Sogni d’oro

La frequentazione dei terreni del racconto senza parole non è cosa nuova per Paola Formica. Suoi, i bellissimi silent book Orizzonti e Cuore di Tigre editi negli anni passati da Carthusia. Sicché, l’ultimo lavoro tutto per immagini realizzato dall’autrice e intitolato Sogni d’oro, pur rivolgendosi a bambini più piccoli e adottando un tema ben più leggero dei precedenti, nasce a partire da un’esperienza ben consolidata e matura. E si vede. Questo albo senza parole pubblicato da San Paolo e dedicato al gioioso momento serale in cui la fantasia spalanca le porte al sogno, sposa infatti con perizia un’apprezzabile chiarezza narrativa e una capacità di giocare con ciò che le immagini velano e svelano. L’albo non solo, dunque, procede senza parole ma è progettato per valorizzare il potenziale  narrativo che è caratteristico del codice iconico.

Protagonista del libro è una bambina che si accinge ad andare a dormire. Copertina alla mano e pigiama vermiglio indosso, saluta con la manina e si avvia. Ma sul percorso trova una coda che ha tutta l’aria di essere leonina, seguita da una zampa che a sua volta pare essere leonina, seguita da una belva intera che indubbiamente è leonina. Sì, quello che la bambina incontra è proprio un leone, però buono. Con lui è tutto un solletico, così come con l’elefante che compare da lì a poco sarà tutta una capriola e con il coccodrillo tutto un bel salto. E poi ci sono l’orso, il dinosauro, il gufo, la balena e il canguro, ciascuno esperto di un gioco diverso. E  infine c’è un’ultima creatura dagli occhi grandi e il manto scuro. Si nasconde tra le foglie con fare misterioso. Di cosa si tratta? E dove porterà la piccola con quelle sue zampone nere? Lo svela con un piccolo colpo di scena la pagina finale, che dona al lettore la chiave per rileggere la storia.

Lineare e ben scandita, questa procede secondo uno schema iterato in base al quale il lettore intravede dapprima un solo dettaglio – la coda, la proboscide, una zampa e così via – dell’animale che sta per comparire in scena e di cui può indovinare le fattezze, prima di scoprirlo nella sua interezza e verificare se l’intuizione sia stata azzeccata. Ogni pagina è quindi un implicito invito a prevedere gli incontri della protagonista e i giochi che ne nasceranno: invito supportato da un’accorta distribuzione delle figure, un’attenta selezione dei particolari da sottoporre al lettore e una scelta di personaggi ben identificabili e familiari ai bambini. Questi aspetti agevolano la partecipazione attiva alla lettura anche da parte di bambini che presentano qualche difficoltà a operare inferenze complesse. L’assenza di parole, dal canto suo, rende il libro accessibile anche in caso di dislessia e sordità, benché si tratti di un volume che perlopiù i bambini leggeranno insieme a qualcuno.

Il tono della narrazione è sempre voltato alla positività e al piacevole divertimento, il che fa di Sogni d’oro una bella proposta anche per la lettura serale, in cui il bambino possa riconoscere la propria esperienza di invenzione fantastica, di procrastinazione del sonno, di sovrapposizione tra reale e immaginario e possa trovare un sostegno contro piccoli grandi timori notturni. In questo, determinante è senz’altro la capacità di Paola Formica di rendere al meglio e di giocare con le espressioni e con gli sguardi – come già efficacemente dimostrato soprattutto in Cuore di tigre – affidando ad essi il compito di sussurrare al giovanissimo lettore che tra queste pagine, così come nel buio, può avanzare sereno senza avere paura.

Papu e Filo

Papu e Filo sono due personaggi tanto diversi – uno sbadato aggregato di pompon colorati e un preciso pezzo di corda bordeaux  – che non amano il loro aspetto e vorrebbero reciprocamente assomigliarsi. Ma cambiare non è così immediato, soprattutto se si è da soli. Insieme, invece, tutto è più semplice: così i due amici trovano il modo di assumere forme sempre nuove e differenti, mettendo insieme le qualità di ognuno. Un gelato, una chioccola, un’automobile o un viso sorridente: con un amico si può diventare qualunque cosa e farlo, forse, rende creature migliori.

Con una storia lineare, un testo misurato che non spreca una parola, e illustrazioni tattili che trasformano il poco in un’esplosione di creatività, Papu e Filo fa della semplicità la sua forza: una semplicità tutt’altro che banale e piatta e che, anzi, letteralmente conquista. Grazie a questa caratteristica, infatti, non solo il libro racconta una storia che è una carezza ma lo fa in un modo che risulta accogliente tanto per i bambini vedenti quanto per i loro compagni non vedenti. La disposizione di Braille e testo a stampa sulla pagina, la scelta dei materiali e l’essenzialità delle figure rendono infatti il libro godibilissimo e facilmente esplorabile anche al tatto.

Terzo classificato nella categoria “Miglior Libro Italiano” e primo classificato come “Miglior libro didattico” al III Concorso Nazionale Tocca a te! promosso dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, Papu e Filo si presta meravigliosamente a piccole letture intime  in famiglia ma anche a significativi lavori di gruppo in classe.

IMG_20160605_181920  IMG_20160605_182011   IMG_20160605_182034

Il coniglio di Alja

Se è vero che la disabilità, da qualche tempo, si è ricavata spazi di rilievo all’interno della letteratura per l’infanzia, è altresì un fatto che non tutte le disabilità trovano eguale rappresentazione in quella letteratura. Soprattutto quando è rivolta ai più piccoli. Gli albi proposti ai bambini in età prescolare tendono infatti  a concentrarsi sulle disabilità più note e diffuse, più facili da avvicinare e conoscere e, in generale, meno gravi e forse più normalizzabili. Più difficile, invece, trovare parole e figure che raccontino agli orecchi acerbi la disabilità grave o la pluridisabilità, quella stessa che più difficilmente gli stessi bambini incontrano sul loro cammino. Eppure questo incontro accade e avere tra le mani uno strumento che aiuti a trasformarlo in un’occasione di crescita è auspicabile e positivo.

Alla luce di tutto questo Il coniglio di Alja pare un libro insolitamente coraggioso, per la scelta schietta e controcorrente di dare spazio a una disabilità rara e complessa. La protagonista dell’albo edito da Asterios, infatti, non cammina, non parla, non vede e non sente bene: Alja è affetta dalla rara sindrome di Leigh, ci dice la nota per adulti a fondo libro, il che la rende gravemente non autosufficiente. Quale che sia la sua sindrome precisa, tuttavia, al lettore e agli autori non importa granché, poiché parole e immagini si concentrano su ciò di cui i bambini concretamente si accorgono e sulle domande reali che popolano le loro menti. Perché è nel passeggino? Perché è in questo modo? E come farà a giocare con noi?, per dirne qualcuna. Tutte domande che qualunque maestra si sentirebbe porre di fronte a una diversità così marcata e alle quali non è così semplice rispondere. Le parole di Brane Mozetič  sono tuttavia misurate e mirate, capaci di nominare con correttezza e senza sbavature una realtà delicatissima e di sposarsi con pacata armonia alle illustrazioni morbide ma decise di Maja Kastelic. In entrambi i suoi aspetti comunicativi il libro mantiene uno sguardo positivo che non sfocia nell’irrealistica edulcorazione della realtà e presta un’attenzione di riguardo alla gestualità, agli sguardi, alle distanze e alle posizioni assunte dai protagonisti: un modo rispettoso e sincero di dire il rapporto che lega disabilità e infanzia, non castrando la naturale curiosità dei bambini ma offrendo loro risposte e azioni soddisfacenti. 

Ne Il coniglio di Alja,  in fondo, non c’è che il racconto di un’esperienza, di una quotidianità per certi versi insolita: l’arrivo all’asilo di una bimba dai bisogni più che speciali, il confronto con una diversità che spiazza e pone interrogativi importanti, le esperienze che, grazie a maestre accorte, la bambina e i suoi compagni riescono a condividere, l’incontro al di fuori della scuola per un compleanno e  la scoperta di un amico comune – un coniglietto nella fattispecie – che incentiva e sostiene la relazione nonostante le gravi difficoltà. Il libro pone cioè un focus molto esplicito sulla disabilità e ciononostante mantiene – cosa tutt’altro che scontata – una freschezza e una profondità apprezzabili che trasformano una narrazione apparentemente ordinaria in un seme di attenzione e apertura.  

Imparo a fare la pipì

Imparo a fare la pipì è un volume in simboli edito dalla casa editrice Homeless Book e dedicato a uno dei passaggi più particolari e delicati della crescita di un bambino. Non si tratta di una storia fantastica o avventurosa, bensì di una storia sociale ossia di un racconto che intende aiutare i bambini ad acquisire dimestichezza con una situazione quotidiana che può generare sorpresa, difficoltà di comprensione o reticenza. Sono reazioni, queste, che toccano trasversalmente qualunque bambino e che possono farsi a maggior ragione più marcate nel caso sopraggiungano particolari disturbi o nel caso in cui i cambiamenti vengano percepiti come ostici.

Ecco dunque che la scelta della casa editrice di rendere il contenuto del libro fruibile anche in caso di autismo e disturbi della comunicazione, grazie all’utilizzo dei simboli WLS e di illustrazioni molto piane e limpide, appare particolarmente calzante per un volume di questo genere. Imparo a fare la pipì presenta infatti un testo molto semplice, composto di poche e brevi frasi e caratterizzato da scelte lessicali ispirate alla quotidianità e da scansioni temporali molto chiare. I simboli impiegati sono riquadrati e presentano la componente alfabetica, in stampatello minuscolo, all’interno del riquadro stesso perciò strettamente connessa alla parte grafica.

Il libro, inoltre, tiene conto dell’importanza- soprattutto in caso di difficoltà legate allo spettro autistico – di personalizzare il racconto in modo che rispecchi il più possibile l’esperienza del bambino-lettore. Per questo il volume è costruito in modo tale da consentire l’adeguamento della contestualizzazione alle singole esigenze (per esempio, con la possibilità di scelta tra il simbolo del vasino e quello del wc), il completamento attivo delle illustrazioni con le proprie foto o con le figure – contraddistinte da espressioni variegate – predisposte in fondo al volume e con l’offerta dei simboli più utili per costruire una tabella comunicativa a tema. Si tratta di piccoli accorgimenti dai risvolti pratici molto significativi che rendono la collana Completalotu – di cui Imparo a fare la pipì fa parte e a cui si è recentemente aggiunto anche il titolo Divento grade, vado a scuola – particolare e ben concepita.

Foglie

La natura ha un potere incantevole che ciascuno coglie in maniera differente. C’è lo stupore di fronte all’ingegnosa perfezione di animali, piante e ambienti, il desiderio di comprendere e conoscere i meccanismi che regolano ogni processo, la meraviglia poetica suscitata dalla bellezza e dalla varietà di ciò che ci circonda. E i libri (quelli buoni!), dal canto loro, non fanno che accogliere questi sentimenti e dar loro voce e spazio. Così, un volume come Foglie di Francesca Pirrone va a cogliere e mescolare queste diverse attitudini proponendo al lettore una carrellata di esemplari botanici, presentati in maniera personalissima. Ognuno rivela un’anima suggestiva e intrigante, suggerita e ispirata dalla forma di ogni foglia. C’è quella rotonda  forse perché mangia troppo e quella a forma di lancia ma che odia la guerra, quella piccola come un bambino e quella dentellata perché è sempre arrabbiata: un assortimento composito e stimolante che invita a una vera e propria danza con le cose più semplici e comuni della natura, gettando su di esse uno sguardo nuovo.

È questione di sguardo, sì, ma anche e soprattutto di tatto. Foglie è infatti un libro tattile costruito a modino, accessibile in tutti i suoi contenuti  anche in caso di disabilità visiva. Oltre ai testi stampati in nero e in Braille nella parte bassa della pagina, il volume dedica a ogni foglia un’illustrazione in legno significativa per gli occhi e per le dita. Identiche nella texture, le foglie di Francesca Pirrone si differenziano nella sagoma, proprio quella che nell’interpretazione dell’autrice ne suggerisce il carattere. Questa scelta, che certo non intende approfondire il realismo della rappresentazione, agevola e snellisce l’esplorazione al tatto che è chiamata così a concentrarsi su un solo aspetto del soggetto. Il risultato è una passeggiata autunnale originale, tra foglie dall’animo marcato, che invitano a (ri)scoprire la natura per farne oggetto e stimolo di nuovi percorsi scientifico- fantastici.

Vincitore della seconda edizione del concorso di libri tattili illustrati Tocca a te!, in qualità di miglior libro didattico, Foglie è stato realizzato e pubblicato in 400 copie dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi e distribuito gratuitamente ad altrettante biblioteche e associazioni sul territorio italiano grazie al contributo della Fondazione Cariplo. Nel corso del 2018 alcune copie del libro saranno rese invece disponibili per l’acquisto privato direttamente sul sito dell’editore.

Cecilia passeggia nel parco

Cecilia passeggia nel parco insieme al suo uccellino Pilù, che fa capolino dalla borsa della ragazza perché non sa volare. Il loro è un viaggio sensoriale tra profumi che solleticano il naso, foglie che crocchiano sotto i piedi e grandi alberi che offrono ombre ristoratrici. Ma è anche una catena di incontri: alcuni più felici, come quello con Lucio che vorrebbe donare un palloncino a Pilù per aiutarlo a spiccare il volo, altri più ostili come quello con lo scoiattolo scorbutico che in malo modo caccia l’uccello dal suo nido. È infine è anche e soprattutto una scoperta, di quelle che forse ti cambiano la vita: Cecilia inciampa infatti in un violoncello e le sue note regaleranno a lei nuovi colori e a Pilù nuove ali per volare.

Che Cecilia sia ipovedente, come ci dice la quarta di copertina, possiamo immaginarlo dall’intensità con cui le sue sensazioni vengono descritte e dall’altrimenti improbabile inciampo in uno strumento così grosso come un violoncello. Il che non è male. Perché così le possibilità di identificazione da parte del lettore si rafforzano, restituendo alla metafora della musica come porta preziosissima sul e verso il mondo, la dimensione universale che merita. Il rimando al deficit visivo, dal canto suo, contribuisce a fare di Cecilia passeggia nel parco un invito a fare esperienza nuova dei propri sensi, vivendo attività comuni – come una passeggiata al parco appunto – con spirito insolito e curioso. Sperimentare in prima persona, con una lettura e una camminare reale magari, il potere dei sensi che affiancano o sostituiscono la vista, può costituire infatti una maniera efficacissima per cogliere anche da piccoli il senso della parola resilienza. Claudia Ferraroli e Fuad Aziz ce lo suggeriscono con pacata poesia, con parole e immagini ben sposate, sospese e sussurrate.

Due conigli

La tenera meraviglia che suscita l’immersione in un albo senza parole come Due conigli di Daphne Louter è difficile a dirsi. C’è di mezzo lo stile pacato e dal gusto deliziosamente anglosassone dell’autrice, una capacità rara di cogliere l’infanzia nella sua più intima più vera e un gusto per i dettagli che dilata con letizia il tempo della lettura.

Protagonisti sono due conigli, presumibilmente fratelli, ritratti nel bel mezzo di momenti al contempo quotidiani e speciali, come una battaglia dei cuscini al risveglio, il gioco dei travestimenti, una festicciola in giardino,  le letture della sera. Ogni istante è immortalato in punta di piedi, come se l’occhio curioso dell’autrice si soffermasse di nascosto e con diletto a godersi le marachelle dei due cuccioli nella casa di campagna. Ognuno di questi istanti è anticipato da un dettaglio – un palloncino, una tazza, un paio di stivaletti rossi – messo ben in risalto su sfondo bianco nella pagina di sinistra, che lascia immaginare e pregustare che cosa potrebbe succedere in quella accanto. Lo stesso dettaglio ritorna poi nella pagina di destra  (al lettore, di volta in volta, trovarlo), inserito in un quadro completo che vede in azione i due protagonisti. E qui davvero ci si può perdere, scovando l’immancabile gallina di compagnia, cogliendo la precisione con cui i movimenti e i giochi infantili (talvolta condivisi, talvolta indipendenti)  sono ritratti, gustando richiami a capolavori della letteratura per l’infanzia (uno su tutti, I tre piccoli gufi che dalla cima di un mobile in soffitta guardano i due fratelli agghindarsi e mascherarsi) e assaporando dettagli minimi e gustosi (come le pantofole a forma di coniglio o gli oggetti che di quadro in quadro ritornano) e immaginando ciò che succede al di fuori del quadro, giusto oltre il margine del libro, ma anche ciò che accade prima e dopo il momento colto. Cosa si festeggia in giardino? Cosa sta prendendo la signora zebra in cima alla scala dell’emporio? E ci sarà una bella marmellata per merenda? Al lettore, paziente collezionista di indizi preziosi, il piacere di deciderlo e dirlo.

Insomma, è un albo dalla struttura semplice e iterata, Due conigli, in cui la storia si compone di una serie di flash che riassumono una giornata specialmente ordinaria. Eppure tra queste pagine si cela un mondo profondo che richiede attenzione e rende il volume adattissimo – più di molti volumi costruiti ad hoc, peraltro – a offrire spunti a chi cerca libri sulla relazione, sull’autonomia, sul genere o più in generale sulle peculiarità dell’infanzia.

Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina

Un giorno Giulio Coniglio si sveglia e trova fuori da casa sua un bellissimo camper che reca scritto “Gelsomina”, ossia il nome della  famosa leprotta ballerina che ne è proprietaria. Gelsomina fa rapidamente la conoscenza di Giulio e dei suoi amici, accorsi appositamente ed elegantemente agghindati per l’occasione, deliziandoli con un meraviglioso spettacolo di danza. Un po’ meno movimentata delle altre avventure, Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina ha un ritmo più lento e punta l’attenzione sull’emozione di fare nuovi incontri.

 

La collana Le giocastorie ad alta leggibilità

Giulio Coniglio e la lepre Gelsomina fa parte della collana Le Giocastorie, ora in parte pubblicata da Franco Cosimo Panini Editore ad alta leggibilità. L’utilizzo del font leggimiprima rende infatti  le avventure del noto coniglio creato da Nicoletta Costa più accessibili anche in caso di dislessia: scelta editoriale apprezzabilissima perché concretizza realmente la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze imposta da un disturbo o una disabilità. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto significa, per i bambini con qualche difficoltà, potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. La collana Le Giocastorie si contraddistingue per un formato snello e maneggevole, storie brevi ma  ben strutturate, una narrazione lineare, un rapporto bilanciato tra immagini e testo, illustrazioni inconfondibili e una scrittura piana ma mai sciatta. In  chiusura, piccoli giochi ispirati alla storia ed adesivi staccabili concorrono ad aumentare per vie traverse l’appeal del volume nei confronti dei lettori meno forti.

 

Giulio Coniglio e il picnic con la balena

Quando la balena Bernarda e il pinguino Pedro vanno fanno visita a Giulio Coniglio e ai suoi amici è una vera festa. L’accoglienza calorosa a base di succo di carota e frittelle è ben gradita dai due ospiti che ben si prestano a far trascorrere ai padroni di casa un intenso pomeriggio di sguazzate al fiume. C’è chi come topo Tommaso si tuffa senza timore tra le onde e chi come Giulio preferisce guardare. Ognuno è a suo modo, e va bene così. Poi scende la sera e la fatica cala, ma anche il momento di dormire può trasformarsi in una bella occasione per dimostrarsi amici affettuosi e accoglienti.

I testi di Giulio Coniglio e il picnic con la balena sono leggermente più brevi rispetto ad altri della medesima serie, il che rende il volume particolarmente adatto a un primo tentativo di approccio autonomo. Essi risultano inoltre arricchiti da brevissimi fumetti (composti da una o due parole) che dinamizzano la pagina e il racconto, offrendo tra l’altro una possibilità di divisione nei compiti di lettura (“io leggo questi, tu leggi il resto”) che può contribuire a rendere le prime esperienze autonome più graduali  e in quanto tali piacevoli.

 

La collana Le giocastorie ad alta leggibilità

Giulio Coniglio e il pic nic con la balena fa parte della collana Le Giocastorie, ora in parte pubblicata da Franco Cosimo Panini Editore ad alta leggibilità. L’utilizzo del font leggimiprima rende infatti  le avventure del noto coniglio creato da Nicoletta Costa più accessibili anche in caso di dislessia: scelta editoriale apprezzabilissima perché concretizza realmente la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze imposta da un disturbo o una disabilità. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto dai bambini significa, per chi ha qualche difficoltà, potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. La collana Le Giocastorie si contraddistingue per un formato snello e maneggevole, storie brevi ma  ben strutturate, una narrazione lineare, un rapporto bilanciato tra immagini e testo, illustrazioni inconfondibili e una scrittura piana ma mai sciatta. In  chiusura, piccoli giochi ispirati alla storia ed adesivi staccabili concorrono ad aumentare per vie traverse l’appeal del volume nei confronti dei lettori meno forti.

Giulio Coniglio e la nave pirata

Quando un libro o una serie di grande successo vengono riproposti in una forma nuova, che consente l’accesso a un maggior numero di giovani lettori, è sempre una buona notizia. Ecco perché val proprio un festeggiamento la pubblicazione di alcune delle Giocastorie di Giulio Coniglio in una versione ad alta leggibilità che sfrutta il font leggimiprima (messo a punto e concesso all’editore da Sinnos). Scelte editoriali come questa concretizzano realmente, infatti, la possibilità di condividere narrazioni e immaginari al di là delle differenze legate, per esempio, ai Disturbi Specifici dell’apprendimento. Poter accedere autonomamente e più agevolmente alle avventure del coniglio più conosciuto dai bambini di pochi anni significa potersi agganciare a pieno a un mondo che i propri pari condividono con piacere, ritrovandovi fertili occasioni di divertimento comune. Le Giocastorie, peraltro, si prestano bene a venire incontro a lettori inesperti o in difficoltà, non solo per l’appeal straordinario dei personaggi, ma anche per la struttura lineare del racconto, il rapporto bilanciato tra immagini e testo, l’aspetto snello, tascabile e gradevole dei volumi  e la scrittura a misura di bambino ma non sciatta.

In Giulio Coniglio e la nave pirata l’istrice Ignazio propone agli amici di giocare ai pirati, procurando addirittura una barca vera con tanto di bandiera nera. Regola ferrea: divieto assoluto per le femmine di partecipare. Così Ignazio, Giulio e il topo Tommaso trascorrono un maschilissimo pomeriggio solcando le onde. Quando però la barca si incaglia, la sera scende e la mancanza di carote inizia a farsi sentire, i tre amici si scoraggiano sicché il salvataggio generosamente messo a punto dalle amiche femmine – la mucca Maddalena e l’oca Caterina – viene accolto con straordinaria felicità e festeggiato con una meritata pizza condivisa.

Piccola volpe nel bosco magico

L’affetto che può legare un bambino al suo peluche più caro può essere smisurato, tanto da spingere ad ardite ricerche in caso di smarrimento. Lo sa bene la bimba dal caschetto moro, protagonista di Piccola volpe nel bosco magico. La sua vecchia volpe di pezza è per lei importante, importantissima. Così, di fronte alla richiesta della maestra di portare a scuola una cosa preziosa da descrivere ai compagni, la bambina non ha ha dubbi: porterà lei, la sua morbida amica pelosina. Dalle foto ricordo che tira fuori per l’occasione si deduce quanto la bimba bene voglia al pupazzo e quanti momenti di intima crescita abbiano vissuto insieme. Per questo, quando la piccola volpe di peluche scompare dallo zainetto, la sua amica umana inizia a cercarla disperatamente, senza fermarsi  nemmeno di fronte al più fitto dei boschi. Sarà un viaggio lungo e avventuroso, il suo, che la porterà ad attraversare sentieri bui e radure fantastiche, popolate da numerose e curiose creature della foresta. Fino al fatidico ritrovamento che recherà con sé un’autentica sorpresa e ripagherà tutte le fatiche con una moltiplicazione degli affetti. Perché è proprio vero che la gentilezza si propaga e gratuitamente porta con sé una contagiosa forma di felicità.

La storia che  Stephanie Graegin racconta con grande tenerezza, si sviluppa agli occhi del lettore attraverso l’esclusivo uso delle immagini: non ci sono cioè parole a scandire ciò che accade, ma decisamente tra queste pagine non se ne sente il bisogno. La scelta narrativa fatta dall’autrice è infatti tutt’altro che oscura o ambigua: tutti i passaggi sono chiaramente tracciati sicché la bella storia di amicizia e incontro può risultare accessibile anche laddove ci siano delle difficoltà non solo di decodifica del testo ma anche di lettura di immagini troppo complesse. Azioni, emozioni e pensieri dei protagonisti sono resi facilmente intellegibili grazie a un tratto attento e minuzioso, a un’esplicitazione di scatti narrativi anche minimi e un’alternanza oculata di riquadri a tutta pagina e di riquadri più serrati in serie. La scelta del colore, dal canto suo, accompagna efficacemente il lettore prima nella distinzione e poi nella sovrapposizione tra mondo umano e mondo fantastico, rendendo l’incontro tra i due – se possibile – ancora più suggestivo.

