Caccia alla tigre dai denti a sciabola

Da quando Diego, personaggio burbero dal cuore di panna, ha fatto la sua comparsa nel film d’animazione L’era glaciale le tigri dai denti a sciabola godono di una fama solida e appagante. Parte quindi in discesa Il libro di Pieter Van Oudheusden, intitolato per l’appunto Caccia alla tigre dai denti a sciabola e dedicato a un mondo preistorico in cui il feroce felino fa tremare di paura intere tribù. Tra queste c’è anche quella del giovane Olun che, invitato dagli adulti a non immischiarsi nelle faccende di caccia, decide di avventurarsi da solo alla ricerca della famigerata tigre. La sua arma segreta: un misterioso sassolino bianco consegnatogli dallo stregone. Intimorito ma ben deciso a portare avanti la sua missione, Olun finisce per incontrare davvero la bestia feroce ma trova in extremis un modo originale per intrappolarla una volta per tutte. Il suo sassolino (di gesso) si rivela infatti uno straordinario e innovativo strumento da disegno che consente di immortalare l’animale esorcizzandone il potere terrificante. Da lì in avanti la passione per l’illustrazione dilaga tra i membri della tribù – bambini e adulti, uomini e donne – facendo cascare a sua volta Olun in una trappola: quella amorosa tesagli dalle bella e soprattutto furbissima Uma!

Caccia alla tigre dai denti a sciabola è un lavoro delizioso in cui si fondono una storia ben costruita, informazioni storiche accurate, piccole ma importanti ribellioni (dei giovani ma anche delle donzelle), idee di fondo interessanti sul potere dell’immagine e illustrazionii dal potere ipnotico. Le figuredi Benjamin Leroy brulicano infatti senza posa. Tratteggiate e irriverenti, costruiscono un mondo vivo intorno alla storia di Pieter Van Oudheuden invitando a sollazzarsi tra dettagli colmi di humour. Dagli animali che giocano a carte con le foglie alle iscrizioni rupestri in forma di coscia di pollo, dalle strategie di camuffamento del muflone alle illustrazioni sensuali di un gruppo goliardico di primitivi: ogni pagina è un invito a un sorriso, tanto meglio se condiviso in una lettura ad alta voce, resa peraltro più agevole dal piacevolissimo ricorso alla font maiuscola ad alta leggibilità leggimi.

G.E.K.A. Il mondo dietro gli occhi chiusi

Faticare ad addormentarsi alla vigilia di un importante compito in classe e ritrovarsi all’improvviso in un mondo fantastico: con tutta la stranezza del caso, questo è proprio ciò che succede a Giulio, una notte come tante. Sperso e frastornato, il protagonista di G.E.K.A non si ritrova tuttavia solo ad affrontare uno insolito viaggio in un mondo popolato da bizzarre creature e animato da misteriosi enigmi. A dividere con lui lo stupore e il desiderio di decifrare tante stranezze ci sono altri bambini incontrati via via da Giulio lungo il suo percorso e ad uno ad uno divenuti parte di una solidissima banda di amici.

La loro è una corsa avventurosa e avvincente in cui occorre districarsi tra mappe incomplete, messaggi cifrati, filastrocche apparentemente campate per aria e luoghi pericolosi. La forza della squadra sta tutta nelle peculiarità dei singoli che diventano ricchezza (e persino salvezza) per l’intero gruppo: così, per esempio, l’abitudine di Alice, cieca, a orientarsi senza l’uso della vista guida i ragazzi fuori da una caverna buia; Kevin, sordo, decodifica il messaggio trasmesso con i gesti da alcune statue del giardino; o ancora la memoria prodigiosa di Edoardo, autistico, consente a tutti di risolvere il mistero racchiuso in un quadro. Certo, le caratteristiche di ciascuno richiedono spesso accortezze supplementari (come prestare attenzione a non strepitare per non turbare chi come Edoardo patisce i rumori forti o come leggere ad alta voce per Alice ciò che gli altri possono tranquillamente leggere sulla carta) ma non accade forse lo stesso – sembra suggerire il libro – con le caratteristiche di ciascuno di noi?

G.E.K.A. Il mondo dietro gli occhi chiusi racconta così, attraverso prove straordinarie ma al contempo facilmente riconducibili al quotidiano di un bambino che abbia accanto un compagno con disabilità (penso per esempio al muoversi in classe, al giocare insieme, al trovare forme di comunicazione condivise) l’importanza di scoprire e dare senso al valore aggiunto che ciascuno può dare a una relazione di amicizia, ribaltando l’idea che chi sperimenta la disabilità possa solo ricevere e non anche dare. La storia è ben congeniata e minuziosa nel rendere un’idea tanto delicata. Peccato solo, forse, per quella scivolata in extremis sulla buccia di banana pedagogica che porta a sottolineare, con l’intervento della mamma al risveglio del figlio, il senso di quanto da questi appreso durante il sogno. Il messaggio era davvero molto forte e chiaro senza che occorressero parole supplementari. Il più delle volte, infatti, le storie vanno ben oltre quello che esplicitamente dicono.

Contro i cattivi funziona

Avere 13 anni è già di per sé piuttosto impegnativo: scuola, amicizie, cambiamenti, prime cotte e contrasti con i genitori (magari separati) danno un bel da fare a chiunque. Se poi ad aggiungersi c’è anche un fratello gravemente disabile mantenersi in piedi può diventare un’impresa per via delle prese in giro, degli atti di bullismo, degli sguardi compassionevoli o dei giudizi sprezzanti che affollano il quotidiano. Tutte cose molto familiari a Matteo Galbiati, la cui identità fatica a sganciarsi da quella del fratello Guido: 14 anni anagrafici e uno e mezzo celebrale, con gravi difficoltà comunicative e motorie.

