Le quattro stagioni

Ali Mitgutsch è considerato un maestro, se non addirittura l’inventore, dei cosiddetti libri-affresco (o wimmelbucher), ossia quei libri senza parole che racchiudono in ogni doppia pagina un mondo brulicante di personaggi impegnati in varie azioni, più o meno collegate tra di loro. Si tratta di libri attraenti e stimolanti, che invitano lo sguardo a sostare sulla pagina e ad avventurarsi in sfiziose esplorazioni. In questo modo, seguendo percorsi liberi e non prestabiliti, il lettore ha la possibilità di scovare dettagli divertenti e inattesi, di immaginare e intrecciare piccole narrazioni, di riconoscere azioni note e scoprirne di sconosciute. In altre parole, di perdersi e di ritrovarsi.

I libri-affresco dell’autore tedesco, in particolare, si caratterizzano per la presenza di personaggi dalle fattezze poco rifinite ma estremamente espressive, resi significativi non tanto dal loro aspetto fisico (tant’è che molti si assomigliano e potrebbero tranquillamente essere confusi tra loro) ma dalla mimica del volto, dalle posizioni assunte e dalle azioni in cui sono coinvolti. Tutti resi con pochi, pochissimi tratti. Le sue tavole sono poi contraddistinte da un’umanità vivace ed estremamente variegata, composta da bambini, adulti ed anziani, lavoratori e persone che oziano, tipi seriosi e monelli. La monelleria, a onor del vero, ha sempre un posto di rilievo, tra furti di fiori e frutti, gavettoni e bagni notturni. Tutelato anche dall’affollamento delle pagine e dallo stile poco dettagliato, l’autore non teme da lasciare spazio al corpo in tutte le sue forme, anche quella priva di vesti, sicché non mancano quasi mai personaggi che fanno pipì di nascosto o che per ragioni varie sfoggiano al vento le loro nudità. Inutile dire quanto questo aspetto susciti divertimento e soddisfazione, quando scovato nel pullulare dell’illustrazione.

Ne Le 4 stagioni, troviamo inquadrato un grande parco in cui, di giorno e di notte, d’estate come d’inverno, accadono innumerevoli cose. In funzione della stagione, del clima e del paesaggio che si genera, c’è chi gioca, chi costruisce, chi vende, chi sorveglia, chi rema, chi pattina… La stessa cornice accoglie così un brulicare di attività che seguono lo sviluppo dell’anno rendendo la scena sempre nuova e sorprendente. Abilissimo è, infatti, l’autore nel cogliere e valorizzare gli spunti narrativi offerti dalle diverse stagioni, come i bambini che costruiscono coroncine di fiori in primavera, i signori che fanno ginnastica a torso nudo in estate, gli ombrelli che volano via in autunno o il malcapitato che cade nel lago ghiacciato in inverno.

Il libro-affresco di Ali Mitgutsch potrebbe essere idealmente affiancato, per tema e per tipo di composizione a I libri delle stagioni di Susanne Rotraut Berner. Rispetto a questi ultimi presenta, però, una struttura meno articolata e complessa perché ogni doppia pagina fa in qualche modo storia a sé. L’inquadratura sembra spostarsi ora di poco, ora di molto, predisponendo scenari coerenti e riconoscibili, ma ciò che accade nella pagina precedente non è rilevante per capire, interpretare e apprezzare ciò che accade in quella successiva. Se questo aspetto concorre a ridurre la complessità della costruzione narrativa e dell’avventura ermeneutica a cui questa può dare luogo, contribuisce d’altra parte a rendere la lettura più accessibile anche a chi manifesti maggior difficoltà a padroneggiare storie lunghe che si sviluppano su più pagine. Esaurendosi nello spazio di una stagione, la micro-avventure messe su carta da Ali Mitgutsch risultano così godibilissime nella loro individualità e istantaneità, permettendo al lettore di immaginare ciò che c’è prima e ciò che c’è dopo in grande libertà.

Orsi in salita

AAA, osservatori incalliti cercasi. Astenersi soffritori di vertigini! C’è tanto da scrutare e altrettanto da salire, infatti, tra le pagine pullulanti di Corinne Zanette. Qui, orsi, galletti, maiali e un’ampia gamma di altre deliziose bestiole si gode una giornata di sole ad alta quota. Si parte da un’altezza base, quella dei tetti più bassi, e da lì si sale, si sale, si sale, tra campanili, ruote panoramiche, gru, elicotteri e cime innevate. Girando pagina, è come se la telecamera che inquadra la scena si elevasse di qualche metro. Ciò che si trova nella parte bassa della pagina scompare dunque in quella successiva, mentre ciò che si trova nella parte in alto scende in fondo. E così via, alla pagina seguente. Come l’inquadratura, anche il tempo non è immobile e così a ogni sfogliatura ritroviamo buona parte dei personaggi che popolano la pagina precedente, intenti a proseguire o concludere l’azione che già li vedeva protagonisti. Chi si stava facendo la doccia si asciuga, chi faceva stretching inizia la coreografia, chi saliva in seggiovia si avvia con gli sci o con lo slittino e via dicendo.

L’architettura narrativa su cui poggia Orsi in salita è a tutti gli effetti mirabolante e mostra una straordinaria coerenza di fondo. C’è coerenza in ciò che fa il singolo personaggio e c’è coerenza nell’intreccio tra le azioni che vedono protagonisti personaggi diversi. Così Gianni canaglia, l’elefante dispettoso, appare intento a disturbare e giocare brutti tiri ad altri animali dall’inizio alla fine del libro. O Gulliver, il maiale osservatore, trova sempre nuove postazioni da cui guardarsi intorno con il suo binocolo. Ogni doppia pagina riunisce così da due a tre decine di personaggi – quadrupede più, bipede meno – intenti a fare cose. Qualcuno compare dalla prima all’ultima pagina, qualcuno scompare e riappare, qualcuno sopraggiunge a un certo punto: come uno spazio aperto, le pagine di Corinne Zanette accolgono così un viavai interminabile che si fa costante motivo di sorpresa e solletico decifrativo.

Dinamicissime, brulicanti e letteralmente zeppe di dettagli, queste sono in realtà del tutto prive di decorazioni accessorie. Tutti i numerosi particolari presenti sono, infatti, funzionali alla narrazione e questo, unito al tratto pulito dell’autrice, rende l’esplorazione particolarmente piacevole, ancorché non banale. Aggirarsi tra i tetti e le cime di Orsi in salita implica infatti una caccia ininterrotta a minuzie significative, uno sforzo di riconoscimento e memoria, di figure e luoghi, che il continuo slittamento di spazio e di tempo segnato dal voltare di pagina e la relativa somiglianza tra diversi protagonisti rendono particolarmente sfidante. Ecco allora che lettori non ancora o non del tutto a loro agio di fronte alla parola scritta, ma le cui facoltà cognitive risultino integre, possono trovare nel libro di Corinne Zanette uno spazio estremamente stimolante in cui cimentarsi con la lettura visiva.

L’orso antennista, i due conigli innamorati, il cane menestrello, la lumachina Lia – minuscola ma sempre presente-, il volatile postino non tanto pratico, la famiglia Fracasso con piccoli tremendi e mamma sull’orlo di una crisi di nervi: l’universo formicolante di Orsi in salita è popolato da decine di personaggi, contraddistinti da ruoli sociali, personalità, passioni e attività ben definiti e precisi, che si sviluppano di pagina in pagina con grande inventiva e profusione dei dettagli. Puntellato di guizzi inventivi particolarmente riusciti, il libro di Corinne Zanette si fa così apprezzare per il piacere dalla scoperta e del ritrovamento, per il gusto delle attività quotidiane riviste in chiave animale, per la moltiplicazione delle azioni e delle relazioni che si intrecciano e per il tocco surreale che anima l’intero racconto.

La forma in-forma

Quintessenza del libro-gioco accessibile, La forma in-forma è un libro di stoffa che si può srotolare, leggere, esplorare, smontare (in parte) e usare per inventare personaggi e storie. Ideato da Federica Mammoliti e pubblicato da E.T. – Editoria tattile, il libro si presenta all’interno di una scatola di cartone all’interno della quale è custodito un leporello di stoffa dalle pagine quadrate e dai rassicuranti colori verde pastello e beige che richiamano immediatamente la natura. E naturalissimo, in effetti, è l’istinto di scoperta che questo libro solletica e soddisfa, mettendo il lettore nella condizione di conoscere le forme più essenziali che popolano il nostro mondo e farsi ispirare da essere per immaginare le cose più disparate.

Ecco allora che un lato del libro dedica ogni pagina a una forma – cerchio, quadrato, triangolo, semicerchio, rettangolo, spirale – proponendo di ciascuna la parola corrispondente in nero e in Braille e la forma da toccare in feltro bianco (più un pezzo di corda per la spirale). Ma non è tutto: sorpresa! Ogni forma si rivela in realtà essere una tasca che contiene elementi in gomma crepla nera che riproducono la forma in cui sono contenuti, semplicemente più in piccolo.

Per scoprire a cosa servono tali elementi occorre girare il libro: il retro, infatti, offre una sorta di tavola in feltro su cui è possibile attaccarli per comporre forme più articolate e riprodurre in maniera stilizzata oggetti e personaggi che possono diventare i protagonisti di innumerevoli storie. Accanto alle pagine con le figure, il libro presenta un breve testo in nero e in braille a uso principalmente dei genitori, che illustra come si possano utilizzare le forme.

Essenzialità è senz’altro la parola chiave e la chiave di valore di un libro come La forma in-forma. La grafica pulita, le forme elementari, i materiali semplici, e le parole indispensabili aprono infatti a uno spazio immaginativo insaturo in cui muoversi con agio a piacere. Uno spazio oltretutto molto accessibile, non solo per chi ha una disabilità visiva o non ha nessun tipo di disabilità, ma anche per chi sperimenta difficoltà diverse: motorie, cognitive e comunicative, per esempio. Le forme sono infatti abbastanza spesse e pratiche da maneggiare, la (pressoché) assenza di testo a uso del giovane lettore non pone alcun vincolo di tipo decifrativo, la dinamica ludica sottesa al volume incentiva la scoperta e il coinvolgimento e la semplicità delle forme consente a ciascuno di combinarle secondo il suo grado di abilità. Il lavoro di Federica Mazzoleni appare, in questo senso davvero ben studiato e ampiamente spendibile, sia in un’ottica squisitamente conoscitiva (pensiamo per esempio a un percorso scolastico) o immaginativa sia un’ottica che combini e contamini le due in maniera felicemente fruttuosa.

Morbido e snella

Due personaggi diversissimi tra loro e un amore apparentemente impossibile: Morbido e Snella è una storia di opposti che si attraggono generando sorpresa e bellezza. I protagonisti sono un punto (Morbido) e una linea (Snella): tanto timido e silenzioso lui, quanto intraprendente e impertinente lei. L’incedere vanitoso della seconda, in particolare, attira le attenzioni del primo, in un crescendo di esibizioni che danno forma alle figure più diverse. L’ammirazione suscita in Morbido tentativi di imitazione, che lasciano però il tempo che trovano. Decisamente più divertente e fruttuoso è, invece, unire forze e specificità per creare insieme qualcosa di nuovo e di bello!

Costruito a leporello, con solide ed essenziali pagine in cartoncino, Morbido e Snella è un libro tattile illustrato che parla di diversità, sentimenti e relazione. Il testo in nero e Braille stampato non direttamente sulla pagina (bensì su un cartoncino poi apposto su quest’ultima), le rime facili e la storia convenzionale oltre che molto vicina, nello sviluppo, a quella offerta dal bellissimo Papu e Filo, lo rendono forse meno raffinato e sorprendente di altri libri editi dalla Federazione pro Ciechi. La sua forza sta, piuttosto, nell’essenzialità – della pagina e delle figure – che agevola notevolmente l’esplorazione tattile, rendendola appagante e accessibile. La costruzione narrativa, a cavallo tra reale e simbolico, può inoltre farsi prezioso spunto didattico per un piacevole e inatteso lavoro sulle forme geometriche e non.

Il leone e Ellen

Squadra che vince non ci cambia. Ecco, allora, che Ellen e il suo leone di pezza tornano alla carica! Scoppiettante, imprevedibile e perfettamente assortita, quella composta dalla bambina e del suo pupazzo è, in effetti, una squadra su cui si può scommettere. Il tempo in loro compagnia è un tempo ricco e solleticante, scandito da giochi fantasiosi in cui il confine tra realtà e immaginazione si fa labile e in cui avventure ardite possono nascondersi negli oggetti più ordinari e insospettabili.

Ciò che rende, poi, davvero irresistibili le vicende descritte da Crockett Johnson è la dinamica dialogica che si instaura tra i due protagonisti. Come quando Ellen invita il leone a raccontare le sue avventure prima del loro incontro e poi si complimenta con lui per una storia che lei stessa ha raccontato, quando gli intima di stare fermo e zitto (più di quanto un pupazzo già non faccia) per poter leggere in santa pace, quando lui dichiara di non saper ruggire ma lei ha già organizzato uno spettacolo circense da migliaia di spettatori o quando lui si lamenta di esser stato dimenticato nella neve e lei trasforma l’inconveniente in un’artistica impresa invernale. Allo stesso modo, lo scarto tra i voli fantastici compiuti ad alta voce dalla bambina e le considerazioni terra terra che aggiunge il leone generano un corto circuito ironico di fronte al quale trattenere il sorriso è impresa ardua.

In Il leone ed Ellen troviamo insomma otto avventure nuove di zecca e tutte le qualità già apprezzate all’interno di Ellen e il leone: dall’irresistibile umorismo all’adesione rispettose del mondo infantile, dai perfetti tempi comici al gioco equilibrato tra finzione ludica e consapevolezza del reale. Questo secondo volume, firmato nei testi e nelle figure da Crockett Johnson, si conferma così, anche grazie ai brevi capitoli autoconclusivi e alla stampa a grande carattere e ad alta leggibilità, una perfetta prima lettura per lettori della scuola primaria così come un delizioso volume da leggere in condivisione alla stessa età o anche un paio d’anni prima.

Lo sgabuuuzzino

A un occhio distratto, alcuni muri di casa potrebbero sembrare più importanti di altri. In bella vista e illuminati dal sole, quei muri di ingressi, salotti, camere da letto vengono curati e abbelliti con ogni sorta di complemento. E dei muri degli sgabuzzini, invece, che ne è? In pochi, in effetti, se ne preoccupano. Tanto quelle pareti se ne stanno lì, al chiuso e al buio, a contenere carabattole e oggetti di poco conto. Può succedere, però, che uno di quei muri se la prenda a male, decida che non ci sta e metta in piedi una protesta bella e buona, con tanto di brutti tiri ai proprietari di casa distratti. Al signor Gino, protagonista de Lo sgabuuuzzino, per esempio, è capitato. Colto alla sprovvista da ululati e spaventi dalla misteriosa provenienza, l’anziano signore viene portato a vedere sotto una nuova luce gli oggetti che ha riposto nella stanza più bistrattata della casa, riscoprendo ricordi a cui restituire un nuovo valore.

Lo sgabuuuzzino nasce in seno a un progetto dedicato all’accessibilità della lettura curato da una rete di biblioteche toscane e intitolato Biblioteca per tutti i sensi. Scritto da Anisa Durmishai e illustrato da Veronica Sarti, il libro è stato confezionato seguendo il modello di simbolizzazione inbook che prevede simboli wls in bianco e nero, testo e icona racchiusi all’interno del medesimo riquadro, supporto visivo per i singoli elementi testuali e presenza di qualificatori di tempo, genere e numero. Contraddistinto da illustrazioni piacevoli prive di dettagli superflui, dai colori pastello e dalla funzione perlopiù rafforzativa rispetto al testo, il libro risulta apprezzabile per una lettura ad alta voce soprattutto in virtù della presenza di numerose onomatopee e di una struttura narrativa iterata.

Sdeng Bum Splash! Il grande libro dei rumori

All’interno di Vietato Non Sfogliare accogliamo spesso i bambini raccontando loro che i libri accessibili sono libri incredibili perché si ascoltano con gli occhi, si guardano con le dita e si toccano con le orecchie. Sarà facile intuire, dunque, come mai un libro come Sdeng, bum splash! di Benjamin Gottwald – da poco insignito della menzione speciale nella categoria Fiction del Bologna Ragazzi Award – costituisca per noi una sorta di libro-manifesto.

Le sue pagine coloratissime e del tutto prive di parole offrono, infatti, una sequenza di oltre un centinaio di figure che suonano letteralmente agli occhi del lettore: dal cavallo che trotta al vulcano che esplode, dal corvo che gracchia alle biglie che rimbalzano, dalle onde che si infrangono al trapano che buca il muro. Cosa lo rende possibile? Una scelta intelligente e mirata di soggetti, inquadrature, dettagli e concatenazioni. L’autore è, infatti, bravissimo a selezionare oggetti e situazioni dai rumori iconici, a rendere con pochi tratti i movimenti delle cose o le loro qualità squisitamente sonore così come a costruire ponti narrativi tra figure distanti basati proprio su affinità uditive. Accade così che, di fronte alle sue illustrazioni, venga d’istinto non di nominare ciò che si vede o raccontare che cosa accade sulla scena bensì di dargli voce, farlo risuonare. E l’impulso a farlo non solo nella testa ma proprio a voce alta – attenzione – è davvero molto forte!

Ciò che questo libro fa, meglio e più di molti altri volumi promossi sul mercato editoriale come coinvolgenti e interattivi, è attivare uno stretto patto collaborativo con il lettore, senza il quale, di fatto, il libro non trova compimento. È nel momento esatto in cui la pagina incontra l’occhio, infatti, che qualcosa scatta e il suono echeggia nella testa e nella bocca di chi legge: un fatto, questo, che le neuroscienze sanno probabilmente spiegare nel dettaglio e che si manifesta agli occhi del lettore come una sorta di meccanismo prodigioso frutto della perizia e della genialità dell’autore.

Quest’ultimo, dal canto suo, coglie con Sdeng, Bum, Splash! una sfida interessante e nuova: proporre (con successo) un libro basato sui rumori – su quelle che potremmo definire delle onomatopee implicite – a un pubblico diverso da quello della prima infanzia cui di solito questo tipo di volume si rivolge. Conscio che il piacere di giocare con i suoni e con forme di comunicazione che precedono o affiancano la lingua vera e propria non ha di fatto età, Benjamin Gottwald inanella 160 pagine silenziose fuori e rumorose dentro: una misura lunga che strizza l’occhio a bambini non nuovi alla lettura, anche di scuola primaria oltre che dell’infanzia, e in cui trovano posto micro-strutture narrative basate su associazione di diverso tipo e con diversi gradi di complessità che sta proprio al lettore scovare.

Così, per esempio, troviamo affiancati soggetti accomunati da suoni simili, come una nave e una mucca; soggetti identici o diversi ripresi in due fasi della stessa un’azione, ciascuna con una sua specificità sonora, come una persona che fa una bolla con il chewing gum e poi la scoppia o come un calciatore che segna e il pubblico che esulta; soggetti immortalati in due contesti differenti, come l’acqua che batte sul vetro o che scende dalla doccia; soggetti simili per forma ma diversi per suono, come un soffione al vento e l’elica di un aeroplano e via dicendo. Si tratta di collegamenti spesso sovrapposti, come nel caso del cantante dalla bocca spalancata e del pubblico che sbadiglia, che spesso proseguono anche oltre la doppia pagina, come nel caso della sequenza cannone che spara – signore che fa una puzzetta – signore che annusa i fiori – signore che starnutisce (in due tempi) – tuono – masso che rotola. La narrazione segue insomma un’associazione di idee talvolta più e talvolta meno evidente, in una sorta di caccia al nesso divertente e stimolante.

Questo aspetto, dal canto suo, non è privo di interesse anche dal punto di vista dell’accessibilità, poiché i nessi a più livelli e con maggiore e minor grado di evidenza arricchiscono la narrazione senza vincolarne l’apprezzamento. Ciascuno può cioè muoversi tra queste pagine cogliendo più o meno associazioni, rimandi, e collegamenti, senza che il loro numero e la loro sottigliezza condizioni il piacere di base dato da una lettura puramente sonora. Sdeng, bum splash! ha il pregio, peraltro, di abbracciare e solleticare lettori con abilità ed esigenze differenti grazie a molteplici qualità. Pensiamo all’assenza di parole, in primo luogo, che sorride a tutti quei bambini che trovano un ostacolo nella decodifica del testo scritto. Ma anche alla valorizzazione di un tipo di comunicazione più immediata di quella prettamente linguistica, quale quella basata sui suoni; o alla rappresentazione di soggetti facilmente padroneggiabili per esperienza diretta o indiretta, dato il loro abitare l’immaginario comune; o ancora alle inquadrature ravvicinate che mettono bene in evidenza il soggetto e il suo aspetto sonoro senza inutili dettagli o fronzoli. Si capisce allora bene perché il libro di Benjamin Gottwald, oltre a entusiasmare per la sua carica innovativa, rappresenti un lavoro di grandissimo interesse anche per chi abbia a cuore la diffusione di proposte di lettura che fanno della creatività una chiave di inclusione.

 

Il signor Balena ha il mal di pancia

I protagonisti de Il signor Balena ha il raffreddore tornano ad affrontare i malanni di stagione in una nuova avventura scritta e illustrata da Manuel Vertemara. Di fronte al fastidioso mal di pancia del signor Balena, causa di sgradevoli ondate che scombussolano l’isola dei pinguini, questi ultimi si ingegnano e sperimentano le soluzioni più ardite. Ma se dieta e meditazione si rivelano deludenti allo scopo, non resta che andarsene. Direzione: Shangai. La cosa non ha chiaramente alcun effetto sul benessere intestinale del cetaceo ma, inaspettatamente, si rivela risolutiva!

Il signor Balena ha il mal di pancia si contraddistingue per una struttura narrativa iterata che ricalca quella già conosciuta dal lettore nel precedente titolo dell’autore e che agevola l’appropriazione del racconto. In virtù di riferimenti non scontati (come quello alla meditazione o alla Cina) così come delle inferenze richieste al lettore (per esempio rispetto al collegamento tra il mal di pancia e le onde che colpiscono i pinguini), quest’ultimo risulta meno semplice di quanto la concisione delle frasi e la linearità sintattica potrebbero lasciar pensare. Analogamente, le illustrazioni ricche di dettagli e spunti ironici così come la simbolizzazione dettagliata secondo il modello inbook, richiedono al lettore in minimo di dimestichezza con la lettura per coglierne a pieno le sfumature.

La città che dorme

Cosa succede quando sulla città cala la notte? Persone, oggetti e animali si fermano e riposano. C’è un mondo, però, che si anima proprio quando il cielo si fa buio: è il mondo dei sogni dei bambini, che fa tesoro del sonno per dare vita ad avventure imprevedibili.

La città che dorme si presenta come una sorta di fotografia della città notturna, in cui ogni elemento tace e il silenzio regna. Come una lunga ripresa fuori e dentro le case, il libro mette in evidenza l’atmosfera taciturna e rilassata che con il buio avvolge ogni cosa. Lo fa con frasi brevissime composte da soggetto e verbo, facendo ricorso a un’ampia gamma di sinonimi della parola dormire. In questo modo risalta maggiormente l’elemento di stacco finale, ossia il riferimento a quel mondo dei sogni che appare invece in piena attività.

Dall’andamento piano, nella trama così come nei testi e nelle figure, il libro risulta di lettura agevole anche in caso di difficoltà cognitive e comunicative. Le immagini si contraddistinguono infatti per inquadrature ordinarie e per la scarsa presenza di dettagli minuziosi. Il testo, dal canto suo, risulta supportato visivamente dall’uso dei simboli WLS, impiegati secondo il modello inbook e resi particolarmente evidenti dal contrasto con lo sfondo scuro delle illustrazioni.

Quanto è grande un abbraccio

I due leprotti di Indovina quanto ti voglio bene – classico per l’infanzia a firma di Mc Bratney e Jeram – ce lo ha insegnato molto bene: l’affetto si può misurare in molti modi, lunghezza compresa. Fatta evidentemente propria la lezione, Elisa Vincenzi e Noemi Collu rivisitano il tema interrogandosi per voce di due bambini su quanto possa essere grande un abbraccio. Come un gigante? Una casa? Un albero? Il cielo? Ne nasce una sfida al rialzo che mescola realtà e fantasia, soprattutto a livello delle illustrazioni.

Quanto è grande un abbraccio? viene proposto dall’editore Il ciliegio in formato inbook: il testo risulta quindi supportato visivamente dai simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) che ne agevolano la comprensione anche in caso di difficoltà comunicative, cognitive o linguistiche. Il loro inserimento all’interno della pagina è curato e studiato in maniera tale da integrarsi felicemente con le illustrazioni senza intralciarne la fruizione. Queste ultime, dal canto loro, si caratterizzano per uno stile rassicurante e improntato alla dolcezza, il linea con il tema degli affetti trattato dal volume.

Di chi è il nido?

Di chi è il nido? è un racconto di gentilezza e accoglienza, che fa dell’inclusione il suo perno. Protagonista è una cinciallegra solare e generosa che un giorno decide di costruire un nido in cui chiunque possa sentirsi benvenuto. La sua impresa, portata avanti con entusiasmo contagioso, viene supportata da un’ampia gamma di amici, ciascuno motivato a fare la propria parte. Così, per esempio, il sole aggiunge raggi calorosi, la lucciola illumina lo spazio quando cala la notte e il gatto offre un po’ di pelo caldo e morbido, rendendo quello del nido un progetto partecipato e come tale ancora più bello.

Contraddistinto da un testo in rima semplice e supportato visivamente dai simboli della CAA, Di chi è il nido? propone una storia di agevole comprensione anche in caso difficoltà comunicative. Le illustrazioni che accompagnano il testo, ponendosi sempre nella pagina a fianco ad esso così da facilitarne la distinzione, presentano linee essenziali e fanno leva sulla combinazione di tre soli colori (rosso, nero e bianco) per rendere immediatamente evidente il soggetto ma non appaiono, dal canto loro, particolarmente raffinate e accattivanti.

La lavatrice della fantasia

Avere una mente sempre all’opera, intenta a progettare ed inventare, può essere faticoso. Le idee, infatti, si accumulano, si mescolano e si rincorrono generando caos e confusione. Così capita, per esempio, a Ilaria ogni volta che una sua mirabolante creazione sta per prendere forma. Che sia un nido per uccelli fatto con un ombrello, una corsa in pattini a rotelle per i corridoi di casa o una penna dotata di lente di ingrandimento, ogni invenzione è anticipata da un momento di agitazione e smarrimento.  Ci penserà il dottor Sotutto a rassicurare la bambina, permettendole di scoprire, attraverso una singolare immagine, di avere una testa come la lavatrice di casa: vorticosa ma anche efficace e ingegnosa.

Con La lavatrice della fantasia, Il ciliegio aggiunge un nuovo titolo alla sua collana di libri in simboli Inbook, in buon parte scritti da Elisa Vincenzi e puntualmente supervisionati dal Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa di Milano e Verdello. Il testo del volume si presenta dunque corredato da simboli WLS che ne agevolano la comprensione anche da parte di bambini con difficoltà comunicative. Composto da frasi anche abbastanza lunghe e articolate, non prive di subordinate e coordinate, questo si rivolge in particolar modo a giovani lettori non alle primissime esperienze di lettura in simboli. Il volume è completato poi da illustrazioni colorate e dinamiche, che appaiono tanto vivaci quanto la protagonista del libro.

Tu sei

Tu sei è letteralmente un libro più unico che raro. Non solo perché vanta una raffinatezza e una bellezza minimalista che lasciano incantati ma anche e soprattutto perché può contemporaneamente dirsi un libro tattile, un libro in simboli e un libro in lingua dei segni.

Composto da eleganti pagine in velluto nero, rilegate in modo da restare agevolmente aperte a 180°, il libro di Michela Tonella e Antonella Veracchi (le due anime di E.T. Editoria tattile) è progettato in maniera ingegnosa, tale da consentire al singolo lettore (o, più facilmente, al mediatore che è con lui), di scegliere il codice a lui più congeniale. Se il testo in nero è infatti cucito sulla pagina, le sue traduzioni in LIS, Braille e simboli WLS sono rese disponibili su pratici cartoncini, contenuti in apposite taschine al fondo del libro e applicabili di volta in volta sulle pagine corrispondenti. Queste ultime contengono infatti dei piccoli tagli in cui i cartoncini possono essere agevolmente inseriti e da cui, altrettanto agevolmente possono essere sfilati. Oltre a risultare molto pratico per adattare la lettura alle esigenze del singolo lettore, questo sistema si presta perfettamente a far sperimentare a un gruppo classe le diverse e spesso sconosciute modalità di lettura che l’editoria ci offre. In questo senso la forza di Tu sei sta anche nella capacità di trasformare un limite oggettivo – quello di far stare sulla pagina molti codici diversi e piuttosto ingombranti – in una possibilità di ricchezza e creatività.

