Emozioni e apprendimento: cosa ci dicono le neuroscienze?
È consuetudine parlare di emozioni e apprendimento come fattori strettamente connessi, così come sostenere che le emozioni vanno a “interferire” con il rendimento scolastico dei bambini. È sotto gli occhi di molti insegnanti che se un bambino è tranquillo e sereno affronta una verifica con meno agitazione, così come se un argomento è vicino alla realtà dei bambini è più facile che venga imparato senza difficoltà. Ma in che modo ciò è possibile?
Per spiegare questo innegabile legame tra stato emotivo e apprendimento ci vengono in aiuto le neuroscienze, che hanno definito ormai con chiarezza quali circuiti neuronali affrontano le informazioni per essere apprese ed entrare nella nostra memoria a lungo termine.
Tutte le nozioni che vengono spiegate in classe, così come tutte le informazioni sensoriali che percepiamo dal mondo attraversano una serie di “filtri” che risiedono in alcune strutture più “primitive” del nostro cervello: l’amigdala e l’ippocampo. Tali strutture “valutano” il significato dell’informazione che arriva e se essa può essere considerata importante e tale da poter accedere alla memoria a lungo termine e alla corteccia cerebrale, parte più evoluta del nostro cervello, dove risiedono processi cognitivi superiori come l’attenzione, il problem solving, la pianificazione.
Il primo “filtro” che attraversa l’informazione risiede proprio nell’amigdala ed è una selezione di tipo “emotivo” possiamo dire: se l’informazione arriva da un contesto emotivo sfavorevole non attraversa il primo filtro perciò non arriva al cervello più evoluto. L’amigdala quindi funziona come una prima “stazione di scambio”, importantissima da attraversare per giungere ai processi di elaborazione superiori. Se caliamo questo primo importante elemento in una situazione di apprendimento, come potrebbe essere il contesto scolastico, se ne deduce che un fattore di paura e di ansia associato all’informazione blocca il percorso di quest’ultima che non arriverà quindi alla corteccia cerebrale sede dei processi cognitivi superiori. Successivamente l’ippocampo effettuerà un’ulteriore selezione, “lasciando passare” solo le informazioni che hanno un significato per il soggetto: tutto ciò che al contrario non è ritenuto significativo e importante viene dimenticato. Nell’ippocampo le informazioni devono inoltre trovare un appiglio per essere mantenute, ovvero un collegamento con quelle pregresse a cui si aggiungono.
Queste evidenze neuroscientifiche hanno alcune ricadute pratiche importanti, come si può immaginare. Il fatto che lo stato emotivo in qualche modo permetta o blocchi l’acquisizione dell’informazione implica che il clima emotivo che si respira in classe sia il primo indispensabile elemento da considerare per un apprendimento sereno e fruttuoso. Situazioni di disagio, ansia, preoccupazione e paura generate magari da un rapporto conflittuale con l’insegnante possono ostacolare il vero e proprio processo di apprendimento, così come un rapporto di fiducia e stima possono favorirlo. Ma per un apprendimento solido e duraturo ciò non basta ancora, poiché le informazioni non sono tutte uguali per il nostro cervello. Solo quelle ritenute significative e dotate di senso e interesse riescono a giungere alla memoria a lungo termine. Non possiamo pretendere che le lezioni abbiamo tutte lo stesso interesse per i ragazzi, ma possiamo utilizzare diverse strategie affinché lo raggiungano, ad esempio cercando direttamente con loro stessi il valore e il significato di quei contenuti. Occorre non sottovalutare il momento iniziale della lezione, poiché per accogliere nuovi contenuti il nostro cervello deve richiamare alla memoria elementi simili a cui ancorarli, altrimenti la loro significatività verrà a mancare. Ben vengano organizzatori anticipati, brainstorming, video o qualunque altro elemento ci permette di accogliere nuove informazioni e tenere alta l’attenzione dei nostri strumenti.
È innegabile quindi che è importantissimo conoscere questi elementi per progettare una lezione di qualità, che possa trovare terreno fertile per essere compresa e memorizzata e rimanere così nella nostra memoria per lunghissimo tempo.
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