Per questo la possibilità di cambiare scuola e ripartire da zero – quanto a conoscenze e reputazione – costituisce per il protagonista di Contro i cattivi funziona un’occasione imperdibile. Matteo decide di presentarsi ai nuovi compagni nascondendo a tutti l’esistenza del fratello. La cosa sembra funzionare, dal momento che il ragazzo riesce a entrare nelle grazie di Francesco, il più temuto e rispettato della scuola, e della sua banda di scagnozzi. Ma tenere in piedi una bugia tanto grossa si fa via via più difficile, soprattutto quando Guido inizia a frequentare la stessa scuola di Matteo, quando l’affettuosa vicina di casa Selene scopre la vita reale della famiglia Galbiati e prova piano piano a entrarvi e quando la banda di Francesco comincia a manifestare, con parole ma anche con i fatti, la propria avversione verso i più deboli e verso chi, avario titolo, li difende. Sarà dura per Matteo fare i conti con una situazione che rapidamente precipita e scoprirsi di colpo migliore di quanto non si mostrasse e più attaccato al fratello di quanto non credesse.

Attraverso una trama coinvolgente e dei dialoghi serrati, che guardano all’adolescenza con occhi disincantanti, Massimo Canuti offre un bel ritratto di un legame fraterno quanto mai complesso e travagliato. Dando voce ai siblings, ossia ai fratelli di persone con disabilità, l’autore sceglie di non abbandonarsi alla neutralità politically correct che spesso invade i libri sul tema per far emergere piuttosto il magma emotivo che spesso travolge chi vive una situazione di questo tipo, in bilico tra un affetto smisurato e un’insofferenza che porta a rimorchio il senso di colpa. La schiettezza, al servizio della complessità, è dunque la vera forza di un volume coraggioso come questo.

 

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L’isola di Peter pan

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Il mondo incantato descritto da Barrie, in cui trovano posto Peter Pan, la fatina Trilli, la dolce Wendy e i suoi fratelli oltre a una vasta gamma di personaggi fantasiosi inclusi Capitan Uncino e il famelico coccodrillo, non è certo facile da ridurre ai minimi termini e sintetizzare in una versione semplificata. La cooperativa rietina Puntidivista si è ciononostante cimentata nell’impresa con l’ammirevole volontà di rendere accessibile un immaginario largamente condiviso anche a chi soffre di disturbi dello spettro autistico.

Inserito all’interno della collana “Libreria magicaa”, L’isola di Peter Pan si rivolge perciò, prima di tutto, a bambini con difficoltà di comunicazione e decodifica del testo scritto. Fortemente ridotta, sia nel contenuto che nell’espressione, la storia dell’eterno fanciullo prende forma attraverso i simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA – da cui il titolo della collana).

I libretti che compongono la serie sono compatti e resistenti, stampati con colori brillanti su carta plastificata. All’interno dei simboli il testo è maiuscolo per venire incontro alle esigenze di giovani lettori alle prime esperienze e il riquadro dei simboli cambia colore a seconda che si tratti di sostantivi, verbi o altre parti del testo. Tasto dolente sono senz’altro le immagini che corredano il testo: nelle intenzioni sufficientemente semplici da agevolare la lettura in caso di difficoltà, nei risultati eccessivamente spoglie, amatoriali e poco accattivanti.

All’interno del volume sono inserite anche tutte le illustrazioni in formato cartolina e in bianco e nero che i lettori possono autonomamente colorare. Ad esso è inoltre possibile unire, con acquisto separato (3,80 €), una confezione contenente tutti i simboli impiegati per raccontare la storia, utilizzabili per prendere familiarità con il codice simbolico e per giocare a ricostruire la vicenda: una semplice ma utile idea per prolungare il piacere e le possibilità di arricchimento della lettura.

La mela di Biancaneve

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Tra gli sparuti libri in simboli che il mercato italiano mette a disposizione, sono diversi quelli che attingono al patrimonio di fiabe tradizionali. Causa principale è la difficoltà a ottenere il permesso di tradurre in un codice dalle esigenze piuttosto rigide testi coperti da copyright. Allo stesso modo giocano un ruolo fondamentale l’essenzialità e il carattere asciutto di questo particolare tipo di narrazione, che ben si presta ad una traduzione in simboli. Così accade che, pur nella generale penuria di titoli in CAA, della stessa fiaba possano nascere versioni differenti. È il caso di Biancaneve, che dopo aver trovato posto nel catalogo di Uovonero, viene ripresa e adattata anche da Puntidivista.

Inserita all’interno della collana “Libreria magicaa”, La mela di Biancaneve si rivolge prima di tutto a bambini con difficoltà di comunicazione e decodifica del testo scritto. Raccontata in forma semplice, attraverso frasi brevi e non troppo articolate, la storia della fanciulla avvelenata e dei sette nani, prende forma attraverso i simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA – da cui il titolo della collana).

I libretti che compongono la serie sono compatti e resistenti, stampati con colori brillanti su carta plastificata. All’interno dei simboli il testo è maiuscolo per venire incontro alle esigenze di giovani lettori alle prime esperienze e il riquadro dei simboli cambia colore a seconda che si tratti di sostantivi, verbi o altre parti del testo. Tasto dolente sono senz’altro le immagini che corredano il testo: nelle intenzioni sufficientemente semplici da agevolare la lettura in caso di difficoltà, nei risultati eccessivamente spoglie, amatoriali e poco accattivanti.