Revolution

In tempi di muri e barriere, nei quali il pericolo di dividersi in un pretestuoso noi e voi si fa palpabile, i buoni libri e il loro contenuto potente possono fare la differenza. A maggior ragione se sono albi illustrati che parlano a occhi più e meno maturi e che con sbalorditiva incisività riescono a fare breccia nell’immaginario. Di certo è il caso di Revolution, libro senza parole ideato e illustrato da Arianna Papini, meritatamente vincitore del Silent Book Contest 2017: un libro che sfida l’illusione di poter classificare gli esseri viventi in base a origini rigidissime, per le quali la contaminazione è qualcosa di necessariamente negativo.

Attraverso la rappresentazione di creature fantastiche che man mano si incontrano e ne generano altre che ne assommano i caratteri, l’autrice porge al lettore una riflessione molto significativa sul valore della differenza e sulla meraviglia che da esse può avere origine.  Così dall’incontro romantico tra una sorta di talpa su ruotini e una bizzarro uccello con tre ali sul capo e una veste variopinta nasce  un cucciolo peloso su ruotini con tre piume sul capo che crescerà e incontrerà una specie di elefante dalla zampe lunghissime e snelle con cui darà vita a un cucciolo dai tratti misti che a sua volta deciderà di mettere su famiglia. E così si procede fino a quando, dopo numerosi incontri e incroci tra animali stranissimi e affascinanti, non  ci si ritrova davanti a due creature dall’aspetto davvero piuttosto familiare. E lì il libro finisce e ricomincia, in un ciclo vitalissimo per il pensiero di chi legge.

La cura che Arianna Papini abitualmente dedica alle sue creature di carta trova qui massima espressione. Sono infatti i dettagli, anche quelli più minuti come la fantasia della punta di una coda, il numero di zampette, la presenza di piccolissimi ruotini o la combinazione di colori di un manto, a guidare il lettore nella comprensione del meccanismo narrativo che soggiace alle illustrazioni. Non immediatissimo, quest’ultimo richiede una certa attenzione e capacità di decodifica dell’immagine attraverso una serie di inferenze non banali. Una volta scoperto, tuttavia, risulta piacevolmente e agevolmente fruibile  anche in caso di maggiori difficoltà poiché la struttura ritmica della narrazione procede in maniera iterata presentando via via un incontro tra due creature e il cucciolo che ne nasce, secondo un andamento ciclico molto chiaro. Il gusto e la soddisfazione, poi, offerti di volta in volta dal riconoscimento dei caratteri genitoriali che ogni creatura assomma sono grandi e costituiscono un incentivo ulteriore alla lettura, tanto dei bambini quanto degli adulti. L’operazione, d’altronde, non si discosta di molto dagli immancabili “Ha il naso del papà”, “Gli occhi sono tutti della nonna”, “la punta delle orecchie è indiscutibilmente quella dalla prozia” che accompagnano gioiosamente la nascita di un bimbo.

Il ladro di risate

Il paese di Risolandia è una piccola oasi felice: gli abitanti qui sono sempre contenti, consapevoli che per godersi la vita conviene prenderla alla leggera. Nulla sembra poter scalfire questi  inguaribili ottimisti, guidati da un sindaco che è un autentico leader dell’entusiasmo. Eppure un giorno arriva un ladro meschino che, con l’aiuto di una strega scienziata, mette a punto una macchina ruba-risate che mette a dura prova l’inscalfibile allegria di Risolandia. Saranno i bambini, portatori sani di risate, a escogitare un piano arguto per restituire al paese (ma anche la ladro e alla strega) la contentezza che lo contraddistingue.

Pubblicato da Gribaudo all’interno della collana Facile! che privilegia storie semplici e stampate ad alta leggibilità, Il ladro di risate propone un racconto piano e lineare, agevole da seguire e animato da illustrazioni frequenti: caratteristiche volte a renderlo più apprezzabile e fruibile anche in caso di dislessia.

Attenzione, passaggio fiabe!

Se c’è un autore che si diverte e ci fa divertire giocando con le fiabe, quello è senza dubbio Mario Ramos. Molti dei suoi libri – a partire da Sono io il più forte o Sono io il più bello –  pescano personaggi familiari all’immaginario dei bambini e li collocano in contesti narrativi nuovi, spiazzanti, irriverenti. È il destino di lupi, bambine incappucciate, porcellini e nanetti che trovano nella sua penna una rappresentazione ironica e irresistibile: proprio quella che contraddistingue anche Attenzione, passaggio fiabe!, un silent book edito da Babalibri in cui l’autore riunisce i personaggi a lui più cari.

Come lo fa? Mettendo Cappuccetto Rosso in sella a una bicicletta pronta ad attraversare il bosco fin dalla nonna. Ma la sicurezza viene prima di tutto, anche in mezzo ad alberi e cespugli: ecco quindi che a ogni incrocio la strada naturalistica presenta un cartello di attenzione agli orsi (tre ma senza viziatella ricciuta al seguito), ai bambini che spargono briciole, ai cacciatori e ai lupi feroci, che puntualmente alla pagina seguente si presentano in forma smagliante, chi sui pattini a rotelle, chi a cavallo, chi sullo skateboard e chi in bicicletta. E già ci immaginiamo le raccomandazioni della mamma a questa Cappuccetto Rosso ciclomunita: “Fermati allo stop!, “Dai la precedenza a Pollicino” e “Guarda bene a destra e a sinistra che non arrivi un cavaliere a tutta birra!”, altro che “Non fermarti a parlare con il lupo”. Questione di modernità!

Forte di un continuo gioco di rimandi a narrazioni note e di una sfida puntuale a indovinare chi comparirà per strada e in sella a quale mezzo, Attenzione, passaggio fiabe! offre una lettura divertente tanto più se condivisa. Questo, unito alla mancanza di parole scritte, alla linearità della narrazione, al richiamo a un immaginario comune, alla corrispondenza precisa tra ogni cartello e l’illustrazione successiva e alla struttura iterata, lo rende inoltre apprezzabile anche laddove ci siano difficoltà a seguire un racconto più tradizionale o a decodificare un testo.

Assolutamente imperdibili i risguardi del libro che anticipano da un lato e proseguono dall’altro il sottile gioco di segnaletica inventato dall’autore. 24 nuovi segnali – che spaziano dal pifferaio di Hamelin al principe ranocchio, dal Gatto con gli stivali a Cenerentola – offrono lo spunto per una caccia alla fiaba che difficilmente lascerà impassibili anche gli adulti.

Il brutto anatroccolo

Anche solo osservato superficialmente, tenendo chiusa la copertina o sfogliando velocemente le pagine, Il brutto anatroccolo di Uovonero offre la netta e veritiera impressione di avere tra le mani un libro prezioso. Sono senz’altro le illustrazioni avvolgenti di Arianna Papini, così malinconiche e poetiche come è caratteristico dell’illustratrice fiorentina, a dire in maniera immediata al lettore quanta cura ci possa e ci debba essere in un libro progettato per risultare fruibile anche in caso di esigenze speciali.

Accolti da questa sensazione di piacevole benvenuto, ci si sofferma poi sulle pagine interne e sui testi, curati da Enza Crivelli, e anch’essi capaci di garantire l’accessibilità della storia senza per questo sacrificarne l’intensità.

In quelle frasi molto brevi e lineari, rafforzate dai simboli PCS riquadrati e affiancate da figure dall’aria imperturbabile e immortale – come d’altronde una fiaba dovrebbe essere – ritroviamo tutta la potenza di un racconto che parla in modo ancora straordinario di diversità. E che da oggi può farlo anche a bambini che faticano a leggere un testo tradizionalmente stampato e che beneficiano invece di un supporto alla comunicazione attraverso i simboli.

Questo brutto anatroccolo fa infatti parte dell’apprezzatissima collana I pesci parlanti di Uovonero che propone fiabe tradizionali in una versione adattata, con testi asciugati, simbolizzati e disposti in maniera molto pulita e chiara sulla pagina, per venire incontro alle esigenze di lettura di bambini con autismo o disturbi della comunicazione. Forte inoltre del sistema brevettato Sfogliafacile, il volume risulta più resistente anche nel caso in cui sia maneggiato con poca praticità, con frequenza o in situazioni poco agevoli.

L’idea di accoglienza e di abbraccio caloroso che sta alla base della collana trova qui una delle sue più piene concretizzazioni grazie alle scelte fatte dalle autrici. Il risultato è un libro che con il suo aspetto concorre fisicamente alla costruzione di un piacevole momento di lettura condivisa in famiglia, in classe e in biblioteca. E questo non è poco. Che poi il libro celebri il diritto e il bello di essere sé stessi, con tutte le complicazioni che questo comporta, non solo con il suo contenuto ma anche con la sua forma, è cosa ancor più rara che dà a quella iniziale e sfuggente impressione di preziosità un solido e motivato fondamento.

Per venire incontro a esigenze diverse di lettura, dal 2018 Il brutto anatroccolo e e le altre fiabe de I Pesci parlanti sono proposte dall’editore cremasco anche in una nuova collana chiamata I Pesciolini i cui volumi, identici nel contenuto ai loro “fratelli” maggiori, fanno a meno del formato Sfogliafacile e della cartonatura, risultando così più snelli ed economici (12.90 €).

 

Guarda fuori

Attenzione: se decidete (e decidetelo, mi raccomando!) di leggere Guarda fuori, ultimo nato in casa Minibombo – cercate magari un posto tranquillo e al riparo da sguardi indiscreti. Il pericolo di essere colti in flagrante, nel pieno di sonore risate è alto, ma che dico: altissimo! Almeno a noi è successo così.

Dentro questo albo dal formato quadrato, nel bel mezzo di un paesaggio innevato, i fatti avvengono a pagine alterne al di qua e al di là di una finestra. Dal lato interno, due bambini osservano ciò che accade fuori, indicano a turno dove guardare, anticipano con le espressioni del volto il tono di ciò che succede oltre il vetro. Ma è solo girando la pagina, quando l’obiettivo inquadra ciò che succede fuori, che il lettore scopre davvero cosa hanno visto e indicato i bambini, condividendo di volta in volta il loro stupore, il loro timore o il loro entusiasmo. Tra la neve che cade, infatti, un uccellino, tre conigli rosa, un gatto e un orso (dai tratti felicemente familiari a chi abbia letto altri libri di Silvia Borando) danno vita a scene ora tenere, ora (apparentemente) tragiche, ora coraggiose, ma sempre tinte di un velo di ironia che impedisce al lettore di restare impassibile. Fino al colpo di scena finale, chicca con cui la casa editrice reggiana da sempre ci ha viziati, che spiazza, convince e fa ridere di gusto.

Con un ritmo perfettamente studiato e un’essenzialità di fondo che aiuta a raccontare la storia anche se le parole non sono scritte, Guarda fuori offre una lettura golosissima soprattutto se condivisa (in questi giorni di neve, poi!). In pieno stile Minibombo, il libro propone figure grandi, minimali e ben definite, colori pieni, contrasti forti e inquadrature piane che rendono il libro realmente apprezzabile e fruibile anche da bambini molto piccoli. L’assenza di parole, dal canto suo, non preclude l’accesso, anche in autonomia, a bambini un pelo più grandi, magari a cavallo tra scuola dell’infanzia e scuola primaria, con difficoltà legate alla decodifica testuale. Mentre la chiarezza dei passaggi narrativi marcati dalle sole immagini agevola la partecipazione anche da parte di bambini con lievi difficoltà cognitive.

Un’avventura in forma di labirinto

Trovare un amico vero può costituire una prova davvero ardua. Ma l’amicizia è anche cosa lieve, come un origami sospeso, e per essa si affrontano con leggerezza anche i più ostici percorsi a ostacoli. Così il bambino protagonista del libro di Aleksandra Artymowska, intristito dalla mancanza dei suoi amici, si mette alla loro ricerca attraversando grotte, foreste, tubi, ponti di barche, antiche città e strutture infestate dai cactus. Ogni pagina è un contesto e un paesaggio diverso, all’interno del quale il tenace bambino si districa cercando di volta in volta il cammino corretto.

A indicargli la strada, a ogni cambio d’ambiente, è una piccola freccia che evidenzia l’uscita ma per raggiungerla occorre trovare il percorso giusto, che non conduca fuori pista o in un vicolo cieco. E questo è il compito implicitamente attribuito al lettore che con attenzione scruta, azzarda, prova e aggiusta il tiro. Fino ad arrivare alla ripidissima scala a pioli che fa ben sperare giacché lì i leggeri origami, sempre sparutamente presenti nelle pagine precedenti, si affollano numerosi come ad anticipare l’imminente ricongiungimento.

Un’avventura a forma di labirinto, finalista del Silent Book Contest 2016 e pubblicato da Terre di Mezzo, è un libro senza parole assolutamente curioso e originale. La sottile cornice narrativa che lo contraddistingue diventa infatti pretesto per un gioco di orientamento all’interno dei diversi labirinti che mette alla prova il lettore e lo catapulta dritto dritto al centro della storia. Con la sua struttura insolita ma iterata e la sua veste pulita e raffinata, il libro risulta non solo molto piacevole ma anche particolarmente fruibile anche in caso di difficoltà di lettura più o meno marcate.

Cosa dovrei dire io?

Spassosissimo: S P A S S O S I S S I M O! Non c’è tanto da discutere: questo libretto agile e allegro targato Sinnos metterà duramente alla prova la vostra capacità di restare seri (figuratevi dunque quella dei bambini!). Protagonisti sono una sfilza di animali della foresta che a turno diventano vittime e promotori di prese in giro: la scimmia viene derisa per le sue orecchie a sventola, l’elefante che ne condivide il problema la consola e lei, risollevata, lo deride per i suoi dentoni a banana. Allora l’elefante si intristisce, il castoro che ne condivide il problema lo consola e lui, risollevato, lo deride per la sua coda piatta a mo’ di focaccia. Allora il castoro si intristisce, il coccodrillo che ne condivide il problema lo consola e… inutile dire che la spirale di scherni subiti e perpetrati va proseguendo su questa strada, in un crescendo ironico che arriva a una degna e buffa conclusione, che è al contempo una fine e un (ri)inizio.

Cosa dovrei dire io? – che non è solo il titolo del volume ma anche il leitmotiv che ogni animale ripete quando cerca di consolarne un altro – fa parte della collana Leggimiprima di Sinnos, rivolta a bambini del primo ciclo delle elementari (ma godibile in lettura condivisa anche da bambini più piccoli) e contraddistinta da storie brevi e accattivanti, font apposito in stampatello maiuscolo (leggimiprima), sbandieratura a destra, spaziatura maggiore e carta color crema che ne agevolano la fruizione anche in caso di difficoltà legate ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Ecco, credo che nulla valga più di una storia divertente, travolgente, ben costruita e sapientemente narrata come questa per avvicinare i bambini, anche quelli più recalcitranti, alla lettura autonoma (oltre che alla lettura in generale, data l’eccelsa predisposizione anche a una lettura ad alta voce). Se poi una storia come questa – con un meccanismo di ripetizione perfetto, un linguaggio tutt’altro che banale e delle illustrazioni che sono un inno al divertimento –  viene pubblicato ad alta leggibilità allora il diabolico progetto di  invitare in bambini a scoprirsi lettori può dirsi davvero completo. Brava, bravissima Sinnos, quindi, che senza mai stufarsi e senza mai stufare continua a scovare e proporre titoli che fanno dell’alta leggibilità non solo un’etichetta formale ma un progetto che mai prescinde dal contenuto.

Piccolo uovo

La storia di Piccolo uovo è tristemente e felicemente nota. Tristemente perché più volte e di recente è stata oggetto di discriminazioni e accuse folli rispetto alla possibilità che veicolasse messaggi pericolosi. Felicemente perché è stata riconosciuta dal pubblico e dalla critica come una storia di stacco, che ha avviato un discorso narrativo rivolto all’infanzia sul tema importante della molteplicità delle famiglie e forse – unica nota positiva del deprecabile polverone che le accuse al libro hanno sollevato – ha trovato modo di emergere e diffondersi, foss’anche solo per presa di posizione contro un oscurantismo tutt’altro che moderno.

Firmata nei testi e nelle illustrazioni rispettivamente da Francesca Pardi e da Altan, Piccolo uovo racconta del viaggio intrapreso da un ovetto prima della nascita. L’intento del protagonista è quello di vedere con i suoi stessi occhi cosa sia una famiglia: qualcosa di cui ha sentito parlare ma che non sa esattamente cosa sia. È così che incontra famiglie di ogni tipo – con una mamma, un papà e tanti fratelli tra loro molto simili, con una mamma, un papà e dei figli molto diversi, con due mamme, con due papà, con un solo genitore – tutte egualmente rassicuranti e capaci di fargli venir voglia di nascere, per scoprire come sarà la sua.

Originariamente pubblicato da  Lo Stampatello, Piccolo uovo è reso ora disponibile in versione in simboli all’interno della collana I Libri di Camilla di Uovonero, che già annoverava tra i suoi titoli Che rabbia!, Le parole di bianca sono farfalle, Lindo Porcello e Il piccolo coniglio bianco. Grazie al ricorso ai simboli WLS – qui delimitati da riquadri che ne agevolano l’individuazione da parte dei lettori alle prime armi (destinatari primari , non a caso, del volume) e che contengono l’elemento grafico ma non quello alfabetico – il volume risulta così fruibile anche in caso di difficoltà di lettura legate all’autismo o più in generale ai disturbi della comunicazione.

L’impostazione grafica del volume di partenza – con uno sfondo bianco molto pulito e i testi disposti in maniera poco confusiva – contribuisce a rendere la versione adattata piuttosto aderente, anche nell’aspetto,  all’originale. Lo stesso si può dire del testo: lineare ed essenziale già nella sua prima versione e pertanto ideale per un processo di simbolizzazione che predilige struttura poco arzigogolate. Le immagini, infine, oltre ad essere estremamente accoglienti e familiari proprio perché portano tutta la qualità, la semplicità profonda e la riconoscibilità del segno di Altan, si prestano anche molto bene a supportare la comprensione del testo in caso di difficoltà di lettura, grazie all’assenza assoluta di dettagli superflui, alla resa pulita delle espressioni dei personaggi e a figure ben definite che catturano piacevolmente  l’attenzione.

Un fantasma nella mia stanza

I fantasmi sono mascalzoni e scaltri: si nascondono nei luoghi più diversi – un armadio, un tappeto, una tenda o un baule dei giochi – e si spostano alla velocità della luce per non farsi acchiappare. C’è un solo modo per sistemarli per le feste e togliersi il pensiero di averli tra i piedi di notte:  affidarsi a un papà amorevole e paziente che controlli uno per uno tutti i possibili nascondigli. Solo allora sarà possibile addormentarsi sereni, proprio come accade a Giacomo che, pur essendo un pennuto, conosce bene i timori e i turbamenti notturni più comuni ai cuccioli di uomo.

Questa familiarità rispetto al mondo emotivo del potenziale lettore, unita alla semplicità della storia, all’iterazione  della struttura, alla linearità del testo e all’essenzialità delle immagini fa di Un fantasma nella mia stanza un albo che si presta molto bene alla simbolizzazione: procedura che, grazie all’impiego di simboli WLS, consente di agevolare la lettura condivisa anche con bambini con disturbi della comunicazione. Curato dal Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa e Alternativa di Milano, secondo il modello in-book, questo passaggio consente di offrire del bell’albo di Guido Van Genechten una versione accessibile ma molto simile all’originale.

Funzionale soprattutto a una lettura con il modeling (indicazione puntuale dei simboli con il dito man mano che vengono letti dall’adulto), questa versione mantiene il fascino di un’illustrazione delicata e rassicurante, in cui ci si può divertire a vedere come si muovono e cosa combinano i giocattoli del protagonisti, e la predisposizione per una lettura ad alta voce, garantita da un andamento piacevolmente ripetitivo e dal ricorso alle onomatopee.

Che paura, Sam!

Quando fuori impazza il temporale, tuoni e fulmini possono creare grande scompiglio emotivo. Serve un riparo – sotto il letto è l’ideale – e serve un amico – il proprio peluche preferito, per esempio- con cui condividere la paura per farla sembrare più accettabile. Le parole consolatorie, benché immaginarie, che un compagno di avventura può portare in una situazione simile si fanno infatti portatrici di un aiuto preziosissimo capace persino di far comparire un arcobaleno in cielo.

La storia di Sam non è nient’altro che una storia familiare a qualunque bambino, una storia di timori e superamento degli stessi, di incoraggiamenti reciproci, di piccole sfide e di cieli bui che possono tornare a risplendere. Che paura, Sam! racconta perciò una paura in cui è facile rispecchiarsi e una strategia buona per far sì che non ci travolga. Lo fa con parole e illustrazioni piane, il cui tratto domestico è piuttosto marcato a testimonianza del progetto scolastico in seno al quale il volume è nato. Autori e autrici dei testi e delle illustrazioni, insieme a Silvia Fanucci e Valeria Ruspi, sono infatti gli studenti e le studentesse di un Liceo di Gubbio, messi alla prova con una narrazione che potesse parlare anche a bambini con difficoltò di lettura.

Che paura, Sam! segue infatti il modello in-book e si caratterizza quindi per l’uso di simboli in bianco e nero riquadrati, per l’unione di elemento grafico ed elemento alfabetico all’interno del riquadro, e per la scrittura in simboli di tutti gli elementi delle frasi. Queste ultime appaiono perlopiù brevi e senza subordinate, non di rado in forma di discorso diretto. Questi elementi, nel loro complesso, concorrono a dare vita a un volume agile e snello, non solo nella forma (praticamente tascabile) ma anche nel contenuto che – date anche le tematiche trattate – risulta così fruibile in lettura condivisa da parte di bambini della scuola dell’infanzia.

Pino ha perso le parole

Pino è uno gnomo solitario e timido che ama canticchiare passeggiando tra gli alberi e riconoscere i versi degli animali stendendosi ad occhi chiusi. Chi direbbe mai che proprio lui possa salvare il bosco dall’arrivo di un terrificante orso? Eppure lo gnomo, costretto da questa circostanza eccezionale, scoprirà di avere parole da dire a voce alta o da sussurrare, senza tenerle solo per sé.

Adattissimo per una lettura condivisa e ad alta voce – dato il ritmo narrativo e la componente onomatopeica – Pino ha perso le parole si presta altresì molto bene a una lettura individuale da parte di lettori alle prime armi anche con difficoltà legate alla dislessia. I piacevoli paesaggi ricchi di dettagli, i personaggi dai tratti buffi, il testo semplice ma non banale e la piccola storia di coraggio concorrono a rendere amichevole l’aspetto del libro: qualità che trova ulteriore e apprezzabile espressione nella scelta del font ad alta leggibilità e in stampatello maiuscolo leggimiprima.

Con questo libro, firmato nel testo e nelle illustrazioni da un’autrice italiana, Sinnos conferma il suo impegno non solo nell’offrire volumi fruibili in caso di disturbi specifici dell’apprendimento ma  anche nel combattere l’idea che questi ultimi debbano necessariamente costringere a proposte semplicistiche o riduttive. Pur dando vita a una storia a misura di bambino, il libro di Gloria Francella non sacrifica infatti il gusto per un testo musicale e per una scelta lessicale che stimola e invita alla scoperta. E questo – tutt’altro che scontato – non può che fare del gran bene ai lettori e all’editoria per ragazzi tutta.

Scorpacciata di carote

La vita del cavallo Duca è tutt’altro che riposante: tra corse, strigliate e ostacoli le sue giornate sono faticose e ripetitive. Ci vorrebbe proprio un diversivo! Per fortuna che Tobia, l’asino compagno di scuderia, sa come prendere l’amico e fargli cogliere il bello che lo circonda: in un attimo i due partono al galoppo per una gita in un campo di carote che salverà a entrambi l’umore e la giornata.

Caratterizzato da una storia semplice e lineare e da un testo composto perlopiù da frasi brevi e coordinate, Scorpacciata di carote dà vita a un racconto in simboli agevole da seguire ma con alcuni elementi (come esclamazioni non attribuite esplicitamente o alcuni vocaboli più ricercati) che ne aumentano il grado di complessità. La distribuzione sulla pagina dei simboli (di tipo WLS, contornati da un riquadro che contiene anche il vocabolo corrispondente) asseconda sempre, là dove possibile, la struttura della frase e accompagna illustrazioni che privilegiano la funzionalità e il sostegno alla comprensione testuale rispetto allo stupore estetico.