Dedicato al tema delle relazioni, qui rappresentate attraverso la metafora delle costellazioni, Tu sei presenta testi in versi, brevi e ricercati, e illustrazioni essenzialissime realizzate con un semplice filo bianco e sobri bottoncini del medesimo colore. Di grande effetto per il contrasto con le pagine scure, fili e bottoni vanno a illustrare stelle e costellazioni in una maniera suggestiva e perfettamente percepibile al tatto. Qui, così come in Ombra, le due autrici si cimentano con un soggetto potenzialmente ostico per il lettore non vedente, che può percepire le stelle solo attraverso il racconto di chi vede, trovando la maniera di renderlo esperibile e intellegibile.

Il risultato è un libro da accarezzare, sognare, con cui riflettere e da condividere. Un libro che apre a interrogativi e confronti, che tiene insieme la poesia e la scienza, e che mette in luce la bellezza della diversità tanto nella forma quanto nel contenuto.

La casa piena di cose

Il signor McDuff ama collezionare le cose. Non cose come francobolli o monete, bensì oggetti vecchi, rotti e perlopiù gettati nell’immondizia dai suoi concittadini. Potrebbero sempre servire, è solito, infatti, pensare. Nessuno dei vicini gli dà, però, corda e anzi la gente tende a guardare con sospetto e disgusto il cumulo di rottami che pian piano cresce dentro e fuori la sua casa. Quando però la bicicletta del piccolo Mo si rompe proprio lì davanti, il signor McDuff e il suo cumulo hanno finalmente una chance di riscattarsi. Ne seguirà un grande e caotico cambio di rotta in tutta la città….

L’albo di Emily Rand ha una qualità particolare: la profusione di dettagli e l’uso arguto di soli quattro colori (bianco, nero, marrone e azzurro) fanno sì che a un’occhiata distratta, rapida o non troppo ravvicinata le pagine abbiano tutte un aspetto simile, quasi sovrapponibile. Guardandole più da vicino e con più attenzione, però, esse svelano la loro unicità e il loro ipnotico brio: un pullulare di particolari che non solo accompagna puntualmente gli sviluppi del racconto ma ne arricchisce e di molto il respiro, invitando il lettore a una sosta prolungata. Scorgere nel cumulo di oggetti recuperati dal signor McDuff gli esemplari più bizzarri e individuare nelle ultime pagine gli usi originali che ne fanno le diverse persone rende infatti la lettura particolarmente coinvolgente e curiosa.

Come gli altri volumi della colla Upupa, anche La casa piena di cose di Emily Rand presenta una specifica attenzione al tema dell’accessibilità e del multilinguismo. Non solo, infatti, il libro offre il testo in doppia lingua – inglese (la lingua originale dell’albo) e italiano, ma mette anche a disposizione del lettore, tramite QRcode, la versione audio del testo in entrambi gli idiomi.

Valentino Senzafretta

Valentino Senzafretta è un bradipo e, come tutti i bradipi, la mattina se la prende comoda. Quando i suoi amici lo invitano ad andare al fiume a giocare, lui accetta con piacere. Non prima, però, di aver sbrigato, con i suoi tempi, tutti i suoi affari. Così, piano piano, Valentino si sveglia, fa colazione, scende dall’albero, fa i suoi bisogni e solo alla fine, sempre piano piano, si incammina verso il fiume. Qui lo aspettano i suoi amici e, insieme a loro, un’avvincente gara di nuoto il cui risultato sarà tutt’altro che scontato!

Scritto e illustrato da Raffaella di Vaio e già pubblicato da Homeless book in una precedente versione non simbolizzata, Valentino Senzafretta propone una storia molto semplice e assomma alcune caratteristiche compositive che lo rendono particolarmente fruibile anche da parte di piccoli lettori con maggiori difficoltà di aggancio, attenzione e comprensione.

Il libro presenta, in primo luogo, una struttura molto regolare e iterata. Il protagonista incontra, infatti, a ogni passaggio un diverso personaggio dal quale riceve la proposta di andare al fiume e al quale puntualmente risponde che deve ancora fare qualcosa ma che lo raggiungerà più tardi. Ogni volta ci sono dunque minimi cambiamenti (l’amico incontrato, il motivo del rinvio…), scanditi dall’avanzare della mattina e delle routine del bradipo, inseriti all’interno di una cornice invariabile, anche dal punto di vista linguistico. Formule ricorrenti introducono infatti i diversi amici che interpellano Valentino, le loro proposte, le reazioni del bradipo e le sue riposte, con una ciclicità che crea piacere nell’ascolto, familiarità col testo e supporto alla sua comprensione. Con il medesimo intento ed effetto, il racconto predilige un lessico e una composizione sintattica piani e di agevole fruizione, resi ancora più accessibili dalla presenza dei simboli WLS.

Ne risulta un libro accogliente, amichevole e davvero propizio alla condivisione.

1, 2, 3… Arriva Alfabetò!

Per ogni lettera un animale, per ogni animale un’insolita descrizione, per ogni descrizione tante parole allitteranti e suoni onomatopeici. Così prende forma 1,2,3…arriva Alfabetò!, libro in simboli recentemente pubblicato da Homeless Book.

Contraddistinto da una copertina rigida e da una grafica semplice ma curata che ne valorizzano il contenuto, il volume mira a favorire la familiarizzazione del giovane lettore, tendenzialmente accompagnato da un mediatore, con i diversi suoni della lingua italiana. Le micro-storie della lunghezza di una pagina dedicate ai diversi animali sono costruite infatti in modo da tenere insieme parole più o meno quotidiane accomunate dalla ricorrenza di una data lettera. Così, per esempio, il coccodrillo Cocò, corre, canta e fa capriole sulla coda o i gatti Gigì e Giogiò, il giovedì giocano insieme, fanno il girotondo, mangiano gelatine gialle e giganti gelati di giuggiole. I suoni si fanno, cioè, motore inventivo di piccole situazioni più o meno surreali che rendono intrigante la lettura.

Il libro sostiene inoltre l’appropriazione del racconto e delle parole che lo compongono anche da parte dei lettori comunicativamente più svantaggiati grazie all’impiego costante di onomatopee che incentivano una lettura interattiva e partecipata e grazie a supporto visivo testo dei simboli WLS (Widgit Literacy Symbols). Impiegati secondo il modello inbook, questi vengono associati ai singoli lemmi e risultano dotati di qualificatori di numero, genere e tempo verbale. Infine, a corredo di un testo asciutto ma non prevedibile come quello composto da Maria Manuela Mennitti, operano le illustrazioni firmate dal giovane Lorenzo Tomacelli, che si caratterizzano per la messa in risalto di figure nette e non particolarmente elaborate.

Keentied o l’arte di volare verso la felicità

Keentied, in tedesco, significa “Non c’è tempo”. È il nome che in alcune zone della Germania viene dato a un piccolo uccello trampoliere che si muove agilmente sulla sabbia e tra le onde, percorrendo lunghe distanze e pescando con abilità. L’autrice Miriam Koch si è ispirata a questo animale e al suo buffo nome per dare vita al suo personaggio: un uccello trampoliere che di nome fa proprio Keentied e che, non a caso, porta sempre con sé un orologio d’oro. Scattante e attento a non perdere minuti proziosi, Keentied arriva purtroppo tardi proprio all’appuntamento più importante: quello con i suoi simili per la migrazione. Deciso tuttavia a partire a tutti i costi, l’uccello inizierà un viaggio in solitaria non privo di pericoli ma nemmeno di provvidenziali incontri.

L’albo che vede protagonista Keentied fa parte della collana Upupa de La linea. Quest’ultima si caratterizza per la presenza del testo in doppia lingua – l’italiano e la lingua originale, in questo caso il tedesco – e per l’arricchimento del volume cartaceo con la versione audio del testo. Scaricabile tramite QR code, tale versione consente anche a un pubblico con disabilità visiva o con disturbi specifici dell’apprendimento di poter godere a pieno del racconto firmato da Miriam Koch.

Le forme degli animali

È un libro senza parole?  È un libro-gioco? È un libro da toccare? Sì, sì, e sì. Difficile da incasellare, Le forme degli animali è un libro tanto semplice quanto versatile, nato in casa Puntidivista. Simile a Forme e colori per progetto e struttura, il libro si compone di tre doppie pagine in feltro, ciascuna delle quali ospita altrettante sagome di animali (cui si aggiungono il cane e il gatto in copertina) realizzate con lo stesso materiale. Troviamo animali domestici, selvatici e da fattoria, d’aria, d’acqua e di terra, uniti a tre a tre senza precisi ed evidenti criteri.

Ogni doppia pagina presenta da un lato una superficie uniforme e vuota, dall’altro tre sagome di animali che possono essere agevolmente estratte per giocare e raccontare. Quelle stesse sagome possono essere infatti impiegate per sviluppare la motricità fine, ricostruire le corrispondenze tra il pieno e il vuoto, nominare gli animali e costruire su di essi piccole storie che possono animarsi sulla pagina vuota.

Dal canto loro, le pagine sono tenute insieme da due anelli apribili che supportano più agevolmente gli spessori delle figure e che consentono di impiegare anche singolarmente ogni doppio foglio di feltro. Questo aspetto è interessante non solo in termini di praticità ma anche di fruibilità, pensando per esempio a quei bambini che risentono dell’esposizione simultanea a troppi stimoli e possibilità e a cui giova invece l’offerta progressiva di elementi da esplorare e utilizzare.

Stimolanti al tatto, benché non completamente fruibili in caso di disabilità visiva (ma il libro non si pone in effetti questo obiettivo), le sagome appaiono essenziali, semplici e piuttosto riconoscibili. La scelta di colori non aderenti al reale invita a concentrarsi sull’elemento della forma. Apprezzabile, infine, la scelta di dotare il volume di una pratica sacchetta in stoffa che si chiude con un laccetto e che consente di non perdere per strada le figure, soprattutto dopo un uso prolungato che attenua la forza del velcro.

Forme e colori

Si scrive Forme e colori, si legge semplicità vincente! Il volume in feltro nato in casa Puntidivista si caratterizza infatti per un’estrema sobrietà compositiva che diventa chiave di fruibilità estesa e multiforme. Quadrato, pratico e piacevole da maneggiare, il libro presenta tre doppie pagine in feltro, ciascuna delle quali propone da due a quattro sagome fustellate e altrettanti spazi di forma analoga in cui queste possono essere collocate.

Al lettore viene perciò chiesto di riconoscere la corrispondenza tra sagoma e spazio vuoto e di provare riempire quest’ultimo con la sagoma corretta. Nella sua essenzialità massima – di forme, di grafica, di colori, di materiali – il libro offre dunque molteplici stimoli che vanno dall’identificazione di forme e colori, all’associazione tra vuoto e pieno, alla collocazione puntuale degli elementi a disposizione: un lavoro dunque ricco e multisfaccettato che coinvolge la dimensione cognitiva così come quella della motricità fine.

Contenitore di un gioco che si può ripetere all’infinito e che può trovare nuovi sviluppi secondo la fantasia di chi lo usa (cosa succede, per esempio, se sulla pagina vuota colloco il triangolo sopra il quadrato? Viene fuori una forma nota? Posso creare altri oggetti?), Forme e colori privilegia forme essenziali che facilitano il riconoscimento e la composizione.

Le pagine prevedono, in questo senso, un piccolo crescendo in termini di complessità: se la prima doppia pagina presenta, infatti, forme geometriche come il quadrato e il triangolo, la seconda offre forme simboliche come il cuore e la stella mentre la terza propone un cane e un gatto, così da rendere il gioco via via più stimolante. Il libro è contenuto all’interno di una pratica sacca di stoffa che aiuta a non perdere i pezzi che lo compongono: un’attenzione in più che facilita l’uso del volume anche durante i viaggi o, più generalmente, il tempo trascorso fuori casa.

Il cappello del mago (nuova edizione)

Abracadabra: il libro cambia aspetto! Con una piccola magia degna del suo protagonista, uno dei titoli più longevi di Puntidivista diventa oggetto di una vera e propria trasformazione. In questa nuova edizione, che arriva a quattro anni di distanza dalla prima, Il cappello del mago vanta un formato più robusto e accattivante, che fa a meno della spirale e ciononostante consente un’agevole esplorazione tattile delle pagine, ma soprattutto presenta una profonda rielaborazione delle immagini.

Le figure acquisiscono, infatti, rilievo e fascino, in virtù della loro dimensione, collocazione e caratterizzazione cromatica. Più ampie, frequenti, colorate e costruite in maniera tale da poter essere, in molti casi, staccate ed esplorate a 360°, queste regalano al libro un appeal e un’accessibilità tutti nuovi. Rispetto alle illustrazioni puntinate che contraddistinguevano la prima edizione del volume, queste realizzate interamente a collage materico appaiono più immediate e riconoscibili. Il prezzo dal canto suo è un po’ aumentato ma la nuova realizzazione giustifica a pieno la maggiorazione. Nonostante l’aumento, inoltre, il prezzo continua a risultare molto competitivo e abbordabile

Vale per il resto, quando considerato in occasione della prima uscita, in particolare il fatto che il semplice ed efficace meccanismo della sorpresa – quella che si genera nello scarto tra i prodigi più consueti e quelli realmente messi in atto dal Mago Arturo – su cui si basa il libro, ne fa una lettura piacevole e piuttosto abbordabile anche in caso di disabilità visiva.

Guarda il cane. Tre storie su un gatto

Chiunque abbia letto l’esilarante Guarda il gatto. Tre storie su un cane avrà probabilmente desiderato di poter rinnovare ancora e ancora il piacere di quelle storie così brevi e così spassose. In una manciata di pagine e con un gioco metanarrativo efficacissimo David Larochelle e Mike Wohnoutka sanno dar vita a racconti compiuti e ghiottissimi. Dei bon bon, praticamente, che uno tira l’altro e fermarsi vien difficile.

Felice è dunque la notizia della pubblicazione di una sorta di seguito del primo volume. Il recente Guarda il gatto. Tre storie su un cane ne rovescia in qualche modo le parti mettendo in scena un gatto a cui viene chiesto di sostituire il protagonista del libro: un cane, per l’appunto. Il gatto è un tipo spavaldo e si manifesta entusiasta della parte assegnatagli. La sua iniziale euforia verrà tuttavia messa a dura prova: scavare una buca, recuperare un bastone nel laghetto e difendere una pecora dai lupi sono, in effetti, compiti poco felini che richiederanno grande capacità di adattamento e fine ingegno.

Con immutata capacità di far dialogare tra loro parole (poche) e figure (nette), generando a ogni pagina straniamento, sorpresa e divertimento, il libro si presta a irresistibili letture ad alta voce. Ideale anche per le primissime letture autonome, Guarda il gatto. Tre storie su un cane vanta non solo un tipo di narrazione molto coinvolgente in cui di fatto il libro stesso si rivolge direttamente sia al lettore sia al protagonista, ma anche una costruzione grafica che mescola discorso diretto (quando a parlare è il libro) e fumetto (quando a parlare sono i personaggi), rendendo evidente e ben scandita l’attribuzione delle parti.

Questo, unito a un font ad alta leggibilità, a testi brevissimi e divertenti e a una predominanza visiva, fa del libro di David Larochelle e Mike Wohnoutka un volume perfetto per avvicinare alla lettura anche i lettori che faticano di più o manifestano minore interesse per i libri.

Un libro ti cambia

Ci sono libri che emozionano, libri che appassionano, libri che annoiano e libri che lasciano indifferenti. E poi ci sono loro: i libri che ti cambiano! In che senso? Basta chiederlo a Dario, il protagonista del libro di Antonio Ferrara. Il libro che sta leggendo ha dei poteri a dir poco stravaganti: le cose che vi vengono narrate accadono davvero poco dopo esser state lette! Nel libro cade un quadro? Ecco che si sente un gran fracasso di vetri rotti nella stanza di Dario. Nel libro si parla di una formica? Ecco che da lì a poco una formica si ferma proprio lì accanto. Ma non è tutto! Dario, che proprio non riesce a staccare gli occhi da quelle pagine, si accorge che il suo corpo sta inspiegabilmente cambiando: altezza, baffi, barba e muscoli crescono a vista d’occhio. Possibile che tutto questo centri con la lettura?

Originale e interrogativo come solo i libri di Antonia Ferrara sanno essere, Un libro ti cambia nasconde (ma non troppo) una riflessione metanarrativa all’interno di una storia surreale e incalzante. L’ironia che contraddistingue lo stile dell’autore aggiunge un tocco leggero al racconto che offre dal canto suo una lettura piacevole, abbordabile e intrigante. Le caratteristiche di alta leggibilità con cui il libro è stampato, infine, rendono il tutto particolarmente accessibile anche a bambini con difficoltà di decodifica legate alla dislessia.

Cenerina ha una grade stoffa a fiori

La collana Upupa de La linea ha il merito di proporre ai lettori albi in doppia lingua – quella originale e l’italiano – e in doppia versione – cartacea e audio: un’operazione apprezzabile e interessante perché capace di offrire una grande ricchezza narrativa e di abbracciare lettori con difficoltà di lettura differenti, legate alla provenienza così come a un’eventuale disabilità.

Cenerina ha una grande stoffa a fiori, uno dei titoli che fanno parte della collana, ha dal canto suo un ulteriore pregio: quello di offrici una storia che viene da un paese molto poco tradotto in Italia come la Cina. Scritto e illustrato da Fu Wenzheng, l’albo in questione attira immediatamente l’occhio con un predominante tono di rosso e un tipo di decorazione che ci catapulta dritti in Oriente.

Qui troviamo una generosa uccellina che fatica a farsi accettare dai suoi simili perché non sfoggia piume appariscenti ed eleganti. Inizialmente sconsolata e affranta, Cenerina trova la via del riscatto grazie a un’ampia stoffa fiorata di cui è dotata e al talento altrettanto grande di cui è provvista. Con essi realizzerà abiti, marsupi, biancheria e borse per gli animali della foresta che, a differenza dei suoi simili, sanno bene che un dono gentile vale ben più di un piumaggio rigoglioso.

In volo

Il libro tattile In volo è prima di tutto un tripudio di colori: un bel biglietto da visita per un volume che vuol dire, senza se e senza ma, “sono un libro per tutti, per chi ci vede e per chi no”. Protagonista delle 8 ricche pagine che lo compongono è un uccellino di nome Marley che, stanco di starsene nella sua casetta sull’albero, un giorno prende il volo e affronta con coraggio tutto ciò che il mondo là fuori gli riserva. Così cerca un rifugio per ripararsi dalla pioggia, conosce la soffice neve che copre e avvolge tutto, fa amicizia con un ragno che gli offre ospitalità e si incanta di fronte all’arrivo della primavera, annunciato dal profumo dei fiori e dal battito d’ali di una farfalla. Ma chi dice primavera dice stagione degli amori e infatti proprio poco prima di chiudere il libro, Marley incontra una compagna con cui una nuova avventura può finalmente cominciare.

Composto da spesse pagine colorate di stoffa imbottita che ben supportano le illustrazioni a collage materico e contemporaneamente agevolano la sfogliatura autonoma, In volo si presenta come un libro molto attraente, soprattutto nella parte dedicata alle illustrazioni. Se i testi sono infatti abbastanza ordinari così come d’altronde anche la storia stessa, le figure interamente esplorabili con gli occhi e con le dita sono un autentico concerto di stimoli. Ci sono la ruvidità dei rami, la stropicciabilità scricchiolante delle foglie secche e la leggerezza silenziosa di quelle verdi, l’architettura composita di un nuovo nido e il freddo liscio delle gocce d’acqua. Ben studiate nella loro qualità sonora, spesso ancor più che in quella tattile, le illustrazioni di In volo invitano il lettore a un’esplorazione curiosa e a un’interazione appagante. Sta a lui, infatti, far riparare Marley sotto la grande foglia, farlo volare tra gocce e fiocchi di neve, farlo infilare e poi uscire dalla tana del ragno che a sua volta può penzolare giù dal ramo, farlo giocare tra i fiori che come pompon dondolano sulla pagina e infine farlo accasare nel nido in compagnia del suo nuovo amore.

Grazie a una creatività fuori dal comune e un’abilità nel cucito davvero apprezzabile, ogni pagina del libro di Francesca Leoni offre occasioni di gioco e interazione che dilatano piacevolmente il tempo della lettura, facilitano la decifrazione delle illustrazioni e supportano la comprensione della storia, facendo del libro un compagno di viaggio della cui compagnia godere a lungo, ancora e ancora.

Oggi vado in città

Sperimentazione e contaminazione non sono nuove in casa Homeless Book. Dopo la felice proposta di Cosa vede Don Q?, coraggioso libro-gioco in simboli basato sul meccanismo delle alette, la casa editrice faentina torna a proporre un titolo fuori dagli schemi e capace di integrare narrazione e interazione. Oggi vado in città, sempre a firma di Maria Caterina Minardi e Piki, si presenta infatti come un volume originale in cui si mescolano un preciso intento sociale e una semplice dimensione narrativa. Il volume si propone, in particolare, di preparare il giovane lettore a un possibile giro in città, rendendone più familiari, prevedibili e amichevoli i luoghi e i contesti più comuni.

Il tragitto in auto e in bus, la visita al supermercato, l’attraversamento pedonale, la pausa al parco giochi: le tappe più frequenti che il lettore può vivere in città trovano spazio in questa che si configura come una vera e propria storia sociale, resa accattivante dalla scrittura curata, dall’impianto prettamente narrativo e dal ruolo centrale delle illustrazioni.

Ciò che rende poi, il volume, particolarmente interessante, è la presenza di riquadri vuoti all’interno del testo che il lettore può riempire con i simboli che meglio aderiscono alla sua personale esperienza: simboli relativi agli accompagnatori, a eventuali commissioni da fare, alle linee degli autobus da prendere o al libro da portare con sé per i momenti di attesa. Numerosi simboli tra i quali scegliere sono posti alla fine del libro in modo che il lettore possa ritagliarli e incollarli. Parimenti essi possono essere disegnati o stampati a piacere con gli strumenti di cui si dispone a casa. Questa peculiarità ha il merito di conciliare l’effettiva funzionalità del racconto con la cura del supporto che la ospita, di coinvolgere attivamente il lettore nel completamento della storia e di conseguenza nella sua assimilazione, di unire dimensione ludica e dimensione narrativa e infine di adattare il libro alle reali esigenze di chi legge.

I simboli impiegati all’interno del volume sono i WLS, che qui supportano visivamente testi molto fruibili, lineari e brevi. Al fine di ampliare il più possibile l’accessibilità e l’utilizzabilità del volume, inoltre, la simbolizzazione non prevede l’uso di qualificatori e prende in considerazione unità di senso più che singoli elementi lessicali.

I cestini dei tesori

I cestini dei tesori e I cestini delle stagioni sono due cartonati dalle pagine spesse editi da Il castoro e ideali per bambini di pochi mesi che iniziano a manifestare curiosità nei confronti degli oggetti che li circondano. L’idea interessante che vi sta alla base è quella di trasferire sulla pagina, nella maniera più aderente alla realtà possibile, le cose che più facilmente i bambini incontrano nella quotidianità e possono trovare intriganti: gli stessi, non a caso, che vanno frequentemente a popolare proprio i cesti dei tesori così come ideati da Elinor Goldschmied. Cucchiai di legno e caffettiere, zucche e foglie, conchiglie e frutti, solo per fare qualche esempio, confluiscono così su carta contribuendo a creare un ponte significativo tra il mondo e il libro, la realtà e la sua rappresentazione. L’esplorazione dei due libri, per certi versi, può dunque configurarsi come un passaggio successivo e collegato a quello dell’esplorazione fisica degli oggetti.

Entrambi i volumi prevedono dei piccoli testi introduttivi alle diverse sezioni: testi teoricamente rivolti al bambino, nel tono e nel contenuto, ma che di fatto sembrano parlare principalmente all’adulto che lo accompagna, come a evidenziare una traccia da seguire per sostenere il piccolo nella scoperta degli oggetti e della loro rappresentazione sulla pagina. Al netto di questi testi, i libri si presentano come degli imagier e su ogni pagina propongono dunque alcuni oggetti accompagnati dalla parola che li identifica. Gli oggetti sono scelti in modo mirato tra quelli che possono risultare non solo funzionali al tema di ogni volume ma anche familiari ai potenziali lettori. Quotidianità è dunque parola d’ordine nella selezione.

Di ognuno di essi è offerta al lettore un’immagine fotografica molto nitida e riconoscibile: il contrasto con lo sfondo bianco, l’inquadratura prevalentemente frontale e la pulizia grafica agevolano, infatti, il processo di riconoscimento che genera appagamento e desiderio di avanzare. La scelta del medium fotografico, che inizia finalmente ad essere sdoganato soprattutto nei volumi destinati ai più piccoli, concorre poi in maniera determinante a rendere la rappresentazione degli oggetti particolarmente efficace, immediata e dunque identificabile con successo anche da parte di bambini un po’ più grandi ma che presentano difficoltà di astrazione. La riconoscibilità e la familiarità degli oggetti, inoltre, concorrono a facilitare la costruzione di piccoli dialoghi tra il bambino e il mediatore, che può fare leva sull’esperienza realmente vissuta dal bambino con gli oggetti rappresentati.

I cestini dei tesori, in particolare, prevede tre sezioni, ognuna dedicata a un potenziale cestino dei tesori fisicamente realizzabile ad uso del bambino e contraddistinto da uno specifico filo conduttore: gli oggetti di casa, i materiali naturali e i colori. Di ogni cestino è proposta una fotografia iniziale, con inquadratura dall’alto, che offre una visione d’insieme, e poi un focus sui singoli oggetti che lo compongono ripresi perlopiù frontalmente e associati alla parola che consente di nominarli. Gli oggetti sono distribuiti sulla pagina in maniera ariosa e propizia alla scoperta senza che il bambino venga eccessivamente sovraccaricato di stimoli. Il loro affiancamento segue principi diversi, legati al colore, al materiale o all’ambito di utilizzo. Questo genera accostamenti insoliti e sorprendenti, proprio come accade nella realtà, quando il bambino sceglie dal cesto, affianca e fa interagire tra loro oggetti che nella quotidianità sono magari distanti.

I cestini delle stagioni

I cestini dei tesori e I cestini delle stagioni sono due cartonati dalle pagine spesse editi da Il castoro e ideali per bambini di pochi mesi che iniziano a manifestare curiosità nei confronti degli oggetti che li circondano. L’idea interessante che vi sta alla base è quella di trasferire sulla pagina, nella maniera più aderente alla realtà possibile, le cose che più facilmente i bambini incontrano nella quotidianità e possono trovare intriganti: gli stessi, non a caso, che vanno frequentemente a popolare proprio i cesti dei tesori così come ideati da Elinor Goldschmied. Cucchiai di legno e caffettiere, zucche e foglie, conchiglie e frutti, solo per fare qualche esempio, confluiscono così su carta contribuendo a creare un ponte significativo tra il mondo e il libro, la realtà e la sua rappresentazione. L’esplorazione dei due libri, per certi versi, può dunque configurarsi come un passaggio successivo e collegato a quello dell’esplorazione fisica degli oggetti.

Entrambi i volumi prevedono dei piccoli testi introduttivi alle diverse sezioni: testi teoricamente rivolti al bambino, nel tono e nel contenuto, ma che di fatto sembrano parlare principalmente all’adulto che lo accompagna, come a evidenziare una traccia da seguire per sostenere il piccolo nella scoperta degli oggetti e della loro rappresentazione sulla pagina. Al netto di questi testi, i libri si presentano come degli imagier e su ogni pagina propongono dunque alcuni oggetti accompagnati dalla parola che li identifica. Gli oggetti sono scelti in modo mirato tra quelli che possono risultare non solo funzionali al tema di ogni volume ma anche familiari ai potenziali lettori. Quotidianità è dunque parola d’ordine nella selezione.