All’interno del volume sono inserite anche tutte le illustrazioni in formato cartolina e in bianco e nero che i lettori possono autonomamente colorare. Ad esso è inoltre possibile unire, con acquisto separato (3,80 €), una confezione contenente tutti i simboli impiegati per raccontare la storia, utilizzabili per prendere familiarità con il codice simbolico e per giocare a ricostruire la vicenda: una semplice ma utile idea per prolungare il piacere e le possibilità di arricchimento della lettura.

Il gatto carboncino

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Quella del gatto Carboncino è una storia semplice con protagonisti un bambino e un micio. Il primo trova il secondo per strada, gli si affeziona, lo porta a casa, viene sgridato dalla mamma che non vuole animali in casa ma che finalmente si ricrede quando il nuovo arrivato fa scappare uno sgradito topo.

Lo sviluppo lineare, la presenza di un numero molto contenuto di personaggi e il ricorso a testi elementari rende abbordabile la comprensione dei fatti, anche in presenza di difficoltà cognitive o di decodifica del testo. In entrambi i casi, risultano di supporto i simboli impiegati dalla casa editrici per raccontare la storia e ispirati al sistema WLS (Widgit Literacy Symbols). Il volume rientra non a caso all’interno della collana Libreria magicaa che ricorre all’utilizzo della Comunicazione Aumentativa e Alternativa per offrire occasioni di lettura fruibili anche in caso di disturbi della comunicazione.

Il volume de Il gatto carboncino si presenta maneggevole e robusto, grazie alle pagine spesse e  plastificate. Di minore qualità, invece, le illustrazioni che corredano regolarmente il testo. Benché utili nell’agevolare la comprensione del testo, non spiccano infatti per personalità e attraenza.

 

Piuma bianca

Quante sorprese possono nascondersi in un libretto di una spanna per una spanna? Più di quante si possa pensare… aprire Piuma bianca per credere! Il volumetto scritto e illustrato dall’argentino Pablo Sweig e dedicato da Sinnos ai lettori alle prime armi racchiude infatti in poche e ridotte pagine un’esplosione di colori avvolgenti, una girandola di forme stilizzate irresistibili, una storia semplice e tenera e una cura tipografica che rende intrigante l’approccio autonomo alla lettura anche da parte di chi non ha grande dimestichezza con il testo scritto o sperimenta difficoltà legate alla dislessia.

La storia è quella di Piuma Bianca, stella del circo di Buffalo Bill, che un giorno fa tappa con la sua compagnia nella terra d’origine della sua famiglia e lì sceglie di ricominciare una nuova vita che concili le sue radici e il suo talento originale. L’autore la racconta con parole semplici e frasi brevi, rese chiare sulla pagina dal ricorso alla font maiuscola leggimiprima intelligentemente messa punto dall’editore. Quello che ci si ritrova tra le mani è perciò un libretto essenziale – nei contenuti e nelle forme – ma di grande coinvolgimento sia per i ricchissimi dettagli che l’autore dissemina sulla pagina sia per la profusione di sforzi volti a rendere i primi tuffi autonomi nella lettura un’esperienza piacevole e appagante.

Hank Zipzer. Una gita ingarbugliata

Tempo di gita scolastica alla SP87, la scuola frequentata da Hank Zipzer e dalla sua cricca di amici. Non pensate al solito polveroso museo: ad attendere gli allievi dell’inflessibile signorina Adolf c’è una notte a bordo del veliero ormeggiato nel porto di New York. L’eccitazione in classe è alle stelle e i preparativi sono tutt’altro che rilassati: prima ancora di partire Hank deve fare i conti con l’autorizzazione firmata dai genitori e dimenticata chissà dove. Per fortuna i suoi storici amici Ashley e Frankie così come l’energico Papà Pete non perdono occasione di aiutarlo a togliersi dai pasticci. Ma la corsa contro il tempo per riuscire ad andare in gita con cui si apre il nuovo episodio della serie scritta da Henry Winkler e Lin Oliver non è che un assaggio degli imprevisti che seguiranno da lì a qualche pagina. È solo quando i bambini mettono piede del Pilgrim Spirit, infatti, che l’avventura prende letteralmente il largo!

Alle prese con nodi impossibili da replicare, capitani farlocchi di vascello che soffrono il mal di mare, piccole vendette al gusto di Twix e nuove amicizie che rischiano di far naufragare le vecchie, Hank non risparmia il consueto ingegno che oltre a salvare situazioni complicate fa di lui un validissimo testimonial contro i pregiudizi sulla dislessia. Al disturbo dell’apprendimento il libro guarda inoltre, come di consueto, anche nell’aspetto tipografico grazie alla scelta di un font più leggibile e di una spaziatura più agevole. Questi accorgimenti, uniti a uno stile sempre frizzante, a illustrazioni spiritose (firmate come sempre da Giulia Orecchia) e ad avventure che non lasciano il tempo di annoiarsi concorrono seriamente a rendere l’invito alla lettura intrigante anche per chi con il testo scritto ha un rapporto burrascoso. L’abilità degli autori sta inoltre nell’accendere un sincero attaccamento nei confronti dei protagonisti che di volta in volta il lettore ritrova tra le pagine della serie, senza scordare però di far via via aumentare la complessità della storia e la varietà dei personaggi coinvolti, di pari passo con il crescere di Hank&co e con l’acquisire dimestichezza di lettura da parte di chi ne segue le vicende.