Nati in seno a un laboratorio di costruzione di libri su misura, per rispondere alle esigenze e agli interessi di una bambina appassionata di cavalli, il testo e la simbolizzazione della storia del cavallo Duca e dell’asino Tobia sono stati poi aggiustati in funzione di un pubblico più vasto e trasformati in un libro a tutti gli effetti dall’attivissima casa editrice Homeless Books: un percorso esemplare e significativo che rende conto molto bene del ruolo giocato dalle piccole realtà nel sovvertire alcuni vuoti editoriali che concernono la disabilità.

Yxxy – Un giorno speciale

Un giorno speciale è il primo titolo di una collana nata dalla collaborazione di realtà diverse e attente alle tematiche dell’inclusione quali la Biblioteca oltre l’Handicap di Bolzano e la neonata casa editrice Storie cucite, con la supervisione del Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano. La sensibilità e le competenze di questi attori sono in particolare confluiti all’interno di questo progetto editoriale che prevede la pubblicazione di una serie di volumi in simboli prodotti secondo il modello inbook e pensati per dare spazio alle piccole grandi esperienze di crescita che il bambino può affrontare.

Dedicato ai timori e alle felici scoperte che il primo giorno di scuola dell’infanzia può portare con sé, Un giorno speciale intende in particolare accompagnare i bambini, compresi quelli con qualche difficoltà, in un momento così delicato come l’ingresso alla materna. Il bambino protagonista del racconto viene infatti seguito nella preparazione di questo importante giorno, nelle emozioni che la novità reca con sé, negli incoraggiamenti e nel sostegno che arrivano dagli adulti e negli incontri  felici che si realizzano. Le pagine di Un giorno speciale riservano cioè spazio alle possibilità che un’esperienza così impegnativa racchiude senza tralasciare i timori che essa nasconde, ben sottolineati questi ultimi dalle espressioni dei visi cui le illustrazioni di Licia Zuppardi dedicano particolare attenzione.

L’attenzione all’aspetto inclusivo del racconto viene in particolare dalla scelta di dare voce e rappresentazione a un protagonista con difficoltà motorie, dalla valorizzazione degli atteggiamenti accoglienti e rassicuranti degli adulti e dei pari nei suoi confronti e dalla cura nella traduzione del testo in simboli WLS. La disabilità viene cioè tenuta in considerazione sia nella concezione formale che in quella contenutistica del libro, intendendo così amplificare il messaggio di sensibilizzazione che lo contraddistingue. Forte ed esplicito quest’ultimo rischia di apparire un po’ ridondante in una lettura prettamente di piacere mentre si presta più felicemente a un uso funzionale (per esempio per stimolare il confronto, la riflessione, l’apertura) del libro.

L’oggetto misterioso

I protagonisti de L’oggetto misterioso sono Lampadino, Caramella e Zampacorta: due fratellini e una cane già attivi in precedenti avventure accessibili pubblicate da Puntidivista. A conoscenza di un passaggio segreto per il Magiregno, i tre vi si recano anche in questo episodio recitando come di consueto le necessarie parole magiche. Qui incontrano il riccio Michele, disperatamente alla ricerca di un oggetto misterioso che pare essere il più bello e importante del regno. Ognuno di loro crede di aver capito di che cosa si tratti ma né il fischietto magico, né il fiore dei mille colori, né l’acqua della fonte chiara che portano al riccio risultano essere l’oggetto giusto, ben più elementare, rinvenuto infine in mezzo a un ruscello.

Come i precedenti volumi in simboli curati dalla casa editrice di Rieti, L’oggetto misterioso si caratterizza per una aspetto poco elaborato (rilegatura a spirale, illustrazioni piatte e aderenti al testo) che sacrifica la piacevolezza e l’appeal che sono tipici del libro illustrato in favore di un sostegno alla concentrazione sul racconto e della maneggevolezza del volume. Pensato per rispondere alle esigenze di un pubblico con esigenze speciali, legate soprattutto a disturbi della comunicazione e autismo, il libro si avvale di simboli simili ai Widgit Literacy Symbols, riquadrati e caratterizzati da testo in stampatello maiuscolo, e fa dell’asciuttezza (narrativa, testuale, iconica e grafica) la sua cifra.

Faccia di papà

Quello dell’editoria tattile è un ambito in cui i concorsi giocano un ruolo fondamentale affinché un’idea possa prendere la forma definitiva di un libro. Faccia di papà, arrivato alla stampa proprio a seguito della partecipazione al concorso di editoria tattile Tocca a te, ne è la positiva dimostrazione. Vincitore per il miglior testo dell’edizione 2011 del concorso, il prototipo di Cinzia Panarco ha abbandonato la veste di copia unica per rendersi disponibile a molteplici mani grazie all’impegno della casa editrici Puntidivista che lo ha trasformato in un libro tattile a tutti gli effetti.

Caratterizzato da una struttura piacevolmente iterata – tanto nel testo quanto nelle illustrazioni – Faccia di papà racconta dal punto di vista di ua bambino come cambia il volto del babbo con lo scorrere della settimana: un reportage emotivo-sensoriale che associa la crescita della barba alle emozioni di un piccolo e intimo gioco degli affetti.

Ogni doppia pagina presenta un breve testo in nero e in Braille (quest’ultimo su di un cartoncino attaccato alla pagina) a sinistra, un’illustrazione visuale (dai tratti piuttosto artigianali e non troppo entusiasmanti) che riempie lo spazio lasciato ibero dal testo e un’illustrazione tattile sulla destra. Quest’ultima, sempre dedicata al viso del papà, si contraddistingue per delle forme costanti, pulite, ben riconoscibili, per una scelta dei materiali molto pertinente (le carte vetrate a diversa grana, i fili di cotone e la gomma crepla rendono molto bene i diversi stadi della barba) e per un’esplorabilità agevolata e piacevole soprattutto ma non solo per i giovani lettori con disabilità visiva.

Cucù, sono qua!

Xavier Deneux è un autore francese molto prolifico e il cui stile, contraddistinto da tinte brillanti, forme pulite e linee amichevoli, è particolarmente apprezzato e apprezzabile da un pubblico di giovanissimi lettori. Il Castello (con i diversi marchi che comprende) ha pubblicato numerosi suoi lavori tra i quali spicca anche Cucù, sono qua!, un albo tutto dedicato al nascondino: gioco nel quale la complicità tra genitori e figli svolge un ruolo fondamentale per la costruzione di un divertimento condiviso.

Protagonista del libro è il coniglietto Marco che, nascosto dietro le tende, sotto il tavolo o tra la biancheria, viene cercato da una mamma e un papà molto affettuosi e astuti ed esce ogni volta allo scoperto al grido di “Cucù, sono qua”. Il gioco si ripete fino a sera, secondo quel principio di replica tanto caro all’infanzia. Sarà a quel punto il pupazzo Lillo a scomparire per un momento ma niente paura, forse si è solo nascosto e infatti… cucù, è qua anche lui, per una chiusura narrativa e una buonanotte davvero liete!

IMG_20170821_155512
IMG_20170821_155336

Cucù, sono qua! è in catalogo dal 2012 per Tourbillon che ora lo propone anche in una versione simbolizzata che rispetta fedelmente l’impostazione grafica e il rapporto testo-immagini dell’originale. Grazie alla collaborazione con il Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano, l’editore ha infatti adattato il piacevole albo ricorrendo ai simboli WLS e rendendolo così accessibile anche a bambini con autismo e disturbi della comunicazione o a bambini che per altre ragioni (perché stranieri, per esempio) familiarizzino più facilmente con una narrazione visiva più o oltre che verbale.L’importante e meritevole iniziativa, che prevede al momento anche la simbolizzazione di altri tre titoli – Bravo, Gnam! e Un fantasma nella mia stanza – segna una significativa sensibilizzazione dell’editoria rispetto al tema dell’accessibilità della lettura.IMG_20170821_155439

 

Il lupo che voleva cambiare colore

D’accordo, il grigio sta bene con tutto ma indossalo oggi, indossalo domani, anche il colore più versatile finisce per venire a noia. Così almeno la pensa il lupo protagonista della storia di Orianne Allemand che da un giorno all’altro decide quindi di cambiare colore. Come fa? Semplice: senza timore di sperimentare e inventare, l’insoddisfatto lupo fa di vernici, maglioni, petali di fiori, cesti d’arance, fango e piume di pavoni insoliti ingredienti per un cambio di look. Saranno necessari bene sette trasformazioni, una per ogni giorno della settimana, per far rivalutare al lupacchiotto il suo colore originale e, in definitiva, la sua vera identità.

Con le sue illustrazioni buffe, la sua storia breve e lineare e il suo testo stampato con font leggimi, Il lupo che voleva cambiare colore si pone in maniera molto accattivante e amichevole nei confronti dei lettori alle primissime armi, inclusi quelli con difficoltà legate ai disturbi specifici dell’apprendimento. Il libro rientra infatti nella collana di Gribaudo che vanta caratteristiche tipografiche ad alta leggibilità – font specifico, spaziatura maggiore, sbandieratura a sinistra – e all’interno della quali rientrano diversi altri titoli quali Il topino che si mangiò la luna, Il signor Paltò e Iole la balena mangiaparole.

Zazì, i maschi si vestono di rosa

Zazì è un tipo tosto: una bambina tutto pepe che ama gli sport e le avventure da scavezzacollo. Il suo modo scatenato di vivere il gioco, la scuola e i pomeriggi a casa la rendono un’amica unica per Max che insieme a lei si sente felice e si trova costretto a rimettere in discussione tutte le sue certezze in fatto di maschi e femmine. Con i suoi interrogativi (tu ce l’hai il pisellino? nella prima avventura e i maschi si vestono di rosa? in questa seconda) il bambino accende la miccia di piccoli dibattiti e buffe situazioni in cui la sua straordinari amica butta all’aria conformismi e convenzioni. Max e la nonna di Zazì sostengono per esempio che a quest’ultima stia benissimo un vestito fru fru, tutto pizzi e nastri. Ma siamo sicuri che sia così?

Ironico, irriverente e attento a far riflettere sui pregiudizi di genere che popolano le nostre teste, Zazì, i maschi si vestono di rosa? offre un’occasione di lettura divertente. La storia minima, i dialoghi incalzanti e le illustrazioni spiritose rendono in libro di Thierry Lenain e Delphine Durand adatto a bambini che muovono i primi passi da soli nel mondo della lettura. La pubblicazione ad alta leggibilità – con font leggimi concesso da Sinnos, sbandieratura a destra e spaziatura maggiore – amplifica dal canto suo l’appeal del libro, rendendo amichevole e invitante anche per quei giovanissimi lettori che sperimentano qualche difficoltà.

Piccolo Alberto

Quante cose bisogna imparare quando si è piccoli: a mangiare con la forchetta, a bere con la cannuccia, a pedalare in bicicletta e ad allacciarsi i bottoni. Il piccolo Alberto ha imparato a fare quasi tutto: mangia, beve, pedala e allaccia e solo ogni tanto combina qualche pasticcio. Ma la scarpe con le stringhe proprio no: quelle sono davvero difficili.

Così il piccolo Alberto inciampa in continuazione, sotto l’occhio vigile e critico dei parenti che non mancano di ripetergli “Devi imparare ad allacciarti le scarpe”. Mamma, papà, nonna e fratello, tutti si concentrano sull’importanza di non cadere. E se invece il punto fosse un altro? Sarà l’incontro con un clown a far cambiare prospettiva al piccolo Alberto che certo, alla fine, impara ad allacciarsi le stringhe ma soprattutto impara a far delle sue cadute qualcosa di positivo.

Contraddistinto da una struttura piacevolmente iterata e da una riflessione leggera sulla resilienza, Piccolo Alberto si fa apprezzare anche per la scelta di un font (Opendyslexic) e di un’impaginazione ad alta leggibilità. Questo aspetto, unito a un testo asciugato e senza fronzoli, agevola l’approccio anche da parte di lettori con dislessia.

Insieme con papà

Accompagnare un genitore al lavoro può risultare noioso: ecco perché il protagonista di questo albo, trovatosi nella situazione, porta con sé un videogioco dal quale pare non voler staccare gli occhi. Nel laboratorio di falegnameria del papà, però, qualcosa di imprevisto accade: forse la spina del videogioco si stacca per errore e l’intera partita va persa o forse semplicemente uno strano oggetto attira l’attenzione del bambino. È un metro giallo, di quelli rigidi e sgargianti. Sembrerebbe uno arnese insignificante ma rivela, in realtà, intriganti potenzialità: chi ha un papà che traffichi con le misure lo sa bene!

In un attimo l’innocuo strumento di lavoro prende la forma di un pericolosissimo serpente, dando il via a un gioco d’invenzione in cui perdersi e vivere inaspettate avventure. Opportunamente sagomato, il metro diventa, infatti, casa, albero, automobile, elefante, e più ci si prende la mano più la faccenda si fa coinvolgente. Così, quando il metro delinea una mastodontica balena, questa pare così vera da spruzzar acqua dappertutto e inondare il laboratorio. Per fortuna c’è la barca costruita dal papà: una barca reale, realissima, che provvidenziale scivola in acqua. Ma per farla andare lontano, un’aggiunta fantastica si renderà necessaria… meno male che c’è il metro!

Insieme con papà, edito da Il leone verde, racconta una storia di immaginazione e affetto, in cui la noia si afferma come  propulsore di creatività. A raccontarcela in un albo dal formato piccino è l’autrice brasiliana Bruna Barros. Il suo racconto, che procede per sole immagini dallo stile asciutto e dai colori ricorrenti, risulta particolarmente agevole da seguire  e fruibile anche in caso di difficoltà di lettura legate alla componente testuale.

 

Molto non è poco

Gulliver è un elefantino che sembra grande ma è piccolo, per questo tutto ciò che fa appare goffo. Se ride, ride molto forte; se corre, corre molto sghembo; se si arrabbia, si arrabbia in modo molto spaventoso. Da qui il soprannome Molto e l’insofferenza del branco nei confronti dei suoi modi molto poco consueti. Per il branco, infatti, molto è spesso sinonimo di troppo. Così quando Molto si allontana dal branco in balia del fiume e incontra la piccola Poco, una bambina goffa come lui, finisce per trovarsi molto più a suo agio che a casa. I due diventano grandi amici: le loro diversità, in qualche modo sono simili ma soprattutto ciascuno di loro riesce a riconoscere il valore dell’altro dietro l’apparente imperfezione. E quando il branco, resosi conto della mancanza di Molto, infine lo raggiunge, i due si salutano con la tristezza di chi sa di lasciare un amico vero ma con la consapevolezza di serbarne doni preziosi.

La storia, scritta da Sabina Colloredo e illustrata da Marco Brancato, nasce con l’intento di dare voce e rappresentazione a una sindrome poco nota, quella di Sotos: una forma di gigantismo che implica una crescita eccessiva durante l’infanzia accompagnata da ritardo nell’apprendimento. L’abilità e la sensibilità degli autori è però tale che ciò che arriva al lettore è una storia dal respiro molto più ampio: il racconto di una diversità prima allontanata e poi accolta, di una differenza che in definitiva arricchisce, di una mancanza esteriore (comune peraltro a molte forme di disabilità) che non corrisponde però affatto a una mancanza interiore.

Super Tommy cresce

Supertommy è un bambino con dei superpoteri: dorme, mangia, parla e corre da solo. Mica roba da ridere! Per riuscire ad affinare queste abilità il bambino ha dovuto superare prove impegnative e affrontare fasi della vita tutt’altro che banali. Così, per esempio, “prima di nascere dormiva nella pancia”, “Appena nato dormiva nella culla”, “Poi nel letto di mamma e papà”. Ma un supereroe dorme da solo… e sogna in grande!, e questo è solo il primo dei suoi tanti segreti.

Contraddistinto da una grafica accattivante, pulita e moderna, Supertommy cresce è scandito da un ritmo ricorrente basato sul prima di nascereappena natopoi, che aiuta il piccolo lettore a individuare e riconoscere le diverse tappe di crescita che anche lui ha affrontato o sta affrontando.

L’aspetto particolarmente interessante di questo libro è la maniera in cui inserisce la disabilità all’interno di una discorso più ampio e generale, riuscendo a darvi un rilievo che non sfocia in un focus esclusivo. Solo dopo aver esplorato i diversi aspetti e le diverse tappe della crescita del protagonista, il libro sottolinea che ogni bambino ha la sua storia e i suoi superpoteri: non tutti quindi sono tenuti ad affrontare le stesse tappe o raggiungere gli stessi traguardi, ma soprattutto ciascuno affina il proprio superpotere nella sua persona maniera. Muoversi su Super-ruote, citato come esempio, diventa così una conquista dalla dignità equivalente al tenersi in equilibrio da soli e correre più veloce della luce.

Gnam

Dopo l’esperienza di Bravo!, si mantiene desta l’attenzione di Nati per leggere per la produzione editoriale accessibile anche ai piccolissimi con difficoltà di comunicazione. A distanza di qualche anno esce ora, infatti, un secondo volume in simboli patrocinato dall’organizzazione che promuove la lettura dai primissimi mesi. Si tratta di Gnam che, come il primo, è edito da Clavis e scritto e illustrato da Leen Van Durme.

Protagonista è nuovamente il paperotto che nel primo episodio imparava a saltare, correre, volare e nuotare e che qui, invece, va a caccia di cibo. La sua ricerca, scandita ogni doppia pagina da una domanda su un possibile alimento (la carota, l’erba, il verme e la ghianda) e da una risposta su chi se ne nutra in realtà (il coniglio, la mucca, la gallina e lo scoiattolo), accompagna il lettore a scoprire le abitudini alimentari di diversi animali e si conclude con una bella scorpacciata di briciole di pane.

Caratterizzato da testi leggermente più lunghi rispetto a Bravo!, Gnam li distribuisce su entrambe le pagine, invitando a una lettura di poco più impegnativa. Anche questa versione del testo di Leen Van Durme, che associa alle parole la relativa simbolizzazione basata sulla collezione WLS (Widgit Literacy Symbols), risulta tuttavia adatta a lettori molto piccoli, con o senza difficoltà, data la chiarezza delle immagini, la concisione dei testi, la pulizia grafica e la struttura volutamente ripetitiva.

Lindo Porcello

Creato dal pennello sottile di Eric Battut, interprete straordinario dello spirito infantile, Lindo Porcello è un personaggio che da anni fa innamorare occhi e orecchie in formato mignon. La sua avventura è corta ma intensa, perfettamente condensata in una serie di onomatopee, come si addice a un pubblico di piccolissimi. Il suo divorare una fettona di torta, dar vita a un bel disegno colorato, lanciarsi nel fango con la bicicletta, costruire un castello di sabbia, e infine darsi una bella ripulita è tutto marcato da un ragionato susseguirsi di gnam gnam, splish splash, et voilà e shshshshssss che rendono la lettura estremamente coinvolgente e invitano al contributo attivo da parte del piccolo lettore.

Non meriterebbe forse ogni bambino di godere di questo piccolo piacere? Assolutamente sì! Ecco perché la pubblicazione di Lindo Porcello all’interno della collana I libri di Camilla è davvero un’ottima notizia. Da ora infatti anche i bambini con disturbi della comunicazione potranno seguire a pieno le intense attività del maialino sorridente, grazie alla simbolizzazione del testo curata da Enza Crivelli in collaborazione con Auxilia. Come gli altri titoli di questa collana, Lindo Porcello risulta in tutto e per tutto – impostazione grafica, testo e immagini – rispettoso nei confronti del volume originale, e inserisce semplicemente i simboli WLS al di sotto del testo, in appositi riquadri. .

Il libro di Eric Battut, dal canto suo, sembrerebbe prestarsi naturalmente a una versione in CAA, per via della struttura narrativa asciutta e chiara, con un solo personaggio che compie una serie di azioni riconoscibili e familiari; per via delle frasi brevissime, disposte una per pagina e contraddistinte dalla costante ed esplicita ripresa del soggetto; per via della netta distinzione tra testo (a sinistra) e immagine (a destra); e infine per via della semplicità e della ripresa rigorosa (nella forma e nella posizione) del protagonista, così come rappresentato senza dettagli superflui su di un brillante sfondo rosso.

Il piccolo coniglio bianco

Andare a raccogliere i cavoli per fare la zuppa, tornare a casa e trovare una capra capraccia che se ne è deliberatamente impossessata. Ohibò, questo sì che è un brutto fatto! Ecco allora che il piccolo coniglio bianco, a cui questa disavventura è effettivamente capitata, si ritrova a vagare per la campagna alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo. E se non può contare sul bue, sul cane e sul gallo, perché troppo fifoni, il protagonista troverà per fortuna un insospettabile alleato nella formichina: non c’è trippa che tenga, i suoi pizzichini fanno scappare persino le capre capracce!

Divertente e capace di capovolgere le attese, Il piccolo coniglio bianco ha dalla sua ha dei personaggi buffissimi, una narrazione che fa un uso spassoso dell’iterazione e un linguaggio teneramente colloquiale che lo rendono efficacissimo per una lettura ad alta voce. Questi aspetti, insieme alla grafica piuttosto ordinata, hanno senz’altro giocato la loro parte nella scelta del volume, tra quelli editi da Kalandraka, per la traduzione in simboli da inserire all’interno della collana I libri di Camilla.

Dalla primavera 2017, infatti, l’albo di  Xosé Ballesteros e Óscar Villán figura tra i titoli che, grazie alla simbolizzazione basata sulla collezione WLS (Widgit Literacy Symbols), risultano fruibili anche da parte di bambini con disturbi della comunicazione o con difficoltà di lettura. Non solo: il curriculum, in termini di accessibilità, de Il piccolo coniglio bianco è arricchito da una precedente traduzione in simboli in terra spagnola che ne garantisce la funzionalità e il potenziale successo.

Zio lupo e la furbissima Giricoccola

Quella di Zio lupo e la furbissima Giricoccola è una fiaba dall’andamento tradizionalissimo in cui due figli, esortati dal padre in fin di vita, tentano di vincere una scommessa con Zio lupo ma falliscono miseramente, al contrario della terza figliola – la furbissima Giricoccola, appunto – che sconfigge il nemico con un bel po’ di ingegno. La scommessa in questione intende premiare chi resista di più senza arrabbiarsi e mentre i due fratelli più grandi si infuriano non appena Zio lupo contesta il loro modo di cucinare e pulire la casa, la fanciulla suscita le ire di quest’ultimo cucinandogli delle frittelle di sasso così dure da spaccare i denti. Con questo trucchetto diabolico vince quindi la scommessa, incassa il denaro e festeggia con delle deliziose frittelle (vere questa volta!), insieme ai suoi fratelli, per sempre felici e contenti.

Elaborata a partire dagli spunti offerti dal patrimonio fiabistico popolare (una Giricoccola, per esempio, trova spazio anche nella raccolta di Calvino e anche qui, pur compiendo un’impresa diversa, si distingue per la sua astuzia), Zio lupo e la furbissima Giricoccola nasce in questa particolare veste grazie alla collaborazione tra la casa editrice Homeless book (molto attiva sul fronte della produzione inclusiva, come dimostrano le pubblicazione di Pinocchio in CAA e de I tre porcellini in CAA), il centro di documentazione sulla Comunicazione Aumentativa e Alternativa Reciprocamente e una classe dell’Istituto di Grafica e Comunicazione Moriga-Perdisa di Ravenna. Il volume si contraddistingue infatti per una narrazione in simboli che consente la fruizione anche da parte di bambini con disturbi della comunicazione. Il sistema simbolico prescelto e impiegato è, nello specifico, quello dei Widgit Literacy Symbols (WLS), più indicato di altri per rendere al meglio la ricchezza e la complessità non elementare del testo in questione. Le frasi, sia brevi che lunghe, che lo compongono non prescindono, infatti, per esempio, dal ricorso a coordinate e subordinate, pronomi e  termini fuori dall’uso più comune. La cura profusa in questo senso è rimarcabile, così come è significativo e interessante che a diffondere la conoscenza e l’utilizzo della CAA siano coinvolti anche ragazzi giovanissimi, impegnati nella produzione di un supporto piacevole, utile e coinvolgente.

Ecco perché, se anche al primo impatto Zio lupo e la furbissima Giricoccola forse non entusiasma per via del suo aspetto un po’ casalingo e delle sue illustrazioni poco attraenti, vale ugualmente la pena di scoprirlo a fondo per cogliere il valore del progetto che lo anima e promuoverlo come un esempio di sinergia fruttuosa e positiva per l’intera comunità di lettori.

