Disability Studies e Inclusione
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Per una lettura critica delle politiche e pratiche educative
di: D. Goodley, S. D’Alessio, B. Ferri, F. Monceri, T. Titchkosky, G. Vadalà, E. Valtellina, V. Migliarini,
F. Bocci, A.D. Marra e R. Medeghini
In questo libro, diversi autori che fanno parte della corrente di pensiero dei Disability Studies e sono componenti del GRIDS (Gruppo di Ricerca Inclusione e Disability Studies, il quale si occupa di Inclusione Scolastica e Sociale), discutono di inclusione, e non solo, da una prospettiva problematizzante e critica verso tutte le teorie e prassi Mainstream, i cui presupposti raramente vengono messi in discussione.
Nella prefazione del volume, Fabio Bocci sottolinea come gli autori, pur avendo posizioni diverse, hanno svariati punti fermi in comune: la messa in discussione del modello medico oggi dominante, anche nella sua forma bio-psico-sociale; la convinzione che attraverso l’uso di un certo linguaggio si punti a normalizzare tutto ciò che risulta divergente; la critica di tutte quelle pratiche sociali che, in un modo o nell’altro, risultano discriminatorie o espulsive; la pratica di un sapere non esclusivamente accademico, bensì capace di contribuire all’emancipazione e all’auto determinazione dei dannati della terra: “Emancipazione e autodeterminazione da perseguire e conquistare dal basso, ossia attraverso forme di lotta (non vi è altro termine) sempre più ampie e partecipate, e non per grazia ricevuta da parte di chi detiene il potere e bonariamente elargisce spazi sociali ed esistenziali a categorie di umani sfortunati”.
Il libro è suddiviso in tre pati: La prima, dal titolo I tempi dell’inclusione fra abilismo, razzismo e potere, vede i contributi di Beth A. Ferri, Flavia Monceri, Tanya Titchkosky e Dan Goodley.
La seconda parte, intitolata L’educazione inclusiva fra rappresentazioni, discorsi e culture, raccoglie i saggi di Giuseppe Vadalà, Enrico Valtellina, Valentina Migliarini.
La terza parte, infine, che ha per titolo Dov’è l’inclusione scolastica? presenta i contributi di Simona D’Alessio, Fabio Bocci, Angelo D. Marra, Roberto Medeghini.
Il volume, pur occupandosi di diverse tematiche – si veda ad esempio il contributo di Tanya Titchkosky e Dan Goodley, che analizzano l’impatto delle politiche trumpiane e della Brexit sulla rappresentazione della disabilità, senza risparmiare critiche neppure alle politiche e alle rappresentazioni precedenti – si focalizza per gran parte sul tema dell’educazione scolastica, mostrando come il concetto dell’inclusione sia una tematica alquanto incompiuta e rimasta spesso soltanto sulla carta.
Gli autori si dimostrano fortemente critici verso la categoria dei BES (Bisogni Educativi Speciali), la quale rischia di etichettare gli studenti, marginalizzandoli ulteriormente, ma soprattutto scambia la difficoltà e l’incapacità dell’istituzione scolastica nel gestire tutto ciò che è “atipico”, con difficoltà e fragilità puramente individuali, ascrivibili ai singoli ragazzi e perciò affrontabili senza una messa in discussione del sistema educativo e scolastico nel suo complesso.
Il punto di forza di questo testo è proprio la critica, anche radicale, di alcuni paradigmi su cui si basa la scuola e più in generale la società. Percorre tutto il volume la messa in discussione degli assunti del sistema medico e del sistema economico e sociale attuale.
A seguire, dei brevi cenni su alcuni dei contributi del volume.
