonda. Lo vediamo pescare con la sua piccola rete, raccogliere frutti, condividere pasti e momenti di festa con le altre creature – animali dalle forme bislacche – che popolano l’isola.

Man mano che si avanza nella lettura, però, la vita sul posto si fa meno idilliaca: il livello dell’acqua inizia a salire, con conseguenze nefaste su cose, animali e persone, all’orizzonte si staglia sempre più minaccioso un denso fumo nero e la furia del mare si fa incontenibile. A nulla valgono i tentativi si tamponare la situazione, trasformando per esempio la capanna in una palafitta. La natura sfidata e spremuta in alcune parti del mondo presenta indifferentemente il suo conto a tutti i suoi abitanti. E così, anche il protagonista della storia è costretto a fuggire a bordo della sua fragile barchetta. Il suo approdo reca con sé un piccolo colpo di scena che, come una secchiata d’acqua in viso, risveglia improvvisamente il lettore dal ruolo di spettatore per catapultarlo in un presente da cui nessuno può tirarsi fuori e far finta di non essere coinvolto.

Senza rinunciare al suo tocco magico, Ji Hyeon Lee ci mette di fronte a una realtà drammaticamente vera, una realtà in cui i cambiamenti climatici si fanno sempre più evidenti e pressanti nella loro urgenza e con tutte le conseguenze, non ultima la necessità di migrare di migliaia di persone. Quella realtà che da tempo ormai bussa ostinatamente alle nostre porte ma da cui incoscientemente tendiamo a sottrarci, come se di fatto non ci riguardasse in via diretta, trova nella capacità immaginativa dell’autrice una via potente per arrivare a un pubblico trasversale, toccandolo sul vivo e nel profondo. In questo senso l’assenza di parole risulta particolarmente efficace nella misura in cui veicola contenuti stratificati e complessi che lettori diversi possono modellare sul proprio grado di conoscenza e interpretazione del reale. L’ultima isola si presenta così, non solo come un racconto godibilissimo e toccante ma anche uno strumento estremamente accessibile a partire dal quale muoversi nel presente.

Il grande volo

Quello della violenza assistita e subita in ambito domestico è un tema spinoso e complesso. Un tema che, tuttavia, riflette una realtà esistenze e vissuta sulla propria pelle da un numero non trascurabile di bambini e bambine e che come tale necessita di parole e figure in cui questi possano riconoscersi. Questa possibilità è offerta, per esempio, da un libro come Il grande volo scritto da Fulvia degl’Innocenti e illustrato da Silvia Colombo. Qui si racconta di Nina, nella cui casa le cose volano. Vola di tutto: piatti, libri, cuscini. E soprattutto mani, che lasciano segni rossi sulla pelle e parole, che possono essere taglienti come lame. Nina assiste a tutto questo, con paura e con dolore. Nina vede, terme, agisce e subisce. E così anche Nina vola. Vola perché spinta e vola per salvarsi. Sopra tutto e sopra tutti. Fino a quando le parole rassicuranti e decise della mamma non annunciano un cambiamento salvifico. Ad accompagnare il racconto tutto incentrato sulla metafora del volo, entrano in gioco illustrazioni dai colori accesi in cui figure reali e riconoscibili si mescolano ad elementi di contorno più insaturi ed espressivi che valorizzano la dimensione simbolica della narrazione.

Il grande volo è un libro due volte coraggioso. Per il tema che tratta, poco o per nulla presente nei volumi destinati ai più piccoli. E per la scelta di ampliare il più possibile la fruibilità di una narrazione così delicata. Il libro scritto da Fulvia degl’Innocenti e illustrato da Silvia Colombo viene infatti proposto dall’editore Astragalo in una doppia versione: albo illustrato tradizionale e inbook. Quest’ultima presenta il testo in simboli WLS che ne agevolano la comprensione anche da parte di giovani lettori con difficoltà comunicative.