Che buono!

Tocco, gioco e leggo è un progetto strepitoso. Questa è la prima indispensabile premessa che occorre fare. L’omonima collana, realizzata dalla cooperativa Zajedno e pubblicata da Bordeaux edizioni, raccoglie infatti tre libri capaci come pochissimi altri, forse nessuno, di guardare in maniera accogliente a bambini con disabilità molto diverse, facendo di un unico supporto uno strumento potentissimo per costruire legami e occasioni di incontro fantastico.

Che buono!, Cucù…settete e Ciao ciao, questi i titoli dei volumi editi, uniscono i punti di forza di tre tipologie di libri accessibili – i libri in LIS, i libri tattili e i libri senza parole – garantendo la possibilità di piena fruizione da parte di lettori con disabilità visiva, uditiva, intellettiva, comunicativa oltre che di lettori con disturbi specifici dell’apprendimento e di lettori semplicemente curiosi. Ogni volume si compone di pagine di stoffa ridottissime in numero (quattro nella fattispecie) ma estremamente stimolanti e interattive. Su di ognuna sono infatti cuciti alcuni oggetti inerenti al tema trattato, anch’essi realizzati perlopiù in tessuto e in buona parte estraibili e manipolabili a 360 °, pur essendo assicurati alla pagine grazie a un nastrino. Nella taschina apposta in quarta di copertina il lettore può trovare quattro tesserine che richiamano le illustrazioni interne, con una rappresentazione fedele in miniatura, e vi associano il corrispettivo segno della Lingua dei Segni Italiana.

In Che buono! in particolare, il lettore trova un biscotto da intingere in una tazza, un piatto di spaghetti da arrotolare con la forchetta, una pera da estrarre dal cestino e una gustosa caprese. I segni della LIS riprodotti sono quello corrispondente al titolo e alle parole formaggio, pera, biscotto e pasta.

Ciao ciao

Tocco, gioco e leggo è un progetto strepitoso. Questa è la prima indispensabile premessa che occorre fare. L’omonima collana, realizzata dalla cooperativa Zajedno e pubblicata da Bordeaux edizioni, raccoglie infatti tre libri capaci come pochissimi altri, forse nessuno, di guardare in maniera accogliente a bambini con disabilità molto diverse, facendo di un unico supporto uno strumento potentissimo per costruire legami e occasioni di incontro fantastico.

Che buono!, Cucù…settete e Ciao ciao, questi i titoli dei volumi editi, uniscono i punti di forza di tre tipologie di libri accessibili – i libri in LIS, tattili e senza parole – garantendo la possibilità di piena fruizione da parte di lettori con disabilità visiva, uditiva, intellettiva, comunicativa oltre che di lettori con DSA e di lettori semplicemente curiosi. Ogni volume si compone di pagine di stoffa ridottissime in numero (quattro nella fattispecie) ma estremamente stimolanti e interattive. Su di ognuna sono infatti cuciti alcuni oggetti inerenti al tema trattato, anch’essi realizzati perlopiù in tessuto e in buona parte estraibili e manipolabili a 360 °, pur essendo assicurati alla pagine grazie a un nastrino. Nella taschina apposta in quarta di copertina il lettore può trovare quattro tesserine che richiamano le illustrazioni interne, con una rappresentazione fedele in miniatura, e vi associano il corrispettivo segno della Lingua dei Segni Italiana.

In Ciao ciao in particolare, il lettore trova rappresentati sulle pagine quattro mezzi di trasporto – la nave, l’aereo, il treno e l’automobile – riprodotti sulle tesserine in LIS insieme ai verbi che più li caratterizzano (rispettivamente andare, passare, volare, correre). Essendo le illustrazioni interamente in stoffa il riconoscimento degli oggetti al tatto è affidato alla loro sola forma e supportato da ingegnosi sistemi di spostamento sulla pagina.

Andiamo!

Premiato nel 2013 come miglior libro d’artista in occasione del concorso nazionale di editoria tattile “Tocca a te”, Andiamo! è un libro in stoffa, con testo in nero e in Braille, che fa del risveglio mattutino una scoperta sorprendente. Le semplici e comuni operazioni che si susseguono – dallo scendere dal letto al lavarsi bene, dal fare colazione all’andare a scuola – sono rese curiose e intriganti dal fatto che le relative illustrazioni richiedono necessariamente un’esplorazione tattile e quindi un coinvolgimento attivo del lettore.

Il letto in miniatura, lo spazzolino da denti e il tappetino da bagno, il cucchiaio sulla tovaglia e il quaderno degli appunti sono infatti inseriti all’interno di taschine di stoffa in cui introdurre la mano e tastare con cura. L’esperienza che ne deriva ha il potere di mettere sullo stesso piano lettori con abilità diverse, con e senza disturbi visivi in particolare, stimolando un approccio (quello tattile) alla realtà cui progressivamente tendiamo a rinunciare in un mondo dominato dal senso della vista. Concorre a questo risultato anche il gioco accurato tra dentro e fuori che caratterizza ogni pagina: ogni taschina presenta infatti un dettaglio da toccare – che sia il bordo della coperta, la tenda della doccia, o la cinghia dello zainetto – che offre qualche indizio su cosa possa trovarsi all’interno e raddoppia al contempo il piacere della scoperta tattile.

Raffinato e gradevole, con le sue pagine bianche e morbide, le sue illustrazioni familiari e i suoi testi minimali, Andiamo! è un invito più che riuscito a condividere piccole grandi esperienze: il risveglio, la lettura, il cammino.

Mattia ha un nuovo amico

Nella classe di Mattia è arrivato un nuovo bambino. Si chiama Marco e usa una sedia a rotelle perché le sue gambe non funzionano bene. Mattia e Marco si incontrano, si conoscono e condividono piccoli momenti tipici della scuola dell’infanzia – fare merenda, giocare, andare in  bagno, disegnare, sistemare i giocattoli – ed è proprio attraverso quei momenti che i due finiscono la giornata con un amico in più per ciascuno.

Con una semplicità e un’ingenuità che sanno proprio di infanzia – quella per cui si può essere grandi amici dopo un solo giorno, si può salvare un disegno strappato con degli adesivi colorati o si può fare la pipì fianco a fianco –  Liesbet Slegers racconta una storia piccola piccola ma tutto sommato importante.  Perché in essa è facile riconoscersi quando si è piccini; perché si concentra sulle cose di ogni giorno senza strafare o idealizzare e perché asseconda il pensiero-bambino tanto nella positiva socievolezza quanto nella schietta curiosità. La domanda diretta di Mattia con cui si apre il libro – “Perché stai seduto lì?” – potrebbe infatti inaugurare un incontro reale con un nuovo compagno con disabilità e lascia intendere l’intento non buonista ma benevolo dell’autrice di assecondare gli interrogativi che la diversità naturalmente suscita nei bambini.

Solo la risposta data da Marco (“Le mie gambe non funzionano bene. Questa sedia mi permette di spostarmi quando sono stanco”) ha una suono un po’ adulto che un poco stona, dietro il quale si intravede però  il complesso  tentativo di condensare in pochissime e chiare parole una spiegazione necessaria e preziosa. Tant’è che non troppo vi si bada, alla fine, coinvolti dai quadri comunicativi messi a punto dall’autrice, dai testi misurati che scandiscono le pagine e dalle illustrazioni  vivaci che animano la lettura. Tenendo conto, inoltre, che Mattia è il protagonista di una serie piuttosto diffusa per la prima infanzia, con oltre 10 titoli dedicati a diverse situazioni familiari al pubblico di riferimento, Mattia ha un nuovo amico ha anche il merito di inserire la disabilità in un racconto quotidiano più ampio in cui compaiono il viaggio in treno, la biblioteca, l’aiuto al papà e via dicendo, restituendole una dimensione più comprensibile e accettabile.

I tre porcellini in CAA

C’è il porcellino pigro e giocherellone, quello svogliato e dormiglione e quello forte e laborioso, ciascuno intento a costruire la sua casetta di paglia, di legno o di mattoni.  E poi,  certo, c’è il lupo che dei tre fratelli vuol fare un bel pranzetto. E infine, manco a dirlo, c’è una caduta in pentola che difficilmente si scorda. Insomma, nel libro della Homeless Book dedicato a I tre porcellini non manca alcun dettaglio della fiaba tradizionale e grazie ad esso anche i piccoli lettori con disturbi della comunicazione possono godere a pieno di questa avventura senza tempo.

Il libro si colloca infatti all’interno della collana in CAA che intende allargare le possibilità di fruizione di storie e che comprende anche un volume dedicato a Pinocchio e un volume intitolato Zio Lupo e la furbissima Giricoccola. Esteticamente più appetibile di questi ultimi, I tre porcellini vanta una particolare cura profusa nei testi – che combinano con equilibrio comprensibilità e scorrevolezza, dettagli narrativi e linearità sintattica – e nelle illustrazioni – che con uno stile brioso ma essenziale supportano la lettura, condensando e rispecchiando a dovere gli elementi chiave della storia.

I tre porcellini in CAA nasce da un lavoro sulla fiaba tradizionale che tiene conto delle Linee guida europee per la scrittura accessibile e che opta per l’impiego della collezione di Widgit Literacy Symbols  (WLS) per offrire una traduzione in simboli ricca e articolata. In virtù di questi aspetti il volume risulta mediamente complesso e adatto a lettori non piccolissimi o con un grado di difficoltà comunicative non elevato.

Un giorno nella vita di tutti i giorni

Avete a disposizione un lungo pomeriggio, magari di pioggia e ozio, con un bel divano a disposizione? Perfetto! Mettetevi comodi perché Un giorno nella vita di tutti i giorni è proprio il libro che fa per voi. Tra le pagine di questo cartonato dal formato consistente potrete ritrovarvi a trascorrere un tempo indefinito nel piacevole tentativo di esplorare a fondo quadri quotidiani brulicanti di attività. L’originale albo di Ali Mitgutsch, famosissimo in Germania fin dagli anni ’60 ma incredibilmente mai edito in Italia fino ad ora, è infatti un silent book in cui ciascuna delle 12 doppie pagine dipinge un contesto – il parco, il cantiere, il molo, il mercato e così via – all’interno del quale si sviluppa una miriade di azioni, situazioni e relazioni. Il bello della lettura sta perciò nel cogliere gli innumerevoli dettagli che caratterizzano ogni quadro, sfidando eventuali compagni di svago a trovare il ragazzo che sta per cadere nel laghetto, i bimbi che fanno i rotoloni giù dalla montagna o persino l’angolo dei nudisti in spiaggia.

spiaggia_alì piscina_alì lago_alì

Tutt’altro che privo di influenze alte, che risalgono fino a Bruegel e alla corrente fiamminga, Un giorno nella vita di tutti i giorni calamita il lettore grazie a pagine che paiono letteralmente animarsi. Ogni loro centimetro vede piccole avventure dipanarsi in totale autonomia o con sottili connessioni con ciò che accade intorno. Come a bordo di un elicottero il lettore può godersi le scene dall’alto, indugiando a piacere su quelle che gli paiono più buffe (si pensi al bimbo che fa la pipì di nascosto tra i cespugli), particolari (tra le altre, la fila di mucche truccate secondo usi montanari tradizionali) o capaci di stimolare ipotesi narrative ardite (ad esempio di fronte al tizio che si arrampica sul tetto di una baita innevata).

Il fatto che la narrazione si apra e si chiuda a ogni pagina e che si sviluppi attraverso microstorie con protagonisti ogni volta diversi su cui si posa lo sguardo del lettore, fa sì che la lettura risulti particolarmente duttile, personalizzabile, propizia allo stimolo della verbalizzazione anche e forse soprattutto in caso di difficoltà cognitive e comunicative. l’assenza di testo inoltre rende il volume accessibile e godibile anche il caso di dislessia e disturbi uditivi. Da ultimo, il formato ampio e la pagine spesse rendono leggermente più agevole la sfogliatura delle pagine.

Io sono il drago

La nonna di Alice non si stanca di ripetere alla nipote che è davvero carina né di domandarle perché non voglia giocare a fare la principessa. Ma Alice, a sua volta non si stanca di rispondere alla nonna che no, lei la principessa non la vuole proprio fare. Perché mai, in effetti, dovrebbe limitarsi ad aspettare l’arrivo di un fantomatico cavaliere se può essere uno spaventoso drago? Così l’instancabile bambina costringe due generazioni – nonni e genitori – a prestarsi a un gioco del teatro in cui a turno si ricoprono i ruoli della principessa, del cavaliere, degli scheletri, del drago e – a sorpresa – della torre del castello. Perché la fantasia lasciata libera di galoppare può portare ad avventure sempre avvincenti ma anche a piccole rivelazioni sulle qualità e sul valore delle persone. Con grande ironia il libro ritrae l’intera famiglia alle prese con un’attività molto impegnativa (parola di nonna, costretta a star sdraiata sul tappeto finché il cavaliere non libera la principessa!) e regala alle illustrazioni un ruolo sottile e determinante. Capaci di mescolare con sapienza realtà e immaginazione, le immagini paiono infatti strizzare l’occhio al lettore e giocare con il contrasto tra la visione razionale degli adulti e quella fantastica della bambina.

Io sono il drago unisce in definitiva il fascino di un albo, di cui vanta il formato, la presenza preponderante delle illustrazioni e un interessante rapporto tra immagini e parole allo spessore di un testo che, per lunghezza, scelte linguistiche e struttura non è per nulla scontato e inadatto anche a lettori non alle primissime armi. In questo modo il volume targato Sinnos rafforza il suo carattere di alta leggibilità (perseguito con il consueto font leggimi, la spaziatura maggiore, la sbandieratura a destra, la carta opaca) e trova una maniera accattivante per intercettare anche la curiosità di quei lettori indifferenti o spaventati dai libri in cui il testo la fa prepotentemente da padrone.

Con il coraggio di un cavaliere, la calma di una principessa, la posizione salda di uno scheletro e naturalmente la forza di un drago, il libro di Grzegorz Kasdepke ed Emilia Dziubak si scaglia inoltre contro uno dei più classici stereotipi di genere che vuole le bambine interessate esclusivamente alle figure meno impavide delle storie. Alice (dal nome senz’altro propizio ad avventure vissute da protagonista attiva) diventa così una piacevole incarnazione del diritto di ogni bambino a scegliere che cosa sognare e immaginare di essere senza che preconcetti culturali ne condizionino i pensieri. Così, oltre ad abbattersi contro l’errata rassegnazione dei lettori con dislessia di fronte alla possibilità di godere della lettura, Io sono il drago partecipa anche alla recente (e ancora necessaria) battaglia contro una narrazione per l’infanzia che dica a maschi e femmine che cosa possono diventare.

Crescendo

Finissimo esploratore del prima, quale luogo fecondo di attese e narrazioni, Alessandro Sanna torna a dedicarsi a questo tema così stimolante dopo l’apprezzatissima esperienza di Pinocchio prima di Pinocchio. Crescendo è infatti un silent book tutto dedicato ai nove mesi di una gravidanza: i nove mesi in cui tutto cresce – le aspettative, i sentimenti e senz’altro le forme. E proprio da queste ultime l’autore parte per costruire cinque piccole storie che si muovono al ritmo di una pancia che si arrotonda. Quella silhouette via via più marcata diventa infatti profilo di roccia, ali di gabbiano, corpo di cavallo e gambo di fiore in un’esplosione della natura colta in alcune delle sue molteplici forme. Man mano che la pancia cresce l’occhio dell’autore si allontana andando a cogliere uno scenario più ampio e facendo così avanzare il racconto: dalla roccia un uomo si tuffa ad esplorare le profondità marine, il gabbiano si alza in volo a caccia di cibo per i suoi piccoli, il cavallo galoppa lungo pendii vivacissimi e il fiore sboccia in un campo che abbaglia. Tutto inneggia insomma alla vita, in un inseguirsi di dettagli che si richiamano da una tavola all’altra fino a quella dolcissima immagine finale in cui la mamma stringe finalmente il suo bambino. A sottolineare questo crescendo di rotondità e di narrazioni, 18 intensi minuti di musica di Paolo Fresu che vale realmente la pena di ascoltare sfogliando le pagine poiché la tromba e gli acquerelli si intrecciano in maniera fitta e delicata, regalando al lettore una poetica nuova.

Non è un libro immediato questo , come molti d’altronde  firmati dal bravissimo Alessandro Sanna. Ma come spesso capita il valore della suggestione di un volume va di pari passo con la complessità del lavoro di appropriazione che al lettore viene chiesto. Così, quando si coglie il sottilissimo filo narrativo che lega i quadri apparentemente slegati, creando un motivo che ritorna mese dopo mese, la fantasia ha come un sussulto di gioia e delizia. È bello pensare che questo libro possa rivelarsi particolarmente affascinante, non solo per i grandi in attesa, ma anche per i bambini che aspettano un fratellino e che giorno dopo giorno vedono la pancia della mamma crescere e cambiar di forma. Sarà magico soprattutto per loro giocare a cogliere in quelle curve in evoluzione le sagome più disparate che raccontano piccole e grandi storie e che invitano a dare significati sempre nuovi alle linee care. L’assenza di parole agevola dal canto suo questo tipo di esperienza, favorendo possibilità di lettura e interpretazione personalissime anche da parte di lettori con difficoltà di decodifica del testo ma grandi abilità immaginative.

download Crescendo-di-Alessandro-Sanna_image_ini_620x465_downonly (1) Crescendo-di-Alessandro-Sanna_image_ini_620x465_downonly

Iole, la balena mangiaparole

Iole è una animale pacifico e speciale: il suo talento consiste nel raccogliere le parole che cadono negli abissi dalla barca di un poeta e dare loro nuova vita, trasformandole in racconti da donare agli amici del mare. Narratrice insolita, la balena protagonista del libro si fa amare dalle creature che la circondano, sicché queste non mancheranno di venire in suo soccorso quando le parole in acqua inizieranno misteriosamente a scarseggiare.

Il libro, semplice ma suggestivo, fa parte della collana facile! Messa recentemente a punto da Gribaudo editore per venire incontro anche alle esigenze di piccoli lettori con disturbi specifici dell’apprendimento. Grazie ad accorgimenti tipografici mirati e all’utilizzo del font leggimi di Sinnos, oltre che a un testo curato e ad illustrazioni molto piacevoli, Iole la balena mangiaparole risulta più amichevole e meno ostico di altri testi destinati a lettori alle prime armi.

La casa sull’albero

Sull’albero c’è una casa, e questo lo dice chiaramente il titolo dell’albo. Ma l’albero è in mezzo a un’indefinita distesa d’acqua e uno dei suoi inquilini vi arriva in copertina a cavallo di un’enorme balena. Ecco: l’atmosfera straordinariamente sospesa e surreale di questo prezioso libro firmato da Marije e Ronald Tolman si palesa fin da questi primi dettagli che invitano a sciogliere le briglie della fantasia. Perché serve una mente fervida e ben disposta per cogliere tutta la magia di un luogo magico come questo da cui si possono avvistare stormi di fenicotteri che fanno del cielo una distesa rosata, su cui ci si può divertire in compagnia di amici diversissimi come un pavone o un rinoceronte e a cui ci si può avvicinare a bordo di un piccolo veliero volante. Ogni pagina diventa insomma una sorpresa gioiosa in cui immergersi con pacatezza e stupore.

Il tratto felice degli autori – che non a caso è valso loro il Bologna Ragazzi Award nel  2010 – incanta il lettore come una ninnananna fatta di figure e colori. Così, i movimenti, i pensieri, e gli incontri dell’orso bruno e dell’orso bianco protagonisti del libro, scorrono silenziosi e naturali seguendo l’avanzare del giorno e delle stagioni e raccontando di una quotidianità straordinaria che vien voglia di sposare. Del tutto privo di parole, La casa sull’albero racconta per immagini una storia poetica ed emozionante di amicizia, condivisione e valorizzazione della lentezza.

Nell’allestire una tana sopraelevata, nel leggere un bel libro, nell’accogliere gli amici in visita, i due orsi si prendono il loro tempo e invitano il lettore a fare altrettanto, immergendosi e vagabondando con sospeso diletto tra i paesaggi avvolgenti che colorano le pagine e i minuziosi dettagli che le animano. Anche per questa ragione il libro, che certo ben si presta a una lettura condivisa che stimoli l’intreccio di suggestioni personali anche molto diverse, appare particolarmente indicato anche e soprattutto per una lettura individuale, in cui ciascuno possa trovare un proprio rifugio dell’immaginazione.

Le nuove avventure di Lester e Bob

Ci mancavano, ah quanto ci mancavano! Conosciuti soltanto un anno fa, la scaltra oca Lester e il bonaccione orso Bob tornano a soddisfare la fame di storie sfiziose dei lettori alle prime armi. Come nella prima, anche in questa nuova raccolta di avventure i due protagonisti non mancano di battibeccare, di tendersi trappole, di inventare argute soluzioni a problemi insormontabili e di cementare la loro bizzarra amicizia con piccoli gesti di preziosa tenerezza. Tra un raffinato Bob che si fa crescere i baffi, un furbo Lester che si finge ispettore delle torte e un improbabile duello senza pistole per mettere fine a un litigio tra i due, spicca particolarmente gustosa l’avventura del volano, finito – ahiloro – nel giardino a fianco, di proprietà dei coccodrilli. Il finale è, qui, come in ogni altro sketch, gustoso e sorprendente, capace di strappare un sorriso anche al più brontolone dei lettori.

L’ironia garbata che regalano queste pagine è rara e preziosa. Coltivata con cura, essa contribuisce a rendere Le nuove avventure di Lester e Bob un libro davvero appetitoso e amichevole, forte anche dell’impaginazione pulita – con testo in stampatello maiuscolo a sinistra e illustrazioni ben riquadrate a destra –  e del carattere ad alta leggibilità di Beisler Testme. La combinazione di tutti questi fattori dà vita a un lavoro che non delude le aspettative ma che anzi fa già venire l’acquolina in vista di una terza auspicabile avventura.

Chi se la fila?

Un libro che è tutta una corsa: in Chi se la fila?  il tempo è infatti tiranno e tutti i personaggi galoppano come fossero in perenne ritardo. In un inseguimento senza fine – la nonna insegue forse il figlio che pare inseguire la moglie che sembra inseguire la figlia che sta dietro al cane che a sua volta insegue il nonno che quasi quasi acciuffa la nonna – ciascuno sembra voler dimostrare i propri pensieri e i propri affetti con parole che si perdono nel fiatone o con gesti che rischiano di passare in osservati. Travolto da fili di lana che tanto evocano fili emotivi, relazioni che legano gli individui come una rete affettuosa, il nipotino osserva alla finestr, tra il divertito e lo stranito, la buffa scena di inseguimento. E con lui il lettore, che trova in questa curiosa catena umana una rivisitazione insolita della Fiera dell’est branduardiana.

Contraddistinto da tinte pastello e personaggi che raccontano emozioni con espressioni e movimenti, Chi se la fila? è il primo silent book targato Uovonero. In quanto privo di parole, il libro risulta particolarmente fruibile anche in caso di DSA, sordità o disturbi della comunicazione. La piena apprezzabilità della storia in caso di deficit cognitivi può essere invece compromessa da una storia che non si dipana in maniera così esplicita e facile da seguire in assenza di testo scritto. Anche in questo caso, tuttavia, nulla vieta di godere delle delicate immagini di Roberta Angeletti, sognanti e affascinanti, al di là della loro funzione prettamente narrativa.

Che rabbia!

Dal 2000, quando è stato pubblicato per la prima volta, l’albo Che rabbia! di Babalibri ha subito incontrato il favore del pubblico, riscuotendo un successo che dura ancora oggi: lo dimostrano le numerose ristampe e i frequenti prestiti bibliotecari. Difficile trovare un piccolo lettore che non abbia amato la storia del furibondo Roberto e della mostruosa cosa rossa, personificazione della sua ira, che distrugge tutto ciò che gli capita a tiro. L’albo è infatti costruito in maniera tale da stimolare la più immediata identificazione con il protagonista da parte del bambino e da dare una forma riconoscibile e incisiva a uno dei sentimenti più familiari e difficili da gestire in età infantile.

Per il suo sedicesimo compleanno Che rabbia! indossa un nuovo vestito, arricchendosi di una traduzione in Comunicazione Aumentativa e Alternativa che lo rende accessibile anche in caso di autismo, disturbi della comunicazione, difficoltà di lettura o deficit cognitivi. Pressoché identico all’originale, nella copertina come nell’aspetto interno, il volume amplia le possibilità di lettura senza compromettere la qualità del testo, delle illustrazioni e della loro armonica integrazione. A parte l’aggiunta dei simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) al di sopra del testo e alcune minime modifiche alle frasi (finalizzate per esempio a privilegiare l’ordine soggetto-verbo-discorso diretto), questa versione mira proprio a risultare riconoscibile e volendo intercambiabile con quella da cui ha preso le mosse. Perché i bei libri, nel loro complesso e non solo nelle loro componenti singolarmente prese, costituiscono un patrimonio prezioso cui tutti i bambini dovrebbero poter accedere.