Di ognuno di essi è offerta al lettore un’immagine fotografica molto nitida e riconoscibile: il contrasto con lo sfondo bianco, l’inquadratura prevalentemente frontale e la pulizia grafica agevolano, infatti, il processo di riconoscimento che genera appagamento e desiderio di avanzare. La scelta del medium fotografico, che inizia finalmente ad essere sdoganato soprattutto nei volumi destinati ai più piccoli, concorre poi in maniera determinante a rendere la rappresentazione degli oggetti particolarmente efficace, immediata e dunque identificabile con successo anche da parte di bambini un po’ più grandi ma che presentano difficoltà di astrazione. La riconoscibilità e la familiarità degli oggetti, inoltre, concorrono a facilitare la costruzione di piccoli dialoghi tra il bambino e il mediatore, che può fare leva sull’esperienza realmente vissuta dal bambino con gli oggetti rappresentati.

Il cestino delle stagioni dedica due doppie pagine a ciascuna stagione. Gli oggetti scelti in associazione a ognuna di esse non sono dal canto loro legati solo dal tema della stagionalità ma anche da criteri squisitamente cromatici. Così, per esempio, gli oggetti scelti per rappresentare l’inverno privilegiano l’azzurro e il rosso, quelli primaverili virano al verde e al rosa, quelli estivi danno spazio ai colori del sole e del mare e quelli autunnali prediligono i toni caldi dell’arancione e marrone. Questo dà vita a pagine suggestive non solo per le trame semantiche che nascondono ma anche per il piacevole impatto estetico che generano. Gli oggetti fotografati sono in buona parte doni della natura: aspetto, questo, che sembra costituire un autentico invito a fare proprio il mondo, 365 giorni all’anno.

La sfida di Lepre e Riccio

Un mattino come tanti, ai piedi della collina, qualcosa pare turbare gli animali. Il cervo, i cinghiali e persino lo scoiattolo sembrano più mogi del solito e Riccio, sceso al campo di mais per raccogliere qualche pannocchia, ne scopre presto il motivo. Lepre ha, infatti, preso possesso del campo, sostenendo di essere arrivata per prima e dunque di avere diritto di proprietà. Riccio, dal canto suo, non è veloce quanto l’animale dalle lunghe orecchie ma è decisamente furbo e così propone a Lepre una gara di corsa con la quale decidere a chi spetti davvero il campo di mais. Spavalda, Lepre accetta, ignara che Riccio abbia messo a punto un ingegnoso piano per arrivare primo. Certo, c’è di mezzo un piccolo inganno ma in fondo è a fin di bene: tutti (ma proprio tutti!), al termine della corsa, potranno beneficiare di un campo in cui c’è posto sì per il mais ma anche per seminare amicizia e condivisione.

Se fosse esclusivamente per la trama, La sfida di Lepre e Riccio non sarebbe che una piacevole favola illustrata di grimmiana memoria (benché l’originale avesse un finale ben più truce!). E invece ci sono due aspetti che rendono questo libro tutto fuorché ordinario. Il primo è il fatto che inquadrando con lo smartphone o il tablet il QRcode stampato sulla prima pagina, il lettore può beneficiare della lettura in Lingua dei Segni Italiana. Quest’ultima, caricata sulla piattaforma tellyourstories (www.tellyourstories.org), presenta un interprete che narra la storia attraverso i segni mentre le illustrazioni del libro gli scorrono a fianco. Il video è pulito, chiaro e realizzato in maniera esteticamente gradevole. Per garantire la piena condivisibilità del racconto, libro e video devono andare di pari passo perché il primo contiene solo il testo in italiano mentre il secondo solo il testo in LIS. Il secondo aspetto che caratterizza La sfida di Lepre e Riccio è il fatto che la fiaba cui è ispirata sia stata rielaborata in maniera tale da inserirvi degli elementi caratteristici della cultura sorda. Così, per esempio, il libro si apre con Riccio che sfida i suoi piccoli a trovare un segno in cui la mano indichi il numero tre. Analogamente, gli amici di Riccio paiono festeggiare la vittoria con un applauso “segnato”, con le mani che si muovono in alto e, fin dalla copertina, Lepre è ritratta come se stesse replicando un gesto che ne esalta la sbruffoneria e la certezza di vincere.

L’idea che sta alla base di questo lavoro, che rientra all’interno del progetto InSegnare le favole di Mason Perkind Deafness Fund, è che le storie hanno un grosso potere in termini di creazione e condivisione di immaginari: ecco, allora, che consentire ai bambini sordi di ritrovare frammenti della loro quotidianità nei racconti e ai loro compagni di entrare in contatto con quest’ultima attraverso la narrazione, significa costruire occasioni semplici ma fruttuose di scambio e incontro.

La sfida di Lepre e Riccio è acquistabile con una donazione minima di 18 (comprensiva di spese di spedizione del volume) alla Mason Perkins Deafness Fund. Maggiori informazioni sul progetto sono reperibili qui.

La-sfida-di-Lepre-e-Riccio

Mucca lupo porcello

Questo di Quenti Vijoux è un libro che fa ridere. Ma ridere, ridere, ridere, eh! Disseminato di richiami scherzosi alle favole tradizionali, Mucca, lupo, porcello mette in scena un lupo un po’ tonto, un porcello operoso e una mucca furbissima. Il lupo, come da copione, non vede l’ora di mangiarsi il porcello e, assumendo a questo scopo, le vesti più disparate – un casellante, un commesso, un postino – ci va più di una volta vicino. Questo non fa che ostacolare il progetto del porcello di costruire una solida casa in cui mettersi al riparo dagli attacchi del lupo. Per fortuna alla coppia consolidata preda-cacciatore si aggiunge la figura inattesa di mucca che interviene provvidenzialmente ad ogni tentato pranzo del lupo, accampando scuse fantasiose per nascondere la presenza dell’amico porcello. I due mettono in piedi un ingegnoso piano per tenere il lupo lontano per un po’ e ultimare così la casa del maialino: condizione fondamentale, questa, per un lieto fine festoso per tutti. O quasi…

A rendere davvero irresistibile questo libro smilzo pubblicato da Sinnos sono almeno tre cose. La prima è lo stile irriverente dell’autore che si riflette tanto nella storia quanto nei testi e nelle figure. La seconda è il tono surreale che permea l’intero racconto e che trova il suo apice nei diversi mestieri che il lupo interpreta e nelle assurde bugie che la mucca gli propina. La terza, infine, è la capacità di offrire una lettura appagante e al contempo abbordabile. Mucca, lupo, porcello condensa infatti in meno di 50 pagine una storia che viene proprio voglia di leggere, grazie alle caratteristiche sopra descritte ma anche alla cura compositiva delle pagine e ad accorgimenti tipografici che dicono al lettore “Veniamo in pace!”. Una grafica ariosa e colorata, testi brevi ma non sciatti, in maiuscolo e ad alta leggibilità e illustrazioni frequentissime e predominanti fanno del libro un delizioso volume da proporre in lettura condivisa fin dai cinque anni e in lettura autonoma, anche da parte di bambini con maggiori difficoltà legate per esempio alla dislessia, dall’inizio della primaria.

Oggi divento 2

La casa editrice Puntidivista si è fatta conoscere, negli ultimi anni, per la scelta di produrre libri il più possibile accessibili, spesso realizzati in molteplici edizioni adatte a soddisfare esigenze di lettura diverse. All’interno del suo catalogo, figura anche una collana particolarmente interessante composta da libri senza parole interamente realizzati in feltro. Questi invitano invitano il lettore a trasformare e far vivere al protagonista avventure sempre diverse, grazie a una serie di accessori attaccabili e staccabili a piacere.

Oggi divento 2 fa parte di questa collana e, così come il primo volume Oggi divento, è dedicato al tema dei mestieri. Il personaggio in copertina, anch’esso staccabile per una massima praticità di gioco, può infatti diventare un astronauta, un paleontologo, un cuoco, un professore o uno scienziato grazie agli abiti e agli strumenti relativi alle diverse professioni inseriti in ogni pagina. Facilmente riconoscibili e utilizzabili, questi ultimi possono essere attaccati senza difficoltà al personaggio o fatti interagire con esso per dare il via a vicende narrative più o meno complesse a seconda dei desideri e delle abilità del bambino.

Che sia in veste di narratore o in veste di ascoltatore, il bambino può facilmente partecipare al racconto, aggiungendo e modificando dettagli o muovendo gli elementi che fanno parte del set. L’interattività, semplice ma efficace, messa in campo dal libro diventa così una leva preziosa per far sì che il piacere della narrazione arrivi e coinvolga anche quei bambini con maggiore difficoltà di aggancio, di attenzione e di comprensione.

Apprezzabile infine, rispetto al primo volume della collana i cui pezzi facilmente potevano essere persi per strada, è il fatto che la casa editrice fornisca Oggi divento 2 corredato di un’apposita sacca in stoffa, richiudibile con due bottoni. Il trasporto del libro, con i suoi numerosi accessori, risulta così più agevole e pratico.

Yunis

Yunis è un abilissimo e generoso pasticcere. Tutti i giorni confeziona con le sue mani delizie prelibate e le lascia di nascosto in dono ai bambini del villaggio. Il suo marchio è un uccellino azzurro sulla confezione, identico all’uccellino in piume e ossa che ogni sera fa visita a Yusif nella sua cucina. Da qui il ragazzo si sposta poco, non mostrandosi in pubblico praticamente mai. Chi crederebbe, infatti, che dolci così così sopraffini e ben realizzati possano essere fatti da una ragazzo con la sindrome di Down?, pensa. Ma quando, un giorno, Yunis si ammala e il consueto pacchetto di dolci non può raggiungere i bambini, questi fanno due più due e svelano il mistero dei pasticcini dell’uccellino azzurro. Il talento di Yunis può a quel punto uscire allo scoperto, sostenuto da un atteggiamento collettivo libero dai fardelli del pregiudizio.

La storia di Yunis è semplice e a misura di piccole orecchie, seppur non avulsa da una serie di stereotipi come quello che vede i ragazzi con sindrome di Down come paladini dell’amore e dell’affettuosità. Ciò che rende il libro particolarmente interessante è piuttosto l’aspetto iconico. Le illustrazioni non temono infatti una rappresentazione schietta e riconoscibile della disabilità, peraltro qui inserita in una importante e significativa cornice di bellezza, piacere e cura.

Il libro scritto da Amal Naser e illustrato da Anita Barghigiani fa parte della collana Libri ponte sul Mediterraneo di Gallucci, realizzata in collaborazione con la casa editrice degli Emirati Arabi Kalimat. La collana si contraddistingue per la scelta di storie che vengono da lontano, raccontate sia in italiano sia in arabo. Utilissimi per agevolare la condivisione di storie in classe, tra compagni di origine diversa, ma anche in casa, tra genitori e figli con una padronanza differente della lingua italiana, i Libri ponte sul Mediterraneo muovono da un’idea di libro come connettore e detonatore di incontri a cui si ispira d’altronde anche l’intero comparto dei libri accessibili.

Gli animali della fattoria

Si potrebbe pensare che Gli animali della fattoria di François Delebecque sia un comunissimo volume sulla vita nell’aia. E invece no, il libro portato in Italia da L’Ippocampo è decisamente molto di più. Qui le pagine non si limitano, infatti, a mostrare al lettore cavalli, maiali, capre e galline disegnati ma gli offrono l’occasione di conoscere e riconoscere questi animali da vicino, da diverse prospettive e in un crescendo di complessità che asseconda le sue abilità cognitive.

Come lo fanno? Attraverso una scelta stilistica orientata alla pulizia e all’essenzialità (grandi sfondi bianchi su cui si stagliano silhouette nere), una particolare attenzione al tema della somiglianza e della varietà (animali della stessa famiglia sono affini ma non identici così come lo stesso animale può avere aspetti differenti a seconda dalla prospettiva e dal contesto in cui lo si guarda), e un impianto a finestrelle che invita all’interazione, al gioco e al confronto tra differenti forme di rappresentazione.

Ogni doppia pagina è dedicata a una diversa famiglia di animali e presenta 4-5 finestrelle – una più grande sulla sinistra e altre 3-4 più piccole sulla destra – su cui figura la sagoma nera del soggetto. Ben distinguibile anche in caso di ipovisione, questa illustra l’animale mettendone in evidenza i tratti più pertinenti. Perlopiù rappresentati di profilo nella pagina di sinistra, così da risultare più riconoscibili al primo impatto, gli animali sono proposti di fronte, a figura non intera, a gruppi o insieme a elementi di contesto nella pagina di destra: aspetto, questo, che invita il lettore a cimentarsi con operazione di riconoscimento via via più articolate e sfidanti.

Le sagome, dal canto loro, non sono disegnate a caso ma ricalcano esattamente la fotografia dell’animale nascosta sotto la finestrella. Tra il sotto e il sopra di quest’ultima si viene così a creare un gioco di richiami e rimandi che non solo diverte ma supporta efficacemente l’acquisizione di dimestichezza con forme di rappresentazione più e meno realistiche. Un’ultima doppia pagina, infine, ripropone sempre in forma di finestrella tutti gli animali incontrati dal lettore all’interno del libro, offrendogli un’ulteriore occasione di scoperta, gioco e conferma delle abilità fin lì messe alla prova.

Versatile e intrigante, Gli animali della fattoria si presta così a essere letto in molti modi diversi, rispettando e stimolando le diverse abilità dei diversi lettori.

Tutta colpa del barattolo

Prendete la fiera dell’Est e moltiplicatela per dieci: ecco a voi, in tutta la sua mirabolante prorompenza, il divertente albo illustrato di Luca Tortolini e Maria Gabriella Gasparri Tutta colpa del barattolo. Anche qui un topo, un gatto e un cane si inseguono l’un l’altro in un inarrestabile effetto a catena, ma in un crescendo stupefacente entrano poi in gioco bufali imbizzarriti, dighe crollate, cioccolato sciolto in quantità industriali e involontari spettacoli pirotecnici. Il tutto, manco a dirlo, per colpa di un barattolo calciato per noia!

Iperbolico e folle, Tutta colpa del barattolo travolge il lettore con una storia incredibile da cui è un piacere lasciarsi sorprendere. Stampato con caratteristiche di alta leggibilità come la font Leggimi, la spaziatura maggiore, la sbandieratura a destra e la presenza di un solo paragrafo (talvolta una sola frase per pagina), l’albo edito da Sinnos offre una lettura appagante e ricca, nonostante la sua brevità, grazie a una intensa ed efficace sinergia tra testo e illustrazioni.

Queste ultime, caratterizzate da grande dinamismo e da un numero limitato di colori accesi e fluo, la fanno infatti da padrone nell’aggiungere dettagli sfiziosi al racconto, dicendo molto di più di quel che esplicitano le parole. Ne vien fuori una narrazione dal forte impatto visivo, che ben asseconda la propensione di tanti lettori, riluttanti o dislessici per esempio, ad apprezzare storie che sanno essere ricchissime anche con testi piccini picciò.

Io sono blu

A righe nere e ble dalla punta del pungiglione alla punta delle zampe: così appare la protagonista del silent book Io sono blu. Mica facile, per un’ape con questo aspetto, trovare il proprio posto in uno sciame rigorosamente nero e giallo, in cui nessuno si discosta dalla norma. Soprattutto perché questa anomalia cromatica genera nelle compagne isolamento e scherni  duri da digerire.

“Perché sono così?”, sembra chiedersi allora la protagonista del libro mentre consulta manuali di enotomologia che non fanno che confermare la sua bizzarria. “E come posso rimediare?”, pare domandarsi nel disperato desiderio di farsi accettare. E così, ferri e fili alla mano, l’apetta corre ai ripari e si procura un bel travestimento: un travestimento che sembrerebbe pure funzionare all’inizio ma che a lungo andare mostra tutto il suo posticcio valore. Sarà un incontro casuale con una variegata compagnia di insetti a dare un’autentica svolta alla situazione, consentendo alla protagonista, e con lei al lettore, di scoprire che diversità può significare unicità e che là dove ognuno è libero di essere a suono modo, isolamento e scherni appaiono d’un tratto cosa assai sciocca.

Finalista del Silent Book Contest 2021 e vincitore, nell’ambito dello stesso concorso, del premio assegnato dalla giuria Junior, Io sono blu racconta una storia di diversità e accettazione che arriva in maniera molto diretta al lettore. Le situazioni in cui l’apetta protagonista viene ritratta e le emozioni che ne derivano sono infatti rese dell’autrice in modo molto efficace e riconoscibile. Irene Guglielmi è, in questo senso, molto brava, nel sottolineare con pochi tratti e senza tanti passaggi narrativi gli atteggiamenti chiave dei personaggi coinvolti.

Dopo una prima doppia pagina in cui si scorge in lontananza un grande sciame giallo in cui spicca un puntino blu, ci si trova infatti di fronte a un’illustrazione efficacissima che restituisce la grande varietà di reazioni generate dalla diversità della protagonista: stupore, diffidenza, paura, disgusto, superiorità, il tutto reso attraverso semplici posture o espressioni facciali. In questo modo non risulta difficile, per il lettore, seguire e interpretare ciò che accade dopo – la ricerca di risposte, il tentativo di sentirsi normale e farsi accettare, la curiosità accesa da altri esseri non convenzionali – facendosi guidare da un forte senso di empatia nei confronti dell’apetta. Questo, dal canto suo, agevola il lettore nelle operazioni di decodifica della storia per immagini, supportandolo in una sfida di lettura coinvolgente.

Un viaggio gattesco

Con le avventure di Merlo (che comprendono, Merlo e la merenda, Merlo e i colori, Merlo e le emozioni, Merlo e gli opposti), messe a punto da Gloria Francella e Giulio Fabroni, Sinnos ha inaugurato una proposta editoriale intrigante, innovativa e dalle interessanti possibilità inclusive. Si tratta di cofanetti composti da 12 carte ciascuno, che raccontano storie minime ed essenziali da ricomporre come un puzzle. Ogni carta presenta, infatti, un brevissimo pezzo di testo (font maiuscolo e ad alta leggibilità) sul fronte e un pezzo di illustrazione sul retro. Messe l’una accanto all’altra dal lato delle figure, le carte compongono in alcuni casi una sorta di quadro complessivo della storia e in altri un riepilogo illustrato dei diversi passaggi narrativi.

La formula delle carte è semplice ma ingegnosa perché attiva il lettore in un gioco che rende la lettura dinamica e insolita, adatta a svolgersi anche in luoghi e posizioni inconsueti. Su un tavolo, sul pavimento, su un tappeto, in cortile: i cofanetti Sinnos amano gli spazi in cui ci si può sdraiare, muovere, allargare. La lettura qui può prendere strade diverse: può procedere, per esempio, di pari passo con la ricomposizione del quadro così come può scorrere liscia fino alla fine e poi lasciare spazio al gioco. Sta al lettore decidere, e questo non solo lo rende particolarmente partecipe ma gli consente anche di godere della storia in più modalità, reiterando ogni volta il piacere della scoperta.

Alla luce di questi felici aspetti, accogliamo con gioia la pubblicazione di due nuovi confanetti. Si tratta di Un viaggio gattesco e Chi abita qui?, scritti e illustrati questa volta da Angela Cascio e Sergio Olivotti.

In Un viaggio gattesco i protagonisti sono due gatti – Lola e Gordo – che fantasticano sui mirabolanti viaggi che vorrebbero fare. Le idee non gli mancano ma per ogni proposta che gli balza in testa, vien fuori un intoppo. I due non hanno, infatti, la patente, non arrivano i pedali della bici, patiscono il caldo della savana, non sanno come trasportare gli sci… difficile muoversi in queste condizioni. Non resta che trasformare in un luogo festoso la casa: per quello bastano gli amici e gli amici, grazie al cielo, non mancano! Contraddistinto da una struttura iterata che porta sorrisi, Un viaggio gattesco invita a immaginare nuove mete e nuovi intoppi, in un viaggio fantastico potenzialmente senza fine e sempre diverso.

Chi abita qui?

Con le avventure di Merlo (che comprendono, Merlo e la merenda, Merlo e i colori, Merlo e le emozioni, Merlo e gli opposti), messe a punto da Gloria Francella e Giulio Fabroni, Sinnos ha inaugurato una proposta editoriale intrigante, innovativa e dalle interessanti possibilità inclusive. Si tratta di cofanetti composti da 12 carte ciascuno, che raccontano storie minime ed essenziali da ricomporre come un puzzle. Ogni carta presenta, infatti, un brevissimo pezzo di testo (font maiuscolo e ad alta leggibilità) sul fronte e un pezzo di illustrazione sul retro. Messe l’una accanto all’altra dal lato delle figure, le carte compongono in alcuni casi una sorta di quadro complessivo della storia e in altri un riepilogo illustrato dei diversi passaggi narrativi.

La formula delle carte è semplice ma ingegnosa perché attiva il lettore in un gioco che rende la lettura dinamica e insolita, adatta a svolgersi anche in luoghi e posizioni inconsueti. Su un tavolo, sul pavimento, su un tappeto, in cortile: i cofanetti Sinnos amano gli spazi in cui ci si può sdraiare, muovere, allargare. La lettura qui può prendere strade diverse: può procedere, per esempio, di pari passo con la ricomposizione del quadro così come può scorrere liscia fino alla fine e poi lasciare spazio al gioco. Sta al lettore decidere, e questo non solo lo rende particolarmente partecipe ma gli consente anche di godere della storia in più modalità, reiterando ogni volta il piacere della scoperta.

Alla luce di questi felici aspetti, accogliamo con gioia la pubblicazione di due nuovi confanetti. Si tratta di Un viaggio gattesco e Chi abita qui?, scritti e illustrati questa volta da Angela Cascio e Sergio Olivotti.

Chi abita qui? fotografa i peculiari inquilini di un delizioso condominio, a ciascuno dei quali è dedicata una carta. Ci sono la dottoressa, il pescatore, l’imbianchina, il violinista e tanti altri, secondo una distribuzione delle professioni tra i generi attenta a non alimentare pregiudizi e cliché. La cosa interessante di questo cofanetto è la possibilità di costruire combinazioni narrative sempre diverse che delineano inattesi rapporti sentimentali, di amicizia, professionali o di semplice buon vicinato. Ogni carta presenta infatti un personaggio, indicandone la professione e un’azione ad essa legata, sempre rivolta a qualcun altro. Questo qualcun altro è lasciato in sospeso, consentendo al lettore di sceglierlo a piacere. Così, per esempio, Pino il postino può consegnare lettere d’amore a Marta la sarta, a Carlotta la poliziotta ma anche a Martino il Ciabattino o a Mario il bibliotecario e via dicendo. E questi a loro volta potranno cucire camicie, indicare la strada, fare calde pantofole e prestare libri ad altrettanti fortunati destinatari, in un intreccio di legami che è un inno leggero all’invenzione fantastica e alla coltivazione delle relazioni.

10 cani in città

Che spasso, 10 cani in città! Nato dalla matita folleggiante di Charles Dutertre, l’albo edito da Sinnos è  un concentrato di invenzioni bizzarre, piccole narrazioni urbane dai tratti surreali e figure particolareggiate tra le quali sostare, zigzagare e sfidarsi a lungo.

Qui si seguono in particolare le avventure di Camillo, un bambino che decide di inoltrarsi in città dove pare si aggirino in totale libertà dieci cani. A ogni doppia pagina, che ritrae Camillo in una cornice diversa, i cani aumentano (uno nella prima, due nella seconda e via dicendo…) e il lettore è invitato a scovarli insieme ad altri oggetti (tre per doppia pagina) più o meno evidenti, più o meno bislacchi.

E così, sull’autobus come al museo, in biblioteca come al mercato, chi legge si può scatenare nella ricerca delle cose più disparate, dai granchi che leggono i libri ai gatti coi bigodini. Già, perché la città immaginata e dipinta dall’autore è tutto fuorché ordinaria, al punto che, tra le sue pagine ci abituiamo presto a veder passare pinguini imparruccati, palombari, lupi di mare e cowboy. Meno abituati a tanta stranezza sono invece i genitori di Camillo che, tornati a casa proprio all’ultima pagina, scoprono loro malgrado che cani e cittadini possono continuare le loro folli avventure anche in un comune appartamento. Il loro!

Dal punto di vista dell’accessibilità, 10 cani in città adotta una formula davvero vincente. Non solo infatti il libro presenta alcune caratteristiche di alta leggibilità che lo rendono amichevole anche in caso di dislessia, ma inserisce il meccanismo del cerca-trova all’interno di una micro-narrazione, così da incentivare senza sforzo l’avanzare della lettura.

Forte di pagine fittissime e ricche di dettagli tutti da scoprire, l’albo di Charles Dutertre invita inoltre a un’esplorazione della pagina del tutto personale, in cui le cose da guardare, da vedere e da gustare sono decisamente più numerose di quelle indicate dal testo. Ecco allora che la lettura visiva, così congeniale a tanti lettori riluttanti o fragili, viene incessantemente solleticata. Il tratto dell’autore, ricco di inventiva, humour e colore dà vita, infatti, a pagine brulicanti di fronte alle quali c’è sempre qualcosa di nuovo e di insolito da rilevare. Questo, unito alla capacità di creare continuità narrativa tra le pagine, attraverso personaggi che tornano con costanza, cambiando magari solo d’abito, rende la narrazione per immagini prima e più che per parole un’avventura irresistibile.

Signor Orso ha fame

A un grande letargo segue necessariamente un grande appetito, e infatti, risvegliatosi da un lungo sonno, il signor Orso si ritrova con lo stomaco piuttosto brontolante. Inesperto e un po’ tontolone, tuttavia, Orso non riesce a trovare la colazione adatta a lui e anche l’aiuto del suo amico riccio Filippo sembra portare a ben pochi risultati. Fiori, bambù, carote e cortecce lasciano a desiderare ma talvolta (Newton insegna!), quando si è perseveranti, le soluzioni possono cascare dal cielo!

Con la consueta dose di genuinità e candore, i personaggi creati da Alice Campanini si trovano coinvolti in piccole avventure che mettono alla prova la loro inventiva e i loro rapporti di amicizia. Il riccio Filippo, già presente in Un riccio per amico e di Bosco dove sei?, in questo è maestro: la sua generosità e il suo prendersi cura degli altri sono, infatti, il motore di tutti i racconti che lo vedono protagonista.

Semplice e iterato nella struttura narrativa, Il signor Orso ha fame presenta un testo non troppo asciutto ma nemmeno troppo complesso: un giusto equilibrio per lettori che non manifestino grandi difficoltà a seguire storie di una certa lunghezza e a comprendere frasi in cui non mancano espressioni metaforiche e costruzioni con una o più coordinate e/o subordinate.

I simboli impiegati, come da modello in-book, sono i WLS, il che garantisce una certa flessibilità e ricchezza espressiva. Riquadrati e dedicati a singoli elementi lessicali, i simboli sono fisicamente inseriti sulle stesse pagine in cui compaiono le illustrazioni, continuando però a risultare molto leggibili. La composizione grafica appare infatti equilibrata e non confusiva.

Scuficchiando

Quale bambino può dirsi immune al fascino irresistibile di borse e borsette dal contenuto imperscrutabile? Probabilmente nessuno! Se c’è una cosa che attira magneticamente la curiosità dei più piccoli sono proprio quegli accessori in cui gli adulti custodiscono cose attraenti, spesso preziose e proibite, di certo misteriose. Ecco allora che un libro tattile come Scuficchiando, che dello zaino ha proprio la forma e che  di borse e affini fa oggetto di narrazione, parte già in pole position per stuzzicare dita e occhi desiderosi di esplorare.

Il libro di Marilena Del Monte e Moira Diletta si presenta al lettore che una veste decisamente originale e ben poco somigliante a quella di un libro tradizionale. Dotato di una maniglia e di una chiusura in metallo come un vero e proprio zainetto di grosse dimensioni e dai colori fluo, il volume di impone all’attenzione del lettore scatenando un immediato desiderio di saperne di più. Quello è davvero un libro? Come mai è così grande? E cosa può nascondervisi dentro?