Data la lunghezza del testo di partenza e la scelta (propria del modello inbook seguito dal libro) di non modificarlo, i riquadri che contengono i simboli risultano giocoforza di dimensioni ridotte, richiedendo una certa dimestichezza con questo tipo di lettura. D’altro canto, la struttura sintattica raffinata e il racconto a forte carica metaforica presuppongono a loro volta un lettore modello non alle prime armi e capaci di muoversi con agio anche tra le sfumature e le capriole del testo. La grafica, infine, tende a ricalcare quella originale dando vita ad alcune pagine più pulite, lineari e leggibili ed altre un poco più ostiche per via del minore contrasto tra sfondo e testo o della sistemazione arcuata della sequenza di simboli. Come da modello inbook, questi ultimi traducono individualmente ogni elemento lessicale e prevedono qualificatori di numero e genere. Inoltre – peculiarità di questo volume – mentre la maggior parte dei simboli presenta la parte lessicale in minuscolo, come normalmente accade, alcune parole chiave sono proposte in maiuscolo. Sono al massimo tre-quattro per pagina e si tratta delle parole più significative di ogni pezzo di racconto. Un espediente che mira a ricalcare con fedeltà l’originale, focalizzando l’attenzione sugli elementi più pregnanti e guidando così l’attenzione del lettore.

Rachele, artista contorsionista

Di fronte a un libro tattile come Rachele, artista contorsionista si può rimanere un po’ spiazzati. Si percepisce, infatti, un certo contrasto, tra la veste curatissima e raffinata del volume e l’aspetto molto più ordinario del suo contenuto.

Proviamo a spiegare meglio: il libro si presenta con un ricercato formato quadrato e un’elegante copertina rigida ricoperta di stoffa nera su cui, in bianco, spiccano titolo e autore (sul fronte) e una breve descrizione (sul retro). Da entrambi i lati, le parole appaiono incise nel tessuto, risultando così suggestive anche al tatto. Sempre in bianco, compare sulla copertina la protagonista del libro – il serpente Rachele – il cui corpo delinea uno zigzag sul fronte e prosegue più sinuoso sul retro. Realizzata in cartoncino, risulta perfettamente percepibile e riconoscibile non solo con gli occhi ma anche con i polpastrelli.

La medesima pulizia grafica e attenzione ai contrasti così come alla leggibilità delle figure la ritroviamo nelle pagine interne. Quella di sinistra contiene sempre il testo in nero e in braille – mentre quella di destra propone sempre uno sfondo colorato e un’illustrazione in cartoncino bianco. Quest’ultima rappresenta sempre Rachele che di volta in volta, grazie al suo carattere flessuoso, assume una forma diversa. Il volume nasce, infatti, con l’intento di far scoprire e familiarizzare i bambini, soprattutto ma non solo non vedenti, con le forme geometriche. A tale scopo, le figure tattili appaiono essenziali e mirate e vengono accompagnate da semplici e brevissimi testi (due-tre righe al massimo) in rima. E proprio questi – tutto sommato un po’ piatti e scontati – creno uno scarto rispetto alla cornice ben più sofisticata in cui sono inseriti. Si pensi, per esempio, al connubio stelle-belle che chiude il volume. Da un libro così fine e così curato nella forma, frutto evidentemente di un grande investimento di tempo, pensiero ed energia, ci si aspetterebbe forse una limatura maggiore, una ricerca più sensibile, una scelta meno prevedibile.

Nonostante questo, il libro risulta apprezzabile, spendibile (anche all’interno di percorsi scolastici inclusivi), attraente e soprattutto efficace nel suo intento primario. Solo, qualche capriola in più, sulla scia della sua protagonista, lo avrebbe reso una piccola gemma.