Che rabbia!, in questa nuova e importante forma, inaugura la collana di libri in simboli “I libri di Camilla” (Collana di Albi Modificati Inclusivi per Letture Liberamente Accessibili), nata dalla collaborazione tra Uovonero (che cura appunto la traduzione in CAA) e altre otto case editrici per bambini (Babalibri, Sinnos, Kalandraka, Giralangolo, Bohem press, Coccole Books, Topipittori e Lo Stampatello) con lo scopo di allargare le possibilità di fruizione di alcuni degli albi più amati anche a lettori con difficoltà di decodifica testuale.

Dov’è la stella marina?

L’aria bonacciona e simpatica è forse uno dei tratti più caratteristici dei personaggi di Barroux. Basterà aprire la prima pagina di Dov’è la stella marina? per averne una prova: qui troneggia salda e sorniona una balena grigia dal sorriso timido ma contagioso: quel sorriso che diventa a dir poco smagliante quando, nella pagina seguente, il mammifero si immerge e raggiunge i numerosi pesci che popolano il fondale marino. Che tripudio di colori e che allegria sgargiante, tra alghe e coralli! Qui pesci dalle forme, dai colori e dalle dimensioni variegate sguazzano a doppia pagina invitando il lettore a scoprirne e apprezzarne i singoli dettagli dettagli. Tra gli abitanti degli abissi figurano in particolare la stella marina, la medusa e il pesce pagliaccio che da lì in avanti sfidano il lettore a scovarli ad ogni pagina. Come anche in Dov’è l’elefante?, Barroux si diverte a nascondere tre personaggi lungo l’intero corso dell’albo rendendoli però protagonisti, al contempo, di una storia fatta e finita.

balena 1

immo

Se nel primo volume era la deforestazione il tema caro all’autore dalla forte sensibilità ambientalista, qui è invece la cura del mare ad essere messa in primo piano. Colpiti dal disdicevole accumulo di rifiuti sul fondo del loro habitat – dapprima di bottiglie e lattine, poi di pneumatici e tubi e infine di elettrodomestici e bidoni, in un vero e proprio climax iconico – i tre animaletti subacquei chiedono aiuto alla balena per disfarsi del problema e soprattutto per educare quegli zozzoni degli umani a non disperdere la loro immondizia.  Sicché, con un fare vendicativo piuttosto inaspettato, il cetaceo trova una soluzione a dir poco d’impatto che non mancherà di sorprendere il lettore. Perché la balena è tanto cara e buona ma guai a farla arrabbiare!

Assimilabile a un silent book (le uniche parole del libro sono infatti il sintetico invito a trovare i tre protagonisti nelle diverse pagine), Dov’è la stella marina? unisce l’aspetto ludico della caccia al dettaglio al gusto narrativo di una storia semplice ma completa. Scandita da passaggi iconici che richiedono attenzione ma che risultano facilmente identificabili, questa si presta a letture individuali o condivise apprezzabili anche in caso di disabilità intellettiva, oltre che uditiva e comunicativa.

Il tagliaboschi

Arrivano i primi freddi e, da sotto le coperte, si apprezzano con particolare piacere quei libri che racchiudono caminetti, manti soffici, pietanze fumanti e silenzio. Ecco perché il bell’albo di Alain Cancilleri casca proprio a fagiolo in questi giorni di autunno che avanza. Non solo Il tagliaboschi racconta di montagna, di boschi innevati, di natura e di quiete ma sa rendere queste atmosfere speciali attraverso le scelte legate alle parole (che non ci sono), alle tecniche (ruvide e minimali) e alle tinte (vibranti e misurate).

L’autore sceglie per la sua storia immersa in un paesaggio taciturno la strada impegnativa e incantevole del silent book.  In questo modo, valorizzando le sensazioni, riesce a raggiungere un pubblico ampio che non esclude lettori con disabilità o difficoltà legate al testo scritto. Anche in caso di sordità, di dislessia, di deficit intellettivi o comunicativi si può infatti cogliere il filo narrativo che lega queste pagine di un’essenzialità disarmante e apprezzare il bianco abbagliante che non è solo sfondo ma che si fa neve palpabile, le linee sottili che rivelano movimenti e sentimenti dei protagonisti; il gioco di inquadrature e colori che evidenza desolazione o calore; il contrasto netto tra figure umane esili e un contorno solido.

Edito da Il leone verde, il Tagliaboschi racconta di persone e cose semplici ma anche di scelte e azioni importanti. Il suo protagonista – un tagliaboschi per l’appunto – si accorge appena in tempo degli effetti nefasti che può avere la completa deforestazione e si impegna in prima persona perché il processo distruttivo inverta rotta. Dopo averlo seguito mentre abbatte un albero via l’altro lo troviamo in un’ultima eloquente pagina intento a portare nel bosco una nuova esile piantina. Quel che accadrà dopo possiamo solo immaginarlo, ma di certo quel che si sparge nella testa del lettore è un profumo di foglie, radici e natura che rinasce.

L’ombrello rosso

Sarà perché la voglia di storie è deliziosamente impaziente, fatto sta che Ingrid e Dieter Shubert, autori dell’albo L’ombrello rosso, non perdono tempo e il loro racconto per immagini inizia prima ancora che colophon e pagine introduttive abbiano il tempo di essere sfogliati. Subito dietro la copertina un intrepido cagnolino dal pelo color della pece trova infatti un ombrello abbandonato e a bordo di quest’ultimo si fa trasportare da un vento impetuoso. Inizia così un viaggio andata e ritorno sopra le nuvole, in mezzo alla savana, nelle profondità del mare, nel fitto della giungla e tra i rigidi ghiacci polari.

Un viaggio emozionante, non privo di pericoli e scoperte, durante il quale il comunissimo accessorio da pioggia si fa aereo, scudo, nave, sommergibile e persino slitta. Fino a quando l’intrepido viaggiatore non poggia nuovamente le zampe a terra e l’ombrello rosso non torna a essere che un utile oggetto per ripararsi dalla pioggia. Ma un nuovo passeggero curioso è in arrivo: altro giro altra corsa, tutto lascia intendere che un nuovo viaggio stia per cominciare…

Così si chiude, lasciando però aperti ampi spazi di immaginazione, il bellissimo albo senza parole pubblicato da Lamniscaat. In linea con il più autentico spirito dei viaggiatori, il lavoro dei due autori olandesi chiama il lettore a trovare a suo piacimento le parole per raccontare ciò che accade. Il loro stile privo di fronzoli ma attento ai dettagli invita infatti a spalancare gli occhi di fronte a paesaggi e protagonisti ben delineati e rende un servizio eccellente a una narrazione tutta iconica. Ciò che succede pagina dopo pagina, benché non esplicitato da un testo scritto, risulta infatti chiaro, netto e di conseguenza perfettamente fruibile anche in caso di disabilità, sia essa cognitiva, uditiva o comunicativa.

Giochi di luce

Giochi di luce è un colpo di fulmine: impossibile non restarne folgorati! L’originalità e la vicinanza con il sentire bambino di questo splendido albo senza parole – già vincitore del prestigioso Bologna Ragazzi Award nel 2015 – lo rendono infatti un piccolo e insolito gioiello, in cui il lettore è chiamato ad agire con poca fretta e molta curiosità.

Sull’inconsueto sfondo nero delle pagine – che sfida le convenzioni editoriali e suscita un immediato effetto stuzzicante – si stagliano contorni grigio chiaro di piante, fiori e animali di ogni sorta. A esplorare questa natura misteriosa, fianco a fianco al lettore, c’è un intraprendente  bambino dagli sgargianti stivali giallo limone. Torcia alla mano questi si avventura tra cespugli, fronde e radure illuminando ogni volta un particolare del sottobosco.

lizi boyd 1a

Il cono di luce bianco della torcia porta così allo scoperto dettagli arborei e creature del buio indaffarate, mentre tutt’intorno, nella penombra, la luna avanza nel cielo e la natura si anima pensando forse che nessuno la scorga. Gufi, cerbiatti, pipistrelli e roditori di varia taglia portano avanti le loro consuete attività notturne o si arrestano – tra timore e interesse – a fissare l’insolito ma rispettoso visitatore. Il loro è un incontro discreto e quieto, fatto di reciproche attenzioni che si risolvono in un buffo colpo di scena finale.

hqdefault

lizi boyd 9

Tutto accade nel massimo silenzio: quello che serve per osservare per benino il bosco e i suoi abitanti e per godere appieno di una storia fatta di minuzie, di dettagli brulicanti, di stupore per le piccole cose. Giochi di luce invita proprio a fare questo, offrendo quadri pullulanti tra i quali muoversi alla ricerca di bestiole nuove o già incontrate, di finestrelle che svelano particolari prima non scorti e di interazioni tra i personaggi che fanno del libro un’avventura vera e propria, in cui meraviglia e libertà di esplorazione vanno felicemente a braccetto.

 

 

 

E riprese a volare

Nato dalle mani abili de L’albero della speranza alla fine del 2015, E riprese a volare racconta di un passerotto triste e inizialmente incapace di librarsi nel cielo che vive rassegnato e solo a terra fino a quando un amico non gli mostra un’occasione di riscatto e l’amore non gli offre la possibilità tanto attesa di tornare a volare. Costruito, come nella miglior tradizione della casa editrice di Ivrea, con doppio testo – nero e Braille – e illustrazioni al 100% esplorabili con le dita, il volume è adatto a un pubblico di giovanissimi lettori, anche privi di una grande esperienza in fatto di decodifica tattile.

Ci sono dentro il libro, è vero, i temi importanti della solitudine, dell’amicizia e dell’amore ma il racconto – non dei più entusiasmanti in  definitiva –  non tiene il passo di illustrazioni invece accurate in cui si vede profuso un grandissimo impegno. La loro semplicità e piacevolezza – si pensi, a titolo d’esempio, al sofficissimo piumaggio dei protagonisti, alle fronde realmente penzolanti del salice piangente o alla dura liscezza delle uova – rende il volume particolarmente fruibile in caso di disabilità visiva e altresì attraente per quei bambini che trovano nella manipolazione di superfici particolari, e morbide soprattutto, stimoli positivi e preziosi.

Scarpa, dove sei?

Un calcio per aria e la scarpa di un bambino finisce chissà dove. In fondo al mare, forse. O tra stormi di uccelli. Nel bel mezzo di una guerra coi cannoni, perché no? Sta al lettore scoprirlo scorrendo pagine in cui paesaggi e protagonisti i più disparati si susseguono in una giravolta di scene più o meno surreali.

Scarpa, dove sei? è un albo quasi senza parole, che si apre e si chiude con due righe di cornice in forma di filastrocca ma che procede per il resto per sole immagini. Il gioco sta tutto nel trovare le sagome di scarpe nascoste in ogni quadro – nel muso del rinoceronte come nel corno di una mucca, negli arti dello spaventapasseri come nella pancia della nave – scorgendo, per un piacere più minuzioso, la varietà di modelli disseminati tra le pagine e la loro peculiarità rispetto alla scena rappresentata.

Siamo di fronte a un piccolo albo che non strepita ma che sa divertire, un libro che è una caccia al tesoro a filo di pagina, una carrellata di personaggi bislacchi, un invito a cercare forme note dove meno ci si aspetterebbe. Con più di cinquant’anni sulle spalle (Scarpa, dove sei? è stato pubblicato per la prima volta a New York nel 1964), il volume ora pubblicato da Salani sposa semplicità e ironia valorizzando il tratto inconfondibile di un grande autore come Tomi Ungerer.

[Edit: luglio 2022] Il libro di Tomi Ungerer è stato da poco ripubblicato da Biancoenero nella collana Doppio passo.

Eli sottovoce… le matite

Quella di Eli sottovoce è una piccola saga silenziosa che vede protagonista una libellula intraprendente, perseverante e creativa. Nei diversi episodi la bestiola si cimenta con opere di alta e raffinata ingegneria: torri di carte, uova e matite che inesorabilmente finiscono per crollare. Ma dall’errore può nascere qualcosa di meraviglioso e la creatività può subire nutrirsi di intoppi (soprattutto se sopraggiunge l’aiuto di qualche amico!): prova ne sia il fatto che le costruzioni fallite di Eli offrono gli spunti necessari per creare strepitose mongolfiere o stupefacenti lampadari.

Nell’ultimo episodio, in particolare, un ardito pinnacolo di matite ben appuntite si schianta al suolo prima di essere completato. Ma da un lapis spezzato spunta un insetto bislungo che opportunamente insaponato e innaffiato finisce per dar vita, insieme ad Eli, a straordinarie bolle di sapone.

Il silent book, così come i precedenti (Eli sottovoce… le carte ed Eli sottovoce…l’uovo, di ciascuno dei quali è possibile visionare un trailer online), si sviluppa in un elegante formato lungo e stretto che sfrutta l’altezza della pagina per valorizzare le invenzioni della protagonista. Lo stile dell’autrice Laura Bellini è dal canto suo raffinato e sfizioso, capace di delineare brevi storie suggestive che stimolano il lettore e richiedono attenzione, invenzione e gusto per i particolari minuziosi.

Pois

In un atelier vivace e colorato qualcosa di strano sta per accadere. Tra manichini e tessuti dalle tinte sgargianti, quando la sarta meno se lo aspetta, i pois di un bell’abito giallo prendono il largo e scappano altrove. Gasp, disastro! Che ne sarà del bell’abito? Ma soprattutto dove si saranno cacciati gli intrepidi pois? Con un finale surreale e sorprendente il libro di Cristina Bazzoni lascia un sorriso sulla bocca del lettore, invitandolo a cogliere nell’imprevisto una nuova possibilità creativa!

Finalista del Silent Book Contest 2015, Pois si distingue nel variegato mondo degli albi per il suo marcato aspetto grafico e per l’influenza marcata di ambiti (pubblicitario per esempio) e periodi (gli anni ’50-’60 in primis) molto particolari. Il colore puro la fa qui da padrone, concorrendo non solo a restituire un complesso piacevole e insolito, ma agevolando anche la messa in rilievo degli elementi cardine della narrazione e dei richiami interni al libro. Questo contribuisce a rendere la storia ben comprensibile nonostante l’assenza di parole e pertanto godibile anche da parte di chi si approccia con difficoltà al testo scritto.

Le avventure di Lester e Bob

[usr=4.5]

Fate largo, sono in arrivo due personaggi illustrati a dir poco irresistibili! Usciti direttamente dalla penna di Ole Könnecke, Lester e Bob sono due amici davvero bislacchi: un papero con un certo savoir faire e un orso pacioccone re delle torte al forno. Il loro approccio alla vita non potrebbe essere più divergente – egocentrico e sicuro il primo, low-profile e accomodante il secondo – e proprio da questa divergenza nasce l’ilarità degli sketch cui i due danno vita e la vitalità della relazione che li unisce.

lesterbob

Che sia nel bel mezzo di una partita a bocce con dei coccodrilli o in preparazione di una serata di gala, di ritorno da un giro del mondo o in piena costruzione di volatili di neve, i battibecchi, gli scambi di opinioni, le battute e le trovate dei due animali sanno lasciare spiazzati, sorridenti e di buonumore.

Nelle loro sono avventure, minimal e surreali, la stramberia è all’ordine del giorno e l’amicizia finisce sempre per trionfare. Senza moralismi o forzature, però – si badi bene – ma per il solo e invincibile potere di una torta al cioccolato o di una maschera del buonumore. L’autore ha infatti questa rara abilità nel raccontare storie a misura di bambino che danno rilievo ai sentimenti passando attraverso le cose concrete. Qui, in particolare, l’anatra e l’orso sono protagonisti di quadretti gustosi e concisi – perfetti per stuzzicare senza appesantire – che si vorrebbe potessero avere un seguito ancora molto lungo, lunghissimo.

Schermata 2016-05-30 alle 15.44.37 Schermata 2016-05-30 alle 15.44.22 Schermata 2016-05-30 alle 15.44.09

Le avventure di Lester e Bob fa parte della collana ad alta leggibilità Leggo già di Beisler, inaugurata dall’altrettanto surreale volume Lupo e cane. Insoliti cugini. Il libro di Ole Könnecke fa però uso del font specifico per dislessia in formato maiuscolo, che calza a pennello sulle storie narrate e sul target più giovane cui queste si rivolgono.

Schermata 2016-05-30 alle 15.37.30 Schermata 2016-05-30 alle 15.37.40

Geltrude senza piume

Alice, la piccola protagonista dell’albo Geltrude senza Piume, è una bambina tosta e testarda. Affezionata alla sua cara oca di stoffa e sensibile di fronte alla sofferenza animale, si rifiuta dapprima di utilizzare un cuscino nuovo di zecca perché fatto di piume e riesce infine ad adottare un’oca vera, salvandola da un allevamento intensivo.

La storia, scritta con la consueta passione da Sandra Dema e stampata ad alta leggibilità grazie all’impiego del font open source OpenDislexic, presenta con un marcato ed esplicito intento educativo. Le illustrazioni di Valeria Castellani, dal canto loro, sono comunicative e avvolgenti nella loro naïveté. Prive di dettagli accumulati e rumori di fondo, sottolineano l’entusiasmo e i sinceri sentimenti della protagonista.

Ti regalo la luna

Quale regalo può essere all’altezza di un amore è così grande come quello tra un bambino e la sua mamma? Forse solo la luna, o almeno questa è la risposta che si dà il piccolo Riccardo, desideroso di fare un dono speciale alla sua mamma. Ma la luna è così in alto che gli servirà salire sulle spalle del papà, e poi ancora dei vicini, e poi ancora dei cugini e così via prima di poter arrivare all’agognato obiettivo. Ma con tutti questi aiuti, che andranno in qualche modo ricompensati con un pezzetto di luna – resterà infine un regalo abbastanza degno per la mamma? Le parole affettuose di Alice Brière-Haquet accompagnano il lettore a scoprirlo con i toni, l’essenzialità e le atmosfere sospese tipiche delle fiaba. Accanto ad esse, le immagini sognanti di Célia Chauffrey, persin sacrificate in un formato così ridotto, danno una forma silenziosa a tutto il sentimento contenuto nella narrazione.

La struttura a iterazione che caratterizza il racconto dona un ritmo cullante alla lettura e contribuisce forse a renderla più agevole, costruendo una rete di richiami e riprese amichevoli anche per il lettore con qualche difficoltà. Di certo a questo scopo concorrono le scelte tipografiche operate dall’editore Gribaudo all’interno di questo volume così come degli altri che compongono la collana Facile! Leggere bene. Leggere tutti: font ad alta leggibilità leggimi mutuato dalla Sinnos, spaziatura maggiore tra le righe e le parole e sbandieratura a destra. Un piccolo dono per i lettori con e senza disturbi specifici dell’apprendimento, almeno prezioso come quello di Riccardo alla sua mamma.

Il topino che si mangiò la luna

Il fascino della luna, si sa, è universale. Grandi e piccoli ne restano ammaliati e così accade anche all’animaletto protagonista de Il topino che si mangiò la luna. Addormentatosi la sera ammirandone il bagliore, il topino si sveglia la mattina convinto di averla trovata a fianco al suo letto. Ne assaggia così un pezzetto, crucciandosi però subito per averla così rovinata. Non sarà facile per gli amici del bosco convincerlo che la delizia da lui gustata era solo una banana che nulla ha tolto allo splendore della notte.

La storia è semplicissima ma di una tenerezza cosmica. Ci si trova dentro tutta l’ingenuità infantile: quella che porta a vedere le cose da un punto di vista insolito e ad attribuire loro un valore tutto speciale. Le parolecentellinate e scelte con attenzione alla loro familiarità fanno come da didascalia o inserto a illustrazioni ampie (malgrado il piccolo formato del libro) e delicate. Le une e le altre sono firmate da Petr Horáček, autore e illustratore ceco che sceglie di parlare ai lettori più piccoli sbirciando direttamente nel loro mondo.

La piacevolezza del racconto, ideale per una lettura intima condivisa, è valorizzata da scelte tipografiche che promuovono l’inclusione e una lettura a misura di lettori con qualche difficoltà. Il font leggimi firmato Sinnos e la scelte di impaginazione ad alta leggibilità accentuano infatti il carattere lineare e accogliente di una storia tutta da mordere!

Il signor Paltò

Il signor Paltò era un omino che aveva sempre freddo. Ma freddo freddo freddo, tanto che stava sempre in casa e anche il giorno in cui decise di avventurarsi fuori dovette coprirsi con così tanti indumenti da diventare un’attrattiva. Fu allora che ebbe l’occasione di incontrare finalmente un essere simile a lui e scoprire che il freddo – fuori e dentro – si combatte meglio se non si è da soli. Il libro dell’olandese Sieb Posthuma, piacevolissimo nei testi e nelle immagini, offre così una storia d’amore tenera e delicata che scalda il lettore almeno quanto i personaggi.

Il signor Paltò fa parte di una valida collana edita da Gribaudo che propone storie brevi e semplici capaci di possono catturare lettori poco esperti e che segue criteri di alta leggibilità tra cui l’utilizzo del font leggimi messo a punto da Sinnos in favore di lettori con dislessia. Che font come questo  inizino a diffondersi e vengano concessi da un lato e richiesti dall’altro è un segnale forte e importante di come l’offerta di una lettura più aperta costituisca una questione sempre meno di nicchia.

La gara delle coccinelle

[usr=4.5]

All’inizio è una doppia pagina quadrata, pulita, ampia e di un  bianco abbagliante. Sui due margini laterali una linea di partenza e una di arrivo, sul lato sinistro uno schieramento di buffe coccinelle dalle forme, dalle tinte e dalle dimensioni diverse e realistiche. Tutto è statico, immobile. Pare di sentire l’attesa trepidante per il fischio o lo sparo d’inizio. Poi si gira pagina e la gara anticipata dal titolo finalmente inizia. I partecipanti che superano il nastro iniziale – ben più numerosi di quelli inizialmente visibili – invadono via via lo spazio bianco, chi ad ali spiegate e chi no, chi ingranando la quarta chi restando nelle retrovie. La corsa prosegue, caotica e brulicante, per alcune pagine fino a quando qualcosa di davvero strambo non accade. Come di fronte un muro magico – a metà tra il binario 9 e 3/4 di Harry Potter e il limite della trilogia di Suzy Lee – la baraonda di corridori prima si ammassa e poi scompare.

Che ne sarà stato di loro? Il lettore è a questo punto stupito e perplesso almeno quanto l’unica coccinella che invece riesce a passare nel lato destro del libro. Con lei vive momenti di esitazione e disorientamento ma anche la sorpresa dell’azione risolutiva su cui val la pena di non dire molto altro per non guastare il piacere della lettura!

E’ un piacere , questo, che si nutre di un’attenzione mirabile per i dettagli, di un ritmo narrativo che segue una curva ascendente prima e discendente poi, con un picco di reale congelamento centrale, e di una sfida immaginativa e deduttiva costantemente rilanciata al lettore. Leggere La gara delle coccinelle è infatti come accettare una sfida di scacchi: a ogni pagina occorre studiare con cura la situazione, prendersi il tempo di scovare cosa è cambiato rispetto alla pagina precedente, fare ipotesi su cosa potrebbe essere accaduto e su cosa potrebbe accadere in seguito e infine avanzare. Ma occorre anche ritornare sui propri passi, rivedere le proprie posizioni e rilanciare una strategia interpretativa sulla base di nuovi indizi.

Nel panorama (fortunatamente) sempre più vasto e variegato si albi senza parole, stuzzicanti anche che per chi fa a pugni con la parola scritta, quello di Amy Nielander è davvero originale e intelligente oltre che esteticamente curato e graficamente ipnotizzante. Non solo il lettore – più o meno giovane – può dedicare un lungo e piacevole tempo scoprire somiglianze e differenze tra le innumerevoli coccinelle che popolano le pagine e sorridere dell’uso narrativo che l’autrice fa dell’oggetto libro e dei suoi componenti (margini, pagine e linee di separazione) , ma può trovare un’occasione ghiottissima per condurre una lettura a più voci, in cui ci si confronta, ci si riconosce spiazzati, ci si pone interrogativi (a cui non sempre il libro fornisce risposte univoche), ci si diverte a vedere realizzate o smentite le proprie supposizioni. Il libro è insomma un gioco di rara arguzia per gli occhi e per la testa, che celebra l’importanza della cooperazione grazie al coinvolgimento estetico, narrativo e immaginativo del lettore stesso. Ben fatto davvero!