Il mistero è presto svelato! Aprendo lo zaino, ci si trova davanti 6 doppie pagine in stoffa, ciascuna contraddistinta da un testo a grandi caratteri in nero e in Braille sulla sinistra e da una diversa borsa sulla destra). Le borse sono capienti, variegate, vistose: un invito a nozze, praticamente, per chi non resista alla tentazione di rovistare e trovare piccoli grandi tesori. Il libro procede dunque come una carrellata di accessori di possesso dei vari familiari del bambino narrante. In ciascuno, questi è solito frugare con un preciso obiettivo: trovare qualcosa di ghiotto nella borsa della nonna, le cuffiette per la musica in quella del papà, l’oggetto di qualche dispetto in quello della sorella e via dicendo…

Nel descrivere in rima ciò che contraddistingue ogni borsa, il testo offre indizi eloquenti (ma mai del tutto svelanti) di ciò che il lettore potrà trovarvi dentro. La sua esplorazione sarà così, dunque, guidata ma non monotona: un incentivo non da poco in una pratica tutt’altro che semplice come quella della decodifica tattile. A questo scopo concorre inoltre la scelta di inserire all’interno delle borse degli oggetti reali che il bambino possa riconoscere come familiari e decifrare in maniera meno ostica.

Intrigante, appariscente e stuzzicante, Scuficchiando non passa senza dubbio inosservato e fa della lettura tattile un gioco tutt’altro che noioso. Un gioco, peraltro, che si presta a essere condiviso anche all’interno di un gruppo di pari dal momento che la dimensione del libro e la struttura delle immagini consente agevolmente un’esplorazione a più dita.

Il sogno di Max

A bordo di un pullmino stipato fino all’orlo (sfidiamo, noi, a far stare altrimenti cinque elefanti in un solo mezzo!) che viaggia in mezzo alla pioggia, l’elefantino Max si accinge a tornare da scuola. A differenza dei suoi compagni, che una volta scesi gioiscono di spruzzi e cascate d’acqua, Max non è affatto felice. Quella pioggia guastafeste gli impedirà di godersi il pomeriggio al luna park, in compagnia del papà e con un bel palloncino rosso attaccato alla proboscide. Che peccato! Eppure quel sogno è così forte e desiderato che dal palloncino rosso fiammante Max si lascia chiamare e trasportare lontano, in una bella giornata di sole, in cima alle giostre più belle. È successo davvero o Max se lo è solo immaginato? Difficile dirlo, soprattutto se il sogno finisce per essere condiviso con il papà…

Tutto giocato sul contrasto tra il bianco e il nero delle illustrazioni a matita e il rosso fiammante del palloncino e di alcuni dettagli delle giostre, Il sogno di Max racconta una graziosa storia per immagini che sa di famiglia, di fantasia e di libertà.  Oltre a dirci tra le righe che non dobbiamo per forza essere tutti uguali e a raccontarci quanto un sogno possa unirci e portarci lontano, il libro di Imbrattacarta offre un’opportunità di lettura visiva interessante in cui i vari passaggi narrativi non sono scontati ma richiedono una certa attenzione da parte del lettore a cogliere e interpretare dettagli minimi come espressioni del volto, inquadrature e posizioni.

Zoe Salvamondo (collana)

Zoe Salvamondo è una bambina curiosa, intraprendente e piuttosto incline a partecipare in maniera attiva alle faccende della comunità, piccola e grande, di cui fa parte. Il personaggio creato da Ruggero Poi e Alice Rossi incarna di fatto l’idea che non si è mai troppo piccoli per fare la propria parte e così, attraverso storie create ad hoc, la bambina conosce, sperimenta soluzioni e fa propri gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU: traguardi per lo sviluppo sostenibile che spaziano dalla tutela dell’ambiente all’educazione, dalla riduzione delle disuguaglianze alla cultura della pace.

In Zoe Salvamondo e la melenzana melanzanissima, per esempio, la protagonista esplora il tema della costruzione di città e comunità sostenibili (obiettivo 11). Lo fa spinta dal desiderio di preparare una deliziosa parmigiana di melanzane: occasione che la porta a conquistare una piccola isola verde in mezzo al traffico cittadino, a scontrarsi con la grande quantità di rifiuti, in parte superflui, che ogni giorno tutti noi produciamo, a fare la conoscenza di alberi che hanno un nome e a sperimentare quanto possano essere proibitive per il movimento e lo svago dei bambini le vie di una città.  Sul terrazzo del nonnino, infine, la bambina scopre che piccoli gesti di cura possono aiutarci a dare spazio a quelle creature come le api che altrimenti rischiano di scomparire dai nostri spazi a tutto cemento e come proprio quella cura costituisca il segreto di verdure buonissime, che più buone non si può!

In Zoe e il vestito di arancia, invece, a far da motore per il racconto è l’obiettivo dedicato al consumo e alla produzione sostenibili (obiettivo 12). Qui Zoe è intenta a cercare il regalo di compleanno perfetto per la sua amica Tilde. Difficile trovare qualcosa di meglio di un vestito originalissimo fatto di arance. Ma l’entusiasmo di Zoe in favore del pianeta non si ferma qui: insieme a lei a ai suoi amici, carte e pacchi dei regali diventano il materiale perfetto per costruire cartelli colorati e dar vita a un corteo di bambini. Un modo, questo, per dire a gran voce che il gioco dell’Usariusa è bellissimo e che anche gli adulti dovrebbero proprio provarlo!

Le storie di Zoe Salvamondo sono confezionate in collaborazione con la Fondazione Pistoletto e pubblicate da Beisler in forma di albo con caratteristiche di alta leggibilità. Font Testme, spaziatura maggiore e sbandieratura a destra caratterizzano da un punto di vista visivo, testi abbastanza semplici, dalla struttura lineare e perlopiù paratattica, ideali per prime esperienze di decodifica autonoma. Il racconto è piuttosto piano, privo di veri e propri guizzi inventivi, e accompagnato da illustrazioni vivaci che hanno un ruolo preminente e supportano in modo efficace la lettura.

Nelle vicende cittadine di Zoe, in cui trovano spazio personaggi ricorrenti come gli amici Tito e Tilde o il gatto Smangiucchio, questioni importanti e di spessore come quelle al centro dell’Agenda 2030 assumono una forma concreta e apprezzabile anche da bambini della scuola primaria. In questo senso i libri di Zoe offrono uno strumento interessante anche e soprattutto per un eventuale sviluppo del tema a livello scolastico.

Il bottone Tommasone

Il bottone Tommasone è un libro tattile illustrato che ben si presta a prime esplorazioni con le dita e a primi semplici incontri con il Braille.

Contraddistinto da una storia molto lineare, breve e piana in cui un bottone curioso e monello si infila in diversi tipi di indumenti fino a calzare un paio di scarpette e scappare via, il libro agevola la comprensione e l’appropriazione dei contenuti da parte del giovane lettore attraverso diversi accorgimenti tra cui l’applicazione sulla pagina di oggetti reali (i vari indumenti in cui Tommasone si infila) in luogo della loro rappresentazioni; la predilezione per testi minimi, denotativi e in rima; la precisa corrispondenza tra testo e illustrazioni e la possibilità di far fisicamente muovere il bottone protagonista – realizzato come un tondo di qualche centimetro di diametro – dentro gli abiti indicati.

Vestite (letteralmente!) di jeans, le pagine del libro presentano oltre al testo e all’indumento di volta in volta attraversato, anche una traccia in rilevo che evidenza il percorso – talvolta a zigzag, talvolta lineare e talvolta a balzi – seguito dal bottone e, con lui, praticabile dal bambino.

El conejo blanco

Andare a raccogliere i cavoli per fare la zuppa, tornare a casa e trovare una capra capraccia che se ne è deliberatamente impossessata. Ohibò, questo sì che è un brutto fatto! Ecco allora che il piccolo coniglio bianco, a cui questa disavventura è effettivamente capitata, si ritrova a vagare per la campagna alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo. E se non può contare sul bue, sul cane e sul gallo, perché troppo fifoni, il protagonista troverà per fortuna un insospettabile alleato nella formichina: non c’è trippa che tenga, i suoi pizzichini fanno scappare persino le capre capracce!

Divertente e capace di capovolgere le attese, Il piccolo coniglio bianco ha dalla sua ha dei personaggi buffissimi, una narrazione che fa un uso spassoso dell’iterazione e un linguaggio teneramente colloquiale che lo rendono efficacissimo per una lettura ad alta voce. Questi aspetti, insieme alla grafica piuttosto ordinata, hanno senz’altro giocato la loro parte nella scelta del volume, tra quelli editi da Kalandraka, per la traduzione in simboli da inserire all’interno della collana I libri di Camilla.

Ma quella curata da Uovonero non è in realtà la primissima versione in simboli dell’albo di Xosé Ballesteros e Óscar Villán. La stessa casa editrice Kalandraka, infatti, propone da anni in Spagna una collana di libri adattati e simbolizzati grazie alla collaborazione dell’associazione B.A.T.A e tra questi figura proprio anche El conejo blanco. Pioniera in questo settore, la collana Makakinos mira a facilitare la lettura a vantaggio di quei bambini che altrimenti ne resterebbero esclusi. Gli accorgimenti messi in campo in questo senso sono diversi. Non solo infatti il testo alfabetico viene affiancato dai simboli PCS corrispondenti ma è altresì oggetto di alcuni rimaneggiamenti volti a semplificare le frasi e ridurre le espressioni metaforiche di più difficile comprensione. Anche le illustrazioni, dal canto loro, sono rilavorate in modo da risultare il più possibile aderenti al testo che accompagnano.

Rispetto al lavoro di adattamento fatto per I libri di Camilla, questo spagnolo privilegia decisamente la fruibilità anche in caso di difficoltà cognitive rispetto all’aderenza all’originale. È interessante notare, inoltre, come in questo caso si prediliga l’uso di simboli dallo sfondo colorato e come il testo che accompagna il pittogramma all’interno del riquadro non sostituisca il testo originale ma offra una sorta di alternativa, più semplice e lineare.

Io sono

Ci sono tanti dettagli che rendono Io sono, libro tattile illustrato firmato da Daniela Galluzzo e Florence Ursino, originale e interessante.

C’è la scelta di costruire le pagine in legno, funzionale ad illustrazioni che paiono incorniciate e perfetta per raccontare una storia che profuma di natura.

C’è la selezione di materiali semplicissimi ma estremamente evocativi: la terra ruvida, il fagiolo liscissimo, il cielo che suona insieme al vento e la pioggia fredda e sfuggente ed eppure palpabile.

C’è un racconto breve che dice cose reali e scientifiche come lo sviluppo di un seme ma che lo fa con uno sguardo incantato in cui la crescita del fagiolo si fa metafora della crescita di qualunque bambino.

Ecco allora che con la semplicità e il forte impatto che sono caratteristici dei libri tattili ben riusciti, Io sono si presta a letture che solleticano le dita e la curiosità, che invitano a tracciare percorsi di approfondimento scolastici ed esplorazioni appassionate in mezzo alla natura.

Il libro, che ha partecipato all’edizione 2017 del concorso di editoria tattile Tocca a te, è rilegato in maniera insolita con tre anelli di metallo che consentono alle pagine di legno di essere aperte e chiuse con agio. Spesse e resistenti, queste ultime facilitano la sfogliatura autonoma anche laddove siano presenti difficoltà nella motricità fine.

Ogni doppia pagina presenta sulla sinistra il testo in nero seguito dal testo in Braille stampato in toni scuri e dunque di grande efficacia in un eventuale lavoro di sensibilizzazione alla lettura con le dita rivolto a bambini vedenti. Sulla pagina di destra si trovano invece le illustrazioni tattili che risultano e risaltano come incorniciate da uno spesso sfondo azzurro che perlopiù contiene i materiali tattili sagomati, delimitandone bene i confini e contribuendo a prolungarne la resistenza sulla pagina anche dopo molteplici esplorazioni

Il girasole

È una primavera di festa, quando sbocciano case editrici come Dieciocchi: piccole gemme di cura, ingegno e creatività che arricchiscono e rinnovano il panorama dei libri accessibili. Frutto dell’iniziativa coraggiosa e tenace di Valentina Lungo ed Enrico Delmastro, Dieciocchi è specializzata della produzione di libri tattili illustrati che risultino il più ampiamente fruibili, che mescolino lettura e gioco e che declinino l’aspetto dell’accessibilità in un senso anche economico. Una mission impossible, praticamente, che i due editori però hanno iniziato a perseguire con grande intelligenza con la loro prima riuscitissima pubblicazione intitolata Il girasole.

Il libro si presenta con pagine alte e strette, colore giallo acceso e semplicità di tratto e di parola: caratteristiche estetiche e compositive che richiamano immediatamente i tratti slanciati, vivaci e poco pretenziosi del fiore protagonista, creando un’invisibile ma percepibile connessione tra il dentro e il fuori, tra la forma e il contenuto. Dapprima solo un seme e poi pian piano cuore di una piccola magia, il girasole viene accompagnato dalla nascita allo sbocciare finale, in una serie di passaggi che sposano divulgazione, interpretazione poetica e praticissima esperienza.

Il libro non si accontenta, infatti, di raccontare il ciclo vitale del fiore, ma lo presenta con un tocco metaforico e invita concretamente il lettore a prendere parte alla sua “danza” naturale, trasformando quanto letto in una possibilità reale. Con i semi che si nascondono in fondo al libro, parole e figure possono prendere corpo in un vaso o giardino non più fatto di carta. Con questo espediente che prolunga e porta la lettura al di fuori della pagina, Il girasole mette radici su di un terreno fertilissimo e forse poco battuto dall’editoria tattile, come quello del gioco e del coinvolgimento attivo del lettore in una dimensione che superi la semplice esplorazione delle figure e amplifichi l’eco conoscitivo e immaginativo della lettura.

Ma c’è anche un’altra interessante sperimentazione che Il girasole porta avanti nelle poche pagine che lo compongono e che riguarda nello specifico le illustrazioni. Queste sono in primo luogo realizzate in modo da risultare significative e leggibili senza dover ricorrere al collage di diversi materiali ma basandosi, al contrario, sul solo uso del cartone spesso: caratteristica, questa, che consente anche ai costi di risultare estremamente bassi e accessibili (meno di 30 euro!), a dispetto di quanto normalmente accade nell’ambito dei libri tattili.
In secondo luogo, le illustrazioni richiamano per semplicità e linee l’aspetto caratteristico dei pittogrammi usati nei libri in simboli. Quello che si viene così a creare è un ponte interessante e tutto da esplorare tra mondi diversi ma ugualmente legati al tema dell’accessibilità della lettura.

Raffinatamente semplice, maneggevole, sorprendente e accessibile, Il girasole è un libro tattile che merita lunga vita e che speriamo non sia che il primo piccolo seme di una produzione editoriale destinata a fiorire.

Le petit poucet

La collezione Raconte à ta façon è, già nel titolo, un piccolo manifesto di lettura che condensa bene la filosofia dei silent book. Raccontare la storia alla propria maniera, a piacimento insomma, è infatti una delle caratteristiche che rendono i libri senza parole così intriganti e così accessibili poiché ciascuno può trovarvi la sua personalissima strada per dare forma al racconto. Ma la collezione di Flammarion va forse anche un poco oltre perché i silent book di cui si compone, tutti dedicati a fiabe tradizionali, asciugano a tal punto la storia di base, grazie a una rappresentazione simbolica  ed essenziale di personaggi, oggetti e ambienti, che restituiscono davvero al lettore la massima libertà narrativa.

Nel caso di Le Petit Poucet, per esempio, gli umani sono rappresentati come triangolini di doversi colori mentre gli elementi chiave della storia – dai sassi agli stivali, dal letto alle molliche di pane – trovano rappresentazione in forme stilizzatissime. Questo fa sì che anche una fiaba arcinota come questa (o come Riccioli d’oro, Cappuccetto RossoI tre porcelliniIl gatto con gli stivali per citare alcuni altri titoli della collana) possa ritrovare una veste nuova e un’interpretazione originale capace di gettare nuovi semi e nuovi stimoli nell’immaginario del lettore.

Inoltre, l’accessibilità dettata dall’assenza di parole si rafforza qui in virtù di una rappresentazione minimal e del tutto priva di fronzoli che aiuta il lettore a non perdersi: caratteristica, questa, che predisporrebbe infine il volume anche a un’agevole trasposizione tattile così come dimostrato in passato dal magistrale lavoro di Les Doigts Qui Rêvent sul Cappuccetto Rosso di Warja Lavater.

Due piccoli orsi

La monelleria è probabilmente qualità imprescindibile di ogni cucciolo, qualunque sia la sua specie di appartenenza. Al pari di due piccoli d’uomo, i due orsetti protagonisti dell’albo di Ylla fanno infatti appena in tempo ad ascoltare le raccomandazioni di mamma orsa che già si lanciano per i prati, allontanandosi dalla tana in cui sono appena nati. Come resistere d’altronde? Ci sono capriole da fare, fiori da annusare, foglie da rosicchiare, boschi in cui inoltrarsi. E così, quando i due orsi iniziano a sentire la mancanza della mamma, la strada che li separa da casa è ormai irriconoscibile. Nessuno degli animali sconosciuti incontrati per caso, d’altro canto, sembra poterli aiutare: né, il vitello, né il cavallo, né tantomeno il piccolo pulcino. Sarà inaspettatamente la burbera cornacchia a dar loro un aiuto determinante per ricongiungersi alla mamma. Un lieto fine, questo, che ha tutto il sapore di un preludio a una nuova insospettabile marachella!

Due piccoli orsi unisce un testo lineare e senza troppi orpelli a immagini fotografiche in bianco e nero di grande intensità. Ylla è stata infatti una straordinaria fotografa, con una speciale e specifica passione per gli scatti dedicati agli animali. Capace di coglierli con grande naturalezza in momenti di gioco, relazione e interazione con il contesto naturale, l’artista di origini croate aveva uno spiccato talento per immortalare gesti ed espressioni in cui l’umano potesse in qualche modo riconoscersi e per collocarli all’interno di una narrazione compiuta e coinvolgente. Ecco allora che i suoi lavori, di cui I due orsi sono un esempio significativo che speriamo non resti isolato, continuano a offrire occasioni di lettura insieme spiazzanti e rassicuranti.

Due piccoli orsi è infatti un albo con quasi settant’anni sulle spalle ma che porta una straordinaria ventata di novità nel panorama editoriale italiano. La scelta di Ylla di unire al testo delle immagini fotografiche è infatti assolutamente insolita in un settore come quello della non-fiction che, almeno nel nostro paese, si tiene ben saldo a modelli di illustrazione consolidati e riconosciuti come familiari dal pubblico. E proprio questa inconsueta soluzione apre non solo nuove e intriganti possibilità narrative ma anche a nuove e preziose possibilità di accesso alla lettura. La presenza di immagini che, pur non lesinando sulla componente espressiva, prediligono un medium aderente al reale come la fotografia, fa sì che il racconto nella sua componente iconica risulti di più agevole fruizione anche da parte di quei bambini che hanno difficoltà di astrazione e di decodifica di illustrazioni troppo confusive o distanti dall’esperienza reale. Ecco allora che un tipo di immagine finora impiegata quasi esclusivamente (e comunque sempre in minima quantità) all’interno di imagier o libri semplicissimi per la prima infanzia, assume qui un ruolo del tutto nuovo, per accompagnare un racconto ben più strutturato e contribuire a comporre un volume ben più corposo. Perché fruibilità del mezzo non significa necessariamente semplicità del contenuto. E gli orsi di Ylla ne sono una chiara e bellissima prova.

Giallo, rosso, blu

Anche quando i libri sono progettati appositamente per i piccolissimi e sembrano all’apparenza molto semplici, la loro reale accessibilità da parte dei bambini non è né automatica né scontata. Il testo, per quanto mediato dall’adulto, può non risultare così lineare. Le immagini, dal canto loro, possono richiedono un processo di decodifica tutt’altro che banale, in conseguenza di numerosi fattori tra cui il tipo di soggetto scelto, la tecnica utilizzata per riprodurlo sulla pagina e il numero di dettagli presenti.

Alla luce di questa premessa, lavori meticolosi, accurati e rispettosi come quelli di Tana Hoban brillano per la loro qualità che, non a caso, fa molto spesso rima con accessibilità. L’artista americana, molto attiva negli anni settanta con una vastissima produzione di volumi pensati per la primissima infanzia, propone infatti libri che fanno perno sulle immagini fotografiche per costruire connessioni, giochi di accostamento, percorsi di riconoscimento e pensiero che assecondano e nutrono delle competenze di decodifica visuale necessariamente in crescita.

Giallo, rosso, blu, portato di recente in Italia da Camelozampa, è proprio uno di questi libri.  Cartonato dalle dimensioni ridotte, adatte a piccole mani, e dalle pagine robuste ma non troppo spesse, il libro dedica ogni pagina a un colore, associando la parola che lo indica, stampata a grandi caratteri colorati (nella tinta corrispondente), un pallino colorato (sempre nella tinta corrispondente) e la fotografia di un oggetto che di quel colore sia un valido rappresentante. Così, per esempio, sulla prima pagina spicca una sveglia rossa sotto cui si trova un pallino rosso e la parola “ROSSO” in rosso scritta.

Colori e soggetti scelti sono dieci in tutto: oltre alla sveglia, un guanto, una scarpa, un fiore, un’arancia, una foglia, un peluche, una piuma, un gattino e un coniglio. Oltre a essere tutti piuttosto comuni e a incontrare dunque facilmente la quotidianità del piccolo lettore, gli oggetti si stagliano netti sulla pagina, senza inutili dettagli che possono essere fonte di distrazione e secondo un’inquadratura che agevola il più possibile il riconoscimento. Così, per esempio, il coniglio è ripreso di muso, la scarpa di tre quarti e il guanto di piatto.

Queste attenzioni tutt’altro che casuali, unite alla scelta del medium fotografico che avvicina con precisione la pagina alla realtà, fa sì che Giallo, rosso, blu possa essere facilmente decodificato e goduto anche da bambini che fatichino più di altri ad astrarre o a districarsi su pagine troppo affollate e ricche.

Storie sulle dita

Definire Storie sulle dita semplicemente un libro tattile è a dir poco riduttivo. Perché oltre a questo, il titolo edito dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi è anche un libro senza parole, un gioco, uno strumento versatile per inventare, raccontare e ascoltare storie. Non stupisce dunque che il lavoro di Cristina Rivoir e Federica Bertagna abbia vinto il concorso di editoria tattile Tocca a te! nel 2019, conquistando la giuria per la sua originalità e versatilità.

Storie sulle dita si presenta come una solida scatola in legno, dotata di comodi manici e dipinta di un blu vivace su cui spiccano in giallo le lettere del titolo. Al suo interno stanno comodamente riposte due cose: un libretto dalle pagine in compensato, ciascuna dotata di un pezzetto di velcro, e un set di schede in compensato, ciascuna dedicata a un’illustrazione tattile.  Composte da oggetti reali o più frequentemente realizzate a collage materico, queste vanno da una bacchetta magica a un uccello, da una chiave a una ragnatela, da un orologio a un puzzle, in un mix di quotidiano e fantastico dall’enorme potere generativo. Nessuna parola, né sul libro né sulle schede: perché le storie possono nascere anche solo dalle figure e solo in un secondo momento trasformarsi in un racconto verbale.

A partire da questa dotazione, gli usi che si possono fare di Storie sulle dita sono molteplici: si possono scegliere le schede predilette e usarle per comporre il proprio libro, si può costruire una storia a partire da schede scelte a caso, si può giocare a indovinare la storia immaginata da un compagno e via dicendo…

La forza di questo progetto editoriale, così curato e così eclettico, sta proprio nel suo essere insaturo, nel suo accogliere cioè modalità d’uso e di appropriazione diverse che possono essere calibrate sulla situazione, sul contesto, sulle abilità dei partecipanti e sull’inventiva di chi propone l’attività. Dalle  schede che compongono il set possono nascere, così, non solo centinaia di storie diverse ma anche decine di modalità di esplorazione fantastica differenti, all’interno delle quali tatto e immaginazione interagiscono in maniere inaspettate.

Difficile, a quel punto, resistere alla tentazione di sperimentare nuovi binomi (tattili) fantastici, percorrere sentieri fiabeschi nutriti di sensazioni tangibilissime e lasciarsi trasportare dal piacere di mettere alla prova le proprie mani e la propria creatività. Perché a tutti noi è capitato di avere una parola o una storia sulla punta della lingua. Ma solo i più fortunati, conoscitori di questo prezioso cofanetto, potranno dire di averla avuta sulla punta delle dita!

Indovinello

Un libro che si intitola Indovinello non può certo lesinare sulle sorprese ma difficilmente il lettore di questo libro si aspetta tutta l’imprevedibilità che si nasconde sotto la copertina. Questa, in primis, cela un che di inaspettato: quello che potrebbe sembrare un tomo tozzo e massiccio dalla raffinata copertina in pelle, si rivela in realtà essere un contenitore. Ohibò, Indovinello è dunque un libro in scatola!

Non solo. Indovinello è un libro che non si sfoglia. Arrotolato, infatti, su sé stesso, il libro di Elodie Maino presenta un lato liscio in similpelle e un lato più ruvido in carta da pacchi. Su quest’ultimo è apposta una striscia centrale in stoffa bianca su cui poggiano le illustrazioni tattili. La speciale forma del libro non è meramente estetica o pensata per spiazzare il lettore, bensì risulta funzionale a uno svelamento progressivo del testo e delle immagini.

A fronte di un cartellino che recita (in nero e in Braille): “Indovinello: sono piccolo e tondo. Chi sono?”, il libro fa via via comparire una serie di oggetti che potrebbero risolvere l’enigma. Questi si accompagnano dal canto loro a un testo che consente man mano di aggiustare il tiro e restringere il campo delle soluzioni. L’oggetto misterioso si scopre infatti essere più piccolo di un pompon ma meno di un confetto, più elegante di un tappo non destinato al naso o alla bocca, simile a una perla e… lungi da noi svelare gli ultimi decisivi indizi!

Simpatico a coinvolgente, soprattutto nell’ottica di una scoperta esclusivamente tattile, Indovinello vanta testi minimi e amichevoli che si accompagnano in maniera puntuale a illustrazioni di facile decodifica. Queste ultime sono infatti realizzate con oggetti reali (gli stessi citati poco più su) invece che con collage di materiali: aspetto questo che agevola il bambino nel riconoscimento dei soggetti. Il libro si presta in questo modo a solleticare e appagare lettori vedenti e non vedenti anche non molto esperti nella pratica dell’esplorazione tattile, offrendo loro un interessante mix tra prevedibile e inatteso. La singolare forma del volume, inoltre, lo rende particolarmente funzionale anche a letture collettive, per esempio in classe o in biblioteca.

Rolando Lelefante sulla neve

Ganzo più che mai, Rolando Lelefante torna in pista. Letteralmente. Nel nuovo libro di Louise Mézel targato Sinnos e dedicato ai lettori alle prime armi, l’irresistibile elefantino è immortalato tra slalom giganti e discese in slittino. Perché se la montagna è bella, tutto è più divertente quando nevica, e se c’è da divertirsi certo Rolando non si tira indietro. La sua personale filosofia di vita (di cui senza dubbio siamo già adepti!), fatta di ricchissime prime colazioni, bagni caldi e un giusto mix di attività contemplative e passatempi avventurosi, lo porta a godere a pieno di ogni stagione e a sfoggiare una contagiosa predisposizione per il savoir-vivre.

Costruito intorno a una tipica giornata invernale del protagonista, Rolando Lelefante sulla neve ci porta a seguirlo tra i piaceri della vita da assaporare con giacca e cappello. Come i volumi precedenti (Ecco a voi Rolando Lelefante e Rolando Lelefante legge), anche questo sposa alle caratteristiche di alta leggibilità del testo, quali font leggimi, spaziatura maggiore e sbandieratura a destra, una mirabile essenzialità compositiva. Le illustrazioni sono infatti leggere nel tratto e capaci di cogliere con poche linee sottili e qualche guizzo di colore tutto il dinamismo della vita di Rolando. Pulite e ariose, le pagine accolgono inoltre testi perfetti per coccolare e appagare i lettori meno esperti e/o con dislessia. Frasi minime, in numero ridottissimo e stampate in maiuscolo offrono infatti una lettura esemplare per chi inizia ad approcciarsi da solo alla parola scritta.

Lo zainetto di Matilde

Quello trascorso insieme ai nonni è spesso un tempo speciale. È un tempo lento, prima di tutto, ed è un tempo totalmente gratuito e votato al piacere di fare e stare insieme. Quando il nonno va a prendere Matilde a scuola, per esempio, davanti a loro si parano pomeriggi interi al parco, in giro per la città, a gustare merende, a cucinare biscotti e a disegnare su grandi fogli bianchi. Non ci sono rincorse, scadenze o incastri di impegni: ci si può attardare a coccolare un cane per strada o a osservare un uccello sui rami, si può fare un pisolino e ci si può rilassare, ciascuno a suo modo, condividendo uno spazio che sa di cura e di tenerezza. Certo, quando mamma e papà escono da lavoro e arriva il momento di tornare a casa, è dura. Chi avrebbe voglia di dire “Arrivederci” a una compagnia così piacevole? E così Matilde si nasconde, tiene il muso, punta i piedi… per fortuna c’è il nonno che, con una sorpresa inattesa, sa addolcire il rientro a casa con piccoli ricordi di un tempo davvero felice.