Niki Talk

Niki Talk è un’applicazione pensata per facilitare la comunicazione nei bambini autistici e con disturbi della comunicazione. La grande versatilità, unita a un funzionamento intuitivo, ne fanno sicuramente una delle app per la comunizione assistita attualmente più valide sul mercato. In particolare, il punto di forza di Niki Talk è nella modalità di personalizzazione dell’interfaccia: Niki Designer è la piattaforma necessaria per personalizzare l’album di raccolta immagini. Semplice e immediata, l’utente potrà accedere al proprio account di Niki Designer tramite PC o Tablet, creando cartelle di immagini personalizzate (seguite dal testo e dalla lettura con la sintesi vocale) che poi verranno “pubblicate” sull’app e fruite direttamente dal bambino. Questa modalità è agevole soprattutto per permettere ai diversi operatori (logopedista, insegnante, ma anche genitori) di lavorare contemporaneamente sul comunicatore, ognuno con le proprie proposte, senza doverlo avere effettivamente in mano. In questo modo si può preparare il materiale in anticipo  e poi usufruirne direttamente con il bambino. Questo aspetto, da non sottovalutare, fa sì che si raggiunga il pieno senso dell’utilizzo del comunicatore: un unico strumento per la comunicazione, da utilizzarsi in tutti gli ambiti in cui si trova il bambino.

La struttura comunicativa si sviluppa ad albero e consente di personalizzare percorsi comunicativi differenti (anche con sfondi di colori diversi, per marcare maggiormente la categorizzazione), anche utilizzabili nei diversi contesti riabilitativi del bambino (o a casa, o a scuola…).

Inoltre, la semplicità delle icone permette un uso agevole anche da parte di bambini con difficoltà cognitive, che beneficiano di uno strumento che può aiutarli anche nella corretta strutturazione della frase.

 

Book Creator

Book Creator è, a tutti gli effetti, una piattaforma che permette di creare “libri” digitali, corredati di testo, immagini e audio. La particolarità di questa piattaforma è che è sostanzialmente pensata per essere utilizzata in classe, per creare contenuti in modo semplice e inclusivo.

Book Creator è progettato per essere utilizzato da tutti gli studenti e per abbracciare le necessità di un ampio pubblico, tenendo in considerazioni i vari stadi evolutivi e le diverse capacità cognitive. A questo riguardo, Book Creator possiede una serie di funzionalità adatte a diversi stili di apprendimento: è possibile sia scrivere (in diverse lingue) che dettare il testo, si può utilizzare il font ad alta leggibilità Open Dyslexic e il correttore ortografico con predittore di vocaboli, è possibile far rileggere il testo da una sintesi vocale. Queste funzionalità permettono di rendere Book Creator davvero accessibile e utilizzabile quindi anche per bambini e ragazzi con Bisogni Educativi Speciali.

Book Creator può essere utilizzato in ogni materia e in ogni livello scolastico in tutto il curriculum, per progetti di ricerca, portfolio digitali, riviste di alfabetizzazione oppure per creare manuali, annuari o newsletter scolastiche.

Bachi Spaziali

Bachi spaziali è un software destinato a bambini in scolare con difficoltà di lettura, per aiutarli nella lettura immediata di uno stimolo che man mano può diventare sempre più complesso (si parte da una lettera, per poi passare a sillabe e parole). Può essere anche un valido aiuto per l’utilizzo della tastiera, come gioco per cercare le singole lettere e velocizzarsi quindi nella scrittura.

Ha un’interfaccia divertente e colorata ed è possibile variare tra 3 modalità di gioco: gli Invasori, i Bachi e le farfalle oppure la modalità neutra. La personalizzazione consiste in una modifica della dimensione, dello stile e del colore dei caratteri, la velocità di comparsa e il tempo di permanenza degli stimoli-parole e dalla possibilità di inserire nuovi testi o di modificare quelli esistenti. Di default, l’utente possiede tre vite, anche se è un parametro che può essere modificato a piacere e ogni volta che il giocatore sbaglia, perde una vita.

Sono presenti diverse sezioni:

Non c’è dubbio che questo software, così longevo, sia un reale e valido supporto per migliorare la capacità di lettura nei bambini con difficoltà di apprendimento ma non solo: bambini all’inizio della scolarizzazione, ad esempio, possono beneficiare dei tempi lunghi di esposizione dello stimolo da leggere. La grafica accativante ma non troppo sovracarica di stimoli permette una reale dimensione ludica del software che può essere consigliato anche a bambini con difficoltà attentive.