 

Susan ride

Ci sono libri che vengono pubblicati, lasciano un segno e poi malauguratamente finiscono fuori catalogo. Si tratta spesso di libri curati e preziosi, il cui valore non viene risparmiato tuttavia dal continuo rinnovamento dell’offerta editoriale. Susan ride, scritto da Jeanne Willis, illustrato da Tony Ross ed edito prima da Mondadori ora da Piemme, è uno di quelli. Irreperibile, se non in biblioteca, per alcuni anni, il volume torna ora in libreria in una forma differente che assomiglia più al racconto illustrato che non all’albo benché il rapporto efficace e ben giocato tra testo e immagini costituisca la sua più caratteristica chiave di lettura.

20160127_165202_resized

20160127_165237_resized

Costruito per quadri semplici e significativi che ritraggono la piccola protagonista intenta a fare le cose quotidiane tipiche di una bambina della sua età – ridere, cantare, dipingere, andare in giostra, sbagliare, provare emozioni – Susan ride non racconta una vera e propria storia ma dipinge piuttosto un personaggio significativo. Il testo impiegato dall’autrice è minimo – soggetto ripetuto e verbo – e trova grande ampliamento ed eco nelle illustrazioni non solo perché proprio queste chiariscono le numerose espressioni figurate impiegate (Susan vola, per esempio, quando il papà la fa piroettare in aria o Susan vince la sua battaglia  quando fa di un compito ostico una barchetta di carta) ma anche perché è proprio nelle immagini che il mondo di Susan prende vita popolandosi di parenti e compagni in carne e ossa, di oggetti e situazioni riconoscibili, di emozioni ed espressioni rassicuranti. Ed è proprio sulla familiarità di queste immagini e sul senso di empatia che esse felicemente generano che il volume fa leva per rendere l’immagine finale in cui compare la carrozzina e la frase di chiusura (questa è Susan / ecco com’è / proprio come me / proprio come te) di più facile assimilazione.

20160127_165302_resized

L’approccio al tema della disabilità, basato sull’esplicita considerazione che una bambinain situazione di handicap come Susan è prima di tutto una bambina e come tale è uguale a tutte le altre, lascia trapelare  gli anni (non pochi) della pubblicazione (edita per la prima volta nel 1999 sia in Inghilterra sia in Italia). Ciononostante Susan ride  continua a ben prestarsi a letture di classe e semplici lavori sulla diversità. Sia il testo essenziale sia le illustrazioni delicatissime ma straordinariamente espressive rendono infatti il testo molto fruibile oltre che piacevole, invitando a una riflessione sulla diversità che muova dalle piccole cose che i bambini possano realmente e direttamente conoscere.

 

Sorridi!

Un cappellino di paglia legato al mento, una sorta di pannolino a fiore e due grossi occhi persi nel vuoto: così presenta ai lettori la triste e tenera ranocchietta, protagonista di Sorridi!. Terribilmente avvilita per via della solitudine, alla piccola non bastano i bacini sul naso del Macaone o le facce buffe della tinca: la nostalgia della mamma resta comunque troppo forte. Ma una mamma certe cose le sente, anche quando è distante. Così, benché affaccendata nella vendita di formaggi e marmellate del bosco, la signora ranocchia affida un sorriso speciale al castoro, con la preghiera di consegnarlo a sua figlia. Il castoro è ben lieto (e persino orgoglioso!) di prendersi l’incarico e si avvia con i dentoni ben in vista verso la zona del lago dove crescono i pioppi. Per strada trova però dei rami adattissimi a costruire una nuova diga e qui un dubbio amletico si pone: consegnare il sorriso o preoccuparsi della diga? Una soluzione c’è: affidare il sorriso alla lontra perché prosegua la sua missione. E così accade, ma anche la lontra trova per strada un intoppo e affida a sua volta il compito a un altro animale e come lei fanno, via via, anche il picchio, la volpe e il cane, l’orso. Fino a che il sorriso non arriva nel becco dell’anatra che raggiunge la ranocchietta e le recapita l’affetto di cui tanto necessita, lasciando dietro di sì una scia di letizia. L’idea che un sorriso, come qualunque altra espressione di gentilezza, possa diventare un testimone da passare di mano in mano è forte e trova nelle espressioni delle creature del bosco un’immagine davvero incisiva. Il fatto, poi, che quello di sorridere sia anche un compito importantissimo, che ciascun animale assume con la massima serietà e non abbandona finché non trova un sostituto, è altrettanto significativo e meriterebbe anche nei nostri “boschi” quotidiani” una più assidua considerazione.

La storia di questa staffetta speciale è semplice e sfrutta un collaudato meccanismo ripetitivo che dà struttura e ritmo al racconto. La narrazione potrebbe forse essere più snella ma le illustrazioni, delicate ed espressive, consentono di non badarvi troppo. Gli accorgimenti tipografici adottati dalla Sinnos, inoltre, giocano un ruolo a loro volta importantissimo per alleggerire la lettura e renderla al contempo piacevole e fluida. Attraverso un gioco sapiente di colori, grassetti e maiuscoli – uniti al font ad alta leggibilità leggimi – la pagina risulta particolarmente dinamica e chiaramente organizzata e viene così meglio incontro alle esigenze di lettori poco esperti o con difficoltà. La casa editrice aveva d’altronde sperimentato con successo gli stessi espedienti all’interno del volume Chi vuole un abbraccio?, scritto delle medesime autrici e pubblicato nella medesima collana. In questo volume così come in Sorridi! si celebra il valore dei piccoli gesti e il loro rivoluzionario potere, consolidando una sorta di filone del buonumore che se la gioca, quanto a efficacia, con una buon scatola di cioccolatini!

Nessuno vince!

Ispirato a un gioco di parole di omeriana memoria, Nessuno vince! racconta del fortuito incontro tra un bambino e un cane (che per un equivoco diventa, appunto, Nessuno) e dello scompiglio che portano all’interno di una ingessatissima fiera canina. Convinti di recarsi in una sorta di luna park per quadrupedi (con tanto di montagne russe, ruota panoramica e tiro al bersaglio) e di poter lì rinvenire una casa felice per il trovatello, i due incappano invece in un evento serio e triste dove solo il parapiglia da loro causato – tra salsicce volanti e giudici squalificati – porterà un po’ di diversivi e buonumore.

Le illustrazioni di Pablo Zweig, buffe e stilizzate, accompagnano puntualmente il testo di facile lettura, in forma di piccole miniature o sfondi a tutta pagina. Il rapporto tra immagine e parole è particolarmente ben studiato e alterna momenti in cui la prima dice quel che le seconde tacciono a momenti in cui l’una accentua o le altre. Questa raffinatezza compositiva, unita a una storia semplice, a tratti surreale e molto coinvolgente (quale bambino, in fondo, non ha desiderato di portarsi a casa un cagnolino almeno una volta?) fa sì che Nessuno vince! invogli spontaneamente alla lettura spianando il terreno anche a chi non affronti i testi scritti in maniera proprio spedita.

 

 

 

I due pappagalli pigliatutto

Al centro del libro un solido tronco d’albero, ai lati rami fioriti e due uccelli – uno nero dal becco giallo e uno bianco dal becco arancio. I due pappagalli pigliatutto si apre così, quieto e quasi spoglio, lasciando il lettore a chiedersi che cosa mai potrà capitare tra quelle placide fronde. Poi uno l’uccello bianco prende il volo e torna con una lampada da tavolo. Ohibò! Lo stupore di chi legge è almeno pari a quello dell’uccello nero che per tutta risposta corre di volata a procurarsi un libro da poggiare ai rami. Voilà, come in un ping pong insolito e surreale da un lato arriva un wc dall’altro una tv, poi dal primo una cravatta, un set da vino, un giradischi e uno stivale e dal secondo una chitarra, una bicicletta, un mocio e un paio di occhiali, e così via fino a che l’albero non diventa un garage all’aria aperta in cui tappeti, pianoforti, librerie e orologi a cucù non diventano letteralmente insostenibili.

Il finale è un patatrac travolgente che vuol far riflettere sui pericoli dell’accumulo forsennato di beni e su ciò che davvero è indispensabile nelle nostre vite (domestiche o arboree che siano). Lo fa silenziosamente, grazie a una narrazione che procede solo per immagine risultando così amichevole anche in caso di difficoltà di lettura, e lo fa ironicamente, grazie a due protagonisti talmente buffi e delicati da rendere irresistibile il loro strambo trasloco. Il libro è infatti una progressiva accumulazione di oggetti, un gioco curato di posizioni e gesti impercettibili tra i protagonisti, un contrasto di vuoti e pieni che scandisce un ritmo piacevolmente vivace.

Lo stile sornione con cui Dipacho – illustratore colombiano selezionato nel 2015 per la mostra della Bologna Children’s Book Fair – si diverte ad accumulare gli oggetti più disparati sui rami, mostra gli uccelli alla prese con cose per loro del tutto inutili e rende espressivi due paia di occhi a puntino e due becchi apparentemente immutabili, è davvero speciale e meritoria. Sarà forse anche per questo che il libro ha vinto il premio White Ravens assegnato dalla Internationale Jugendbibliothek di Monaco ed è stato segnalato nel 2012 anche da da IBBY.

 

I fantastici cinque

I superpoteri che si nascondono nelle persone normali sono tanti, diversi e talvolta inaspettati. C’è per esempio chi vede lontanissimo, chi ha un udito davvero fine e chi solleva pesi straordinari, come i primi quattro protagonisti ideati da Quentin Blake: Angela, Ollie, Simona e Mario. E poi c’è chi, come Eric, pensa di non avere nulla di speciale. Timido e impacciato, Eric compare silenziosamente nelle prime pagine del volume  accompagnato da un incerto bofonchiare (“ehm…ehm”) mentre tutti i suoi compagni mostrano capacità straordinarie, persino durante una semplice gita in montagna. Sarà proprio in questa occasione, e in particolare al momento del bisogno  (quando l’autista Big Eddy, forse per colpa dei panini del pranzo, diventa verdastro e tomba a terra svenuto) che Eric scoprirà e farà scoprire ai compagni la sua peculiarità tutt’altro che superflua: quella che lo includerà a tutti gli effetti nel gruppo dei Fantastici cinque e che dice forte al lettore che anche saper trovare le parole giuste al momento giusto, senza sprecarle o distribuirle a vanvera, è un vero talento troppo spesso sottovalutato.

I fantastici cinque è scritto e illustrato dallo strepitoso Quentin Blake noto, tra le altre cose, per aver dato un’insostituibile forma ai personaggi creati da Roald Dahl. Il suo stile è diretto ed essenziale, sia nel tratto che nel discorso, e proprio la combinazione di parole – non una più del necessario – e illustrazioni  – dinamiche e sorridenti –  suggerisce una lettura positiva della diversità, tema trasversale del racconto. Non solo ogni personaggio vanta abilità eccezionali (sottolineate soprattutto a livello testuale, con una prevalenza di verbi come potere e riuscire) ma non nasconde nemmeno le sue eventuali disabilità (dipinte soprattutto a livello iconico,attraverso dettagli significativi ma discreti). Così, per esempio, senza che il testo dica nulla in merito, Mario si sposta sulla sedia a rotelle e Ollie, munito di occhiali scuri, cammina sempre per mano a uno degli amici. Abilità e disabilità vanno insomma serenamente a braccetto impastando un racconto genuino ed efficace. L’idea forte che ne emerge è che talenti e straordinarietà possano celarsi in ognuno di noi: un messaggio chiaro e incisivo che la versione originale del libro condensa bene nel titolo Five of us.

 

Quadrato al mare

Che i libri in casa Minibombo profumino di gioco è ormai felicemente noto. La dimensione ludica è componente essenziali di tutti i titoli per i piccolissimi firmati dalla casa editrice emiliana. Che si tratti di trovare somiglianze e differenze (Si vede non si vede), riconoscere un animale da un dettaglio (Vicino Lontano) o seguire una storia che procede per iterazione (Il libro bianco) o accumulazione (Dalla chioma), quel che è certo è che il lettore avrà un ruolo attivo nella lettura e non avrà modo di annoiarsi.

Così accade anche negli ultimi due libri curati da Silvia Borando: Triangolo al circo e Quadrato al mare. Qui, come nei suoi silent book precedenti, l’autrice trasforma geometrie elementari in oggetti che raccontano storie. In Triangolo al circo, per esempio, un apparentemente insignificante triangolo rosso si fa prima tendone, poi trombetta, e ancora strumento da giocoleria, cravattino, serpente da ammaestrare e – per il gran finale – uomo-cannone. Il gioco è ritrovare, a ogni voltar di pagina, l’equilatero sornione che si mimetizza senza perder la posizione, e ricontestualizzarlo in virtù delle forme che lo circondano. Sono infatti cerchi, rettangoli, quadrati e altri triangoli dalle dimensioni e dai colori variegati a comporre le figure circensi del libro e a fornire al lettore indizi stilizzati per risemantizzare il protagonista. È una storia di realtà e apparenza, di somiglianze e differenze, di forme e significati, insomma, quella che si nasconde tra queste coloratissime pagine al semplice ma eloquente motto di “Tienimi d’occhio!”.

Allo stesso modo, in Quadrato al mare, fisso e immobile qualunque cosa accada, un quadratino blu assume i panni di cravatta, di pipa o di paletta o di boccaglio. Anche qui, definito il tema del volume, il protagonista diventa dettaglio di una moltitudine di figure differenti unite da una sola ambientazione. Al lettore la scelta di leggere ogni pagina come a sé stante o di rintracciare un filo narrativo che unisca i diversi personaggi. L’assenza di parole, in questo senso, non solo favorisce la fruizione anche in caso di difficoltà di lettura, ma spalanca le porte all’invenzione meno imbrigliata. Come da tradizione, inoltre, non mancano il ricorso a una tavolozza di colori densi e ben marcati e la predilezione per forme non solo semplici e riconoscibili ma anche facilmente riproducibili.

Perché il gioco della lettura deve poter continuare anche una volta che il libro si chiude e i Minibombo’s, in questo, sono davvero imbattibili. Il lettore è naturalmente portato a proseguire le avventure dei protagonisti, trovando loro nuove collocazioni e nuove storie, e in questo, viene sostenuto e incentivato. Sul sito della casa editrice si trovano infatti spunti di attività per creare, in grande semplicità, a partire da un comune triangolo o da un banale quadrato. Il tutto a reale misura di bambino, per una nuova geometria dell’immaginazione.

Triangolo al circo

Che i libri in casa Minibombo profumino di gioco è ormai felicemente noto. La dimensione ludica è componente essenziali di tutti i titoli per i piccolissimi firmati dalla casa editrice emiliana. Che si tratti di trovare somiglianze e differenze (Si vede non si vede), riconoscere un animale da un dettaglio (Vicino Lontano) o seguire una storia che procede per iterazione (Il libro bianco) o accumulazione (Dalla chioma), quel che è certo è che il lettore avrà un ruolo attivo nella lettura e non avrà modo di annoiarsi.

Così accade anche negli ultimi due libri curati da Silvia Borando: Triangolo al circo e Quadrato al mare. Qui, come nei suoi silent book precedenti, l’autrice trasforma geometrie elementari in oggetti che raccontano storie. In Triangolo al circo, per esempio, un apparentemente insignificante triangolo rosso si fa prima tendone, poi trombetta, e ancora strumento da giocoleria, cravattino, serpente da ammaestrare e – per il gran finale – uomo-cannone. Il gioco è ritrovare, a ogni voltar di pagina, l’equilatero sornione che si mimetizza senza perder la posizione, e ricontestualizzarlo in virtù delle forme che lo circondano. Sono infatti cerchi, rettangoli, quadrati e altri triangoli dalle dimensioni e dai colori variegati a comporre le figure circensi del libro e a fornire al lettore indizi stilizzati per risemantizzare il protagonista. È una storia di realtà e apparenza, di somiglianze e differenze, di forme e significati, insomma, quella che si nasconde tra queste coloratissime pagine al semplice ma eloquente motto di “Tienimi d’occhio!”.

Allo stesso modo, in Quadrato al mare, fisso e immobile qualunque cosa accada, un quadratino blu assume i panni di cravatta, di pipa o di paletta o di boccaglio. Anche qui, definito il tema del volume, il protagonista diventa dettaglio di una moltitudine di figure differenti unite da una sola ambientazione. Al lettore la scelta di leggere ogni pagina come a sé stante o di rintracciare un filo narrativo che unisca i diversi personaggi. L’assenza di parole, in questo senso, non solo favorisce la fruizione anche in caso di difficoltà di lettura, ma spalanca le porte all’invenzione meno imbrigliata. Come da tradizione, inoltre, non mancano il ricorso a una tavolozza di colori densi e ben marcati e la predilezione per forme non solo semplici e riconoscibili ma anche facilmente riproducibili.

Perché il gioco della lettura deve poter continuare anche una volta che il libro si chiude e i Minibombo’s, in questo, sono davvero imbattibili. Il lettore è naturalmente portato a proseguire le avventure dei protagonisti, trovando loro nuove collocazioni e nuove storie, e in questo, viene sostenuto e incentivato. Sul sito della casa editrice si trovano infatti spunti di attività per creare, in grande semplicità, a partire da un comune triangolo o da un banale quadrato. Il tutto a reale misura di bambino, per una nuova geometria dell’immaginazione.

Mentre tu dormi

Mentre tu dormi di Mariana Ruiz Johnson è l’albo vincitore del Silent Book Contest 2015. Aprite, sfogliate, fate vostro questo volume e non vi sarà difficile capire le ragioni del riconoscimento. Le immagini dell’autrice argentina contenute nel libro sono a dir poco ipnotiche e raccontano in punta di pennello di un confine labilissimo tra realtà e sogno.

L’albo si apre con un’inquadratura ristretta su un bambino e sulla sua mamma, ripresi con garbo nel rito della buonanotte. Nei loro sguardi c’è attesa e dolcezza e un libro dalla copertina intrigante pare suggellare l’intimità del momento. Qualcosa sta per succedere ma per scoprirlo occorre forse abbandonarsi ai sogni.. è a quel punto, proprio quando il piccolo protagonista chiude gli occhi, che l’inquadratura infatti si allarga – sulla stanza, sulla casa, sull’isolato, sul quartiere, fin sull’intera citta – spalancando lo sguardo del lettore su pagine sempre più ampie e dettagliate. Qui, esseri umani alle prese con faccende quotidiane – una festa, una passeggiata, una mail di lavoro – si mescolano a creature fantastiche dai tratti animaleschi (un coniglio, una volpe, un orso, un cervo, un uccello e un ghepardo) non del tutto estranee all’occhio attento. Sono proprio questi ultimi, a un certo punto, a dominare la scena prendendo il mare e conducendo chi legge in un mondo meravigliosamente surreale. Qui, tra luci e colori strabilianti, hanno luogo folleggiamenti che tanto sanno di ridda selvaggia e anche per questo solleticano ricordi e fantasie di lettori più o meno grandi. È festa grande, a centro pagina. Poi però tutto finisce, la città si sveglia mostrando gli esiti della notte e restituendo alla vista protagonisti più terreni. Il mondo fantastico si è dissolto, ma forse non sarà così difficile ritrovarlo quando calerà di nuovo la sera…

In una canzone dal titolo quasi identico (Mentre dormi) all’albo di Mariana Ruiz Johnson, Max Gazzè canta “Le piume di stelle sopra il monte più alto del mondo a guardare i tuoi sogni arrivare leggeri”. Ecco, è quasi un caso ma la sensazione di leggera felicità che questo albo lascia tra le dita al termine della lettura non potrebbe forse essere espresso meglio..

Gli alberi volano

L’unione fa la forza: ce lo hanno insegnato libri senza tempo come Guizzino di Lionni e ce lo ricorda ora Gli alberi volano di Tessaro. Nel suo bel libro senza parole, finalista del premio Silent Book 2014, l’autore racconta infatti una storia di rivolta giocosa contro un nemico comune ad esseri apparentemente indifesi. Appena uscito dalle candide uova, uno schieramento di uccellini si fa gioco di uno stolido cacciatore camuffandosi da foresta e suscitando una reazione tanto ingenua quanto divertente.

Senza rinunciare al sorriso, Gek Tessaro prende posizione sul tema della caccia regalando alla natura l’ultima parola in una lotta secolare e offrendo un chiaro esempio di quanto possa essere ottuso l’essere umano. Lo fa peraltro ricorrendo alla sola narrazione per immagini che parla un linguaggio comprensibile anche a chi fa normalmente a pugni con il testo scritto.

Pur richiedendo alcune inferenze non proprio banalissime, Gli alberi volano propone una storia fruibile e spiritosa. In questo senso, l’abilità di Gek Tessaro sta nel rendere straordinariamente espressivi piccoli dettagli all’interno delle illustrazioni. Così, gli occhi prima circospetti, poi confusi e infine disperati del cacciatore la dicono lunga su quel che sta succedendo tra le pagine e offrono indizi preziosi per decodificare l’inganno ai suoi danni. Allo stesso modo, il crescendo iperbolico di uccellini messi in scena dall’autore paiono proprio risuonare nelle orecchie del lettore, aiutandolo a godere del piacevole ritmo del volume.

Dalla chioma

In copertina i colori sono pochi e netti e il titolo (Dalla chioma) sbuca fisicamente da una grossa cima d’albero: ancora un volta il segno grafico di Minibombo si fa riconoscibile e invita il lettore alla curiosità prima ancora che questi abbia avuto il tempo di aprire il libro. E proprio qui – al momento di aprire il volume – arriva la seconda di molte sorprese: il libro si apre infatti non orizzontalmente ma verticalmente, così da assecondare le esigenze spaziali del suo protagonista, ossia un alto albero dalla fitta chioma da cui cadono in successione animali di stazza crescente.

Tutto parte da un minuto topolino che adocchia una castagna in cima all’albero e per procurarsela ne scuote il tronco. La castagna non cade ma al suo posto piomba a terra una volpe. A questo punto i ruoli si invertono: il topolino da mangiatore diventa preda e fugge sull’albero. Tocca allora alla volpe scuotere il tronco per far cadere il topolino. Mal posto del topo a scendere è un corpulento cinghiale. Superfluo dire che la faccenda si ripete più volte, innescando una girandola di prede e cacciatori, di salite e discese, di pasti attesi e colpi di scena cascanti. Fino a quando a cadere dall’albero non è un corpulentissimo e ferocissimo orso che lascerà tutti – lettori e animali – letteralmente a bocca aperta.

Il meccanismo iterativo e ludico che anima Dalla chioma è collaudato e spesso impiegato dalla casa editrice emiliana nei suoi libri. Si prevedono quindi anche per quest’ultimo albo di Minibombo letture ad alta voce di grande successo, alimentate peraltro dalla quasi totale assenza di parole. Questa, oltre a rendere accessibili il volume anche a quei bambini che vedono nel testo scritto un ostacolo più o meno grande, favorisce in qualunque lettore o gruppo di lettori un’interpretazione più personale e dunque più coinvolgente.

Piccolo blu e piccolo giallo

A cinquantasei anni di distanza dalla prima pubblicazione di Piccolo blu e piccolo giallo, Babalibri ci fa un vero regalo, tanto più gradito perché inatteso: una rinnovata edizione del capolavoro di Leo Lionni corredata da un audiolibro musicale. Sul Cd allegato al volume si trova infatti una registrazione del testo, interpretato con garbo dall’attrice Anna Bonaiuto  e accompagnato da musiche di Schumann accuratamente scelte.

Questo fa sì che al piccolo lettore sia offerta la possibilità di compiere un’esperienza di lettura nuova, multisensoriale e straordinariamente stimolante: un’esperienza che integra linguaggi diversi in un complesso armonico. Le musiche, disponibili anche per un ascolto separato, accompagnano infatti la lettura assecondandone e arricchendone il ritmo, il senso e la profondità. Le avventure dei due amici blu e giallo che si vogliono così bene da fondersi in un abbraccio verde che scombussola le rispettive famiglie fino al felice riconoscimento finale sono infatti colme di valore emotivo

Come positivissimo effetto collaterale questa iniziativa amplia le possibilità di fruizione di una pietra miliare della letteratura per l’infanzia, accogliendo lettori di ogni età che, per difficoltà visive, neurologiche o intellettive, possono trovare inciampi più o meno grossi nel testo scritto. Un’apertura e un’attenzione che, soprattutto in tempi di censure e restrizioni (da cui lo stesso Piccolo blu e piccolo giallo non è passato indenne), portano un segnale forte di preziosa e colorata vitalità.