Vincitore del Silent Book Contest 2021, Lo zainetto di Matilde è frutto di un lavoro a sei mani che ha visto impegnati due autori e un illustratore. Contraddistinto da colori accesi e figure minime, quasi abbozzate, il libro senza parole di Fabio Sardo, Silvia Del Francia e Luca Cognolato racconta una quotidianità autentica e dà risalto ai sentimenti attraverso gesti e azioni di grande complicità. L’affetto che lega Matilde e il nonno salta fuori con forza dalle pagine, senza che alcuna parola scritta si renda necessaria. Il racconto per immagini procede così lineare e liscio dettando un tempo ben scandito e riconoscibile dal lettore. I pochi e significativi dettagli inseriti in ogni quadro rendono dal canto loro abbastanza agevole seguire e decifrare la vicenda: compito, questo, supportato dalla scelta efficace di sfruttare le luci – di lampade, lampadari e lampioni – per mettere di volta in volta in evidenza gli elementi chiave del racconto.

Michi e Meo scoprono il mondo – il mattino / la sera

Michi e Meo – un bambino piccolo piccolo e il suo inseparabile gatto di peluche – sono una coppia di personaggi francesi di cui da tempo Babalibri porta in Italia le avventure. Già protagonisti di brevi storie dal testo semplice e dal ritmo iterato, i due amici sono ora al centro anche di una collana di felici libri senza parole pensati per i lettori alle primissime armi.

Due sono i cofanetti – ciascuno composto da una coppia di volumi – che finora compongono la collana intitolata Michi e Meo scoprono il mondo: il primo è dedicato alle attività mattutine e serali e il secondo è dedicato ai momenti del bagno e della pappa.

Ogni libricino si presenta in forma quadrata e maneggevole, con pagine spesse e resistenti, angoli stondati e tratti compositivi appaganti e rassicuranti. L’autrice focalizza infatti l’attenzione sugli oggetti e sulle azioni più familiari a qualunque bambino, concentrandosi su una quotidianità in cui questi può facilmente riconoscersi. Così, per esempio:

Oggetti e azioni sono dipinti con spesse linee di contorno, colori pieni e una selezione misurata di dettagli. Essi risultano inoltre rappresentati in maniera molto puntuale e funzionale al riconoscimento e all’immedesimazione da parte del piccolo lettore: la scelta di situazioni realmente vicine al vissuto quotidiano di ognuno; l’attenzione a piccole ma significative sfumature espressive (l’impegno nell’allacciare la giacca, il disgusto di fronte ai broccoli, la consapevolezza monella di fare uno scherzo al papà indossando la sua ciabatta…); e la valorizzazione dei posizioni specifiche e movimenti precisi concorrono, infatti, ad attivare la cosiddetta simulazione incarnata, ossia quel meccanismo per cui il nostro cervello si comporta come se noi stessi stessimo vivendo quel che vediamo rappresentato sulla pagina.

A questo stesso importante scopo contribuisce, d’altra parte, la struttura compositiva che contraddistingue i quadrotti progettati e illustrati da Jeanne Ashbé: una struttura analoga (e analogamente efficace!) a quella dei volumi di Helen Oxenbury che fanno parte della collana A bocca aperta di Camelozampa. Si nota infatti che sulla pagina di sinistra, l’oggetto viene rappresentato isolato mentre su quella di destra lo stesso oggetto viene inserito nel suo contesto d’uso e in relazione con il protagonista. Questa scelta appare particolarmente felice nella misura in cui sostiene il bambino nel riconoscimento degli oggetti e in un percorso di decodifica iconica di difficoltà progressivamente crescente.

Rispetto ai volumi della Oxenbury, quelli dedicati a Michi e Meo mettono però in scena un bambino più autonomo; danno spazio a un co-protagonista che a suo modo interagisce con gli oggetti e arricchisce la micro-narrazione; seguono una successione temporale logica più o meno inalterabile e dipingono quadri con maggiori particolari: caratteristiche queste che li rendono godibili a pieno da giovanissimi lettori un pochino più esperti, magari a partire dall’anno e mezzo-due di età.

Frutto di un lavoro di progettazione attento alle reali competenze e necessità del bambino-lettore, i cofanetti di Michi e Meo vantano in definitiva grande qualità e fruibilità che li rendono apprezzabili e decodificabili non solo da chi si sia da poco affacciato al mondo e alle sue rappresentazioni ma anche da chi sperimenti specifiche difficoltà comunicative e/o cognitive. In questo senso la stessa assenza di parole risulta molto funzionale perché consente al mediatore che condivide con il bambino la lettura del libro di calibrarlo con più facilità sulle sue reali esigenze e capacità e di metterlo più agevolmente in relazione alla sua specifica esperienza quotidiana. In questo modo quanto si trova rappresentato sulla pagina può più efficacemente intercettare l’interesse e la comprensione da parte di chi osserva e sfoglia le pagine.

Michi e Meo scoprono il mondo – il bagno / la pappa

Michi e Meo – un bambino piccolo piccolo e il suo inseparabile gatto di peluche – sono una coppia di personaggi francesi di cui da tempo Babalibri porta in Italia le avventure. Già protagonisti di brevi storie dal testo semplice e dal ritmo iterato, i due amici sono ora al centro anche di una collana di felici libri senza parole pensati per i lettori alle primissime armi.

Due sono i cofanetti – ciascuno composto da una coppia di volumi – che finora compongono la collana intitolata Michi e Meo scoprono il mondo: il primo è dedicato alle attività mattutine e serali e il secondo è dedicato ai momenti del bagno e della pappa.

Ogni libricino si presenta in forma quadrata e maneggevole, con pagine spesse e resistenti, angoli stondati e tratti compositivi appaganti e rassicuranti. L’autrice focalizza infatti l’attenzione sugli oggetti e sulle azioni più familiari a qualunque bambino, concentrandosi su una quotidianità in cui questi può facilmente riconoscersi. Così, per esempio:

Oggetti e azioni sono dipinti con spesse linee di contorno, colori pieni e una selezione misurata di dettagli. Essi risultano inoltre rappresentati in maniera molto puntuale e funzionale al riconoscimento e all’immedesimazione da parte del piccolo lettore: la scelta di situazioni realmente vicine al vissuto quotidiano di ognuno; l’attenzione a piccole ma significative sfumature espressive (l’impegno nell’allacciare la giacca, il disgusto di fronte ai broccoli, la consapevolezza monella di fare uno scherzo al papà indossando la sua ciabatta…); e la valorizzazione dei posizioni specifiche e movimenti precisi concorrono, infatti, ad attivare la cosiddetta simulazione incarnata, ossia quel meccanismo per cui il nostro cervello si comporta come se noi stessi stessimo vivendo quel che vediamo rappresentato sulla pagina.

A questo stesso importante scopo contribuisce, d’altra parte, la struttura compositiva che contraddistingue i quadrotti progettati e illustrati da Jeanne Ashbé: una struttura analoga (e analogamente efficace!) a quella dei volumi di Helen Oxenbury che fanno parte della collana A bocca aperta di Camelozampa. Si nota infatti che sulla pagina di sinistra, l’oggetto viene rappresentato isolato mentre su quella di destra lo stesso oggetto viene inserito nel suo contesto d’uso e in relazione con il protagonista. Questa scelta appare particolarmente felice nella misura in cui sostiene il bambino nel riconoscimento degli oggetti e in un percorso di decodifica iconica di difficoltà progressivamente crescente.

Rispetto ai volumi della Oxenbury, quelli dedicati a Michi e Meo mettono però in scena un bambino più autonomo; danno spazio a un co-protagonista che a suo modo interagisce con gli oggetti e arricchisce la micro-narrazione; seguono una successione temporale logica più o meno inalterabile e dipingono quadri con maggiori particolari: caratteristiche queste che li rendono godibili a pieno da giovanissimi lettori un pochino più esperti, magari a partire dall’anno e mezzo-due di età.

Frutto di un lavoro di progettazione attento alle reali competenze e necessità del bambino-lettore, i cofanetti di Michi e Meo vantano in definitiva grande qualità e fruibilità che li rendono apprezzabili e decodificabili non solo da chi si sia da poco affacciato al mondo e alle sue rappresentazioni ma anche da chi sperimenti specifiche difficoltà comunicative e/o cognitive. In questo senso la stessa assenza di parole risulta molto funzionale perché consente al mediatore che condivide con il bambino la lettura del libro di calibrarlo con più facilità sulle sue reali esigenze e capacità e di metterlo più agevolmente in relazione alla sua specifica esperienza quotidiana. In questo modo quanto si trova rappresentato sulla pagina può più efficacemente intercettare l’interesse e la comprensione da parte di chi osserva e sfoglia le pagine.

Quello che tocco

Non è raro trovare libri per la primissima infanzia dedicati ai contrasti più semplici e immediati. Non sempre, tuttavia, la maniera in cui questi ultimi sono proposti sulla pagina appare davvero rispettosa delle esigenze e delle competenze dei lettori a cui i libri sono rivolti. Dettagli eccessivi, contesti confusivi ed elementi di contorno poco significativi rischiano spesso di rendere i volumi poco efficaci nel loro intento comunicativo o di risultare poco fruibili da parte di bambini che sperimentano maggiori difficoltà. Ecco allora che in questo panorama, una proposta come il libro tattile Quello che tocco di Martina Dorascenzi si distingue per semplicità e accessibilità.

Questi, infatti, non solo presenta poco testo sia in nero sia in Braille e illustrazioni interamente esplorabili sia alla vista sia al tatto, ma fa dell’essenzialità la sua cifra. Il libro si concentra, in particolare, su due specifici contrasti – duro/morbido e liscio/ruvido – e dedica a ogni concetto una doppia pagina, con l’aggettivo sulla sinistra e un tondo realizzato con un diverso materiale sulla destra. Abbastanza spessi da poter essere reperiti sulla pagina con facilità e realizzati con materiali ben scelti e ben distinguibili, i tondi si prestano a una esplorazione agevole, veloce ed efficace. Un’ultima pagina, infine, ripropone i quattro tondi incontrati fino a quel momento e invita ad associarli ad altrettante figure a loro affini per forma e texture, contenute in una taschina in stoffa. Il libro assume così, nel finale, la forma di uno spazio di gioco che tanta parte ha nel consolidamento dei concetti esplorati ed appresi.

Quello che tocco può essere letto e goduto a pieno da solo ma fa idealmente parte di un percorso tattile dedicato a concetti molto semplici (forme, contrasti, textures, elementi topologici…) insieme a due altri volumi: Ditino e Nastrino. Tutti ideati da Martina Dorascenzi e pubblicati dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, i tre libri appaiono coerenti nell’aspetto poiché condividono la forma quadrata, la scelta di pagine in stoffa dai colori vivaci e una struttura che prevede pochissimo testo e forme essenziali che invitano all’esplorazione più che al riconoscimento di figure. Il tipo di lettura che ne deriva è estremamente interattivo, piacevole, giocoso e stimolante: caratteristiche, queste, di grande importanza nell’ottica di coinvolgere piccoli lettori con poca esperienza del mondo e dei libri.

Per le stesse ragioni Nastrino, Ditino e Quello che tocco si prestano bene a essere condivisi all’interno di piccoli gruppi di bambini piccoli, in famiglia o al nido, per esempio. La qualità e l’appeal di questi volumi li rende infatti molto accattivanti per qualunque bambino di pochi anni, con e senza una disabilità visiva. La loro semplicità e il coinvolgimento motorio che essi implicano, inoltre, ne fa uno strumento estremamente efficace e spendibile anche con bambini con difficoltà diverse, legate per esempio alla comprensione di concetti astratti. La forza dell’esperienza concreta, ossia del corpo che impara facendo, è infatti chiave preziosa e forse insostituibile per sostenere una reale appropriazione dei libri e dei contenuti che essi custodiscono.

Nastrino

Gli oltre quarant’anni di attività di un editore come La coccinella dimostrano chiaramente una cosa: i libri con i buchi hanno un fascino irresistibile per le piccole dita! Se poi quei buchi popolano pagine morbide e facili da sfogliare, si affiancano a bustine da aprire e chiudere e tracciano percorsi in cui un nastro possa entrare e uscire, allora il libro che li ospita avrà con tutta probabilità vita felice. Questo, perlomeno, è ciò che auguriamo a Nastrino, libro tattile attentamente progettato da Martina Dorascenzi per la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi.

Protagonista del libro è per l’appunto un nastrino dorato che il bambino è invitato a far viaggiare di pagina in pagina, attraverso una serie di buchi tondi. Il nastrino è custodito in una taschina di stoffa collocata sulla prima pagina e da qui viene estratto. Una volta terminato il percorso, il nastrino può essere riposto in una taschina simile alla prima, collocata in chiusura. Minimalissimo nei testi, che si limitano a una frase di saluto e a un invito a far avanzare il nastro, il volume presenta un solo buco per ogni pagina, così da agevolarne il reperimento e rendere l’operazione di ingresso e uscita del nastro alla portata di dita inesperte. Sia che godano sia che non godano del supporto della vista, queste si possono muovere con un certo agio e piacere su pagine accoglienti, trovando nel libro un terreno di esplorazione  e gioco stimolante e appagante.

Nastrino può essere letto e goduto a pieno da solo ma fa idealmente parte di un percorso tattile dedicato a concetti molto semplici (forme, contrasti, textures, elementi topologici…) insieme a due altri volumi: Ditino e Quello che tocco. Tutti ideati da Martina Dorascenzi e pubblicati dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, i tre libri appaiono coerenti nell’aspetto poiché condividono la forma quadrata, la scelta di pagine in stoffa dai colori vivaci e una struttura che prevede pochissimo testo e forme essenziali che invitano all’esplorazione più che al riconoscimento di figure. Il tipo di lettura che ne deriva è estremamente interattivo, piacevole, giocoso e stimolante: caratteristiche, queste, di grande importanza nell’ottica di coinvolgere piccoli lettori con poca esperienza del mondo e dei libri.

Per le stesse ragioni Nastrino, Ditino e Quello che tocco si prestano bene a essere condivisi all’interno di piccoli gruppi di bambini piccoli, in famiglia o al nido, per esempio. La qualità e l’appeal di questi volumi li rende infatti molto accattivanti per qualunque bambino di pochi anni, con e senza una disabilità visiva. La loro semplicità e il coinvolgimento motorio che essi implicano, inoltre, ne fa uno strumento estremamente efficace e spendibile anche con bambini con difficoltà diverse, legate per esempio alla comprensione di concetti astratti. La forza dell’esperienza concreta, ossia del corpo che impara facendo, è infatti chiave preziosa e forse insostituibile per sostenere una reale appropriazione dei libri e dei contenuti che essi custodiscono.

Un passero per capello

Non è mica facile concentrarsi, suonare il piano o persino ricordarsi di essere felici quando una moltitudine di uccellini decide di appostarsi sulla tua tesa e bisticciare notte e dì facendo un gran baccano: proprio ciò che accade a Sofia, che da un giorno all’altro si ritrova assediata da uno stormo cinguettante tutt’altro che piacevole. Per la bambina non sembra esserci via d’uscita – quegli uccellini sono proprio tosti e impertinenti – senonché a un certo punto incontra qualcuno che condivide la sua stessa assurda situazione. Quel che accade dopo ha un che di magico: ché l’amicizia, si sa, può fare veri prodigi!

Semplice e lineare nel contenuto e nella forma, Un passero per capello si fa apprezzare per la delicatezza del racconto e per l’efficacia della metafora che vede la solitudine come un tormento che affolla i pensieri e di cui non è semplice liberarsi. L’albo di Monika Filipina, in catalogo per Camelozampa dal 2015, viene ora riproposto dall’editore con una nuova veste che privilegia caratteristiche di alta leggibilità come il font EasyReading e una spaziatura maggiore: un’iniziativa, questa, che non può che rallegrare, nell’ottica di offrire, fin dalle prime letture autonome, libri il più possibile accoglienti e amichevoli anche per chi sperimenta difficoltà legate alla dislessia.

La giostra degli scontenti

Con La giostra degli scontenti, Roberto piumini dà vita a una storia in rima semplice semplice, perfetta da leggere ad alta voce. Protagonisti sono i pezzi di una giostra di paese che, ispirati dal desiderio di fuga di uno di loro, provano e riprovano finché riescono a staccarsi dalla piattaforma che li fa girare in tondo. Da lì inizia il loro viaggio in libertà e, approdati nel giardino di Mago Merlino, coronano finalmente il loro desiderio di far divertire i bambini portandoli lontano, verso orizzonti sconosciuti.

Schietto e con un tono d’altri tempi, La giostra degli scontenti presenta alcune peculiarità interessanti dal punto di vista dell’accessibilità. Non solo, infatti, il libro risulta stampato con caratteristiche di alta leggibilità, che concernono il font (EasyReading), la spaziatura e il tipo di carta e che ne agevolano la fruizione in caso di dislessia, ma presenta anche una struttura compositiva che affianca al testo in rima e in stampatello minuscolo una sintesi a grandi caratteri e in stampatello maiuscolo che consente anche a bambini piccoli o con difficoltà cognitive di godere della storia e delle immagini.

Il cattivissimo Groem

Quello messo in piedi dal team di Tadà è un progetto innovativo e ambizioso: integrare le potenzialità del digitale e quelle della scrittura supportata visivamente, per proporre un’occasione di lettura accattivante e accessibile anche in caso di difficoltà comunicative e cognitive.

Il progetto prevede infatti il rilascio di una serie di fiabe e favole, sia tradizionali sia originali, scritte in simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) e fruibili tramite l’app gratuita per Ios e Android tadà.

L’applicazione garantisce per ogni titolo un ricco set di strumenti e possibilità di personalizzazione della lettura, con l’obiettivo di rendere quest’ultima il più possibile su misura per il singolo bambino. Ogni storia può essere infatti letta in due versioni – una più semplice e una più elaborata – e in tre modalità – “muta”, che consente al piccolo lettore o a chi lo accompagna di leggere in autonomia; “narrata”, nella quale una voce registrata legge in maniera fluida mentre le parole pronunciate vengono via via messe in evidenza; e “solo tasti”, in cui la voce registrata pronuncia solo le parole corrispondenti ai simboli tappati man mano dal bambino.

A questo, si aggiunge la possibilità di stabilire a priori il numero massimo di volte in cui un simbolo può essere schiacciato e dunque ripetuto, così da favorire un avanzamento progressivo nella lettura ed evitare la fossilizzazione, voluta o involontaria, su di una specifica parte del testo. Come voce registrata, inoltre, può essere scelta quella fornita dall’applicazione o può esserne registrata una personale – del bambino stesso o di chi legge con lui, a seconda della possibilità e delle preferenze – così da personalizzare ulteriormente la lettura e superare quella che potrebbe essere una delle insidie principali del digitale, ossia la limitazione della dimensione intima ed esclusiva propria dell’esperienza narrativa.

Una volta stabilite le preferenze e la lettura è avviata, si ha sempre a disposizione sulla schermata in alto a destra un riquadro ben visibile che riporta il simbolo di una tabella. Cliccandoci sopra si accede a una vera e propria tabella digitale che comprende tutte le espressioni più utili a un bambino con difficoltà comunicative per interagire con chi legge e partecipare attivamente alla lettura. Le richieste sono le più variegate: dalla ripetizione all’interruzione, dal fare le facce al registrare la voce, dall’esprimere maggiore o minore apprezzamento al manifestare il desiderio di giocare.

E a proposito di gioco, ecco l’ultima peculiarità degli ebook di Tadà: ogni titolo presenta la possibilità di completare e integrare la lettura con giochi, dalla complessità personalizzabile. Questi comprendono per esempio quiz, giochi di memoria e attività di comprensione del testo.

Alla luce di tutte queste caratteristiche, il lavoro proposto dal team di Tadà è davvero apprezzabile per la quantità e qualità di strumenti messi a disposizione del lettore, per la capacità di sfruttare a pieno le potenzialità del digitale e per la precisione con cui le funzioni messe a punto rispondono a specifici bisogni di bambini con difficoltà comunicative. La speranza è dunque che il suo catalogo continui a venire implementato, magari con un’attenzione in più alla qualità e alla piacevolezza delle illustrazioni.

 

Il cattivissimo Groem

Il cattivissimo Groem è uno dei titoli proposti da Tadà in formato digitale e provvisto di simboli. Favola originale, scritta dalla neuropsichiatra infantile Maria Antonietta Liccardi, racconta di sette topolini attaccati all’improvviso da un gattaccio brutto e cattivo di nome Groem. Solo il più piccolo dei topolini riesce a scamparla e subito si mette alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo a salvare i suoi fratelli. Inizia così un lungo viaggio durante il quale il topolino incontra un vecchio cane, una volpe malata, un timido asino e un’aquila maestosa e a ciascuno di loro chiede soccorso. Per ragioni diverse, tutti si rifiutano di aiutarlo. Solo l’aquila, dopo essersi apparentemente voltata dall’altra parte, torna infine dal topolino tenendo stretto tra gli artigli il sacco in cui Groem aveva chiuso i suoi fratelli. Giustizia è fatta e il coraggio del più piccolo dei topini viene finalmente premiato e omaggiato.

Semplice e lineare, la storia de Il cattivissimo Groem si fa apprezzare per una struttura ben ritmata e per l’uso reiterato di alcune formule che coinvolgono il lettore e lo aiutano a riconoscere una precisa struttura narrativa. La storia è scritta sfruttando simboli WLS riquadrati, con parte alfabetica in minuscolo. I simboli presentano alcuni qualificatori, come quelli di tempo o di numero, ma non sempre sono associati a singoli elementi lessicali: preposizioni, articoli e aggettivi qualificativi, per esempio, sono associati al sostantivo di rifermento, privilegiando in questo modo l’essenzialità del racconto in simboli alla sua esaustività e fluidità

La caccia notturna

Non fatevi ingannare dallo stile asciutto e dai colori scuri che dominano la copertina de La caccia notturna: lungi dal dar vita a una storia cupa a ingessata, questi tratti sono piuttosto la chiave di una storia silenziosa sorprendente e appassionante.

Protagonisti sono due intrepidi amici – un armadillo e un serpente – decisi a far scorta di frutta, intrufolandosi in piena notte in una casa. I due non hanno fatto, però, i conti con il gatto da guardia. Insospettito da insoliti rumori, questi si mette infatti sulle tracce degli intrusi e inizia un giro di perlustrazione per le stanze. Ma i due ladruncoli non sono dei dilettanti: in ogni ambiente, giusto un attimo prima che il gatto li raggiunga, assumono le sembianze di un diverso oggetto d’arredo, così da risultare praticamente invisibili. E se, turlupinato a puntino, il gatto finisce per gettare la spugna e rinunciare alla sua missione di ricerca, lo stesso difficilmente può dirsi del lettore: la dinamica del cerca-trova costruita in ogni pagina rende infatti la narrazione estremamente sfiziosa. Riconoscere l’armadillo e il serpente nel bastone della doccia, nel bollitore, nel termosifone o nel mappamondo diventa, infatti, ragione di avanzamento irresistibile e piacevolissima.

Al gusto di trovare le parole per raccontare una storia che di parole scritte non ne ha – peraltro a ragion più che veduta, perché il silenzio è qui funzionale al contesto furtivo e al meccanismo di misteriosa mimetizzazione – si aggiunge, quindi, quello di raccogliere la sfida dei due animali, veri e propri artisti del camouflage!

Oh!

È proprio il caso di dirlo: Oh!, che splendida e inaspettata notizia la ripubblicazione di questo libro! Gioiellino senza tempo firmato da Josse Goffin, Oh! era uscito in Italia quasi trent’anni fa per i tipi della Emme edizioni e torna ora sugli scaffali per felice iniziativa di Kalandraka.

Semplice ed eppure sorprendente, il libro procede per doppie pagine di sole immagini che, grazie al collaudato meccanismo delle alette, trasformano puntualmente il soggetto rappresentato in qualcosa di assolutamente inatteso. Così, per esempio, una tazza diventa una nave, una molletta un pesce, una scarpa un drago e una racchetta da ping pong un aeroplano che fuma la pipa.

Nel mondo surreale di Goffin, non solo le cose mutano con una naturalezza straordinaria, ma un gatto che si lava i denti o un coccodrillo che porta la bombetta non fanno il benché minimo scalpore. Ecco allora che il lettore si lascia trasportare senza difficoltà lungo una narrazione che ha i piedi tutt’altro che per terra e che fa dello stupore il suo motore trainante. Impossibile per lui – che abbia 3 o 90 anni – resistere alla tentazione di immaginare cosa possano diventare quella mela o quel pagliaccio in scatola posti sulla pagina, una volta che l’aletta si sarà sollevata.

Oltre a vantare un fascino istantaneo, Oh! ha il pregio di risultare fruibile anche da parte di bambini con maggiori difficoltà di lettura. In primis, l’assenza di parole lo rende più amichevole nei confronti di quei lettori che faticano nella decodifica del testo alfabetico. In seconda battuta, la lettura visiva risulta accessibile e godibile anche in presenza di difficoltà cognitive, grazie al filo narrativo minimale con cui le diverse pagine sono legate (l’oggetto al centro di ogni doppia pagina è già presente, con un ruolo più marginale, anche in quella precedente) e alle immagini chiarissime, prive di fronzoli, dai contorni netti che si stagliano su uno sfondo pulito. Infine, la semplice ma efficace dinamica ludica che il libro mette in campo agevola l’aggancio anche dei lettori più recalcitranti: ché la sorpresa, si sa, ha un fascino davvero irresistibile!

Guarda il gatto. Tre storie su un cane

David Larochelle è un autore poliedrico e versatile: se il suo romanzo young adult Io no… o forse sì colpiva per il vivo e autentico approccio a temi spinosi, Guarda il gatto sa conquistare bambini di età prescolare con tre storie brevi e spassosissime. Target e tipo di racconto sono dunque totalmente diversi, ma identica è la capacità di fare centro!

Protagonista in Guarda il gatto, è un buffo cane di nome Max che interagisce in maniera piuttosto accesa con l’autore del libro, fino a costringerlo a modificarne il contenuto. Inscritto all’interno di un gioco metanarrativo efficacissimo, il loro è un botta e risposta incalzante e divertente che si presta alla perfezione a una lettura ad alta voce e che non lesina su colpi di scena, sorprese e trovate spiazzanti.

In ogni doppia pagina, la parte a sinistra contiene una breve e incisiva frase che fa avanzare il racconto, mentre la parte a destra vede la reazione di Max a quanto appena scritto, in un dialogo che ogni volta fa prendere alla storia una piega inaspettata. Tra gatti, unicorni, serpenti e ippopotami la vita narrativa di Max non può certo dirsi tranquilla e, parimenti, il lettore non ha modo di annoiarsi.

Storie minime, testo essenziale, (meta)narrazione sorprendente (e, grazie a Biancoenero, anche font ad alta leggibilità): non è difficile capire come mai Guarda il gatto. Tre storie su un cane abbia vinto uno sfilza di premi e immaginare come possa dare vita a letture, condivise o autonome, di grande appagamento.

Il nostro cane Max

Gli animali domestici sono, per tanti padroni e padroncini, autentici membri della famiglia. Con loro si condividono rituali, viaggi, esperienze, emozioni e così, quando muoiono, lasciano un vuoto grande e un segno indelebile. Proprio questa parabola esistenziale, tanto familiare a chiunque abbia posseduto e amato un cane o un gatto, trova posto tra le pagine de Il nostro cane Max.

Il libro scritto da Alessandra Bocchetti omaggia e ripercorre la vita del cane Max all’interno della famiglia che lo ha accolto quando era ancora piccolissimo e brutto. L’autrice racconta in particolar modo il rapporto speciale e unico che il cane instaura con i diversi membri della famiglia, dando un assaggio delle piccole gioie che, dal primo all’ultimo giorno, la sua presenza ha regalato. Fino a che la vecchiaia lo porta via, senza che tuttavia il suo ricordo svanisca. Tutt’altro: nel cielo, nelle rocce e persino nella forma di un’isola Max torna a far visita ai suoi padroncini, nel nome di un legame intenso e sempre vivo.