Symwriter 2

SymWriter è un software di comunicazione che permette di scrivere testi che vengono automaticamente tradotti anche in forma simbolica, attraverso la possibilità di utilizzare 12.000 simboli Widgit (precedentemente conosciuti come Widgit Literacy Symbols), utilizzati in molti paesi nel mondo, sia a colori che in bianco e nero, in grado di rappresentare un vocabolario di oltre 34.000 lemmi nella lingua italiana, in continuo aggiornamento e ampliamento.

Creando testi simbolizzati il bambino può essere incoraggiato a scrivere e a usare le sue competenze di scrittura col sostegno della simbolizzazione. SymWriter offre inoltre la possibilità di creare ambienti interattivi e attivare la scansione per selezionare gli elementi del compito per bambini con una severa disabilità motoria. E’ possibile creare ambienti con griglie interattive, attingendo a una libreria di ambienti già pronti e modificabili.

E’ sicuramente un software molto completo, che permette un reale sostegno nel trasformare testi anche lunghi e complessi in testi con simboli e che può essere utilizzato in ambito scolastico oltre che riabilitativo.

Occhio alle parole

Questo software è rivolto a bambini e ragazzi che necessitano di incrementare la velocità di lettura per renderla più efficace e permettere quindi un più facile accesso al significato. Principale scopo è quello infatti di superare la lettura di tipo analitico-decifratorio per accedere ad una lettura di tipo visivo e lessicale.

In 10 unità vengono proposti differenti compiti di lettura: dalla ricerca rapida di parole uguali fino alla lettura incalzante di frasi e testi. La presentazione dei testi avviene con diverse modalità che avvicinano il soggetto alla lettura adulta allenando ad ampliare lo span visivo. Ogni unità è impostata su livelli di difficoltà crescente (diminuzione del tempo di esposizione, maggiore lunghezza delle parole, delle frasi, ecc.), dove l’avanzamento da un livello all’altro, con la conquista e la perdita delle medaglie, è simile a quello dei videogiochi. È possibile impostare anche una serie di opzioni per visualizzare le parole nella modalità che l’insegnante o il logopedista ritiene più adatta (maiuscolo, mascheramento, ecc.). Nella parte gestionale sono registrati i risultati di ogni singolo utente. Sono attivabili anche le istruzioni scritte, utili in caso di ipoacusia.

Tux paint

Si sa, disegnare è una delle attività più immediate e spontanee per i bambini. E quando c’è un computer davanti, disegnare al computer può essere un gioco divertente e irresistibile!

Tux Paint è un programma di disegno progettato per i bambini, dai tre anni in su. Dispone di un’interfaccia semplice ed intuitiva, effetti sonori divertenti ed una simpatica mascotte che offre aiuto durante la creazione dei disegni. Avendo un’interfaccia molto intuitiva, il campo di applicazione di questo programma può essere esteso anche nel caso di deficit cognitivi. Tux, il pinguino di Linux, viene visualizzato nella parte bassa di ogni finestra e fornisce informazioni e suggerimenti.

Ai bambini viene presentato un foglio bianco e una grande varietà di strumenti per incoraggiarli ad esprimere la propria creatività. E’ vero, può sembrare un programma quasi banale ma in realtà permette e incoraggia i bambini ad esplorare lo strumento in modo autonomo, senza ansia da prestazione. Inoltre è un ottimo pretesto per sostenere la relazione con l’adulto che sta accanto al bambino.

Esiste anche la versione app, che permette di sviluppare la coordinazione oculo-motoria e di sfruttare le potenzialità del touch screen per i bambini con difficoltà di gestione del mouse.