Il libro di Julian

Il libro di Julian, che segue e strettamente si lega al bellissimo Wonder, è un racconto gustoso che lascia tuttavia nella bocca del lettore un sapore strano, forse amaro. Nato come una sorta di appendice del primo romanzo di R. J. Palacio, il libro riprende i fatti qui narrati dal punto di vista del personaggio che vi prende parte col ruolo più negativo. Julian è infatti il bulletto che rende difficile la vita scolastica di Auggi e dei suoi amici e di cui mai, tuttavia, in Wonder vengono resi il pensiero e la prospettiva. L’autrice dà corpo quindi a questo nuovo lavoro proprio per dar voce al cattivo di turno.

L’idea è bella e coraggiosa. Come si può sentire il lettore, infatti, di fronte a un personaggio di cui già ha un’idea sfavorevole e i cui comportamenti sono così lontani dal comune e giusto sentire? La Palacio si cala in questo terreno minato portando alla luce la situazione familiare che alimenta l’arroganza e l’incapacità del protagonista a confrontarsi con le difficoltà e le responsabilità. Emergono così, in maniera molto accentuata, una madre miopemente iperprotettiva e un padre per cui soldi e buona immagine costituiscono una priorità assoluta. La loro abitudine a giustificare ogni atto del figlio, a ribaltare ogni situazione in modo che questi ne esca pulito e illeso e a scaricare qualunque colpa sulle spalle altrui si delinea agli occhi del lettore come la causa principale del modo di fare meschino e irriverente di Julian. Ciò che accade quindi è che di pagina in pagina Julian finisce per riabilitarsi agli occhi del lettore facendo ricadere le ombre che fino ad allora ne avevano oscurato la figura sui suoi genitori.

E se questo da un lato ha il merito di invitare ad andare sempre al di là delle apparenze, anche per capire il perché di comportamenti indegni e deprecabili, e di portare all’attenzione il caldissimo tema dell’emergenza educativa che coinvolge genitori e insegnanti su di un fronte troppo spesso separato, dall’altro inciampa nel rischio di giustificare a tutti i costi un atteggiamento da bullo per favorire la trasformazione di Julian da cattivo tout court a “cattivo soprattutto non per colpa sua e comunque in definitiva pentito”. Il libro di Julian resta comunque una lettura godibile (senz’altro molto di più se si è letto Wonder, su cui si regge in buona parte la sua ragion d’essere), scorrevole e non privo di qualche colpo di scena narrativo del tutto in linea con il gusto dell’autrice per le trame appassionanti e a tratti commuoventi.

Storia di retta

La semplicità che anima Storia di retta è a dir poco strabiliante: sulle pagine a fisarmonica di questo nuovo libro curato da L’albero della speranza si muove infatti un filo banalissimo ma capace di attivare percorsi fantastici. Protagonista del racconto è una retta indomita e curiosa che si scatena in un susseguirsi senza posa di movimenti, emozioni, garbugli, azioni. Da piatta essa si fa infatti ondulata, a zig zag, a scale, a spirale e chi più ne ha più ne metta ascoltando l’istinto del momento, la voglia di cambiare, l’istinto di scoprire.

La sua è un’avventura, come suggerisce il titolo giocoso, non solo di retta ma anche diretta perché immediata, essenziale e facile da seguire anche da parte di chi esplora la pagina solo con le dita. E in questo senz’altro la forma insolita del volume, che consente un continuum illustrativo senza soluzioni di continuità, non è solo accattivante e piacevole a vedersi e maneggiarsi ma anche funzionale a favorire l’esplorazione tattile.

Un libro come questo, che solletica la fantasia con pochissimi elementi, è garanzia di piccole escursioni immaginative che colmano di soddisfazione proprio perché a misura di bambino e di dito inesperto. Storia di retta costituisce perciò un esperimento della casa editrice eporediese molto ben riuscito dal punto di vista tecnico oltre che molto felice nel contenuto. Alla fine della lettura, si chiude infatti la fisarmonica convinti che – parafrasando Munari – se nasci retta, non è detto che resti tale tutta la vita!

La mia coperta

Coperte e copertine spiccano in cima alla classifica degli oggetti più rassicuranti. Linus docet. Calde e confortanti, la trapuntine popolano alcuni tra i momenti più intimi e sereni della giornata dei bambini. Ecco perché il libro tattile di Silvia Sopranzi, che a quest’oggetto e alle sue molteplici declinazioni è interamente dedicato, va a pescare tra le esperienze più familiari e condivisibili da lettori con disabilità visiva e non.

In una rassegna precisa e curata, le pagine del libro invitano ad esplorare diversi tipi di  coperte – quelle da sonnellino e quelle da picnic, quelle di lana e quelle a pois, quelle sotto cui ci si nasconde e quelle da personalizzare con etichette e bottoni. Della stessa forma ma di materiali diversi, ben scelti e facilmente riconoscibili, le copertine presentate da Silvia Sopranzi richiamo alle dita, agli occhi e alla mente piccole gioie quotidiane. Ad ognuna infatti si lega un’esperienza a misura di bambino, conosciuta e gioiosa, così da trasformare una morbida carrellata di oggetti in una toccante rassegna emotiva.

Vincitore come miglio libro tattile italiano al concorso “Tocca a te” del 2013, La mia coperta è stato messo a punto nella sua versione definitiva dalla Federazione Nazionale Delle Istituzioni Pro Ciechi e  inserito all’interno della collana “Sotto a chi tocca”.