Lineare e senza particolari capriole narrative, Il nostro cane Max si presenta come un omaggio personalissimo a un cagnolino realmente esistito che suscita simpatia e affetto. Piacevole da leggere e commuovente nel finale, il libro fa parte della collana Minizoom di cui condivide tutte le apprezzabili caratteristiche di alta leggibilità.

Crocrò

C’è un cucciolo di coniglio, che di un coniglio non ha affatto l’aspetto, che racconta molto e bene di alcune cose tipicamente umane. Parliamo di Crocrò, il personaggio creato da Stéphane Servant e Simone Rea, protagonista dell’omonimo albo pubblicato da La Margherita. Privo delle tipiche orecchie lunghe e della coda a batuffolo ma con una insolita bocca larga e un modo buffo di comunicare – di fatto riassumibile in una sola parola: Crocrò – il coniglietto si fa spazio dapprima in una famiglia di conigli conigliescamente perfetti, e poi in una comunità via via più ampia che fa perno intorno alla scuola. Se l’incontro con la prima è certo spiazzante ma vira subito verso un amore incondizionato, quello con la seconda appare fin da subito molto più accidentato.

Fuori dalle mura accoglienti di casa, Crocrò deve infatti fare i conti con l’imbarazzo degli altri animali, con la loro curiosità invadente, con i goffi tentativi di riparazione e con le immancabili prese in giro. Là dove la protezione familiare non arriva, la diversità del coniglio appare, infatti, in tutta la sua evidenza e genera sentimenti molto variegati e molto distanti dall’immediata accettazione, anche quando il coniglio sperimenta soluzioni improbabili per inseguire una somiglianza che di fatto non c’è. Di fronte al buio della solitudine, che l’illustratore rende con una tavola centrale essenziale e densissima, solo la luce sorridente della luna può cambiare la sorte, regalando a Crocrò non certo un aspetto nuovo ma un nuovo modo di accettarsi sì. Con una danza inarrestabile che non lascia indifferente chi lo circonda, Crocrò trova così il suo personalissimo modo di stare al mondo che nessuno, ma proprio nessuno, può e intende più mettere in discussione.

Molto forte per la maniera in cui rispecchia situazioni reali e riconoscibilissime, legate soprattutto alla disabilità, Crocrò affronta di petto il tema della diversità, scegliendo di raccontarla con uno sguardo positivo ma non semplicistico. Con una commistione efficace tra dimensione reale e dimensione fantastica – pensiamo per esempio alla scelta di calare la storia in un mondo animale dai forti tratti antropomorfizzati o al richiamo squisitamente fiabesco al motivo del bacio principesco -, il libro non propone una ricetta per facili miracoli ma piuttosto una storia di dolceamara poesia. Determinanti, in questo senso, le tavole di Simone Rea che vanno sapientemente a dare voce ai silenzi del testo, che si animano di pochi ma eloquenti dettagli e che rendono, infine, profondamente umana la quotidianità del tenero Crocrò.

Imagine. C’est tout blanc

Se è vero (e crediamo di sì!) che i buoni libri aprano domande più che fornire risposte chiuse, un volume come Imagine. C’est tout blanc… non è buono ma buonissimo! Tutto costruito su coppie di immagini fotografiche che seminano senza svelare a pieno le loro possibili connessioni, il libro progettato da Claire Dé interroga il lettore con fare giocoso, invitandolo a immaginare i rapporti – temporali, causali, di somiglianza o chissà di che altro tipo – che legano a due a due le figure. Così, ad ogni doppia pagina, il lettore si trova di fronte mani e oggetti che interagiscono a distanza: nella fattispecie, la distanza di una rilegatura. Quest’ultima diventa infatti una sorta di spazio invisibile e colmo di significato, che racchiude tutti i possibili collegamenti logici e narrativi tra la pagina di sinistra a quella di destra.

A unire la successione di doppie pagine come un fil rouge – pardon, fil blanc – la scelta esclusiva di soggetti candidissimi. Piume, polistirolo, neve, soffioni, schiuma o petali sono così ritratti da vicino, quasi a renderne percepibile la texture, nel loro mutevole e taciuto rapporto con le mani che si trovano accanto.  Queste ultime, dal canto loro, appaiono immortalate nel loro fare quasi magico, capace con un movimento ben scelto di plasmare il mondo intorno a sé. Un dito che affonda nella schiuma da barba e posto accanto a due scie nel cielo lascia immaginare, per esempio, che quelle scie siano state proprio tracciate a mano, così come una mano chiusa a pugno e posta di fianco a un foglio sgualcito fa immediatamente pensare a un movimento accartocciante. Il chi, il perché, il quando e il come di queste azioni, dal canto loro, non sono dati e questo amplifica per chi legge la possibilità di trasformare le relazioni tra immagini in spunti felici per un racconto.

Versatilissimo e davvero capace di lasciare il lettore libero di vagare seguendo sentieri da lui stesso tracciati, il libro di Claire Dè è pubblicato dall’editore francese Éditions des Grandes Personnes ma è totalmente privo di parole, il che lo rende perfettamente fruibile anche da un pubblico non francofono. Tutto giocato sulla godibilità della lettura visiva, su immagini fotografiche di grande chiarezza e sul gioco di costruire inferenze a partire da elementi molto evocativi, Imagine. C’est tout blanc si presta bene a stuzzicare bambini con abilità diverse, forte anche della sua predisposizione a far riprodurre da chi legge i movimenti suggeriti, implicando così un efficace coinvolgimento anche di tipo fisico e cinetico.

Les animaux de la ferme

Si potrebbe pensare che Les animaux de la ferme sia un comune libro sugli animali della fattoria. E invece no, il libro di François Delebecque, così come gli altri che fanno parte della stessa serie edita in Francia da Les Grandes Personnes, è decisamente molto di più. Qui il bambino non si limita infatti a trovare cavalli, maiali, capre e galline disegnati ma ha l’occasione di conoscere e riconoscere questi animali da vicino, da diverse prospettive e in un crescendo di complessità che asseconda le sue abilità cognitive.

Come lo fa? Attraverso una scelta stilistica orientata alla pulizia e all’essenzialità (grandi sfondi bianchi su cui si stagliano silhouette nere), una particolare attenzione al tema della somiglianza e della varietà (animali della stessa famiglia sono affini ma non identici così come lo stesso animale può avere aspetti differenti a seconda dalla prospettiva e dal contesto in cui lo si guarda), e un impianto a finestrelle che invita all’interazione, al gioco e al confronto tra differenti forme di rappresentazione.

Ogni doppia pagina è dedicata a una diversa famiglia di animali e presenta 4-5 finestrelle – una più grande sulla sinistra e altre 3-4 più piccole sulla destra – su cui figura la sagoma nera del soggetto. Ben distinguibile anche in caso di ipovisione, questa illustra l’animale mettendone in evidenza i tratti più pertinenti. Perlopiù rappresentati di profilo nella pagina di sinistra, così da risultare più riconoscibili al primo impatto, gli animali sono proposti di fronte, a figura non intera, a gruppi o insieme a elementi di contesto nella pagina di destra: aspetto, questo, che invita il lettore a cimentarsi con operazione di riconoscimento via via più articolate e sfidanti.  Le sagome, dal canto loro, non sono disegnate a caso ma ricalcano esattamente la fotografia dell’animale nascosta sotto la finestrella. Tra il sotto e il sopra di quest’ultima si viene così a creare un gioco di richiami e rimandi che non solo diverte ma supporta efficacemente l’acquisizione di dimestichezza con forme di rappresentazione più e meno realistiche. Un’ultima doppia pagina, infine, ripropone sempre in forma di finestrella tutti gli animali incontrati dal lettore all’interno del libro, offrendogli un’ulteriore occasione di scoperta, gioco e conferma delle abilità fin lì messe alla prova.

Versatile e intrigante, Animaux de la ferme si presta a essere utilizzato in molti modi diversi, rispettando e stimolando le diverse abilità dei diversi lettori.

Mais où est Momo?

Irresistibile Momo! Burlone, astuto e molto molto cool, Momo è un cagnolone che ama giocare a nascondino. Grazie all’intuizione del suo padrone, questa sua passione diventa un divertente e coinvolgente filo narrativo che invita il lettore a seguire e scovare il quadrupede nelle situazioni più disparate. Nel volume Mais où est Momo?, quest’ultimo si nasconde infatti in giardino e in camera da letto ma anche in luoghi ben più improbabili come il luna park, la biblioteca o la palestra. Ne vien fuori un libro che è una specie di viaggio e di caccia al tesoro: ogni doppia pagina presenta, infatti, sulla destra una fotografia in cui cercare Momo e sulla sinistra quattro riquadri con altrettante fotografie di oggetti, ciascuno opportunamente nominato, anch’essi da ritrovare all’interno della scena.

Nato da un’idea coltivata su Instagram e pubblicato per la prima volta in America con il titolo Let’s find Momo!, il libro di Andrew Knapp  risulta estremamente accattivante ma anche molto fruibile. In primo luogo perché sfrutta immagini fotografiche, molto immediate, riconoscibili e apprezzate anche che parte di lettori con difficoltà di astrazione. In secondo luogo perché presenta una struttura grafica sempre identica in cui il lettore può ritrovarsi senza sorprese e in cui ogni oggetto è puntualmente associato alla parola che lo identifica, come in una sorta di simbolo della CAA in forma fotografica. E infine perché la dinamica ludica sottesa al volume supporti e solleciti competenze come quella di nominare le cose e riconoscere le figure, catturando con facilità il lettore.

Tra un pallone da basket e un calzino, un hot dog e un secchiello, Momo diventa così un compagno di marachelle su carta a cui ci si affeziona senza indugio. Per fortuna sul sito http://www.letsfindmomo.com/ è possibile proseguire il cerca-trova che lo vede protagonista su oltre 100 inediti scatti curati dall’autore.

Livro-clap

Se si parla di libri-gioco, Livro-Clap è un classico imprescindibile. Proposto per la prima volta nel 2014 dall’editore portoghese Planeta Tangerina, che delle sperimentazioni è attivo frequentatore, il libro ideato e illustrato da Madalena Matoso è stato ad oggi tradotto in molti paesi.

La sua forza sta in una struttura semplice e geniale che trasforma il movimento di sfogliatura delle pagine – un’azione, quindi, che coinvolge in prima persona il lettore – in una vera e propria animazione delle illustrazioni. L’autrice, infatti, sceglie e colloca astutamente su ogni doppia pagina una figura intenta a fare qualcosa – un musicista che suona i piatti, un uomo che fa gli addominali, un altro che solleva i pesi… – che pare davvero attivarsi nel momento in cui il lettore avvicina i bordi per passare alla doppia pagina seguente. Chi legge si trova così fisicamente coinvolto da ciò che accada all’interno del libro: aspetto, questo, che ne favorisce l’aggancio, la partecipazione e infine la comprensione, anche in caso di difficoltà di attenzione.

Non solo. Il libro vanta anche un altro aspetto che lo rende particolarmente coinvolgente e inclusivo: non presentando di fatto un vero e proprio testo ma piuttosto delle semplici onomatopee in accompagnamento alle figure, si presta bene a essere letto ad alta voce, ad essere partecipato e ad essere compreso anche da bambini con maggiori difficoltà di decodifica o cognitiva. Movimento e suono, in qualche modo, si fanno catalizzatori di lettura e trasformano il libro in un oggetto da animare. Efficacissimo, in questo senso, anche lo stile caratteristico dell’autrice Madalena Matoso che predilige figure molto vivaci su sfondi pulitissimi e forme essenziali prive di fronzoli.

Ditino

Ditino è un tipo intraprendente: passa senza timore in alto, in basso, sopra e sotto le cose. Provare per credere! Il volume per piccolissimi ideato e realizzato da Martina Dorascenzi è infatti un invito per dita curiose a muoversi sulle pagine seguendo semplici istruzioni (“Ditino passa in alto”, per esempio), seguendo un bordo ricamato di facile reperimento. Collocato di volta in volta in una posizione diversa, il bordo delinea un sentiero, una sorta di traccia che il bambino può seguire per sperimentare in prima persona i concetti spaziali più elementari. Punto di riferimento rispetto a cui questi concetti acquistano senso, è un cuscinetto morbido posto al centro della pagina che il lettore può trovare e riconoscere con una certa immediatezza. Semplice me davvero molto ben fatto, Ditino risponde così allo specifico bisogno di allenare l’orientamento spaziale: abilità tutt’altro che scontata soprattutto (ma non solo) per i bambini non vedenti.

Ditino può essere letto e goduto a pieno da solo ma fa idealmente parte di un percorso tattile dedicato a concetti molto semplici (forme, contrasti, textures, elementi topologici…) insieme a due altri volumi: Nastrino e Quello che tocco. Tutti ideati da Martina Dorascenzi e pubblicati dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi, i tre libri appaiono coerenti nell’aspetto poiché condividono la forma quadrata, la scelta di pagine in stoffa dai colori vivaci e una struttura che prevede pochissimo testo e forme essenziali, che invitano all’esplorazione più che al riconoscimento di figure. Il tipo di lettura che ne deriva è estremamente interattivo, piacevole, giocoso e stimolante: caratteristiche, queste, particolarmente importanti nell’ottica di coinvolgere piccoli lettori con poca esperienza del mondo e dei libri.

Per le stesse ragioni Nastrino, Ditino e Quello che tocco si prestano bene a essere condivisi all’interno di piccoli gruppi di bambini piccoli, in famiglia o al nido, per esempio. La qualità e l’appeal di questi volumi li rende infatti molto accattivanti per qualunque bambino di pochi anni, con e senza una disabilità visiva. La loro semplicità e il coinvolgimento motorio che essi implicano, inoltre, ne fa uno strumento estremamente efficace e spendibile anche con bambini con difficoltà diverse, legate per esempio alla comprensione di concetti astratti. La forza dell’esperienza concreta, ossia del corpo che impara facendo, è infatti chiave preziosa e forse insostituibile per sostenere una reale appropriazione dei libri e dei contenuti che essi custodiscono.

Un giorno con le mani in tasca

Silvia Sasso si muove tra pagine e figure di stoffa con un talento non comune. I suoi quiet book sono intelligenti, originali e colmi di cura: le stesse qualità che, non a caso, contraddistinguono Un giorno con le mani in tasca, il libro tattile realizzato dalla stessa autrice per la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi. Premiato come “miglior libro tattile per la primissima infanzia” all’edizione 2017 del concorso di editoria tattile illustrata Tocca a te!, il libro condivide con i quiet book la composizione in stoffa e un invito intrinseco all’esplorazione e all’interazione con le figure.

Un giorno con le mani in tasca adotta il punto di vista di un bambino, con cui il lettore può facilmente identificarsi, la cui giornata è scandita da una serie di attività: dallo scambio di tesori con il compagno alla visita a teatro, dal gioco delle costruzioni alla merenda, dalla gita al parco al momento della buonanotte. Ciascuno è evocato con grande semplicità ed efficacia da un oggetto particolare – una biglia, un biglietto d’ingresso, un mattoncino lego e via dicendo – che il lettore non vede ma può riconoscere al tatto, infilando le mani nella tasca applicata ad ogni pagina. Il tempo assume così una dimensione concreta e familiare, fatta di cose piccole ma preziose che è bello e rassicurante ritrovarsi tra le mani, come una sorta di talismano che evoca ricordi felici.

Fruibilissimo e stimolante, grazie soprattutto alla scelta di nascondere alla vista il cuore di ogni illustrazione, il libro di Silvia Sasso fa dell’espediente della tasca non solo un filo narrativo che incuriosisce ma anche una soluzione ingegnosa che invita a valorizzare il senso del tatto anche presso bambini senza difficoltà visive. Per loro, così come per i bambini ciechi o ipovedenti, il libro si presta infatti perfettamente a una lettura in punta di polpastrello. A questo concorrono non solo l’essenzialità delle illustrazioni e la presenza di oggetti veri e scelti oculatamente, ma anche la preferenza per testi minimi e la loro distinzione netta dalle figure. In questo modo Un giorno con le mani in tasca si rende adatto alla lettura anche da parte delle mani più inesperte e timorose.

Un giorno perfetto

Ci sono tanti modi per vivere e nutrire l’amicizia. Condividere, per esempio, il gioco, gli scherzi, la buona cucina o le letture. Ma a volte nessuna di queste cose sembra cascare a fagiolo e far sì che la scintilla dell’amicizia possa davvero scoccare. È quello che succede al volpacchiotto protagonista dell’albo Un giorno perfetto: nonostante la placida atmosfera autunnale sembri propizia a trovare un amico, tutti i suoi sforzi per conquistare l’attenzione e il favore di un giovane coniglio sembrano vani. Saranno infine la sua tenacia e la sua capacità di stare semplicemente accanto all’altro, rispettandone nel profondo i bisogni, a permettergli di cogliere la differenza tra trovare un amico ed esserlo. Perché l’amicizia, in fondo, non è condividere solo cose ed esperienze ma anche e soprattutto emozioni.

Tenero e profondo, l’albo scritto e illustrato da Maria Gianola racconta una cosa semplice semplice ma spesso trascurata come l’importanza di riconoscere e accogliere i sentimenti di chi ci sta accanto per coltivare delle relazioni autentiche. Lo fa con uno stile tenue che delinea personaggi che ispirano immediata simpatia. Nella vitalissima volpe e nel coniglio corrucciato, ogni lettore può facilmente riconoscere sé stesso in momenti diversi della sua vita o più semplicemente della sua giornata, ritrovando nei due animali protagonisti stati d’animo e atteggiamenti umanissimi. Un giorno perfetto si contraddistingue poi per un testo diretto ed essenziale che si presta bene a sostenere anche primi tentativi di lettura autonoma grazie alle poche parole scelte per ogni pagina, alla puntuale corrispondenza tra figure e testo quasi in forma di didascalia, e all’impiego dello stampatello maiuscolo, peraltro proposto in font ad alta leggibilità EasyReading.

Dulcinea nel bosco stregato

C’è un pizzico di magia nell’ultimo libro di Ole Könnecke. C’è non solo perché una strega e i suoi incantesimi si trovano al centro della storia, ma anche perché nel volume si mescolano diversi aspetti che lo rendono estremamente appetibile anche per chi di lettura non vuol proprio sentir parlare. Di più agevole fruizione anche in caso di dislessia, grazie all’impiego del font testme, e in caso di prime letture, grazie alla scelta dello stampatello maiuscolo, Dulcinea nel bosco stregato ha l’aspetto di un volume corposo, proprio come un racconto da grandi, ma allo stesso tempo amichevole, con illustrazioni ampie e frequenti che ricordano l’albo illustrato e con testi immediati e lineari che non mettono in difficoltà. E se la forma del libro riesce bene nel compito di solleticare il lettore, più o meno riluttante che sia, il suo contenuto completa per bene l’opera. Ole Könnecke confeziona, infatti, una fiaba in cui tradizione e modernità si mescolano a puntino e in cui non mancano pericoli, astuzie e finali lieti.

Protagonista è la piccola Dulcinea che abita con il papà fattore in prossimità del bosco e che proprio all’inizio della storia festeggia il suo compleanno. Per l’occasione, come da tradizione famigliare, il papà si appresta a preparale una montagna di frittelle ai mirtilli con panna. Peccato che si sia scordato dei mirtilli! Rinunciare alle frittelle è fuori discussione e così l’uomo si decide ad andare a raccogliere i frutti nel bosco: proprio quel bosco da cui per anni ha messo in guardia la figlia, per via del pericolo di incontrare la strega che vi abita. Detto, fatto: pochi passi nella selva e il papà incontra la megera, ritrovandosi presto trasformato in un albero. Per fortuna Dulcinea è coraggiosa e furba e, messasi sulle tracce del padre, scova finalmente il castello della strega. Il pericolo di trovarsi a sua volta trasformata in un flauto è molto alto ma la bambina escogita un ingegnoso modo per salvare la pelle – sua e del papà – ma anche le frittelle!

Con il suo racconto limpido e diretto e le sue illustrazioni pulite e sorridenti, Dulcinea nel bosco stregato può vantare quella semplicità deliziosa che incanta il lettore. Misteriosa quanto basta per un poco di pelle d’oca, la storia di Ole Könnecke bilancia il brivido tipicamente fiabesco con figure dotate di spiccata e sottilissima ironia, ben rintracciabile, per esempio, negli strambi animali che popolano il bosco o nel fatto che con l’avanzare tra i rovi, i palloncini di compleanno di Dulcinea pian piano scompaiono.

Perfetto da condividere ad alta voce già in età prescolare, il libro offre una lettura gustosa e appagante anche per prime letture autonome: proprio quelle che lasciano un buon sapore e il desiderio di assaggiarne ancora!

Ho catturato uno gnomo

Mai fidarsi di uno gnomo! Furbo e dispettoso, questo è capace di tendervi tranelli e farvi dispetti a raffica senza quasi farsi notare. E questo è proprio quel che accade al narratore di Ho catturato uno gnomo che, dopo aver trovato vasi rotti, palloni bucati e bucce di banana sotto i piedi, è praticamente certo che il responsabile sia Anselmo, il malvagio gatto dei vicini. Quasi per caso, però, lo gnomo viene colto sul fatto – chiodi e martelletto in mano in cima al copertone della bicicletta – e finalmente intrappolato. Da lì in avanti i tentativi di approccio e contrattazione si rivelano tanto ardui quanto spassosi, fino a un ultimo tiro mancino che lascia inaspettatamente spazio a una dolce possibilità di tregua…

Molto divertente, per come è costruito e per come ribalta il comune immaginario che vuole gli gnomi creature di straordinaria gentilezza, Ho catturato uno gnomo è un libro dalle figure buffe e dai testi incisivi. Brevi, in stampatello maiuscolo e in numero limitatissimo per pagina, questi accompagnano con ironia le illustrazioni a mezza o a tutta pagine, cui è affidato il ruolo trainante nella narrazione. Anche per questo aspetto, oltre che per le caratteristiche di alta leggibilità che contraddistinguono il volume, il libro di Alberto Lot si candida a offrire una lettura accessibilissima e accattivante a lettori alle prime armi, anche poco propensi a tuffarsi tra le pagine.

Il gatto combinaguai

Che scoperta, la collana Upupa delle Edizioni La linea! Gli albi illustrati che la compongono lavorano in favore dell’inclusione su un doppio binario: da un lato proponendo storie in doppia lingua e dall’altro offrendo il racconto in versione cartacea e in versione audio. Ogni volume presenta infatti sul retro di copertina un qr code attraverso il quale è possibile accedere a contenuti multimediali tra cui non solo l’audiolibro completo in doppia lingua, con piacevole sottofondo musicale, ma anche alcune parole chiave del racconto, pronunciate sia in italiano sia nella lingua a cui di volta in volta questo è affiancato nel libro. Il lettore può dunque scegliere la modalità a lui più congeniale per approcciare il testo, sia dal punto di vista della lingua sia da quello del supporto. I titoli della collana offrono, così, delle occasioni di lettura preziosa anche a lettori che faticano a relazionarsi col testo scritto per ragioni per esempio di dislessia, a lettori che non padroneggiano perfettamente la nostra lingua o a lettori che sperimentano entrambe le condizioni: una situazione di doppia inaccessibilità che qui viene felicemente supportata con prodotti versatili, ben confezionati e piacevoli da leggere.

Il gatto combinaguai è proprio uno di questi titoli. Scritto da un autore giordano –  Abeer Al-Taher –, e illustrato da un’artista libanese – Maya Fidawi -, il libro racconta una storia tenera e divertente, ideale da leggere ad alta voce (e dunque anche da fruire in modalità audio). Protagonisti sono un anziano signore e un gatto nero piuttosto turbolento. L’anziano è molto affezionato al felino ma in seguito a una sfilza di marachelle, decide di disfarsene. Il suo piano appare però più facile a dirsi che a farsi: ogni volta che abbandona il gatto da qualche parte, questi trova, infatti, il modo di tornare a casa. L’unica soluzione sembra essere quella di portarlo nel luogo più lontano del mondo, al Polo Sud. La strada è lunga, al punto che una volta arrivati, l’anziano pare aver quasi scordato i guai che l’hanno spinto fino a lì. A quel punto decide di tornare a casa ma fatica a ritrovare la via. Per fortuna insieme a lui c’è qualcuno che vanta un lungo curriculum in fatto di orientamento!

Breve, semplice e ben congegnato, Il gatto combinaguai offre un testo e delle illustrazioni delicatamente ironici. Intrigante e curioso, per il lettore italiano, è inoltre il fatto di leggere il libro partendo dal fondo, come la lingua araba richiede.

La mia giornata

Tana Hoban ha fatto scuola e a partire dai suoi libri per piccolissimi, basati su semplici figure e forti contrasti, si è diffusa anche in Italia una maggiore consapevolezza rispetto all’importanza di proporre volumi di qualità già ai neonati e ai bambini di pochi mesi. In questa cornice, favorevole allo sviluppo di libri resistenti, belli da vedere e modellati sulle reali esigenze dei piccoli lettori, arrivano ora due proposte molto interessanti di Lapis, che già in passato aveva lavorato su questo fronte con la collana de I libri del Tato. Si tratta, nello specifico, de La natura e La mia giornata, curati da Raffaella Castagna.

I volumi si presentano come due quadrotti cartonati, dalla dimensione maneggevole e dalle pagine spesse e leggere. Ognuna di queste ultime propone un solo soggetto, rappresentato in maniera estremamente essenziale e ben distinguibile, grazie alla scelta di sfruttare un solo vivace colore – giallo o rosso – oltre al bianco e al nero. Ogni figura è accompagnata da due-tre parole al massimo: una sorta di micro-didascalia senza fronzoli. In ogni doppia pagina, una figura è bianca su sfondo nero e una è nera su sfondo bianco. Grazie a un sistema di scorrimento, sotto ogni figura se ne svela un’altra con le medesime caratteristiche stilistiche e cromatiche e collegata a quella sovrastante da nessi di vario tipo, principalmente spaziali (la balena e il mare, per esempio) o d’uso (le stoviglie e l’azione di mangiare).

In La natura, che tra i due volumi è forse il più semplice, ogni pagina è dedicata in particolare a oggetti, paesaggi ed elementi atmosferici. Qui le didascalie sono omogenee e volte a nominare gli oggetti (la farfalla e il fiore, per esempio). Il colore che si aggiunge al bianco e nero, inoltre, compare solo nelle figure che si scoprono a scorrimento.

In La mia giornata, invece, ogni pagina è dedicata a un’azione quotidiana, dal risveglio all’addormentamento. Sulle pagine si succedono quindi oggetti comuni, familiari al bambino: dalla t-shirt alla palla, dalla vasca da bagno al libro della buonanotte. Sotto ad essi, il sistema di scorrimento rivela personaggi dalle fattezze animali che compiono le azioni collegate ai diversi oggetti, mentre le didascalie danno spazio a frasi che indicano l’azione stessa (Faccio il bagno, per esempio) o che la accompagnano (Buongiorno). I nessi tra le figure, il tipo di testo e la presenza di tre colori sia sopra sia sotto la linguetta a scorrimento rende la lettura di questo volume minimamente più elaborata rispetto al precedente.

In entrambi i casi, la semplicità dei contenuti, il numero limitatissimo di soggetti per pagina e il forte contrasto cromatico delle figure fanno sì che il volume racchiuda delle importanti possibilità di esposizione alla lettura anche da parte di bambini con disabilità. È il caso dei piccolissimi con disabilità cognitiva o comunicativa ma anche di coloro che presentano un deficit visivo. La presenza poi di un semplice ma efficace dispositivo ludico come le pagine a scorrimento, amplifica l’interattività e la sorpresa: elementi di grande importanza e appeal anche e soprattutto per bambini con  maggiori difficoltà di approccio all’oggetto-libro. Per come sono costruiti i volumi, il sistema di scorrimento apre a una sorta di secondo livelli di lettura, leggermente più complesso, che mette in gioco la capacità di associazione tra figure oltre al loro riconoscimento: un livello che, volendo, si può aggiungere anche solo in un secondo momento, senza per questo condizionare il godimento del libro nella sua forma base.

La natura

Tana Hoban ha fatto scuola e a partire dai suoi libri per piccolissimi, basati su semplici figure e forti contrasti, si è diffusa anche in Italia una maggiore consapevolezza rispetto all’importanza di proporre volumi di qualità già ai neonati e ai bambini di pochi mesi. In questa cornice, favorevole allo sviluppo di libri resistenti, belli da vedere e modellati sulle reali esigenze dei piccoli lettori, arrivano ora due proposte molto interessanti di Lapis, che già in passato aveva lavorato su questo fronte con la collana de I libri del Tato. Si tratta, nello specifico, de La natura e La mia giornata, curati da Raffaella Castagna.