Supermappe

Il programma SuperMappe permette di creare mappe concettuali in modo pratico e veloce, con un interfaccia intuitivo e numerosi strumenti per rendere la mappa un prodotto davvero personalizzato. L’interfaccia è adatta sia ad un utilizzo da parte di bambini della scuola primaria che secondaria inferiore, senza per questo escluderne l’uso da parte dei più grandi. Può funzionare integrandosi alla sintesi vocale Loquendo per avere la lettura dell’intera mappa. Ogni mappa, con incluse le note, può essere automaticamente convertita in testo ed esportata all’interno di altri programmi (SuperQuaderno, CARLO, MS Word e altri).Ha una ricca dotazione di immagini pronte all’uso all’interno delle mappe ed è accessibile perché può essere utilizzato in modalità scansione mono o bitasto. Si presta benissimo all’uso con touch-screen ed anche con l’intero gruppo classe in modalità cooperativa utilizzando la LIM. E’ possibile aprire e modificare più mappe contemporaneamente ed usare una modalità Presentazione che consente di vedere una mappa a schermo intero, nascondendo gli strumenti. Ad una figura o immagine può essere associata una mappa creata in precedenza, un collegamento internet, un’annotazione audio o una nota testuale scritta al momento, un file esterno.

Superquaderno

SuperQuaderno può essere definito come un editor di testi che incorpora oggetti multimediali per facilitare l’apprendimento della letto-scrittura.In realtà, si tratta di uno strumento unico nel suo genere, che permette a bambini con difficoltà di scrittura di sperimentare un approccio nuovo e motivante verso un’abilità per loro complessa e faticosa.

Superquaderno, infatti, oltre alle funzioni di un normale programma di scrittura, permette di illustrare il testo, anche in modo automatico durante la scrittura, traendo le immagini da un vocabolario figurato di oltre 1000 parole che ricorrono con maggior frequenza nei testi scritti dai bambini della scuola primaria. L’utilizzo di molteplici canali sensoriali, quali il canale visivo (le parole scritte e rappresentate attraverso figure) ed il canale uditivo (le parole lette dalla sintesi vocale espressiva) stimola la curiosità e l’interesse per la scrittura. L’interfaccia studiata appositamente per i bambini, iconica e intuitiva, priva di testo, lo rende particolarmente adatto a chi si confronta per la prima volta con il computer e/o con la scrittura. Le immagini si possono associare automaticamente a parole già presenti nel testo semplicemente cliccando sul pulsante “magia”. Il rinforzo positivo dell’immagine che compare accanto alla parola scritta correttamente gratifica il soggetto e lo riporta con immediatezza al significato di ciò che ha prodotto. In questo modo è possibile rappresentare contenuti astratti, e comunque arbitrari come le parole, per mezzo di figure, che possono essere anche aggiunte e personalizzate. Inoltre, nei casi di disturbo della comunicazione possono essere implementati i simboli utilizzati per la comunicazione aumentativa (PCS, BLISS e altri) per consentire all’utente l’utilizzo del sistema di simboli in un contesto ludico e di narrazione.

Superquaderno può essere potenziato con l’utilizzo opzionale della sintesi vocale Loquendo, permettendo il riascolto di ciò che viene scritto, favorendo e rinforzando in tal modo le abilità di lettura, l’elaborazione e la composizione del testo.

Si rivolge quindi prevalentemente a bambini:

IperMAPPE 2

IperMAPPE 2 è un software che permette la costruzione di mappe concettuali e multimediali generate partendo da contenuti digitali, libri digitali PDF o documenti RTF. Si tratta di strumento dinamico e interattivo che permette di costruire e organizzare le proprie conoscenze, di sperimentare un metodo di studio e di migliorare le proprie capacità di elaborazione delle informazioni, tutto in modo creativo ed personalizzato.

È perfettamente integrato con il lettore vocale ALFa READER, sempre Erickson: le mappe sono infatti automaticamente leggibili con il lettore vocale e IperMAPPE 2 può essere installato sulla chiavetta USB di ALFa READER, per una maggiore portabilità.

Inoltre IperMAPPE 2 è utilizzabile in classe con la LIM, per favorire lezioni interattive e inclusive. Sulla LIM sarà infatti possibile creare una mappa multimediale e navigarla in modo efficace e intuitivo, ingrandendo le immagini presenti nei nodi.