La baraonda di Corradino

[usr=3.5]

La generazione cresciuta con Dov’è Ubaldo? (meglio noto ai più come Dov’è Wally?) proverà di certo una sensazione familiare alla vista dell’albo La baraonda di Corradino. Le 32 pagine che compongono l’originale libro di Jan Von Holleben brulicano infatti di figure e invitano a gran voce alla ricerca di dettagli ancora non scorti.

Quello che l’autore tedesco si è divertito a fare è costruire una semplice trama e svilupparla attraverso personaggi e oggetti reali fotografati in posa, rimpiccoliti e inseriti in un contesto fotografico composto da innumerevoli altre persone e cose in movimento. Risultato: la lettura diventa una caccia minuziosa alla ladra Miss x che fugge da Tom il poliziotto o a Giusy (la cui t-shirt a righe rosse e bianche strizza l’occhio al capostipite dei personaggi-camaleonte) e Finn che scorrazzano tra scuole, strade e zoo stravaganti.

Vicenda e personaggi chiave sono condensati nelle dieci righe in quarta di copertina, il che con buona probabilità porterà il lettore a scorgerle solo una volta chiuso il libro. Tanto meglio: sarà la più intrigante delle scuse per riprendere il volume da capo e immergersi in una nuova e diversa esperienza di lettura, guidata questa volta da un canovaccio narrativo. Se c’è una cosa di cui si può star certi, infatti, è che con un libro come questo difficilmente si resta a corto di sorprese anche dopo due, cinque, dieci letture. Ci sarà sempre una giraffa fatta di bambini, un robot fatto di circuiti e scatole o un animale fatto di pinne e tessuti che acchiapperà il nostro occhio e la nostra curiosità. E sarà ancor più divertente analizzarne più a fondo i componenti nella pagina successiva, giacché il volume alterna pagine a campo largo che illustrano un ambiente con tutti i suoi elementi (la scuola, per esempio, con tanto di classi, allievi, cortile, scuolabus e zona merenda) e pagine più zoomate che rivelano minuzie di alcuni di quegli elementi (cosa contiene l’armadio di classe, come viene dipinta la cartina appesa al muro o chi ha fatto una brutta fine nella partita di basket). Un’inesauribile caccia al tesoro, insomma, che ipnotizza con umorismo.

La vera singolarità del libro sta nel fare della fotografia uno strumento espressivo estremamente creativo (come i fedelissimi di Art Attack hanno imparato da Neil il grande artista); nell’offrire possibilità variegate di lettura poiché ognuno può gustare a piacere il complesso della pagina e i suoi particolari; e nel conciliare con grande intelligenza opposti interessanti quali grandezza e piccolezza, movimento e stasi, vicinanza e distanza, frenesia e indugio: perché un silent book come La baraonda di Corradino è un gioco divertente e divertito di spazi e di tempi, che regala a cose e persone una nuova vita e che restituisce al lettore il diritto di far propria la pagina.

Mamma, anche le rondini sognano?

Un libro che ha il ritmo e e l’andamento fluido di un sogno, che procede per immagini e passa in scioltezza da un’evocazione all’altra, che sfida gli ostacoli della razionalità per esplorare le terre dell’immaginario. Ecco, Mamma, anche le rondini sognano? ha un po’ questa veste e si propone come un viaggio sospeso tra  cielo e terra, sulla scia dei pensieri, dei desideri e delle curiosità di una bambina di nome Uori. Appesa al filo di un grande e leggero cuore rosso, la protagonista si solleva sopra la città e sulle distese d’erba, tra le nuvole e in mezzo alle onde, fino a quando non fa ritorno nella sua “conchiglia con le ruote”, metafora di una disabilità motoria che il lettore nota soltanto alla fine del racconto. A quella conchiglia, che protegge e al contempo imprigiona,  le parole di Sandra Dema e le illustrazioni di Anna Curti non fanno infatti cenno fino a quando il sogno di Uori non è finito e la lettura non volge al termine, come a sottolineare che i sogni appartengono a tutti e possono donare slancio e vitalità preziosi anche a chi si scontra con barriere fisiche di vario tipo.

Quella di Mamma, anche le rondini sognano? è una lettura non semplice e immediata ma capace di avvolgere e generare sintonie tra pari ma soprattutto tra grandi e piccoli. Raffinato e rarefatto, il libro di Sandra Dema e Anna Curti chiede pazienza e silenzio, gli stessi che esige un sogno ben fatto. A muoversi tra “cuori in corsa nelle scatole di latta” e “sbuffi di panna montata” serve dimestichezza poetica e disponibilità all’ascolto, poiché sono terreni ricchissimi ma poco battuti. Le parole ben scelte e le immagini impalpabili dell’albo invitano insomma all’indugio, a “far prendere aria” ai sogni come all’immaginazione, nel cui segno ci sentiamo accomunati e determinati a dissolvere costrizioni e limiti.

 

 

 

Libri e ciambelle per Johnny

Ascoltare storie e divorare ciambelle: chi non scalpiterebbe di fronte a una prospettiva così deliziosa? Ecco perché immedesimarsi nel protagonista di Libri e ciambelle per Johnny, diventa cosa piuttosto immediata. Johnny è nella fattispecie un tenero criceto che si destreggia tra casa, scuola e biblioteca come potrebbe fare un qualunque bambino e che all’ultima pagina riesce a conciliare la sua passione smodata per letture e merende.

La sua storia, raccontata con grande semplicità da Giovanna Micaglio, è nata ed è stata largamente utilizzata con i piccoli frequentatori delle biblioteche romane all’interno di un progetto intitolato Il libro a portata di mano. L’origine artigianale giustifica le illustrazioni molto casalinghe ma non ha impedito ai curatori del lavoro di prestare un’attenzione professionale alla traduzione del testo in simboli PCS così che potesse risultare accessibile anche in caso di disturbi della comunicazione o deficit cognitivi. Il libro presenta inoltre una curiosa struttura in cui il testo tradizionalmente stampato appare capovolto in cima alla pagina di destra: un accorgimento a prima vista insignificante o al limite strambo che rivela però una destinazione d’uso precisa, all’interno di gruppi classe o gruppi di lettura, e una specifica abitudine da parte degli ideatori a fare delle letture condivise un momento agevole e piacevole. Questo stratagemma consente infatti al pubblico di godere di immagini e simboli senza costringere il lettore adulto ad acrobazie e salti mortali per leggere ad alta voce il testo.

Il risultato è un libretto piacevole da impiegare, resistente e funzionale anche al di là del contesto bibliotecario per il quale è nato. Lavori come questo, che nella stragrande maggioranza dei casi restano realizzati in copia unica presso le biblioteche che li mettono a punto, costituiscono un patrimonio estremamente prezioso per la lettura da parte di bambini con difficoltà comunicative e intellettive e meriterebbero possibilità di realizzazione in serie.

Caccia alla tigre dai denti a sciabola

Da quando Diego, personaggio burbero dal cuore di panna, ha fatto la sua comparsa nel film d’animazione L’era glaciale le tigri dai denti a sciabola godono di una fama solida e appagante. Parte quindi in discesa Il libro di Pieter Van Oudheusden, intitolato per l’appunto Caccia alla tigre dai denti a sciabola e dedicato a un mondo preistorico in cui il feroce felino fa tremare di paura intere tribù. Tra queste c’è anche quella del giovane Olun che, invitato dagli adulti a non immischiarsi nelle faccende di caccia, decide di avventurarsi da solo alla ricerca della famigerata tigre. La sua arma segreta: un misterioso sassolino bianco consegnatogli dallo stregone. Intimorito ma ben deciso a portare avanti la sua missione, Olun finisce per incontrare davvero la bestia feroce ma trova in extremis un modo originale per intrappolarla una volta per tutte. Il suo sassolino (di gesso) si rivela infatti uno straordinario e innovativo strumento da disegno che consente di immortalare l’animale esorcizzandone il potere terrificante. Da lì in avanti la passione per l’illustrazione dilaga tra i membri della tribù – bambini e adulti, uomini e donne – facendo cascare a sua volta Olun in una trappola: quella amorosa tesagli dalle bella e soprattutto furbissima Uma!

Caccia alla tigre dai denti a sciabola è un lavoro delizioso in cui si fondono una storia ben costruita, informazioni storiche accurate, piccole ma importanti ribellioni (dei giovani ma anche delle donzelle), idee di fondo interessanti sul potere dell’immagine e illustrazionii dal potere ipnotico. Le figuredi Benjamin Leroy brulicano infatti senza posa. Tratteggiate e irriverenti, costruiscono un mondo vivo intorno alla storia di Pieter Van Oudheuden invitando a sollazzarsi tra dettagli colmi di humour. Dagli animali che giocano a carte con le foglie alle iscrizioni rupestri in forma di coscia di pollo, dalle strategie di camuffamento del muflone alle illustrazioni sensuali di un gruppo goliardico di primitivi: ogni pagina è un invito a un sorriso, tanto meglio se condiviso in una lettura ad alta voce, resa peraltro più agevole dal piacevolissimo ricorso alla font maiuscola ad alta leggibilità leggimi.

L’isola di Peter pan

[usr=1,5]

Il mondo incantato descritto da Barrie, in cui trovano posto Peter Pan, la fatina Trilli, la dolce Wendy e i suoi fratelli oltre a una vasta gamma di personaggi fantasiosi inclusi Capitan Uncino e il famelico coccodrillo, non è certo facile da ridurre ai minimi termini e sintetizzare in una versione semplificata. La cooperativa rietina Puntidivista si è ciononostante cimentata nell’impresa con l’ammirevole volontà di rendere accessibile un immaginario largamente condiviso anche a chi soffre di disturbi dello spettro autistico.

Inserito all’interno della collana “Libreria magicaa”, L’isola di Peter Pan si rivolge perciò, prima di tutto, a bambini con difficoltà di comunicazione e decodifica del testo scritto. Fortemente ridotta, sia nel contenuto che nell’espressione, la storia dell’eterno fanciullo prende forma attraverso i simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA – da cui il titolo della collana).

I libretti che compongono la serie sono compatti e resistenti, stampati con colori brillanti su carta plastificata. All’interno dei simboli il testo è maiuscolo per venire incontro alle esigenze di giovani lettori alle prime esperienze e il riquadro dei simboli cambia colore a seconda che si tratti di sostantivi, verbi o altre parti del testo. Tasto dolente sono senz’altro le immagini che corredano il testo: nelle intenzioni sufficientemente semplici da agevolare la lettura in caso di difficoltà, nei risultati eccessivamente spoglie, amatoriali e poco accattivanti.

All’interno del volume sono inserite anche tutte le illustrazioni in formato cartolina e in bianco e nero che i lettori possono autonomamente colorare. Ad esso è inoltre possibile unire, con acquisto separato (3,80 €), una confezione contenente tutti i simboli impiegati per raccontare la storia, utilizzabili per prendere familiarità con il codice simbolico e per giocare a ricostruire la vicenda: una semplice ma utile idea per prolungare il piacere e le possibilità di arricchimento della lettura.

Il ballo di Cenerentola

[usr=1,5]

Insieme a Biancaneve, Peter Pan e Pollicino anche il personaggio di Cenerentola approda tra le pagine in simboli della cooperativa Puntidivista.

Inserito all’interno della collana “Libreria magicaa”, Il ballo di Cenerentola si rivolge prima di tutto a bambini con difficoltà di comunicazione e decodifica del testo scritto. Raccontata attraverso frasi brevi e un lessico semplificato (per esempio si rinuncia alla figura della matrigna in favore di quella di una più generica cattiva signora), la storia della povera figliastra che riesce ad andare al ballo del principe e a farlo innamorare, prende forma attraverso i simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA – da cui il titolo della collana).

I libretti che compongono la serie sono compatti e resistenti, stampati con colori brillanti su carta plastificata. All’interno dei simboli il testo è maiuscolo per venire incontro alle esigenze di giovani lettori alle prime esperienze e il riquadro dei simboli cambia colore a seconda che si tratti di sostantivi, verbi o altre parti del testo. Tasto dolente sono senz’altro le immagini che corredano il testo: nelle intenzioni sufficientemente semplici da agevolare la lettura in caso di difficoltà, nei risultati eccessivamente spoglie, amatoriali e poco accattivanti.

Al volume sono allegate, staccabili, tutte le illustrazioni in bianco e nero che i lettori possono autonomamente colorare.

La mela di Biancaneve

[usr=1,5]

Tra gli sparuti libri in simboli che il mercato italiano mette a disposizione, sono diversi quelli che attingono al patrimonio di fiabe tradizionali. Causa principale è la difficoltà a ottenere il permesso di tradurre in un codice dalle esigenze piuttosto rigide testi coperti da copyright. Allo stesso modo giocano un ruolo fondamentale l’essenzialità e il carattere asciutto di questo particolare tipo di narrazione, che ben si presta ad una traduzione in simboli. Così accade che, pur nella generale penuria di titoli in CAA, della stessa fiaba possano nascere versioni differenti. È il caso di Biancaneve, che dopo aver trovato posto nel catalogo di Uovonero, viene ripresa e adattata anche da Puntidivista.

Inserita all’interno della collana “Libreria magicaa”, La mela di Biancaneve si rivolge prima di tutto a bambini con difficoltà di comunicazione e decodifica del testo scritto. Raccontata in forma semplice, attraverso frasi brevi e non troppo articolate, la storia della fanciulla avvelenata e dei sette nani, prende forma attraverso i simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA – da cui il titolo della collana).

I libretti che compongono la serie sono compatti e resistenti, stampati con colori brillanti su carta plastificata. All’interno dei simboli il testo è maiuscolo per venire incontro alle esigenze di giovani lettori alle prime esperienze e il riquadro dei simboli cambia colore a seconda che si tratti di sostantivi, verbi o altre parti del testo. Tasto dolente sono senz’altro le immagini che corredano il testo: nelle intenzioni sufficientemente semplici da agevolare la lettura in caso di difficoltà, nei risultati eccessivamente spoglie, amatoriali e poco accattivanti.

All’interno del volume sono inserite anche tutte le illustrazioni in formato cartolina e in bianco e nero che i lettori possono autonomamente colorare. Ad esso è inoltre possibile unire, con acquisto separato (3,80 €), una confezione contenente tutti i simboli impiegati per raccontare la storia, utilizzabili per prendere familiarità con il codice simbolico e per giocare a ricostruire la vicenda: una semplice ma utile idea per prolungare il piacere e le possibilità di arricchimento della lettura.

Il gatto carboncino

[usr=1,5]

 

Quella del gatto Carboncino è una storia semplice con protagonisti un bambino e un micio. Il primo trova il secondo per strada, gli si affeziona, lo porta a casa, viene sgridato dalla mamma che non vuole animali in casa ma che finalmente si ricrede quando il nuovo arrivato fa scappare uno sgradito topo.

Lo sviluppo lineare, la presenza di un numero molto contenuto di personaggi e il ricorso a testi elementari rende abbordabile la comprensione dei fatti, anche in presenza di difficoltà cognitive o di decodifica del testo. In entrambi i casi, risultano di supporto i simboli impiegati dalla casa editrici per raccontare la storia e ispirati al sistema WLS (Widgit Literacy Symbols). Il volume rientra non a caso all’interno della collana Libreria magicaa che ricorre all’utilizzo della Comunicazione Aumentativa e Alternativa per offrire occasioni di lettura fruibili anche in caso di disturbi della comunicazione.

Il volume de Il gatto carboncino si presenta maneggevole e robusto, grazie alle pagine spesse e  plastificate. Di minore qualità, invece, le illustrazioni che corredano regolarmente il testo. Benché utili nell’agevolare la comprensione del testo, non spiccano infatti per personalità e attraenza.

 

La piscina

 

Tuffatevi! Ora, a bomba, senza timore e con tanto di spruzzi. Tuffatevi e trattenete il respiro, quest’albo da sogno firmato da Ji Hyeon Lee chiede a gran voce, ma senza parole, una bella immersione. Il pennello sofisticato della giovane autrice coreana va proprio in profondità per svelare al lettore audace quali meraviglie gli riserva l’oltre: quell’oltre che tanti non hanno tempo, voglia e intenzione di esplorare; quell’oltre che qui prende la forma di una piscina in cui si può decidere se immergersi vivamente o sguazzare banalmente in superficie.

I due protagonisti non hanno dubbi: immergersi a più non posso e così scoprire creature fantastiche, fondali a labirinto e mostri minacciosi ma anche individui a noi simili con cui nuotare e spartire il piacere della sorpresa.

La piscina è insomma un albo gourmand, una millefoglie letteraria da gustarsi strato a strato. Ciascuno vi trovi il suo gusto, il suo significato, il suo sapore: che sia quello di un divertimento condiviso, di una sfida alle convenzioni, di un inno al coraggio di vedere oltre. In ogni caso sarà un assaggio appagante e quasi quasi vi verrà voglia di fare il bis.

Storia di retta

La semplicità che anima Storia di retta è a dir poco strabiliante: sulle pagine a fisarmonica di questo nuovo libro curato da L’albero della speranza si muove infatti un filo banalissimo ma capace di attivare percorsi fantastici. Protagonista del racconto è una retta indomita e curiosa che si scatena in un susseguirsi senza posa di movimenti, emozioni, garbugli, azioni. Da piatta essa si fa infatti ondulata, a zig zag, a scale, a spirale e chi più ne ha più ne metta ascoltando l’istinto del momento, la voglia di cambiare, l’istinto di scoprire.

La sua è un’avventura, come suggerisce il titolo giocoso, non solo di retta ma anche diretta perché immediata, essenziale e facile da seguire anche da parte di chi esplora la pagina solo con le dita. E in questo senz’altro la forma insolita del volume, che consente un continuum illustrativo senza soluzioni di continuità, non è solo accattivante e piacevole a vedersi e maneggiarsi ma anche funzionale a favorire l’esplorazione tattile.

Un libro come questo, che solletica la fantasia con pochissimi elementi, è garanzia di piccole escursioni immaginative che colmano di soddisfazione proprio perché a misura di bambino e di dito inesperto. Storia di retta costituisce perciò un esperimento della casa editrice eporediese molto ben riuscito dal punto di vista tecnico oltre che molto felice nel contenuto. Alla fine della lettura, si chiude infatti la fisarmonica convinti che – parafrasando Munari – se nasci retta, non è detto che resti tale tutta la vita!

La mia coperta

Coperte e copertine spiccano in cima alla classifica degli oggetti più rassicuranti. Linus docet. Calde e confortanti, la trapuntine popolano alcuni tra i momenti più intimi e sereni della giornata dei bambini. Ecco perché il libro tattile di Silvia Sopranzi, che a quest’oggetto e alle sue molteplici declinazioni è interamente dedicato, va a pescare tra le esperienze più familiari e condivisibili da lettori con disabilità visiva e non.

In una rassegna precisa e curata, le pagine del libro invitano ad esplorare diversi tipi di  coperte – quelle da sonnellino e quelle da picnic, quelle di lana e quelle a pois, quelle sotto cui ci si nasconde e quelle da personalizzare con etichette e bottoni. Della stessa forma ma di materiali diversi, ben scelti e facilmente riconoscibili, le copertine presentate da Silvia Sopranzi richiamo alle dita, agli occhi e alla mente piccole gioie quotidiane. Ad ognuna infatti si lega un’esperienza a misura di bambino, conosciuta e gioiosa, così da trasformare una morbida carrellata di oggetti in una toccante rassegna emotiva.

Vincitore come miglio libro tattile italiano al concorso “Tocca a te” del 2013, La mia coperta è stato messo a punto nella sua versione definitiva dalla Federazione Nazionale Delle Istituzioni Pro Ciechi e  inserito all’interno della collana “Sotto a chi tocca”.

Il pianeta degli alberi di Natale

Ci sono libri di Natale che vanno bene tutto l’anno, anche molti anni dopo la loro pubblicazione. Il pianeta degli alberi di Natale è uno di questi perciò il fatto che sia da poco uscita una sua versione in formato audiolibro è senz’altro una bella notizia. Arricchito dalla voce di Angela Finocchiaro, il racconto di Rodari è disponibile su Cd mp3 o scaricabile direttamente dal sito della Emons.

La storia è quella di un bambino di nome Marco che si ritrova su di un pianeta fantastico retto da regola del tutto dissimili a quelle terrestri, basate sulla solidarietà, sulla gentilezza e sul rispetto degli altri abitanti. Finitoci quasi per caso, in sella a un cavallo a dondolo inizialmente indesiderato, Marco scopre nel Pianeta degli alberi di Natale una terra dalla quale,  tanto cinquant’anni fa come ora, tutti avremmo tanto da imparare.

In pieno stile rodariano, con una morale chiara e distinta, il racconto fa parte di una bella selezione di opere dell’autore di Omegna rese ora accessibili in formato audio anche a tutti quei lettori che per difficoltà visive o dislessia faticano  seguire il testo scritto. Tra queste anche Favole al telefonoFilastrocche in cielo e in terra o Il libro degli errori.

Favole al telefono

Favole al telefono ma anche – perché no –  all’autoradio, al lettore cd o al lettore mp3: perché la tecnologia avanza ma le buone storie, per fortuna, restano. Dopo le numerose edizioni cartacee della raccolta fantastica di Rodari, è disponibile ora anche una versione audio pubblicata da Emons.

Quale testo più di questo, in cui un papà racconta a distanza e ad alta voce le favole della buonanotte alla figlia, vale la pena trasformare in audiolibro? La voce esperta ed espressiva di Claudio Bisio rende egregiamente lo spirito ironico e divertito del distratto che passeggia, della donnina che conta gli starnuti o del topo dei fumetti: tutti personaggi che a stento dimostrano i loro cinquant’anni suonati.

Questa nuova versione delle Favole al telefono è una preziosa occasione di scoperta e condivisione di un patrimonio letterario davvero attento all’infanzia, anche da parte di chi sperimenta difficoltà di lettura. Ben vengano dunque gli altri titoli rodariani usciti tra il 2014 e il 2015 come Il pianeta degli alberi di Natale, Filastrocche in cielo e in terra o Il libro degli errori.

Flora e il pinguino

In Flora e il pinguino, titolo, personaggi, uso del colore, atmosfere e idea di fondo richiamano apertamente Flora e il fenicottero. Come nel primo silent book firmato da Molly Idle e uscito per Gallucci nel 2013, anche qui c’è una bambina tutto pepe alle prese con uno sport pieno di grazia e con una nuova insolita amicizia.

Dopo l’incontro danzerino con il fenicottero, la protagonista incappa qui in un elegante pinguino dalle movenze leggiadre. Tra i due scatta all’istante un sodalizio e una performance a due: sui pattini lei, sulle zampette lui. Le prime pagine sono perciò tutte una giravolta, uno slancio, un salto: con un’armonia senza pari di colori, linee e movenze i due atleti compongono una coreografia davvero buffa e raffinata.

E qui l’autrice si e ci diverte da matti, con quella sua abilità strepitosa di esaltare simmetrie e giochi di sguardi, anche grazie all’intramontabile meccanismo delle alette. La sua capacità di trovare delle insospettabili somiglianze tra il mondo degli umani e il mondo naturale, poi, genera stupore, diletto e piacere narrativo. Sicché, ci si tuffa con gioia in una successione di pagine ben costruite con pochi elementi e tonalità ma molta attenzione per i dettagli, i cambiamenti e le espressioni, condividendo la piccola baruffa che verso la fine coinvolge personaggi e l’ingegnosa soluzione che trovano per superarla. Si riemerge così, dopo un gran finale degno di Carolina Kostner, forti dell’idea che incomprensioni e bronci siano affare quotidiano ma che sorrisi e piroette siano decisamente da preferirsi.

I cinque malfatti

“Erano cinque. Cinque cosi malfatti.” Bastano cinque parole (guarda un po’, tante quanti i malfatti stessi!), per spalancare le porte all’invenzione. In cinque parole e una doppia pagina Beatrice Alemagna ci catapulta in un mondo in cui la stramberia impazza. Qui i protagonisti sono talmente insoliti che meglio di “cosi” non si possono definire: uno è bucato, uno è molle, uno è a pieghe, uno è capovolto e uno è così malfatto che assomma su di sé un grande mucchio di stranezze. E le illustrazioni dell’autrice, forti di quel mix così esplosivo e caratteristico di disegno e collage, regalano a questi cinque personaggi forme memorabili e surreali.

Quello dei cinque malfatti è un mondo brioso e sorridente in cui ci si sollazza ciondolando per casa (una casa sbilenca, casomai ci fosse bisogno di dirlo!) e sfidandosi in una gara all’ultima imperfezione. La vita qui è un inno all’ozio, alla diversità e all’autoironia: perché quando si sanno riconoscere i propri difetti e si impara come scherzarvi su, le rispettive diversità diventano occasione di confronto e diletto. Chi entra nella casa dei cinque malfatti conosce la differenza tra ridere di qualcuno e ridere con qualcuno: quella differenza, neanche tanto sottile, che separa il divertimento dallo scherno. Perché il primo funziona solo se tutti si mettono in gioco.