I volumi si presentano come due quadrotti cartonati, dalla dimensione maneggevole e dalle pagine spesse e leggere. Ognuna di queste ultime propone un solo soggetto, rappresentato in maniera estremamente essenziale e ben distinguibile, grazie alla scelta di sfruttare un solo vivace colore – giallo o rosso – oltre al bianco e al nero. Ogni figura è accompagnata da due-tre parole al massimo: una sorta di micro-didascalia senza fronzoli. In ogni doppia pagina, una figura è bianca su sfondo nero e una è nera su sfondo bianco. Grazie a un sistema di scorrimento, sotto ogni figura se ne svela un’altra con le medesime caratteristiche stilistiche e cromatiche e collegata a quella sovrastante da nessi di vario tipo, principalmente spaziali (la balena e il mare, per esempio) o d’uso (le stoviglie e l’azione di mangiare).

In La natura, che tra i due volumi è forse il più semplice, ogni pagina è dedicata in particolare a oggetti, paesaggi ed elementi atmosferici. Qui le didascalie sono omogenee e volte a nominare gli oggetti (la farfalla e il fiore, per esempio). Il colore che si aggiunge al bianco e nero, inoltre, compare solo nelle figure che si scoprono a scorrimento.

In La mia giornata, invece, ogni pagina è dedicata a un’azione quotidiana, dal risveglio all’addormentamento. Sulle pagine si succedono quindi oggetti comuni, familiari al bambino: dalla t-shirt alla palla, dalla vasca da bagno al libro della buonanotte. Sotto ad essi, il sistema di scorrimento rivela personaggi dalle fattezze animali che compiono le azioni collegate ai diversi oggetti, mentre le didascalie danno spazio a frasi che indicano l’azione stessa (Faccio il bagno, per esempio) o che la accompagnano (Buongiorno). I nessi tra le figure, il tipo di testo e la presenza di tre colori sia sopra sia sotto la linguetta a scorrimento rende la lettura di questo volume minimamente più elaborata rispetto al precedente.

In entrambi i casi, la semplicità dei contenuti, il numero limitatissimo di soggetti per pagina e il forte contrasto cromatico delle figure fanno sì che il volume racchiuda delle importanti possibilità di esposizione alla lettura anche da parte di bambini con disabilità. È il caso dei piccolissimi con disabilità cognitiva o comunicativa ma anche di coloro che presentano un deficit visivo. La presenza poi di un semplice ma efficace dispositivo ludico come le pagine a scorrimento, amplifica l’interattività e la sorpresa: elementi di grande importanza e appeal anche e soprattutto per bambini con  maggiori difficoltà di approccio all’oggetto-libro. Per come sono costruiti i volumi, il sistema di scorrimento apre a una sorta di secondo livelli di lettura, leggermente più complesso, che mette in gioco la capacità di associazione tra figure oltre al loro riconoscimento: un livello che, volendo, si può aggiungere anche solo in un secondo momento, senza per questo condizionare il godimento del libro nella sua forma base.

Achille cane quadrato

Giulio Fabroni e Gloria Francella sono due autori che frequentano casa Sinnos da qualche tempo e che hanno un’interessante capacità di dialogare con i piccolissimi. I loro cofanetti dedicati al personaggio di Merlo – Merlo e la merenda, Merlo e i colori, Merlo e le emozioni, Merlo e gli opposti – sono per esempio prodotti semplici ma curati in cui gioco e lettura si contaminano felicemente. La stessa vincente abilità di parlare in piccolo e di costruire belle storie a partire da concetti maneggiabili da lettori molto in erba, la si ritrova anche in un titolo più recente – Achille cane quadrato – anch’esso pensato per soddisfare bambini taglia XXS.

Protagonista, qui, è un cagnolino a macchie bianche e nere e dal contorno vagamente tondeggiante. Decisamente più definito nella forma è suo zio Achille che, interrogato su come abbia fatto a diventare perfettamente quadrato, condivide con il nipote la sua storia: una storia fatta di iniziali prese in giro e di un lungo percorso alla ricerca della propria identità. L’incontro con un bruco, una gallina e una stella marina lo porta a sperimentare forme diverse, ma è solo quando incappa in una lumaca dalla forma bislacca che Achille trova finalmente la forma che gli calza a pennello e conosce il segreto di una piccola felicità.

Perfetto da leggere ad alta voce (ma ideale anche come prima lettura, dato il testo semplice e le caratteristiche di alta leggibilità), Achille cane quadrato vanta una storia piacevolmente iterata, un gustoso uso di onomatopee e un implicito invito a fare della lettura un’esperienza movimentata. Ogni volta che Achille cambia forma compie infatti gesti buffi che difficilmente lettori piccoli e grandi resistono dal replicare. Tutto questo, unito a illustrazioni dal tratto sorridente e amichevole, fa del libro – che è peraltro perfettamente quadrato, proprio come Achille – un ghiotto assaggio di lettura da proporre ai più piccini.

La serra

Se c’è un aggettivo che descrive il tratto ben riconoscibile di Giovanni Colaneri è probabilmente rigoglioso. Quasi sempre, dal pennello dell’autore escono, infatti, figure sgargianti che fioriscono sulla pagina e paiono popolare foreste umane e naturali. Accadeva in Che cos’è una sindrome? e accade ora in La serra, libro che fin dal titolo sembra sposarsi a meraviglia con uno stile così florido.

La sua protagonista è una bambina visionaria e intraprendente che vive suo malgrado in una città tutto fumo e grigiume. Non ci sono alberi né animali a rendere vivo il paesaggio e così, quando un uccello dalle sfumature turchesi spunta alla finestra, la bambina non può fare a meno di notarlo. L’uccellino, d’altronde, veste i suoi stessi brillanti colori e tra i due si instaura una complicità immediata. Di fronte all’invito a seguirlo, la bambina non perde tempo e, inforcata la sua bicicletta, percorre desolate e desolanti distese di foreste ormai abbattute fino a che giunge in luogo straordinario. Si tratta di una serra lussureggiante, luogo di per sé meraviglioso se si considera la triste cornice in cui si colloca, ma reso ancor più straordinario dal personale che lo cura. Al di là delle ampie e luminose vetrate la bambina, e con lei il lettore, incontra infatti una schiera di animali deditissimi al giardinaggio: chi innaffia vasi e aiuole, chi trasporta carrelli zeppi di piante e chi ne controlla puntiglioso qualità e stato. C’è un piano preciso dietro tutto questo lavoro, ma gli animali hanno bisogno di una zampa. Ecco allora che la bambina si trova a guidare una spedizione ad alto impatto green a tutto vantaggio dell’intera comunità.

Finalista del Silent Book Contest 2020, La serra racconta di sogni all’apparenza impossibili e di collaborazioni che creano bellezza. Qui, il rispetto per la natura appare chiaramente come qualcosa che ripaga a pieno, restituendo a chi lo pratica un’esistenza a colori. Sospesa tra reale e fantastico, la storia per immagini confezionata da Giovanni Colaneri è ricca di fascino e scandita in modo lineare e chiaro nonostante l’assenza di parole. Quest’ultima, dal canto suo, ne spalanca la fruizione anche da parte di bambini e ragazzi con difficoltà di decodifica e comprensione del testo, legate per esempio alla dislessia o alla disabilità uditiva.

Bosco dove sei?

Già protagonista di Un riccio per amico, il riccio Filippo torna sugli scaffali con il suo carico di ingenua tenerezza. In questa nuova avventura firmata nei testi e nelle immagini da Alice Campanini, l’animaletto si accorge un giorno che il bosco è sparito. Alberi, foglie ed erba scompaiono dal giorno alla notte, senza una spiegazione. Gli altri animali, dal canto loro, mostrano comportamenti insoliti, tutti intenti a prepararsi per un fantomatico letargo. Che cosa sia questo letargo, Filippo di fatto non lo sa e se lo chiede di continuo. Un improvviso scivolone gli porterà inaspettatamente tutte le risposte che cerca, conducendolo finalmente soddisfatto verso un lungo sonno ristoratore…

Col tratto delicato che abbiamo già iniziato a conoscere nel precedente volume, sempre edito da Storie Cucite, Alice Campanini confeziona una storia semplice che parla di natura, curiosità, stupore e amicizia. Bosco dove sei?, già pubblicato anche in formato tradizionale, presenta nella versione in simboli le caratteristiche tipiche del modello inbook cui aderisce. I singoli elementi del testo sono quindi simbolizzati, facendo ricorso alla collezione WLS. I simboli sono poi dotati di qualificatori (di genere, di numero, di tempo…) e racchiusi insieme alla componente alfabetica all’interno del riquadro.

Il libro si caratterizza per un testo piuttosto lungo e articolato, composto di frasi dalla struttura non necessariamente lineare che richiedono una certa abilità di lettura e comprensione. Le illustrazioni, presenti in ogni doppia pagina e prive di dettagli inutili o disturbanti, seguono passo passo il racconto offrendo un sostegno all’attenzione, al fascino narrativo e all’appropriazione della storia.

 

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Giochi

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Giochi

Dal classico trova le differenze al memory, dalle figure da ricomporre al sudoku dei colori: il quaderno di #intantofaccioqualcosa dedicato ai giochi raccoglie una serie variegata di proposte che ben si adattano a stimolare il giovane lettore senza risultare ripetitive.

Ogni gioco è presentato all’interno di una pagina con semplici istruzioni, descritte passo passo con testi alfabetici molto lineari e il supporto di immagini per quanto riguarda l’indicazione dei materiali utili. Laddove, nei giochi, siano previste risposte giuste o errate, il quaderno presenta una sezione di soluzioni mentre per quelle attività che invitano a ritagliare alcune parti sono previste pagine staccabili.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

Il segreto di Milla

Uno sguardo vivace, un unicorno sempre accanto e curiosità da vendere: signore e signori, ecco a voi Milla! Al fianco di questa bambina scatenata potrete scalare montagne e scendere a bordo di slittini da bucato, ascoltare il silenzio del bosco e imparare a usare viti e chiavi inglesi. Tenere ferma Milla è infatti un’impresa e la sua intraprendenza è gioiosamente contagiosa. La sua gamba robot è a volte un formidabile alleato, altre motivo di nostalgia per un tempo in cui al suo posto c’era una gamba in carne e ossa. È in questi casi che Milla fa ricorso al suo segreto: uno stratagemma semplice ma efficace per riscoprire le proprie risorse e trovare l’entusiasmo di vivere nuove avventure.

Positivo e carismatico, il personaggio di Milla è al centro di una storia semplice che parla di emozioni universali: nella tristezza, nella resilienza, nel coraggio e nella forza dell’amicizia che animano la bambina può infatti rispecchiarsi qualunque lettore, al di là del fatto che abbia o meno una disabilità. Di quest’ultima il racconto offre, dal canto suo, un ritratto positivo ma non mistificato. La protesi di Milla infatti c’è e fin da subito viene mostrata al lettore, prima con le figure e solo in un secondo momento con le parole. Ma così come non si nega che proprio quella protesi possa portare talvolta dei pensieri bui, allo stesso modo si mette in evidenza come essa non sia un limite alle molteplici esperienze che la bambina può e intende fare. Milla gioca, esplora, arrampica e va in barca proprio come e con i suoi amici, mostrando in tutta semplicità che disabilità e sport, disabilità e divertimento, disabilità e amicizia possono andare tranquillamente a braccetto.

Nato non a caso da un’idea di Alberto Benchimol, che di professione è maestro di sci con larga esperienza nel campo dell’insegnamento a persone con disabilità, Il segreto di Milla è un vero e proprio progetto di comunicazione sociale a misura di bambino. Al personaggio di Milla è associata anche una pagina facebook che persegue i medesimi obiettivi di promozione dell’inclusione attraverso lo sport.

La notte

Bentornati a Wimmlingen, il paese più silenzioso e brulicante che ci sia! Già protagonista degli irresistibili Libri delle stagioni (Topipittori, 2018-2019), la città creata da Rotraut Susanne Berner torna al centro di un nuovo wimmelbuch di grandi dimensioni. Luoghi, abitanti e inquadrature sono immutati rispetto si titoli precedenti: un piacere in più per il lettore che già li ha frequentati e che può così sperimentare la gioia del riconoscimento e il sapore della familiarità. La ripresa, in questo caso, è esclusivamente notturna, il che offre la possibilità di scoprire gli spazi cittadini in una veste insolita, vedendo animarsi luoghi perlopiù deserti di giorno e, al contrario, svuotarsi luoghi di giorno animatissimi. A ruota, anche i personaggi cambiano ruolo, ripresi nel loro tempo libero o in servizio.

E così, a vagare per le strade della vivace cittadina si assiste a comunissime routine quotidiane come a eventi straordinari, a lavori spesso invisibili come a incontri inattesi. Nella Wimmlingen notturna c’è chi si fa la doccia e chi vorrebbe dormire in giardino, chi sventa furti e chi guarda le stelle cadenti, chi fa un pigiama party in biblioteca e chi imbratta i muri per amore. Anche gli animali, come sempre accade nei quadri di Susanne Rotraut Berner, non stanno a guardare e tra gatti ben svegli, procioni a zonzo e cani ladruncoli anche le notti a quattro zampe si fanno piuttosto animate. Ad attraversare la città, partendo dal quartiere residenziale che si accinge a riposare e arrivando al laghetto dove pullulano le attività notturne, il lettore si immerge in una dimensione insolita e avvolgente, in cui al silenzio delle parole assenti si aggiunge quello dell’ora tarda (le 22.15, per la precisione, dice l’orologio della stazione). Tra serrande abbassate e luci accese c’è tanto da osservare, scovare e raccontare: l’autrice ha in questo senso un tocco davvero magico, capace com’è di disseminare tra le pagine dettagli sfiziosi, microstorie che si fanno grandi, citazioni imperdibili e vicende che si intrecciano.

Nei suoi racconti per immagini tutto si tiene con una coerenza e una fittezza di rimandi che sono fonte inesauribile di stupore e ragione di riletture mai uguali. Anche grazie a questa abilità i libri come La notte svelano una molteplicità di strati di lettura che agevola il coinvolgimento e la piena partecipazione da parte di bambini con abilità diverse.  Da un lato, infatti, l’assenza di parole favorisce la positiva appropriazione del libro anche da parte di piccoli lettori con difficoltà di comprensione del testo. Dall’altro, la presenza di storie godibili sia nella loro individualità sia nel loro complesso permette una libertà di movimento pienamente appagante a chi necessita di narrazioni poco articolate al pari di chi si districa con disinvoltura tra vicende disegnate più o meno complesse. Che sia giorno o che sia notte, insomma, la città di Wimmlingen accoglie il lettore con un caloroso e amichevole benvenuto!

A mezzanotte

Mezzanotte è un’ora magica, un tempo speciale che segna un preciso confine oltre il quale qualcosa di straordinario spesso accade. Lo sanno gli umani, immancabili festeggiatori di capodanni, ma lo sanno anche gli animali del bosco. Mezzanotte è infatti l’ora in cui i cancelli del luna park chiudono, lasciando deserti giostre e chioschi di delizie. È proprio a quell’ora che volpi, alci e animali selvatici di ogni sorta varcano il limitare del bosco, da dove pazienti hanno assistito al montaggio del parco di divertimenti preparandosi a goderne. Un buco sotto la rete, un’acrobazia da procioni per accendere l’interruttore generale e si va: il luna park si accende in tutto il suo splendore. Da lì in avanti, per gli animali abituati al silenzio ombroso del bosco è tutto un sorprendersi e sperimentare: ci sono dolciumi da assaporare, giochi di abilità in cui cimentarsi, giostre da cui salire e scendere in una nottata scintillante che è tutto fuorché usuale. Ma ogni cosa ha il suo prezzo e così sui banconi delle attrazioni si accumulano man mano preziose monete del bosco: foglie, pigne, funghi e bacche. Un ultimo giro sugli autoscontri e già albeggia, sembra avvisare il saggio gufo. Mentre il custode del parco si prepara a una nuova giornata di lavoro, gli animali rassettano tutto, recuperano i loro bottini e furtivi tornano a casa, dove la festa continua. Quando la stanchezza prende il sopravvento, ognuno si ritira nella sua tana. Solo il lupo, abile vincitore del gioco delle paperelle, ha ancora qualcosa da fare per rendere la nottata davvero speciale, non solo per sé stesso ma anche per qualcun altro…

Incantevole e coinvolgente, A mezzanotte è un libro senza parole con la S e la P maiuscole, tale per cui eventuali parole scritte sarebbero proprio di troppo. Non solo infatti Gideon Sterer e Mariachiara Di Giorgio allestiscono un’ossatura narrativa solidissima e precisa, che conduce per mano il lettore nell’avventura notturna, ma la meditata assenza di testo offre a quest’ultimo la possibilità di godere delle attrazioni scintillanti proprio come fosse sul posto, prendendosi i suoi tempi e scegliendo con ritmi personali dove e come muovere lo sguardo. Chiarezza narrativa e libertà di movimento trovano qui un misurato equilibrio, permettendo di fare propria la bellezza di questo volume anche a chi si troverebbe imbrigliato dalla presenza di un testo, per motivi per esempio di dislessia o disabilità uditiva, e a chi faticherebbe a districarsi tra storie che richiedono troppe inferenze. La sceneggiatura è infatti meticolosa, scandita senza salti, e le illustrazioni sono disseminate di dettagli apparentemente minimi ma in realtà decisivi ai fini della lettura della vicenda. Si pensi, per esempio, alla precisione degli sguardi dipinti da Mariachiara Di Giorgio, ai gesti eloquenti anche dei personaggi posti sullo sfondo, alla cura di particolari come la luce che aumenta man mano che l’alba avanza o ai rimandi puntualissimi tra le pagine, come quella  iniziale che vede l’orso raccogliere bacche, fiori e funghi e quelle seguenti in cui i preziosi frutti del bosco sono impiegati a mo’ di moneta. Tutto torna, tutto ha e dà senso. In più, non solo le tavole sono di una bellezza emozionante ma le inquadrature mai banali che le contraddistinguono rendono la lettura un atto dinamicissimo che catapulta il lettore tra popcorn scoppiettanti e luci sfavillanti.

Nascondino

Anche il più feroce degli animali può nascondere uno spirito burlone, parola di tigre!

Protagonista del silent book di David Hearn, il pericoloso felino si muove quatto quatto tra l’erba alta sulle tracce di una placida antilope. Il suo sguardo è intenso e concentrato e in un efficace gioco di primissimi piani e campi larghi, capiamo che l’attacco sta per essere sferrato. Ma… colpo di scena! Proprio quando pochi centimetri separano la belva dalla preda, questa spunta trulla dall’erba con indosso occhiali, nasone e baffi finti alla Groucho Marx: uno spasso! Da lì in avanti e a più riprese, l’antilope sfodera la sua riserva di mascheramenti, rendendo la caccia una continua e divertente sorpresa. Ma la tigre non è tipo da arrendersi facilmente e così, scovato il mucchio di costumi, mette in atto la sua insospettabile rivincita. E il gioco, manco a dirlo, è pronto a ricominciare…

Nascondino è il vincitore del Silent Book Contest Junior 2020, il premio attribuito dalla giuria dei giovanissimi, all’interno del concorso organizzato da Carthusia. E il motivo della vittoria non è affatto difficile da capire. Spiazzante e divertentissimo, il libro di David Hearn sa cogliere il lettore di sorpresa e rinnovare quest’ultima fino alla fine, sa mescolare con perizia realismo e invenzione e sa fare delle diverse inquadrature – ampie, ristrette e ristrettissime – un elemento narrativo di grande efficacia. Di fronte a quelle riprese larghe che vedono la tigre muoversi felpata e a quegli zoom improvvisi sulle espressioni del suo volto o sui look improbabili dell’antilope, il lettore è coinvolto a pieno e il continuo cambio di punto di vista – dietro, davanti, sopra e di fianco alla tigre – lo colloca esattamente tra i fili d’erba, in posizione privilegiata per godersi gli esilaranti imprevisti.

Del tutto privo di parole e animato da due soli protagonisti, Nascondino si presta a essere goduto in maniera appagante anche da parte di bambini (e adulti!) con difficoltà legate alla decodifica del testo o alla comprensione di storie complesse, che non disdegnino vicende profondamente surreali.

Rossi contro blu

La rivalità tra Rossi e Blu è affare di lunga data: i due schieramenti, guidati rispettivamente da Rossofuoco e Barbablù, si sfidano, fronteggiano e tendono agguati fin da quando i componenti non erano che ragazzini. Un giorno, da entrambe le parti, i guerrieri si preparano a sferrare un attacco micidiale agli avversari: si prospettano ossa rotte e nemici al ragù. Ma nessuno dei due valorosi capifazione ha previsto l’incontro nel bosco con due marmocchi, uno verde e uno nero, intenti a sfidarsi al gioco delle code. Come resistere? Di fronte alla ludica prospettiva, i cavalieri bardati di tutto punto cambiano senza esitazione vesti e obiettivi, preparandosi a rubare quante più code possibile agli avversari. Nessuno di loro si aspetta, però, che anche i nemici siano stai coinvolti nella sfida e questo fa di loro degli inattesi compagni di gioco. Certo, la sera la partita finisce e l’antica rivalità può tornare a galla. Se non fosse che giusto per il giorno seguente è in programma un torneo ai ciottoli. La battaglia, forse, può ancora aspettare…

Benjamin Leroy, già in catalogo per Sinnos con una fitta serie di titoli spassosissimi – da Super P a Caccia alla tigre dai denti a sciabola, da Appuntamento nel bosco a Susi in piscina e taglia tutto – è autore e illustratore di quest’albo che guarda con benevola ironia al mondo degli adulti e fa del gioco una chiave di risoluzione di conflitti da non sottovalutare. Con un testo divertente (e perfetto anche da leggere ad alta voce) e illustrazioni dal tratto buffo, Rossi contro blu mescola con diletto elementi medievali e moderni, mette in scena personaggi dai nomi e dai caratteri spiritosi e dissemina le tavole di particolari gustosi. Contraddistinto inoltre da caratteristiche di alta leggibilità che riguardano sia l’aspetto tipografico, con font leggimi, spaziatura ampia tra lettere, parole, righe e paragrafi, e sbandieratura a destra, sia l’aspetto compositivo, con frasi perlopiù brevi, lineari e poco numerose su ogni pagina, il libro di Benjamin Leroy si presta a offrire una piacevole e lettura autonoma dai sei anni (o condivisa anche un po’ prima).

 

Il signor Balena ha il raffreddore

Dura la vita da pinguino se il tuo vicino di casa è una balena (e per giunta con il raffreddore)! In questo caso, meglio mettersi al riparo: ogni starnuto crea, infatti, onde altissime che rischiano di sommergere tutto ciò che galleggia nei dintorni. Così capita ai protagonisti de Il signor Balena ha il raffreddore: una banda di pinguini intraprendenti che sperimenta più di un’improbabile soluzione – dai traslochi a remi ai fazzoletti giganti – per risolvere l’ingombrante problema del cetaceo. Nessuna sembra funzionare. A un certo punto, però, l’idea giusta arriva e la situazione si sblocca. I festeggiamenti durano tuttavia meno del previsto perché, si sa, la salute delle balene è estremamente cagionevole!

Semplice, ironico e caratterizzato da una piacevole struttura iterata e dotato di un divertente finale a sorpresa, Il signor Balena ha il raffreddore è un albo scritto e illustrato da Manuel Vertemara. Pubblicato da Storie Cucite in duplice versione – tradizione e inbook – il libro può raggiungere pubblici con esigenze di lettura diverse. La presenza dei simboli WLS, di poche frasi per pagina, di strutture sintattiche perlopiù lineari e di un lessico piano rendono in particolare la versione in simboli piacevolmente fruibile in lettura condivisa da parte di bambini già di età prescolare. Le buffe illustrazioni, dal canto loro, contribuiscono a rendere la lettura felicemente accattivante.

Ci penso io!

Nella vita di un bambino (ma, ça va sans dire, anche di un adulto!), i piccoli incidenti, guai ed errori sono all’ordine del giorno. Un compito sbagliato, una matita spezzata, una maglia strappata o un quadro caduto: quasi tutto si può aggiustare, basta avere lo strumento giusto!

Attraverso una carrellata di rotture e rispettivi strumenti di riparazione, Ci penso io! dice al lettore che l’importante, di fronte a un guaio, è provare a ripararlo e allena il lettore ad associare ogni oggetto danneggiato con ciò che serve per metterlo a posto. Quello che si attiva all’interno di ogni doppia pagina è un ragionamento, tutt’altro che scontato e immediato per alcuni bambini, sulla temporalità (ciò che accade prima e ciò che si usa dopo) e soprattutto sulla funzione delle cose. Il lettore si trova dal canto suo coinvolto non solo da una struttura che si ripete identica a ogni pagina e che incentiva così l’anticipazione del contenuto ma anche dalla predilezione per situazioni e oggetti molto comuni e familiari. L’autrice sceglie inoltre di concludere il volume con una piccola e inattesa deviazione dal tema incentrato sugli oggetti per porre l’attenzione sugli umani e sullo straordinario potere riparatore dei loro baci: un modo grazioso ed efficace, questo, per sorprendere il lettore e farlo sentire protagonista, non solo come potenziale combinaguai ma anche e soprattutto come risolutore!

Scritto e illustrato da Cristine Petit, Ci penso io! gioca con semplicità sui principi di ripetizione e variazione, mettendo in campo a ogni pagina situazioni di rottura e riparazione iterate ma oggetti, strumenti e protagonisti (insieme al narratore) diversi. Raccontato dal punto di vista e con la voce di un bambino di nome Tommaso, il libro presenta pagine di apprezzabile pulizia su cui si stagliano i testi lineari e semplici e le illustrazioni grandi e nette: una struttura ideale per favorire la concentrazione del lettore e per stimolarne il riconoscimento di situazioni e soluzioni, in una lettura che si fa anche un po’ gioco ed esercizio.

 

Il bollino Liberi tutti

Ci penso io! fa parte della collana di cartonati di Pulce edizioni e rientra, più nello specifico, tra i titoli che la casa editrice contraddistingue con il bollino Liberi tutti. Quest’ultimo viene attribuito, in particolare, a volumi progettati per agevolare una piacevole esperienza di lettura anche da parte di bambini con bisogni educativi speciali.

I libri in questione non presentano codici specifici – come potrebbero essere il Braille, la LIS o i simboli – in aggiunta al testo alfabetico tradizionale ma caratteristiche compositive particolari – come la scelta dell’argomento, del lessico e delle illustrazioni – che tengano conto di eventuali difficoltà di astrazione, di comprensione di determinati passaggi logici, di decodifica testuale o visiva.

In questo senso vengono privilegiati volumi contraddistinti da testi brevi, essenziali, con struttura sintattica lineare e lessico quotidiano; da illustrazioni mirate, con forme nette e prive di dettagli superflui che supportino, grazie a una corrispondenza puntuale, la decodifica del testo; da strutture narrative iterate che sollecitino nel lettore l’attivazione di semplici meccanismi di previsione; e da racconti che offrano un aggancio forte all’esperienza concreta e quotidiana del piccolo lettore.

Grazie a questo tipo di accorgimento, i libri che presentano il bollino Liberi tutti si prestano ad accogliere con meno ostacoli, anche bambini con disabilità uditiva, cognitiva o comunicativa che possono trovare tra queste pagine un supporto accattivante e a misura per avviarsi a piccoli passi verso storie via via più complesse.

Il germoglio che non voleva crescere

Quando si fa primavera, tutti i semi si preparano a crescere. Non tutti, però, mettono radici e germogliano con la stessa prontezza. Chi resta indietro parte svantaggiato perché privato della luce da chi si è fatto alto e dritto più in fretta e perché destinato a districarsi tra foglie e radici altrui che in anticipo hanno trovato posto. Tenacia e coraggio diventano allora indispensabili per farsi strada ma, quando il cammino si fa più tortuoso, ecco che il sostegno e la vicinanza degli amici possono fare la differenza.