Pioggia di primavera

La collana di graphic novel ad alta leggibilità targata Sinnos, arrivata ormai al suo quarto titolo, ci ha abituati a un’attenzione particolare alle tematiche dello sport e della parità di genere. Con l’ultima uscita, Pioggia di primavera, le due tematiche convergono in una storia tutta orientale che parla di kung-fu, di dignità e di riscatto femminile.

Qui si incontrano le storie di due ragazze. Una, Shu Mei, è una monaca guerriera che scappa dal suo monastero sotto attacco e trova rifugio presso un’altra congrega di monache. L’altra, Chun Yu, si trasferisce a vivere dal vecchio zio dopo la morte della madre e si trova a dover respingere la violenta proposta di matrimonio del boss del quartiere, Wong la tigre. Guidata dalla Shu Mai, Chun Yo apprende le basi dell’arte Kung-fu e sfida Wong in un combattimento. In palio c’è la sua stessa libertà, duramente e onorevolmente conquistata dalla ragazza.

Scritta di Paolina Baruchello e illustrata da Andrea Rivola, Pioggia di primavera adotta i criteri dell’alta leggibilità (font leggimigraphic e carta color crema, soprattutto) che rendono il volume particolarmente fruibile anche in caso di dislessia. Rispetto ai precedenti titoli, poi, quest’ultimo presenta testi meno fitti e predilige un’impaginazione più ariosa e a primo impatto più amichevole. Se questo da un lato rende più azzardati alcuni passaggi da una vignetta alla successiva, dall’altro lascia campo più libero al segno grafico e ai significati che, anche senza testo, può portare con sé.

I cinque malfatti

“Erano cinque. Cinque cosi malfatti.” Bastano cinque parole (guarda un po’, tante quanti i malfatti stessi!), per spalancare le porte all’invenzione. In cinque parole e una doppia pagina Beatrice Alemagna ci catapulta in un mondo in cui la stramberia impazza. Qui i protagonisti sono talmente insoliti che meglio di “cosi” non si possono definire: uno è bucato, uno è molle, uno è a pieghe, uno è capovolto e uno è così malfatto che assomma su di sé un grande mucchio di stranezze. E le illustrazioni dell’autrice, forti di quel mix così esplosivo e caratteristico di disegno e collage, regalano a questi cinque personaggi forme memorabili e surreali.

Quello dei cinque malfatti è un mondo brioso e sorridente in cui ci si sollazza ciondolando per casa (una casa sbilenca, casomai ci fosse bisogno di dirlo!) e sfidandosi in una gara all’ultima imperfezione. La vita qui è un inno all’ozio, alla diversità e all’autoironia: perché quando si sanno riconoscere i propri difetti e si impara come scherzarvi su, le rispettive diversità diventano occasione di confronto e diletto. Chi entra nella casa dei cinque malfatti conosce la differenza tra ridere di qualcuno e ridere con qualcuno: quella differenza, neanche tanto sottile, che separa il divertimento dallo scherno. Perché il primo funziona solo se tutti si mettono in gioco.

Ma il gioco, il difetto, il divertimento fine a se stesso sono del tutto estranei al tipo straordinario che, con la sua bella capigliatura e tutte la parti del corpo al loro posto, piomba un giorno nella dimora dei malfatti pretendendo di dare loro lezioni di vita. Per lui ci va assolutamente un progetto, ma quei corpi così mal assortiti gli paiono poco idonei a sviluppare idee. Totalmente inutili, in definitiva. A dispetto dei suoi perfettissimi principi, i cinque malfatti rivendicano però la loro straordinaria utilità: nel far passare la rabbia attraverso i buchi, nel conservare i ricordi tra le pieghe, nel vedere le cose da prospettive insolite e nel gioire di insoliti successi (o nel sapere fare pisolini in condizioni estreme. Per me, il migliore in assoluto!). E forti di un personale e condiviso orgoglio riprendono con sollievo la loro vita di sempre.

Il libro, vincitore non a caso di numerosissimi premi tra cui quello attribuito dalla giuria di esperti di Liber, porta nella testa del lettore una ventata di squisita e onesta leggerezza. L’attenzione appassionata dell’autrice per i dettagli nelle illustrazioni (anche l’imperfezione richiede cura!) e per il ritmo del racconto suscitano sana curiosità e autentico divertimento. A sbagliare le storie, ce lo ha insegnato Rodari, non sempre si ha da perdere. E a sbagliare i personaggi, state pur certi, il risultato è identico!

Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno (CAA)

Parola d’ordine: versatilità! Il principio che ispira il lavoro della cooperativa rietina Puntidivista è proprio che ogni bambino possa accedere a una medesima storia attraverso la via che gli è più congeniale, perché esistono modi diversi di raccontare le storie e modi diversi di goderne. Attraverso versioni differenziate, che sfruttano molteplici codici come la Lingua Italiana dei Segni o i simboli WLS, molteplici supporti come il libro cartaceo o i DVD, e molteplici forme di narrazione, orale o scritta, i libri di Puntidivista abbracciano un pubblico che vuole essere il più ampio possibile.

L’idea e l’iniziativa sono degne di interesse e di nota soprattutto perché si tratta di un primissimo originale tentativo di proporre un grado di accessibilità davvero esteso che non guardi alle esigenze imposte da un solo tipo di disabilità ma che, al contrario, scelga la strada della varietà. Le storie sono scritte ad hoc e corredate da illustrazioni casalinghe. Apripista, in questo progetto, sono le avventure di due personaggi – Dino detto Lampadino e Nella detta Caramella -: due fratelli che, attraverso un misterioso passaggio segreto nel parco arrivano in un mondo fantastico popolato da animali parlanti.

In Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno, i due bambini aiutano Zampacorta, il figlio del re del Magiregno, a trovare le api arcobaleno, catturate secondo il dire comune, da malvagie creature che abitano la Grotta dei mille Orsi Feroci. Nonostante le temibili premesse i ragazzi decidono di intraprendere una spedizione di ricerca delle api, scortati dalla guardia reale, l’elefante Sansone.  Sarà la loro capacità di andare oltre pregiudizi ed apparenze a permettere di scoprire che gli Orsi della grotta sono tutt’altro che feroci e che le api si sono spontaneamente trasferite in quello che pare essere un luogo paradisiaco.

La storia, che come nel primo episodio è caratterizzata da una messaggio educativo marcato ed esplicito, viene raccontata in questa versione ricorrendo all’uso dei simboli caratteristici della Comunicazione Aumentativa e Alternativa, così da venire incontro alle esigenze di giovani lettori con disturbi della comunicazione e con autismo. La scelta operata dagli autori di non modificare pressoché in nulla il testo originale, trasponendolo semplicemente in simboli, fa sì che il volume risulti piuttosto corposo e che la lettura si presenti come molto impegnativa, adatta perlopiù a lettori con una buona esperienza. Alla base di questa scelta c’è l’idea che per i lettori meno esperti e con maggiori difficoltà possano risultare più congeniali altre due versioni del testo, anch’esse basate sull’uso di simboli, ma rispettivamente ridotta e semplificata. La stessa storia è inoltre disponibile in una versione standard, semplicemente scritta in italiano e illustrata, cui si unisce un DVD con il video racconto il LIS che agevola la comprensione da parte di lettori sordi segnanti.

Album per i giorni di pioggia

Può l’ultimo giorno di vacanza suscitare gioia e diventare, tra tutti, il giorno più bello dell’anno? Verrebbe da dire di no ma il protagonista di Album per i giorni di pioggia è pronto a smentire noi tutti. L’ultimo giorno di vacanza coincide infatti con il suo compleanno e fa rima quindi con corona di carta, candeline, torta e famiglia. Quest’anno ancor di più, perché lo zia Ramon ha portato un dono davvero speciale, capace di rendere indelebile un momento tanto felice. Uno, due tre, click: armato della sua nuova macchina fotografica rosso fiammante, il festeggiato non perde tempo e trasforma una giornata potenzialmente malinconica in una collezione di attimi felici da ricordare.

Seguendo il sempreverde insegnamento di Federico, il topo di Lionni che metteva da parte raggi di sole per l’inverno, il protagonista del libro di Torrent raccoglie e immortala momenti preziosi – una corsa con gli aquiloni, una moltitudine di bolle di sapone, un tuffo tra le onde o un salto sul molo – attività spensierate che diventeranno ossigeno e sorrisi quando le attività frenetiche della brutta stagione prenderanno il sopravvento. Ciò che le rende così speciali è il fatto che siano condivise con le persone più care con la leggerezza che solo una vacanza ormai agli sgoccioli può riservare. Il libro omaggia cioè il piacere delle piccole cose, rese straordinarie da coloro con cui vengono vissute.

C’è insomma una nota malinconica tra le pagine di quest’albo, una sorta di presentimento di ciò che verrà da lì a poco, sottolineato da toni ambrati, crepuscolari, prediletti dall’autore nelle illustrazioni. D’altra parte, però, l’ottimismo finisce per avere la meglio, forte della consapevolezza che in qualche modo siamo quello che ricordiamo.

Che c’entra però la disabilità con questo quadro? C’entra nella maniera migliore possibile! Senza che il testo dica nulla, le immagini ci mostrano un protagonista in sedia a rotelle: la disabilità trova posto cioè senza esasperazioni, strepiti, messaggi a effetto o lezioni pedagogiche. Essa figura come un dettaglio tra tanti che influenza certi aspetti della vita (come il modo di correre nel vento, l’altezza da cui si scattano le foto o la maniera di godersi un bagno in mare) senza comprometterne l’essenza (come il piacere di vivere e registrare quei momenti, l’affetto dei cari, il sorriso di fronte al bello di una giornata di sole). Un albo come questo, che sfrutta al meglio le peculiarità del genere facendo dire a testo e immagini cose complementari, lascia delle piccole e discrete tracce di riflessione rispetto alla disabilità, che solo l’occhio attento registra, portando con naturalezza e quasi senza accorgersene la mente a realizzare che l’emozione di un abbraccio tra fratelli, il divertimento di un gioco in spiaggia, la gioia di uno spruzzo marittimo sono  piaceri condivisibili che ci avvicinano straordinariamente.

Visioni nuove della disabilità e dell’inclusione vengono proprio dalle lenti precise e dagli obiettivi potenti che libri come Album per i giorni di pioggia montano sui nostri occhi, come fossero macchine fotografiche. Parole ben scelte e illustrazioni portentose, ricche di inquadrature particolari e prospettive insolite, come quelle di Dani Torrent sono ciò di cui necessitiamo per guardare alla realtà con lo sguardo illuminato di un buon fotografo, che è ben altra cosa da quello piatto di chi, semplicemente, scatta fotografie.

Downtown

Downtown è un fumetto per ragazzi curato da due pubblicitari spagnoli – Noel Lang e Rodrigo Garcia. Ispirato alla figura dello zio di uno degli autori, affetto da Sindrome di Down, il racconto segue un bambino di nome Edo affrontare insieme ai suoi amici diverse situazioni quotidiane, più o meno complesse, in oltre un centinaio di sketch grafici ironici e leggeri.