Ma il gioco, il difetto, il divertimento fine a se stesso sono del tutto estranei al tipo straordinario che, con la sua bella capigliatura e tutte la parti del corpo al loro posto, piomba un giorno nella dimora dei malfatti pretendendo di dare loro lezioni di vita. Per lui ci va assolutamente un progetto, ma quei corpi così mal assortiti gli paiono poco idonei a sviluppare idee. Totalmente inutili, in definitiva. A dispetto dei suoi perfettissimi principi, i cinque malfatti rivendicano però la loro straordinaria utilità: nel far passare la rabbia attraverso i buchi, nel conservare i ricordi tra le pieghe, nel vedere le cose da prospettive insolite e nel gioire di insoliti successi (o nel sapere fare pisolini in condizioni estreme. Per me, il migliore in assoluto!). E forti di un personale e condiviso orgoglio riprendono con sollievo la loro vita di sempre.

Il libro, vincitore non a caso di numerosissimi premi tra cui quello attribuito dalla giuria di esperti di Liber, porta nella testa del lettore una ventata di squisita e onesta leggerezza. L’attenzione appassionata dell’autrice per i dettagli nelle illustrazioni (anche l’imperfezione richiede cura!) e per il ritmo del racconto suscitano sana curiosità e autentico divertimento. A sbagliare le storie, ce lo ha insegnato Rodari, non sempre si ha da perdere. E a sbagliare i personaggi, state pur certi, il risultato è identico!

Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno (CAA – semplificata)

Parola d’ordine: versatilità! Il principio che ispira il lavoro della cooperativa rietina Puntidivista è proprio che ogni bambino possa accedere a una medesima storia attraverso la via che gli è più congeniale, perché esistono modi diversi di raccontare le storie e modi diversi di goderne. Attraverso versioni differenziate, che sfruttano molteplici codici come la Lingua Italiana dei Segni o i simboli WLS, molteplici supporti come il libro cartaceo o i DVD, e molteplici forme di narrazione, orale o scritta, i libri di Puntidivista abbracciano un pubblico che vuole essere il più ampio possibile.

L’idea e l’iniziativa sono degne di interesse e di nota soprattutto perché si tratta di un primissimo originale tentativo di proporre un grado di accessibilità davvero esteso che non guardi alle esigenze imposte da un solo tipo di disabilità ma che, al contrario, scelga la strada della varietà. Le storie sono scritte ad hoc e corredate da illustrazioni casalinghe. Apripista, in questo progetto, sono le avventure di due personaggi – Dino detto Lampadino e Nella detta Caramella -: due fratelli che, attraverso un misterioso passaggio segreto nel parco arrivano in un mondo fantastico popolato da animali parlanti.

In Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno, i due bambini aiutano Zampacorta, il figlio del re del Magiregno, a trovare le api arcobaleno, catturate secondo il dire comune, da malvagie creature che abitano la Grotta dei mille Orsi Feroci. Nonostante le temibili premesse i ragazzi decidono di intraprendere una spedizione di ricerca delle api, scortati dalla guardia reale, l’elefante Sansone.  Sarà la loro capacità di andare oltre pregiudizi ed apparenze a permettere di scoprire che gli Orsi della grotta sono tutt’altro che feroci e che le api si sono spontaneamente trasferite in quello che pare essere un luogo paradisiaco.

La storia, che come nel primo episodio è caratterizzata da una messaggio educativo marcato ed esplicito, viene raccontata in questa versione riducendo e semplificando il testo rispetto all’originale e ricorrendo all’uso dei simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa, così da venire incontro alle esigenze di giovani lettori con disturbi della comunicazione e con autismo. Gli interventi effettuati dagli autori sono in questa versione piuttosto marcati così da offrire un risultato decisamente più essenziale, facile da seguire e in definitiva adatto a chi fatica a seguire storie lunghe, non ha grossa dimestichezza con i simboli e la lettura e sperimenta difficoltà di comunicazione e attenzione significative. Altr due versioni in simboli, una ridotta e l’altra estesa, sono altresì rese disponibili dall’editore in modo da venire in contro a gradi di esperienza e competenze di lettura diverse.  La stessa storia è inoltre disponibile in una versione standard, semplicemente scritta in italiano e illustrata, cui si unisce un DVD con il video racconto il LIS che agevola la comprensione da parte di lettori sordi segnanti.

Album per i giorni di pioggia

Può l’ultimo giorno di vacanza suscitare gioia e diventare, tra tutti, il giorno più bello dell’anno? Verrebbe da dire di no ma il protagonista di Album per i giorni di pioggia è pronto a smentire noi tutti. L’ultimo giorno di vacanza coincide infatti con il suo compleanno e fa rima quindi con corona di carta, candeline, torta e famiglia. Quest’anno ancor di più, perché lo zia Ramon ha portato un dono davvero speciale, capace di rendere indelebile un momento tanto felice. Uno, due tre, click: armato della sua nuova macchina fotografica rosso fiammante, il festeggiato non perde tempo e trasforma una giornata potenzialmente malinconica in una collezione di attimi felici da ricordare.

Seguendo il sempreverde insegnamento di Federico, il topo di Lionni che metteva da parte raggi di sole per l’inverno, il protagonista del libro di Torrent raccoglie e immortala momenti preziosi – una corsa con gli aquiloni, una moltitudine di bolle di sapone, un tuffo tra le onde o un salto sul molo – attività spensierate che diventeranno ossigeno e sorrisi quando le attività frenetiche della brutta stagione prenderanno il sopravvento. Ciò che le rende così speciali è il fatto che siano condivise con le persone più care con la leggerezza che solo una vacanza ormai agli sgoccioli può riservare. Il libro omaggia cioè il piacere delle piccole cose, rese straordinarie da coloro con cui vengono vissute.

C’è insomma una nota malinconica tra le pagine di quest’albo, una sorta di presentimento di ciò che verrà da lì a poco, sottolineato da toni ambrati, crepuscolari, prediletti dall’autore nelle illustrazioni. D’altra parte, però, l’ottimismo finisce per avere la meglio, forte della consapevolezza che in qualche modo siamo quello che ricordiamo.

Che c’entra però la disabilità con questo quadro? C’entra nella maniera migliore possibile! Senza che il testo dica nulla, le immagini ci mostrano un protagonista in sedia a rotelle: la disabilità trova posto cioè senza esasperazioni, strepiti, messaggi a effetto o lezioni pedagogiche. Essa figura come un dettaglio tra tanti che influenza certi aspetti della vita (come il modo di correre nel vento, l’altezza da cui si scattano le foto o la maniera di godersi un bagno in mare) senza comprometterne l’essenza (come il piacere di vivere e registrare quei momenti, l’affetto dei cari, il sorriso di fronte al bello di una giornata di sole). Un albo come questo, che sfrutta al meglio le peculiarità del genere facendo dire a testo e immagini cose complementari, lascia delle piccole e discrete tracce di riflessione rispetto alla disabilità, che solo l’occhio attento registra, portando con naturalezza e quasi senza accorgersene la mente a realizzare che l’emozione di un abbraccio tra fratelli, il divertimento di un gioco in spiaggia, la gioia di uno spruzzo marittimo sono  piaceri condivisibili che ci avvicinano straordinariamente.

Visioni nuove della disabilità e dell’inclusione vengono proprio dalle lenti precise e dagli obiettivi potenti che libri come Album per i giorni di pioggia montano sui nostri occhi, come fossero macchine fotografiche. Parole ben scelte e illustrazioni portentose, ricche di inquadrature particolari e prospettive insolite, come quelle di Dani Torrent sono ciò di cui necessitiamo per guardare alla realtà con lo sguardo illuminato di un buon fotografo, che è ben altra cosa da quello piatto di chi, semplicemente, scatta fotografie.

Arturo colleziona mostri

C’è chi colleziona cartoline, francobolli, orologi. E poi c’è chi, come Arturo, colleziona mostri: mostri che servono a sconfiggere le paure perché una volta disegnati le fanno dissolvere. Come il Papestrega, per esempio, che una volta messo su carta fa volatilizzare la paura degli animali col becco. E come lui tanti altri, riportati fedelmente dal protagonista che apre ai lettori la sua personalissima raccolta. Fino a un’ultima pagina, lasciata vuota affinché paure ancora in agguato possano trovare un adeguato mostro che le sconfigga a suon di matite colorate.

Arturo colleziona mostri è un libro insolito per molti aspetti. Perché parte dall’esperienza reale di un ragazzo con autismo e diventa una storia fantastica che parla all’immaginazione ma che allo stesso tempo non smette di parlare di cose vere. Perché trova nei disegni di quello stesso ragazzo le illustrazioni per dare forma al racconto. Perché mette insieme generale e particolare, personale e universale, in un modo stranamente semplice ed efficace. Perché è prima di tutto un libro sulle paure ma è poi anche un libro sull’autismo e assume questa sfumatura soprattutto una volta letta la storia di Antongiulio Preziosa sul risvolto di copertina.

Versatile e d’impatto, il libro si presta non solo a una lettura piacevole ma anche un lavoro di condivisione e riflessione che prosegua oltre l’ultima pagina. In esso si trovano molti atteggiamenti tipici dei bambini autistici e sovente difficili da raccontare ai compagni, si trovano timori singolari e timori comuni, si trovano ingegnose soluzioni per superarli. Al centro, l’idea che per poter sconfiggere una paura occorra poterla visualizzare, riconoscere e nominare altrimenti resta troppo astratta e inafferrabile.

Tutto giocato sul rovesciamento, il libro trasforma i mostri in strumenti di serenità e restituisce al protagonista, così come a chi, in modo analogo, appare strano e diverso per via di atteggiamenti insoliti, un’umanità e un’abilità spesso negate. Le paure del tutto condivisibili e le illustrazioni molto espressive contribuiscono infatti ad avvicinare, dare valore e rendere meno enigmatico qualsiasi Antongiulio entri in qualche modo a far parte della nostra vita. Lo fanno in maniera molto semplice, senza velleità artistiche mirabolanti. Sta proprio nella naiveté, infatti, la forza originale di questo libro.

I colori

Le scoperte di Bebo e Bice, ovvero un lombrico rosa e una pulce blu all’assalto della scienza. Quella di Editoriale Scienza è una collana per bambini in età prescolare davvero molto curiosa.

Protagonisti sono Bebo e Bice, due intrepidi esploratori che si imbattono ad ogni episodio in curiosi fenomeni, indagati e spiegati grazie a semplici e replicabili esperimenti scientifici.

I libretti che racchiudono le scoperte di Bebo e Bice sono amichevoli nell’aspetto e nei contenuti: oltre a spiegare i principi scientifici in maniera molto concreta e comprensibile, questi prediligono infatti  testi brevi e interamente basati su dialoghi chiaramente attribuiti, una stampa in maiuscolo che facilita i lettori alle prime armi e alcune caratteristiche di alta leggibilità (come un font pulito e senza grazie e un’ampia spaziatura) che sorridono anche ai giovani lettori dislessici (magari ancora inconsapevoli).

Ogni volume presenta una struttura riconoscibile in base alla quale un problema in cui i due protagonisti incappano per caso viene risolto e spiegato grazie a un semplice principio scientifico, saggiabile dal lettore grazie a un esperimento suggerito. E’ possibile proseguire la lettura e la scoperta empirica trattata da ogni libretto grazie a una serie di video caricati dall’editore sul suo canale Youtube : un modo interattivo e accattivante per stimolare l’interesse scientifico e per amplificare gli stimoli lanciati dalla storia.

Nell’episodio intitolato I colori  i due protagonisti aiutano il contadino Severino a far tornare una zucca spuntata gialla del suo colore corretto. Dopo aver per sbaglio colorato la zucca di blu con dei mirtilli, Bebo e Bice scoprono che, mescolandosi, i colori ne formano di nuovi. Per realizzare l’esperimento suggerito per comprendere il fenomeno bastano davvero pochi oggetti a misura di bambino: acqua, carta crespa e bicchieri. Come possono dunque fare i lettori, anche Bebo e Bice imparano che mescolando giallo e blu si ottiene il verde e risolvono così il problema di Severino. A proposito di colori e di significato che possono recare con sè: i protagonisti della serie, Bebo e Bice, sono rispettivamente rosa e blu e portano questi colori con grande naturalezza. Questo, unito al fatto che entrambi manifestano uno spiccato interesse scientifico e che non si dividono i ruoli  in base a presunte predisposizioni  (entrambi fanno gli esperimenti, entrambi,  a turno, sono responsabili delle scoperte scientifiche, entrambi fanno giochi avventurosi o vestono  i panni del fruttivendolo…), fa della serie un preziosissimo strumento a misura di bambino anche per promuovere la parità e combattere gli stereotipi di genere, senza manifeste e pesanti intenzioni pedagogiche.

La catapulta

Le scoperte di Bebo e Bice, ovvero un lombrico rosa e una pulce blu all’assalto della scienza. Quella di Editoriale Scienza è una collana per bambini in età prescolare davvero molto curiosa.

Protagonisti sono Bebo e Bice, due intrepidi esploratori che si imbattono ad ogni episodio in curiosi fenomeni, indagati e spiegati grazie a semplici e replicabili esperimenti scientifici.

I libretti che racchiudono le scoperte di Bebo e Bice sono amichevoli nell’aspetto e nei contenuti: oltre a spiegare i principi scientifici in maniera molto concreta e comprensibile, questi prediligono infatti  testi brevi e interamente basati su dialoghi chiaramente attribuiti, una stampa in maiuscolo che facilita i lettori alle prime armi e alcune caratteristiche di alta leggibilità (come un font pulito e senza grazie e un’ampia spaziatura) che sorridono anche ai giovani lettori dislessici (magari ancora inconsapevoli).

Ogni volume presenta una struttura riconoscibile in base alla quale un problema in cui i due protagonisti incappano per caso viene risolto e spiegato grazie a un semplice principio scientifico, saggiabile dal lettore grazie a un esperimento suggerito. A breve, inoltre, sarà possibile proseguire la lettura e la scoperta empirica trattata da ogni libretto grazie a una serie di video caricati dall’editore sul suo canale Youtube: un modo interattivo e accattivante per stimolare l’interesse scientifico e per amplificare gli stimoli lanciati dalla storia.

Nell’episodio intitolato La catapulta i due protagonisti si trovano a fronteggiare una situazione di pericolo causata dal forte vento: Bice resta infatti intrappolata in mezzo allo stagno senza riuscire più a tornare a riva. Dopo aver inutilmente tentato di lanciarle un ramo da usare come remo, Bebo e il ragno Amedeo scoprono che grazie al principio della catapulta possono lanciare il ramo molto più distante, fino a raggiungere Bice. L’esperimento suggerito per comprendere il fenomeno è semplice e divertente: con un cucchiaio di legno, una gomma e una pallina di carta è possibile infatti costruire una catapulta perfettamente funzionante.

Insieme più speciali

I colori di Annalisa Beghelli con cui Insieme più speciali accoglie il lettore sono una vera festa per gli occhi e un invito stuzzicante ad andare oltre la copertina. Invito sincero e affidabile: la promessa di incanto non viene infatti delusa, quando si inizia a voltare le pagine dell’albo. Popolate da vivacissimi animali più o meno selvaggi, queste offrono una cornice dal sapore batik che accende la curiosità e trasporta in un altrove esotico avvolgente.

Qui il lettore si confronta con la variegata cricca del giaguaro. Il felino e i suoi amici, di ritorno da una festa in maschera, si confidano tra loro raccontando debolezze e desideri di ciascuno. Sono solo parole malinconiche, le loro, fino a quando il saggio gufo non aiuta tutti quanti a mettere a fuoco che dietro o a fronte di una debolezza si può scoprire una ricchezza e che la collaborazione può aiutare ciascuno a migliorare e sentirsi bene con sé stesso. Sarà così, grazie al lavoro di squadra, che il giaguaro e la lucertola potranno per esempio tornare ad avere delle macchie brillanti ouna coda lunga: magari più fragili e meno perfetti di come immaginati ma comunque utili e importanti.

A raccontare tutto questo, con la misura e la raffinatezza consuete, sono le parole di Beatrice Masini: scelte e combinate con cura, queste cantano il coraggio di essere se stessi, di provare ad aggiustare ciò che fa soffrire chi ci sta accanto, di unire le forze per fare della solidarietà un’arma potente contro la rassegnazione e l’indifferenza. Il libro, che richiama alla memoria volumi bellissimi più e meno recenti – da La cosa più importante di Antonella Abbatiello a Chi vorresti essere? di Arianna Papini -, si spinge oltre la valorizzazione della differenza e dell’unicità di ciascuno, per sollecitare un atteggiamento attivo e collaborativo che migliori le condizioni di un singolo e di una collettività. Insieme più speciali nasce infatti per dare voce alla realtà di bambini colpiti da malattie rare e per sottolineare la necessità, pratica ed etica, di raccontarle, studiarle e curarle anche se i numeri e i ritorni economici direbbero il contrario.

Il barbaro

Il barbaro, silent book fresco di stampa firmato dal brasiliano Renato Moriconi (autore di un altro curatissimo senza parole, Telefono senza fili), è come quel gelato che andava tanto di moda negli anni ’90, quello che “du gust is megl che one”. Perché lettura e rilettura hanno qui due sapori diversi ma ugualmente ghiotti, e a leggere e poi rileggere il libro si gode di un piacere davvero variegato.

Ma andiamo con ordine. Il libro, stretto stretto e alto alto, ci mostra in prima battuta un fiero cavaliere pronto a saltare in groppa al suo destriero. Ci pare impavido e imperturbabile, il prode, che con fare ardito va incontro al suo destino. Da lì in avanti è tutto un montare e scendere, in un susseguirsi di lotte e combattimenti contro rapaci agguerriti, piante carnivore, serpenti sibilanti e mostri di ogni sorta. Con ritmo cadenzato e immutabile imperturbabilità, il protagonista figura ora a piè di pagina e ora in cima, in una battaglia che si rinnova ad ogni pagina. Solo a fine lettura, in un colpo di scena da vero maestro, questo movimento altalenante troverà la sua insospettabile ragione. Ed è proprio a quel punto che tutti i pezzi della narrazione si ricompongono, trovando un nuovo senso e trascinando il lettore in una rilettura nuova, consapevole, disincantata.

Piccolo gioiello di tecnica, grafica e racconto, Il barbaro sa proporre una lettura appassionante e divertente per i più piccoli, che sono chiamati a prestare la loro voce ad avventure pazzesche, ma sa anche stupire i grandi, con una raffinata strizzata d’occhio a Suzy Lee e a quella sua Trilogia del Limite in cui tanta importanza narrativa assumono il silenzio e il confine tra pagine adiacenti e tra realtà e invenzione.

In linea

Parola d’ordine: minimalismo. Anche in questo silent book firmato Jimi Lee essenzialità e linee pulite la fanno da padroni. Come già in Un pianeta che cambia, anche In linea Jimi Lee fa del togliere il suo principio ispiratore, lasciando campo libero a figure nette ed essenziali.

Non ci sono parole a popolare le poche e robuste pagine di questo albo, ma una serie di illustrazioni unite da una comune linea orizzontale posta al centro. Proprio quella linea diventa il filo conduttore di una narrazione per sole immagini che procede leggera e impalpabile come un’associazione di idee. Così da un’altalena si può rapidamente passare a un cheeseburger e da qui a degli spaghetti di soia, a un tuffo in piscina e a una scrivania sgombra. Fino ad arrivare a una trave su cui una ginnasta spicca un salto leggiadrissimo. Un salto e via, verso nuovi pensieri e nuove trovate.

Grazie a questa costruzione priva di parole, il libro risulta accessibile anche a lettori che, per ragioni diverse, fanno a pugni con il testo scritto. La sua rinuncia a fronzoli e dettagli, poi, contribuisce a sua volta a fare di ogni pagina un rinnovato invito a scoprire, stupire, inventare. Quante nuove cose riuscireste a rappresentare a partire da una sola linea dritta?

Voglio tutto rosa

Vestiti, giocattoli, oggetti e desideri della coniglietta Emma hanno una caratteristica comune: sono tutti, rigorosamente, rosa. Dallo spazzolino alla bicicletta, dai calzini agli alberi immaginati, tutto ha un che di confetto nel mondo della protagonista di Voglio tutto rosa. Fino a quando in una rosa giornata di un rosa compleanno, un invitato non arriva con regalo rosa fuori ma verde dentro. Sorpresa! Dopo un attimo di smarrimento Emma scopre che tonalità diverse possono rivelare un buon sapore e che i colori cui prestare attenzione sono prima di tutto quelli degli affetti.

Voglio tutto rosa è un albo semplice – nelle parole, nelle illustrazioni e nella trama – ma proprio per questo capace di piantare semini di curiosità nei guardaroba monocromatici e aprire sguardi socchiusi alla bellezza di un mondo in multicolor. Stampato con la font Leggimiprima, appositamente messa a punto della Sinnos insieme all’università di Camerino per risultare più leggibile, il volumetto ha un robusto formato quadrato e un piacevole aspetto grafico.

Al mare – Primi segni

Collana Primi segni

Che leggere ad alta voce fin dai primi mesi di vita sia fondamentale per la crescita del bambino è fatto ormai assodato, così come instancabilmente ricordato e promosso da Nati per Leggere. Ma che leggere “a chiari segni” sia altrettanto importante per bambini piccoli sordi è cosa meno evidente e diffusa. Eppure se l’auspicio è che anche chi non percepisce i suoni che compongono storie e poesie possa imparare a godere del loro succo immaginifico, è necessario che quanti più libri accessibili si rendano disponibili fin dalla più tenera età.

Ecco perché la pubblicazione della collana Primi segni, proposta dalla cooperativa romana Il treno, è una notizia non lieta ma lietissima. In un colpo solo 8 libretti cartonati, quadrati e resistenti, si offrono a piccole mani curiose. Sono pagine che si sfogliano (facilmente perdipiù!) e porte che si aprono: piccole occasioni per incontrarsi, per condividere, per comunicare. Ogni libretto ha un tema – dai giochi alla tavola, dai vestiti alla città – che rispetta l’esperienza reale e quotidiana del bambino.

Senza pretese letterarie ma con una forte motivazione inclusiva, la collana nasce su iniziativa di una mamma che ha immaginato l’utilità di libricini che raccogliessero oggetti, parole e segni, così da agevolare l’avvicinamento dei figli sordi al testo scritto e alla lingua segnata. I libri sono pensati infatti per la fascia di età 0-3 anni: il periodo in cui i bambini in generale iniziano a nominare il mondo che li circonda e in particolare i bambini con disabilità uditiva iniziano a segnare gli oggetti che lo compongono. Un’esigenza concreta e fortemente avvertita è dunque alla base di questo lavoro, nato grazie a una serie di sponsor ma anche grazie a un progetto di crowdfunding che ha visto la vendita di un centinaio di copie prima ancora che fossero prodotti.

La realizzazione della collana ha seguito un lungo percorso in cui sono stati coinvolti diversi partner, primo fra tutti il Laboratorio di Ricerca Language and Communication Across Modalities (LaCam) dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR che ha contribuito alla scelta dei vocaboli più significativi, utili e riconoscibili da inserire all’interno di ogni volume. Le illustrazioni sono state invece realizzate da disegnatori sordi, a loro volta implicati nel processo progettuale e creativo. Questa scelta risulta piuttosto diffusa nell’ambito dei volumi per l’infanzia in Lingua dei Segni e se da un lato ha il vantaggio di garantire attenzione alle esigenze di comprensione, riconoscimento e associazione al testo implicate dalla disabilità uditiva, ha tuttavia dall’altro lo svantaggio di mettere in secondo piano la reale qualità artistica del lavoro. La speranza è che pubblicazioni di questo genere, utilissime e coraggiose, possano via via moltiplicarsi provando a conciliare la cultura della sordità con l’esperienza dell’illustrazione professionale, così da arrivare a produrre volumi sempre più accattivanti e per questo condivisibili.

I volumetti possono essere acquistati tramite il sito della cooperativa Il Treno o presso alcune librerie convenzionate (altre librerie eventualmente interessate a distribuirli possono mettersi in contatto con la cooperativa stessa).

 

Al mare

Costume, telo, ombrellone, ciambella, paletta e secchiello… c’è tutto il necessaire per un tuffo come si deve al mare. Il librotto dedicato alla vita da spiaggia raccoglie gli oggetti essenziali che compongono una giornata tra le onde. Le illustrazioni sono basilari ma ben riconoscibili e la frase finale non può che essere una: “Facciamo il bagno?”