Questa versatilità permette a IperMAPPE 2 di proporsi come valido strumento per lo studio a casa, ma anche per un’efficace proposta inclusiva di insegnamento in classe.

Il ninja innamorato

L’amore ha tante forme, tanti modi di esprimersi, tante direzioni. Così, per esempio, il ninja protagonista del libro di Ale Puro, vincitore del Silent Book Contest 2023, si innamora della luna – in particolare quando non è né piena né nuova – e sfrutta la sua invidiabile agilità per avvicinarsi a lei il più possibile, financo a conquistarla. Il suo è un vero e proprio colpo di fulmine: la nota nel cielo mentre saltella di tetto in tetto e da lì in avanti non fa che pensare a lei, nelle situazioni più disparate. La ammira, la sogna, cerca in diversi modi, alcuni davvero molto buffi, di raggiungerla. Il lieto fine è dietro l’angolo e porta letteralmente il sorriso, non solo sul volto del lettore…

Semplice e contraddistinto da alcuni guizzi surreali, Il ninja innamorato è un libro senza parole caratterizzato da forme minime e poco rifinite, colori pieni e giochi cromatici che aiutano a seguire l’avanzare del racconto. Sulle tavole a predominanza scura – il nero e il blu dei ninja e della notte la fanno, infatti, da padroni – spiccano, per esempio, il rosso del palloncino con cui il protagonista cerca di alzarsi nel cielo o l’arancione della zuppa in cui scorge la sagoma adorata. E il giallo, chiaramente, della luna tanto amata.  Lo sviluppo del racconto è lineare e questo, unito all’assenza di dettagli confusivi o superflui, gioca a favore della fruibilità del volume anche in caso di difficoltà di lettura visiva e interpretazione.

Niki words

Niki words è un’app realizzata per bambini con Bisogni Educativi Speciali. Si tratta di un’applicazione per imparare a scrivere e a leggere attraverso tre sezioni di gioco:

– gioca con le parole

– cruciverba

– lavagna magica

È possibile selezionare altre lingue, oltre l’italiano, tra cui l’inglese, il francese, lo spagnolo e lo svedese.

La sezione “Gioca con le parole” è suddivisa in 18 categorie e si presenta come una lavagna bianca con l’immagine dell’oggetto e il bambino può scrivere il nome dell’oggetto selezionando le lettere disposte nell’area sotto la lavagna. La sezione “Cruciverba” si presenta come un vero e proprio cruciverba semplificato e supportato dalle immagini che rappresentano le parole da inserire. la sezione “Lavagna magica” è una piccola lavagna dove il bambino ha la possibilità di sperimentare liberamente con le lettere e comporre proprie parole.

È presente una sezione destinata ai genitori in cui sono presenti le impostazioni tecniche (livello di difficoltà, effetti sonori, altre utili modifiche).

Niki Words permette un sostegno all’apprendimento della letto-scrittura, con attività semplici che permettono di allenare anche il coordinamento oculo-manuale. La grafica rimanda a un contesto ludico e per questo può essere un valido alleato in situazioni di difficoltà cognitive dove spesso subentrano la frustrazione e la demotivazione alla gioia di apprendere. La “lavagna di scuola” come sfondo permette di focalizzare l’attenzione sulle lettere mentre il suono della lettera stessa, quando viene selezionata, permette di associare il grafema al fonema.

Recupero in ortografia

Ideato come strumento per il potenziamento dei processi di scrittura, il software propone una serie di attività graduate che mirano all’acquisizione della consapevolezza dell’errore ortografico e forniscono agli alunni utili strategie metacognitive. Sotto la guida di un simpatico pirata, l’alunno affronterà una grande caccia al tesoro che gli consentirà di mettere alla prova le capacità alfabetiche e lessicali e di individuare i punti di fragilità alla base dell’iterazione dell’errore.

È possibile accedere e svolgere il programma in due modalità: «Insegnante» e «Famiglia»:

All’interno dell’area «Statistiche» è possibile monitorare l’andamento di ciascun alunno o dell’intera classe per pianificare eventuali interventi mirati.