Il titolo del volume – Downtown – e la frase di apertura – “Il brutto dell’avere la Sindrome di Down è che il giorno in cui nasci i tuoi genitori diventano un po’ tristi. Il bello è che, dopo quel giorno, non lo saranno mai più” – lasciano intendere che la Sindrome costituisca il fulcro del racconto e che a farla da padrone, a riguardo, sia un certo atteggiamento tutto rose e fiori. In realtà, addentrandosi nella lettura, la sindrome non viene pressoché più citata, intenti moralistici non trovano spazio e tutta l’attenzione è concentrata sulla maniera buffa e originale in cui Edo affronta la vita. Il suo essere Down emerge cioè, sottilmente, da un certo modo di parlare e dare senso alle situazioni, nel suo modo di relazionarsi con le cose e con le persone, nella sua fatica e concentrarsi e nel sistema originale che adotta per isolarsi all’occorrenza dal mondo. Ma è bene o male il suo essere bambino – un bambino fantasioso, affettuoso, a tratti petulante come d’altronde sono tutti i bambini –  ciò che emerge in primo piano. Il che costituisce forse la maniera più efficace per lanciare un messaggio positivo a proposito della Sindrome di Down (o più in generale di una qualunque disabilità) poiché invita a considerare la persona prima dell’etichetta.

Attraverso un tratto asciutto e spiritoso, in linea con testi essenziali e arguti, il fumetto di Noel Lang e Rodrigo Garcia offre un ritratto scanzonato e sorridente del mondo infantile. Insieme a Edo, a popolare le vignette di Downtown, altri amici tutt’altro che comuni: da Michelone, buono come il pane e imponente come una montagna a Bea, la fidanzata preferita nonché unica del protagonista; da Ben, timido e gentile, a Noemi, effervescente e frivolamente sognatrice. La loro è una quotidianità ingenua e briosa, proprio come il disco di Petula Clark che dà il titolo al volume e che, non a caso, Edo porta sempre con sè.

Arturo colleziona mostri

C’è chi colleziona cartoline, francobolli, orologi. E poi c’è chi, come Arturo, colleziona mostri: mostri che servono a sconfiggere le paure perché una volta disegnati le fanno dissolvere. Come il Papestrega, per esempio, che una volta messo su carta fa volatilizzare la paura degli animali col becco. E come lui tanti altri, riportati fedelmente dal protagonista che apre ai lettori la sua personalissima raccolta. Fino a un’ultima pagina, lasciata vuota affinché paure ancora in agguato possano trovare un adeguato mostro che le sconfigga a suon di matite colorate.

Arturo colleziona mostri è un libro insolito per molti aspetti. Perché parte dall’esperienza reale di un ragazzo con autismo e diventa una storia fantastica che parla all’immaginazione ma che allo stesso tempo non smette di parlare di cose vere. Perché trova nei disegni di quello stesso ragazzo le illustrazioni per dare forma al racconto. Perché mette insieme generale e particolare, personale e universale, in un modo stranamente semplice ed efficace. Perché è prima di tutto un libro sulle paure ma è poi anche un libro sull’autismo e assume questa sfumatura soprattutto una volta letta la storia di Antongiulio Preziosa sul risvolto di copertina.

Versatile e d’impatto, il libro si presta non solo a una lettura piacevole ma anche un lavoro di condivisione e riflessione che prosegua oltre l’ultima pagina. In esso si trovano molti atteggiamenti tipici dei bambini autistici e sovente difficili da raccontare ai compagni, si trovano timori singolari e timori comuni, si trovano ingegnose soluzioni per superarli. Al centro, l’idea che per poter sconfiggere una paura occorra poterla visualizzare, riconoscere e nominare altrimenti resta troppo astratta e inafferrabile.

Tutto giocato sul rovesciamento, il libro trasforma i mostri in strumenti di serenità e restituisce al protagonista, così come a chi, in modo analogo, appare strano e diverso per via di atteggiamenti insoliti, un’umanità e un’abilità spesso negate. Le paure del tutto condivisibili e le illustrazioni molto espressive contribuiscono infatti ad avvicinare, dare valore e rendere meno enigmatico qualsiasi Antongiulio entri in qualche modo a far parte della nostra vita. Lo fanno in maniera molto semplice, senza velleità artistiche mirabolanti. Sta proprio nella naiveté, infatti, la forza originale di questo libro.

I colori

Le scoperte di Bebo e Bice, ovvero un lombrico rosa e una pulce blu all’assalto della scienza. Quella di Editoriale Scienza è una collana per bambini in età prescolare davvero molto curiosa.

Protagonisti sono Bebo e Bice, due intrepidi esploratori che si imbattono ad ogni episodio in curiosi fenomeni, indagati e spiegati grazie a semplici e replicabili esperimenti scientifici.

I libretti che racchiudono le scoperte di Bebo e Bice sono amichevoli nell’aspetto e nei contenuti: oltre a spiegare i principi scientifici in maniera molto concreta e comprensibile, questi prediligono infatti  testi brevi e interamente basati su dialoghi chiaramente attribuiti, una stampa in maiuscolo che facilita i lettori alle prime armi e alcune caratteristiche di alta leggibilità (come un font pulito e senza grazie e un’ampia spaziatura) che sorridono anche ai giovani lettori dislessici (magari ancora inconsapevoli).

Ogni volume presenta una struttura riconoscibile in base alla quale un problema in cui i due protagonisti incappano per caso viene risolto e spiegato grazie a un semplice principio scientifico, saggiabile dal lettore grazie a un esperimento suggerito. E’ possibile proseguire la lettura e la scoperta empirica trattata da ogni libretto grazie a una serie di video caricati dall’editore sul suo canale Youtube : un modo interattivo e accattivante per stimolare l’interesse scientifico e per amplificare gli stimoli lanciati dalla storia.