Beth A. Ferri, nel suo contributo riflette su come il concetto di abilismo e quello di razzismo spesso si intreccino all’interno del sistema scolastico, in quanto le percentuali di studenti migranti a cui viene affibbiata qualche etichetta diagnostica, è enormemente superiore rispetto a quella dei ragazzi non immigrati. Questa tendenza ripropone nei fatti una discriminazione nei confronti degli studenti migranti. L’autrice, inoltre, si domanda se aver allargato la categoria BES alla differenza culturale sia un passo verso l’inclusione o al contrario tende a discriminare maggiormente. Beth A. Ferri, per comprendere meglio la relazione tra abilismo e razzismo e per poterla affrontare nel miglior modo possibile, propone il concetto di DisCrit: Disability Critical Race Studies, ovvero una serie di principi guida e di domande utili a studiare questo fenomeno e approcciarlo in maniera critica.
Valentina Migliarini, utilizzando i DisCrit, analizza come anche in Italia ai minori non accompagnati venga attribuita un’etichetta di BES; in questo caso appare lampante come si confonda un’incapacità della società a confrontarsi con la complessità e la difficoltà che un simile incontro comporta, riducendo tutto a una categoria e pensando così di contribuire a risolvere un problema che ha radici ben più profonde.
Flavia Monceri analizza i processi che portano a non considerare pienamente umane le persone con disabilità e propone delle strade alternative nell’approccio alla disabilità, che destrutturino il pensiero corrente. Una di queste strade è quella di modificare la terminologia con cui ci si riferisce alla disabilità. L’autrice, ad esempio, al posto di deficit utilizza intralcio e al posto di disabilità utilizza il termine disabilitazione; entrambi questi termini spostano l’accento dall’individuo alla società che è disabilitante. Monceri inoltre, sottolinea come troppo spesso dai processi decisionali che riguardano le persone con disabilità, vengono escluse proprio queste ultime e che persino quando si parla di inclusione, non vengono coinvolte le persone che ne sono oggetto.
Simona D’Alessio sostiene che gran parte delle pratiche e delle politiche definite inclusive, siano in realtà integrative in quanto sono rivolte esclusivamente allo studente con delle difficoltà certificate e non al gruppo classe nel suo complesso. Questo paradigma è volto al mantenimento dello status quo. L’autrice sottolinea anche che le normative non vengono applicate alla lettera, ma sono sempre frutto dell’interpretazione dei vari attori che operano nel mondo della scuola; molto spesso il gruppo che ha maggiore potere riesce a imporre la sua visione. D’Alessio, al contrario di tutti quegli autori che sostengono che le politiche e le normative sono inclusive e che il problema stia unicamente nella loro applicazione fallace, mostra e argomenta come in realtà siano anche le politiche e le normative a ricalcare una logica integrativa e non inclusiva. L’autrice propone delle possibili soluzioni volte sia a evitare interpretazioni diverse da parte dei vari attori interessati, spinti da convenienze e interessi di parte, sia a promulgare leggi che puntino davvero all’inclusione scolastica.
Fabio Bocci propone un profilo dell’insegnante veramente inclusivo e critica ferocemente il sistema di formazione dei docenti, il quale favorisce la separazione fra l’insegnante curricolare e l’insegnante di sostegno, creando il fraintendimento che il primo non debba occuparsi di inclusione ed il rischio che il secondo diventi una figura iper-specializzata sul mondo della disabilità. Una tale prospettiva risulta inefficace nell’affrontare le complessità e le nuove consapevolezze teoriche che il sistema scolastico si trova oggi di fronte.
In conclusione, si suggerisce la lettura di questo volume a quanti desiderino approfondire la prospettiva dei Disability Studies. Se ne consiglia la lettura anche agli insegnati in cerca di un testo stimolante e spesso perturbante, perché, se è pur vero che questa corrente di pensiero viene vista da molti come radicale e utopica, è anche una voce il cui contributo critico costringe a una profonda riflessione inquanto “trova nutrimento nel porsi e nel porre domande, nel dubitare sinceramente, nell’aprire strade inedite che possano condurre a disambiguare ciò che si presenta come scontato o acclarato”.
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