Proprio questo succede al piccolo seme protagonista de Il germoglio che non voleva crescere, la cui difficoltà viene accolta da un gruppo di animali premurosi che lo accompagnano e sostengono, ciascuno come può e come gli si confà. Chi custodisce le sue radici, chi trova con lui i sentieri più agevoli, chi lo aiuta a scovare gli angoli più accoglienti, chi semplicemente non cessa di stargli a fianco, nonostante il percorso sia lungo e lento: la comunità del sottobosco si stringe solidale intorno al seme perché possa diventare grande ed esprimere il meglio di sé. E così accade. Rami, fiori e foglie iniziano a crescere con l’avanzare delle stagioni. Sopraggiunti l’estate e l’autunno, la pianta che era un seme si fa dapprima rigogliosa e poi del tutto spoglia, fino all’arrivo dell’inverno. Qui la neve sospende il tempo e crea grande attesa. Tra gli animali del bosco si alimenta il desiderio di rivedere l’amico. Desiderio che la natura, a suo modo, non lascia inascoltato…

Caratterizzato da testi minimi e intensi che risuonano in illustrazioni di grande respiro, Il germoglio che non voleva crescere è un libro che può sbocciare in molti modi: attraverso la bellezza mozzafiato delle tavole, di cui il lettore può godere profondamente, o attraverso i molti spunti e semi di riflessione che il lettore può coltivare secondo il suo sentire. Tra queste pagine che Britta Teckentrup compone in maniera splendida, creando atmosfere suggestive in cui pare di potersi immergere fisicamente, c’è infatti la saggezza della natura, c’è l’amicizia, c’è il valore della perseveranza, c’è il rispetto dell’unicità e dei tempi di ognuno. E in mezzo a quelle foglie delicatissime, in un sottobosco che brulica di vita, c’è soprattutto una storia universale di comunità: una storia in cui tutti si fanno naturalmente carico, senza che questo venga avvertito come un peso, della possibilità anche per chi è più fragile di trovare la propria strada e germogliare. Perché il fiorire di ognuno è il fiorire di tutti, e l’inclusione in fondo è proprio quella cosa lì.

Guarda!

Progetto che vince non si cambia… ma per fortuna si arricchisce! E così, dopo gli splendidi Fiori! e Forme!, Franco Cosimo Panini porta in Italia due nuovi e bellissimi libri-gioco a misura di mani mignon firmati da Hervé Tullet.

Il primo – Guarda! – si fa particolarmente notare per la sua composizione ipnotica, tutta giocata su cerchi concentrici all’interno dei quali si collocano aperture o specchi. Qui, il gioco dello sguardo si alimenta e si rinnova senza posa grazie alla creazione di riflessi e buchi che si rincorrono creando insolite prospettive e percorsi da indagare.

In maniera analoga, Balla! sfrutta intagli geometrici e specchi per dare vita a pagine dinamiche che invitano al movimento. Pallini e linee colorati creno quadri astratti in cui si possono però riconoscere stilizzatissime figure umane che ricordano per certi versi gli omini di Keith Haring. L’effetto complessivo è solleticante e chiama il lettore a cogliere e riprodurre mosse diverse che cambiano continuamente a seconda del verso e della prospettiva da cui si guardano le pagine.

Come i due titoli precedenti, Guarda! e Balla! presentano pagine double-face unite in una solida struttura a leporello, capace di tenersi in piedi da sola con angolature diverse. Che siano dunque aperti in linea retta, chiusi a recinto, sfogliati tradizionalmente o – che so – allestiti a mo’ di ponte, i libri si prestato a resistere ed assecondare le esplorazioni condotte da occhi e mani non solo curiosi ma magari anche un po’ irruenti per via di una motricità fine ancora acerba o ridotta.

Anche qui, l’assoluta libertà d’uso che solletica l’immaginazione e la sperimentazione personali, è incoraggiata nel lettore dalla scelta di proporre esclusivamente figure astratte o estremamente stilizzate, composte di colori basici – i tre primari più i soli bianco e nero – e di forme minime – cerchi, linee e superfici uniformi di colore o a specchio. La curiosità e l’invenzione vengono così accolte senza vincoli e restrizioni, a tutto vantaggio anche di quei lettori che faticano a sfogliare pagine troppo sottili o a confrontarsi con contenuti più o meno complessi.

Allo stesso modo l’essenzialità e la vivacità della composizione, che generano con immediatezza interesse e coinvolgimento, favoriscono l’interazione tra pari o tra cari, anche laddove la disabilità sembri imbrigliare o impedire pesantemente le possibilità di incontro e condivisione. Cerchi, specchi, linee e colori, così come combinati dal maestro Tullet, diventano in questo modo preziosi strumenti a sostegno non solo del gioco ma anche della relazione.

Balla!

Progetto che vince non si cambia… ma per fortuna si arricchisce! E così, dopo gli splendidi Fiori! e Forme!, Franco Cosimo Panini porta in Italia due nuovi e bellissimi libri-gioco a misura di mani mignon firmati da Hervé Tullet.

Il primo – Guarda! si fa particolarmente notare per la sua composizione ipnotica, tutta giocata su cerchi concentrici all’interno dei quali si collocano aperture o specchi. Qui, il gioco dello sguardo si alimenta e si rinnova senza posa grazie alla creazione di riflessi e buchi che si rincorrono creando insolite prospettive e percorsi da indagare.

In maniera analoga, Balla! sfrutta intagli geometrici e specchi per dare vita a pagine dinamiche che invitano al movimento. Pallini e linee colorati creno quadri astratti in cui si possono però riconoscere stilizzatissime figure umane che ricordano per certi versi gli omini di Keith Haring. L’effetto complessivo è solleticante e chiama il lettore a cogliere e riprodurre mosse diverse che cambiano continuamente a seconda del verso e della prospettiva da cui si guardano le pagine.

Come i due titoli precedenti, Guarda! e Balla! presentano pagine double-face unite in una solida struttura a leporello, capace di tenersi in piedi da sola con angolature diverse. Che siano dunque aperti in linea retta, chiusi a recinto, sfogliati tradizionalmente o – che so – allestiti a mo’ di ponte, i libri si prestato a resistere ed assecondare le esplorazioni condotte da occhi e mani non solo curiosi ma magari anche un po’ irruenti per via di una motricità fine ancora acerba o ridotta.

Anche qui, l’assoluta libertà d’uso che solletica l’immaginazione e la sperimentazione personali, è incoraggiata nel lettore dalla scelta di proporre esclusivamente figure astratte o estremamente stilizzate, composte di colori basici – i tre primari più i soli bianco e nero – e di forme minime – cerchi, linee e superfici uniformi di colore o a specchio. La curiosità e l’invenzione vengono così accolte senza vincoli e restrizioni, a tutto vantaggio anche di quei lettori che faticano a sfogliare pagine troppo sottili o a confrontarsi con contenuti più o meno complessi.

Allo stesso modo l’essenzialità e la vivacità della composizione, che generano con immediatezza interesse e coinvolgimento, favoriscono l’interazione tra pari o tra cari, anche laddove la disabilità sembri imbrigliare o impedire pesantemente le possibilità di incontro e condivisione. Cerchi, specchi, linee e colori, così come combinati dal maestro Tullet, diventano in questo modo preziosi strumenti a sostegno non solo del gioco ma anche della relazione.

I quaderni di #intantofaccioqualcosa – Attività con la CAA

Durante il primo lockdown legato all’emergenza Covid-19, i social e più in generale il web hanno accolto centinaia di iniziative e proposte di attività per aiutare i bambini chiusi in casa a impiegare il tanto tempo vuoto a disposizione. Molte di queste si sono esaurite man mano con l’allentarsi delle misure restrittive. Altre, più rare, hanno trovato il modo di proseguire, magari assumendo una forma differente.

È il caso del progetto #intantofaccioqualcosa, ideato e promosso da Uovonero insieme alle associazioni Autismo è… e Spazio Nautilus di Milano: video e materiali scaricabili, postati quotidianamente durante la primavera del 2020, sono infatti diventati delle vere e proprie raccolte di attività, edite in forma di quaderno. Sono nati così, nel 2021, I quaderni di #intantofaccioqualcosa: 5 volumetti di stampo molto pratico che invitano a divertirsi con giochi, esperimenti scientifici, ricette, cruciverba ed esercizi, tutti fruibili anche in caso di autismo e difficoltà comunicativa perché costruiti sfruttando in larga parte la Comunicazione Aumentativa Alternativa.

Tutte le proposte sono infatti presentate con il supporto di PCS, fotografie e/o disegni che le rendono più immediate e fruibili anche da parte di chi non legge ancora autonomamente o di chi trova più congeniale una comunicazione di tipo visivo. Simboli e immagini non esauriscono completamente le spiegazioni delle attività ma il loro ruolo centrale concorre ad agevolarne la comprensione. Anche i testi, dal canto loro, risultano costruiti in modo da parlare in modo chiaro anche a chi non maneggia con facilità le parole, cercando di rimuovere il più possibile gli elementi di complessità lessicale e sintattica e privilegiando, al contrario, frasi lineari e termini usuali (ma rigorosi, soprattutto nel caso del quaderno scientifico).

I quaderni di #intantofaccioqualcosa si prestano così ad essere utilizzati in maniera relativamente autonoma da bambini e ragazzi anche con difficoltà di lettura o comunicazione, sia all’interno di un gruppo classe sia in un contesto familiare, a casa o in vacanza. Compagni affidabili e piacevoli, oltre che pratici nel formato, questi quaderni offrono una piccola ma sostanziosa scorta di spunti, ideali per pomeriggi oziosi o lunghe giornate di pioggia.

 

Attività con la CAA

Tra i cinque quaderni finora pubblicati di #intantofaccioqualcosa, Attività con la CAA è con tutta probabilità il più semplice e adatto a bambini e ragazzi più piccoli o con difficoltà più marcate. Il volume raccoglie infatti una serie di proposte che stimolano l’abilità cognitiva dell’associazione, invitando il bambino a collegare tra loro elementi diversi come animali e relativi habitat, oggetti e colori, cause ed effetti, elettrodomestici e stanze della casa e via dicendo. Per ogni attività viene proposta una pagina da ritagliare che riporta gli elementi da associare e una pagina su cui tali elementi possono essere uniti e incollati.

Tutti gli oggetti e gli animali su cui si concentrano le attività sono molto comuni e dunque si prestano a immediata riconoscibilità. A questa concorre inoltre una rappresentazione basata sui PCS che, tra i diversi tipi di simboli, sono i più chiari e trasparenti.

Sia le parole associate ai singoli simboli sia le semplici istruzioni che spiegano le diverse attività appaiono in stampatello maiuscolo per una più agevole lettura. Le istruzioni, dal canto loro, non sono supportate visivamente dai simboli e la loro lettura può pertanto richiedere un supporto da parte di un adulto. Ciononostante sono redatte in modo da risultare lineari e semplici così da poter essere seguite più facilmente.

Gli altri titoli della serie #intantofaccioqualcosa sono:

Lupo nero

Due occhi bianchi, insidiosi e penetranti si stagliano in copertina su uno sfondo nero intenso: è così che il Lupo nero di Antoine de Guilloppé inchioda subito il lettore. C’è qualcosa di ipnotico in quello sguardo netto: un fascino magnetico che sfida ad addentrarsi nel libro, tra le sue tavole in bianco e nero e del tutto prive di parole.

Qui compare un giovane che, nel fare rientro a casa in una notte invernale, si trova ad attraversare un fitto e intricato bosco. Nevica, fa freddo e avanzare nella coltre non è agevole ma soprattutto il percorso ha un che di inquietante: tra gli alberi si nascondono presenze misteriose, minacciose persino. Il giovane sembra accorgersene a poco a poco mentre il lettore riconosce e segue fin dall’inizio la sagoma del lupo tra i tronchi. La tensione è via via crescente e tangibile: ci si aspetta da un momento all’altro un assalto che, in effetti, non manca ma che, grazie a un sorprendente colpo di scena, cambia di segno e assume contorni del tutto inattesi.

Così, in un finale rapidissimo che chiude una sceneggiatura dal sapore cinematografico, la prospettiva si ribalta, la tensione si scioglie, le emozioni si capovolgono. All’estremità di una parabola emotiva ampissima, che parte dal sospetto, affronta la paura e approda alla rassicurazione, il lettore trova il sollievo di essersi sbagliato nell’attribuire ruoli e intenzioni ai personaggi, condizionato dalla forte valenza simbolica dei due colori usati e degli elementi fiabeschi richiamati.

L’apparenza inganna e queste pagine, con il loro abile gioco di inquadrature e illusioni percettive, consentono di sperimentarlo a fondo. Bianco e nero, vuoto e pieno, buono e cattivo: Lupo nero fa dei contrasti più essenziali e della loro capacità di rovesciarsi la sua chiave narrativa più potente che non solo mette a nudo pregiudizi e stimola interrogativi, ma amplifica la capacità di coinvolgere intimamente chi legge, facendolo sentire davvero immerso tra quei silenziosi tronchi innevati. Quello intagliato con perizia da Antoine Guilloppé – maestro indiscusso della tecnica del papercutting – diviene così un bosco da attraversare tanto fisicamente quanto simbolicamente, con spiazzante soddisfazione per lettori di età anche molto diverse.

Oggi cucino dolce

I libri in stoffa sono senza dubbio una delle proposte più interessanti dell’editore rietino Puntidivista. La collana ad essi dedicata unisce infatti semplicità, versatilità e interattività. Inoltre – cosa da non sottovalutare – è praticamente l’unica in Italia a offrire quiet book reperibili sul comune mercato editoriale e contraddistinti da un prezzo di copertina ragionevole: due aspetti che concorrono a determinarne una reale reperibilità e più ampia diffusione.

Felice è dunque la notizia che dopo Oggi divento 1 e 2, Oggi vado, Oggi mi metto e Forme e colori, la collana accolga oggi un nuovo volume: Oggi cucino dolce. Come facilmente intuibile dal titolo, il libro offre al bambino la possibilità di cimentarsi con la costruzione di torte, gelati e pasticcini che divengono materiale concretissimo per piccole o grandi narrazioni. Le doppie pagine del libro propongono in particolare un personaggio in cui immedesimarsi, diversi attrezzi di pasticceria e tanti ingredienti e componenti (strati, decorazioni ecc…) – tutti realizzati in feltro e attaccabili tra loro tramite velcro – con cui sbizzarrirsi a creare dolci delizie. Totalmente estraibili dalla pagina, i singoli elementi possono essere manipolati a 360° e combinati a piacere, prima di essere utilizzati come veri e propri oggetti di scena sulla pagina vuota. Molto utile, a questo proposito, la bustina in stoffa che contiene il libro con tutti i suoi accessori, impedendo a questi ultimi di staccarsi accidentalmente e perdersi.

Supporto semplicissimo ma molto funzionale per stimolare il gioco simbolico, la narrazione e, con essi, la verbalizzazione e la relazione, Oggi cucino dolce si presenta come un libro-gioco di grande accessibilità che può essere facilmente ed efficacemente usato con bambini senza particolari difficoltà così come con bambini con difficoltà comunicative e cognitive.

Gli amici del bosco

Con l’arrivo dell’estate gli animali del bosco si risvegliano dal letargo, si ritrovano e ricominciano come ogni anno a fantasticare circa la possibilità di attraversare agevolmente il fiume per godersi i frutti dell’altra sponda. Un giorno la lumachina Luna mette a punto un progetto per costruire un ponte e tutti, nel bosco, si danno da fare per realizzarlo. Tutti tranne lo scoiattolo Paolino, a dire il vero, che accampa scuse di ogni sorta per sottrarsi al lavoro. Il motivo della sua reticenza sarà svelato solo alla fine del racconto, quando in seguito all’incendio del ponte causato dalla banda di Billi il bullo, Paolino scoprirà a beneficio di tutti il valore della condivisione.

Un po’ acerbo nei contenuti e artigianale nella composizione, Gli amici del bosco è un libro con testo in nero e in Braille e illustrazioni visuali con inserti tattili. Il suo aspetto nel complesso non del tutto convincente contrasta in maniera evidente con l’enorme impegno profuso dalla casa editrice nel trovare soluzioni nuove e funzionale per rendere il più possibile accessibile i propri prodotti. Qui, per esempio, i materiali scelti per le illustrazioni tattili sono semplici ma perlopiù efficaci nel consentire al lettore non vedente di riconoscere oggetti e personaggi rappresentati. Apprezzabili sono, inoltre, la scelta di creare illustrazioni tattili completamente staccabili e quindi esplorabili a 360° e di rendere tattilmente solo alcuni elementi delle immagini, così da non rendere l’esplorazione al tatto eccessivamente complessa e confusiva.

Alla scoperta della fattoria

Alla scoperta della fattoria è un libro in simboli firmato Homeless Book che come alcuni volumi precedenti della stessa casa editrice – Cosa vede Don Q e Gatto e topo in società, per esempio – sfrutta efficacemente il meccanismo ludico delle alette.

Il titolo non fa mistero di ciò che il lettore potrà trovare tra le pagine: una piacevole gita tra gli animali a due e a quattro zampe che vivono in campagna. Ogni doppia pagina invita il lettore a esplorare uno specifico ambiente della fattoria – dalla cuccia al recinto, dallo stagno alla stalla e via dicendo – provando a indovinare di chi possa essere la casa. Il libro non prevede dunque una vera e propria storia ma piuttosto una carrellata di dimore e personaggi che, una volta individuati, compiono una piccola azione o pronunciano una brevissima frase.

Così come il testo è sempre diviso in due paragrafi – uno dedicato a descrivere l’ambiente e a stimolare le ipotesi sul suo abitante, l’altro contenente la soluzione del quesito – anche le illustrazioni si sviluppano in due fasi – una che mostra l’ambiente e un minimo dettaglio del suo abitante, l’altra che rivela completamente l’identità di quest’ultimo, all’aprirsi di un’aletta.

Questa particolare struttura crea un equilibrio funzionale tra prevedibilità e sorpresa, soddisfacendo il bisogno di trovare sulla pagina dei punti di riferimento ma anche quello, spesso trascurato nei libri in simboli, di sperimentare soddisfazione e coinvolgimento pieno da parte del lettore. Allo stesso modo questa costruzione narrativa dinamizza un racconto che altrimenti potrebbe risultare piatto e sollecita nel bambino la capacità di scovare indizi e formulare ipotesi.

Il testo – lineare nella sintassi, quotidiano nel lessico, maiuscolo nella grafica – risulta agevole da seguire ma non eccessivamente ripetitivo. Supportato visivamente da simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) riquadrati e disposti sulla pagina in modo da seguire l’andamento della frase, questi va a braccetto con le illustrazioni fresche e sorridenti di Piki che si diverte a nascondere in ogni tavola un piccolo topolino: un’occasione in più per il lettore di conoscere il libro anche come oggetto con cui si può giocare.

Pasqualino e l’operazione “Mani pulite”

Pasqualino e l’operazione “Mani pulite” è una storia in simboli e in rima dal chiaro fine didattico: insegnare ai bambini l’importanza di curare con costanza e attenzione l’igiene delle mani.

Protagonista è un bambino amante della pittura che scorda sempre di lavarsi le mani dopo aver usato i colori e per questo si ritrova puntualmente a leggere, mangiare, giocare e andare a letto con le dita sporche. Le conseguenze – pupazzi insozzati, libri macchiati e soprattutto pancia dolorante – non sono ahilui piacevoli ma finiscono per insegnargli efficacemente quanto possa essere utile ricordarsi di aprire il rubinetto.

Orientato non tanto al piacere della lettura fine a se stesso ma piuttosto alla veicolazione di un preciso messaggio educativo, Pasqualino e l’operazione “Mani pulite” può essere utile, soprattutto in tempi di pandemia come questi, per aiutare i bambini con difficoltà comunicative a familiarizzare con un’operazione quotidiana fondamentale come il lavaggio delle mani. Il testo propone rime non particolarmente ricercate che condizionano in parte la scelta del lessico e la struttura sintattica delle frasi. I simboli impiegati nel rafforzamento visivo del testo sono i WLS (Widgit Literacy Symbols), completi di qualificatori per il plurale. Tutti gli elementi del testo sono individualmente simbolizzati, rendendo la lettura particolarmente adatta a bambini con una pregressa esperienza con la Comunicazione Aumentativa e Alternativa.

Il tesoro di Nina

A varcare la copertina de Il tesoro di Nina si ha l’impressione di rispolverare una vecchia cinepresa e godersi un filmino d’altri tempi, una ripresa lenta per la precisione. Protagonista è una bambina piccola – gote rosse, capelli ramati, pelle candida in un delizioso e comodo vestitino blu – immersa in un placido e luminoso paesaggio marino. Ogni tavola ci invita a seguirla con partecipe discrezione in una delle sue piccole e meravigliose attività di esplorazione e scoperta: far scorrere la sabbia tra le dita, scalpicciare sulla battigia, giocare con la schiuma delle onde, scovare conchiglie tra le dune e indagarne il misterioso potere…

Nei suoi movimenti un po’ goffi e insieme liberi così come nelle sue espressioni di concentrato stupore si riconosce un’infanzia vera e palpitante, che pare emergere in carne ed ossa dalla pagina. Sonia Marialuce Possentini, attenta osservatrice, sa rendere con grazia e rispetto il rapporto poliedrico che lega i bambini a un elemento ricco ed enigmatico come il mare. In questo, la sua sensibilità ricorda non poco quella dell’autrice coreana Suzy Lee, nel cui capolavoro L’onda si ritrovano non a caso analoghe pose, gestualità, azioni e reazioni.

Finalista del Silent Book Contest 2019, Il tesoro di Nina procede per sole illustrazioni senza far uso di parole. Questo, unito alla storia minima, alla chiarezza delle immagini, alla pulizia delle pagine e al fatto che ciascuna di esse appaia godibile e assaporabile in sé oltre che nel continuum narrativo, rende il libro estremamente accessibile e affascinante anche per bambini piccoli, in età prescolare per esempio, o con difficoltà a decodificare il testo alfabetico o a seguire racconti troppo complessi. Ciononostante il libro costituisce un autentico gioiellino soprattutto per gli adulti che possono scorgervi tutta la libertà da condizionamenti e sollecitazioni superflui, la curiosità di fronte alla ricchezza di un paesaggio multiforme, la gioia della scoperta, lo stupore del gioco: un’occasione preziosa, insomma, per guardare davvero i bambini, attraverso una specchio di carta.

 

La musica di Ettore

Mica facile fare musica con quattro zampone da elefante: parola di Ettore! Trombe, fisarmoniche, arpe e xilofoni mal si accordano, infatti, con le movenze maldestre tipiche di un pachiderma e così, malgrado il suo amore spassionato per le melodie, l’elefantino Ettore si trova costretto ad assistere ai concerti della giungla invece che prendervi attivamente parte. Sarà una giornata iniziata col piede sbagliato a tirar fuori un suo inaspettato talento, che con lo strumento giusto diventa musica per le orecchie di tutti!

Semplice nella trama così come nel messaggio, La musica di Ettore è un albo scritto e illustrato dall’autrice polacca Monika Filipina. Si caratterizza per un testo minimo e lineare che lascia ampissimo spazio narrativo alle immagini. Sgargianti, movimentate, ricche di dettagli e dal tratto ironico, queste sono le vere protagoniste del libro e conducono il lettore per mano alla scoperta della storia: un aspetto, questo, che ben si sposa con gli accorgimenti di alta leggibilità – font EasyReading, spaziatura maggiore, testo non giustificato – messi in campo da Camelozampa per la stampa del volume. La sinergia tra leggibilità del segno grafico e facilità di accesso al testo è infatti determinante nello stimolare un approccio alla lettura il più possibile amichevole, accogliente e stimolante anche nei confronti di bambini con dislessia.

Se chiudi gli occhi

Terre di Mezzo porta in Italia un albo di origine spagnola che spicca per delicatezza e intelligenza in mezzo ai diversi volumi che negli anni hanno dedicato attenzione alla cecità e alla differente percezione del mondo che ne deriva. L’albo si intitola Se chiudi gli occhi ed è scritto e illustrato da Victoria Pérez Escrivà e Claudia Ranucci.

Protagonisti sono due fratellini che si confrontano – o discutono per meglio dire – rispetto a cosa siano e a che aspetto abbiano diversi oggetti che conoscono: un albero, un serpente, una lampadina, la notte e via dicendo. Di nessuno di questi oggetti le loro descrizioni combaciano: il primo fratello ne riporta infatti l’aspetto visivo più immediato mentre l’altro restituisce qualità che prescindono dalla vista, lasciandoci intuire che il suo modo di percepire e rappresentare le cose possa essere differente. Se ne ha conferma alla fine, quando l’invito della mamma a chiudere gli occhi, spalanca anche per il fratello vedente la possibilità di scoprire, conoscere e dire il mondo in una maniera del tutto nuova. Impossibile, a quel punto, anche per chi legge, resistere alla tentazione di guardarsi intorno e poi provare a reinterpretare la realtà lasciandosi guidare da orecchie, naso, mani ed emozioni.

Due, in particolare, sono i meriti di questo libro apparentemente così semplice. In primo luogo il rispetto delle diverse realtà percettive dei due personaggi: tra le pagine di Se chiudi gli occhi non si trova, cioè, la rincorsa spesso forzata a rappresentazioni di cose certo molto poetiche ma anche molto distanti e poco pregnanti per un bambino non vedente, come possono essere per esempio i colori. Al contrario, le autrici dedicano una precisa attenzione a cose che concretamente abitano la vita dei due bambini: alberi, animali, persone, oggetti domestici. In secondo luogo, il libro intreccia parole e figure in maniera davvero efficace: se le prime sono minime, essenziali e dirette, le seconde risultano evocative e capaci di mescolare i due diversi punti di vista considerati. Così l’albero guadagna una chioma d’uccello, dalla pipa del papà esce un fumo di baci e la superficie della luna si anima di grilli: la pagina si fa, cioè, incontro e dialogo tra letture diverse del mondo, alle quali vengono riconosciute pari dignità, verità e fascino.

Domino i verbi con i simboli

L’incursione di Uovonero sui terreni della sperimentazione ludica non è né nuova né rara. Iniziata agli albori della casa editrice, con il gioco cooperativo Kikkerville, proseguita con l’Acchiappaidee di Fabrizio Silei poco più di un anno fa, si consolida ora con un nuovo cofanetto che intreccia lettura, gioco e apprendimento in maniera innovativa e intrigante. Il cofanetto si compone, in particolare, di un libro e di un domino, entrambi contraddistinti dall’uso dei simboli PCS.

Il libro dedica ogni doppia pagina a un’azione quotidiana (leggere, farsi la doccia, pettinarsi, giocare insieme o da soli…): a destra campeggia una chiara immagine che ne illustra il significato; a sinistra vengono riportati il simbolo e la parola ad essa corrispondenti, seguiti da una micro-storia di due sole frasi in simboli, in cui l’azione è protagonista. Le stesse illustrazioni e gli stessi simboli figurano anche sulle carte del domino, associati però in maniera casuale. Al giocatore viene dunque chiesto di affiancare le tessere in modo che simbolo e illustrazione correlati si trovino vicini, fino a formare una lunga catena di azioni.

Come è facile intuire, il libro e il domino operano in sintonia, aiutando i giovani lettori con difficoltà comunicative o alle prese con le prime esperienze di lettura a familiarizzare con il significato e l’uso dei diversi verbi. Dominare questi ultimi, come l’ingegnoso titolo del gioco suggerisce, significa infatti compiere il primo importante passo per padroneggiare l’insieme della frase e i suoi specifici meccanismi. In questo senso la scelta d’uso dei simboli più immediati e trasparenti tra quelli disponibili e maggiormente diffusi nell’ambito della Comunicazione Aumentativa e Alternativa – ossia i PCS (Picture Communication Symbols) – risponde bene all’intento di rendere libro e gioco davvero intuitivi e dunque fruibili. A rafforzare l’efficacia e la trasversalità del cofanetto concorrono, poi, in maniera determinante le attraenti illustrazioni di Antonietta Manca realizzate con la plastilina. Sgargianti e leggere, queste sanno unire chiarezza e originalità, accendendo in maniera ben riuscita il connubio tra apprendimento e piacere estetico.

Dall’idea progettuale insolita alle illustrazioni vincenti, dalla grafica pulita al packaging solido, dalla scelta mirata dei verbi e dei simboli al formato maneggevole delle carte, ogni aspetto di Domino i verbi con i simboli parla di cura: proprio quella che fa di questo prodotto dalla natura ibrida un ottimo strumento didattico, un efficace supporto alla comunicazione e, al contempo, un accattivante gioco per la famiglia.