Recupero in ortografia, diversamente da altre strategie didattiche,  sposta il focus dell’intervento dal monitoraggio degli errori ai processi sottesi, dalla valutazione dei risultati alla lettura dell’evoluzione della competenza, coinvolgendo e motivando in prima persona l’alunno.

Con questa nuova versione, graficamente più essenziale perciò meno distraente, si entra in un mondo ludico che permette al bambino di svolgere con gioia le attività proposte, anche se per lui complesse e molto richiedenti. La ripetizione delle attività permette inoltre un approccio graduale, così che anche i bambini con maggiori difficoltà di adattamento possano comprendere la richiesta e beneficiare dell’esercitazione.

Duolingo

Duolingo è un’app gratuita per l’apprendimento delle lingue.  Esiste la versione da utilizzare sul Pc. L’ultima versione aggiornata presenta come lingue: Italiano, Cinese Semplificato, Cinese Tradizionale, Francese, Giapponese, Hindi, Inglese, Olandese, Polacco, Portoghese, Rumeno, Russo, Spagnolo, Tedesco, Turco, Ungherese.

Duolingo offre lezioni scritte e di dettato, ma permette poca, o quasi nulla, pratica di conversazione. Ha una serie di livelli di abilità ad albero in cui si avanza come in un videogioco, attraverso cui gli utenti possono progredire, e una sezione vocabolario dove ci si può esercitare con le parole che si imparano durante le lezioni.

L’applicazione si compone di più livelli, dal livello base, superando correttamente gli esercizi, si passa ai livelli successivi, in cui aumenta la difficoltà. Dalle parole si passa alla composizione di frasi. Può essere adatto anche a bambini della scuola elementare poiché presenta le lingue attraverso parole appartenenti a vari ambiti, gli animali, il cibo, ecc..

Oltre al proprio studio personale nell’ultima versione c’è la possibilità di giocare anche in modalità duello contro il computer o contro altri utenti di Duolingo.

La segnaliamo perchè, tra tutte le app per l’insegnamento delle lingue straniere, Duolingo sfrutta i principi della gamefication, puntando così su motivazione e gioco: un binomio perfetto per sostenere una materia spesso ostica come la lingua straniera.

Go Talk Now

Il nuovo GoTalk NOW nasce dalla ormai longeva esperienza nel campo della comunicazione, unendo le caratteristiche classiche del comunicatore Go Talk con la versatilità e la semplicità di un’app per Ipad.

offre tre stili di pagine per la comunicazione: Standard, Express e Immagini. Nelle pagine Standard la selezione avviene premendo l’elemento desiderato. Nelle pagine Express, dei messaggi registrati o letti da una sintesi vocale sono presenti su un’unica barra di conversazione e vengono letti in sequenza quando si preme la barra. Le pagine Immagini sono invece costruite intorno a una singola foto o immagine. In questo caso si possono inserire degli hotspots non visibili in corrispondenza di persone o oggetti della foto e associarvi messaggi vocali, musica o video. Potete abbinare liberamente pagine diverse in un unico libro per la comunicazione.

E’ possibile realizzare tutti i libri per la comunicazione di cui si necessita, ognuno con configurazioni uniche e con un numero di pagine illimitato. GoTalk NOW inoltre è un’app completamente fruibile con la scansione.

Niki Story

Niki Story è un’app utile per sviluppare le capacità creative e per aiutare persone con bisogni comunicativi complessi.

E’ possibile creare presentazioni personali, storie sociali e fiabe multimediali. Dalla schermata principale è possibile scegliere di leggere e modificare storie esistenti o creare nuove storie. Durante la creazione si inseriscono le immagini salvate sul dispositivo ed è possibile inoltre inserire simboli PCS per la comunicazione e un audio. La storia finita può essere salvata anche in formato PDF e inviata a altre cartelle o dispositivi.

L’uso che si può fare di questa app è davvero vario: è possibile raccontare episodi di vita famigliare o giornate  speciali, ma anche creare storie sociali per l’autonomia o ancora materiale didattico per la scuola.