Nell’episodio intitolato I colori  i due protagonisti aiutano il contadino Severino a far tornare una zucca spuntata gialla del suo colore corretto. Dopo aver per sbaglio colorato la zucca di blu con dei mirtilli, Bebo e Bice scoprono che, mescolandosi, i colori ne formano di nuovi. Per realizzare l’esperimento suggerito per comprendere il fenomeno bastano davvero pochi oggetti a misura di bambino: acqua, carta crespa e bicchieri. Come possono dunque fare i lettori, anche Bebo e Bice imparano che mescolando giallo e blu si ottiene il verde e risolvono così il problema di Severino. A proposito di colori e di significato che possono recare con sè: i protagonisti della serie, Bebo e Bice, sono rispettivamente rosa e blu e portano questi colori con grande naturalezza. Questo, unito al fatto che entrambi manifestano uno spiccato interesse scientifico e che non si dividono i ruoli  in base a presunte predisposizioni  (entrambi fanno gli esperimenti, entrambi,  a turno, sono responsabili delle scoperte scientifiche, entrambi fanno giochi avventurosi o vestono  i panni del fruttivendolo…), fa della serie un preziosissimo strumento a misura di bambino anche per promuovere la parità e combattere gli stereotipi di genere, senza manifeste e pesanti intenzioni pedagogiche.

Siate gentili con le mucche

La figura di Temple Grandin è tra le più affascinanti e straordinarie che la storia, non solo della scienza, abbia conosciuto. Enigmatica e tenace, originale e visionaria, è a lei che si deve un fondamentale contributo alla comprensione dell’autismo, grazie alla testimonianza sulla sua personale condizione, e al miglioramento del trattamento degli animali da allevamento, grazie ai suoi studi di psicologia e scienze animali. Ecco perché la sua biografia entra a buona ragione tra quelle dedicate alle grandi scienziate dalla collana “Donne nella scienza”.

Siate gentili con le mucche ripercorre le tappe fondamentali della vita di Temple, dall’infanzia all’età adulta, mettendo in luce le sue difficoltà e le sue soddisfazioni, intrecciando i fili degli studi con quelli delle relazioni. Ne emerge il ritratto di un successo personale segnato da moltissimi ostacoli. Tra questi, la parte del leone la fa l’autismo da cui Temple è affetta e che all’epoca – siamo all’inizio della seconda metà del ‘900 – costituiva un mistero pressoché assoluto. Nonostante tale condizione ma soprattutto grazie alla diversità che questa impone, Temple raggiunge importanti traguardi accademici ed esistenziali, facendo tesoro in modo straordinario del suo modo di essere sui generis.

Il libro sottolinea questo aspetto con garbo, grazie alle parole attente di Beatrice Masini, che guardano ai fatti ma anche alle emozioni, e alle illustrazioni appassionate e profonde di Vittoria Facchini che completano con grande intensità il quadro di una personalità complessa come quella di Temple Grandin. Il tentativo è anche quello di dare dell’autismo una spiegazione comprensibile a misura di ragazzino, senza rinunciare alla correttezza scientifica. Per questo il racconto è chiuso da diverse pagine di approfondimento, in facili parole ma di alto livello, curato da persone che di autismo si occupano quotidianamente. Più di qualunque altro libro per ragazzi che affronti in qualche maniera la sindrome autistica, Siate gentili con le mucche tiene al rigore e alla schiettezza, pagando eventualmente il prezzo della comprensibilità immediata e superficiale. In accordo con la linea della casa editrice, infatti, il focus è prettamente scientifico e va dritto a soddisfare domande e desideri di comprensione di ragazzi curiosi ed esigenti.

Lupo e cane insoliti cugini

Sembra strano ma Lupo e Cane sono cugini. Così diversi eppure così legati, i due animali sono i protagonisti dell’originale libro dell’autrice tedesca Sylvia Vanden Heede intitolato, per l’appunto, Lupo e Cane insoliti cugini. Suddiviso in brevi e sfiziosi capitoli perlopiù indipendenti ma che si richiamano tra loro, il libro racconta degli incontri, delle visite, dei dispetti, degli scherzi, delle vendette, dei favori e dei battibecchi che giorno dopo giorno coinvolgono i due personaggi. Lo fa con una predilezione singolare per le sonorità e le rime sicché il libro sembra prendere a prestito qualcosa dalla poesia. Famelico ed infame in primo, ingenuo e colto il secondo, Lupo e Cane danno vita a dialoghi surreali e ironici da cui non scoppia mai una risata fragorosa ma che si accompagnano a un sorriso pressoché costante.

Il tono mai sguaiato ma piacevolmente ironico del testo, unito alle sfumature delicatamente buffe delle illustrazioni, propone infatti una lettura piacevole e insolita. Non sempre  semplicissima da seguire, per via di quel susseguirsi incalzante di botte e risposte che mescolano realtà e fantasia, la lettura è comunque facilitata dalle scelte tipografiche dell’editore che vanno nella direzione dell’alta leggibilità. Il font Testme e l’impaginazione ampia e non giustificata favoriscono infatti l’approccio al testo anche in caso di Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Il libro inaugura la collana leggo già di Beisler che ci si augura possa arricchirsi presto di nuovi titoli.

[edit: ottobre 2020] A partire da quest’anno, Lupo e cane , insoliti cugini alza ulteriormente il suo livello di accessibilità. Il libro inaugura, infatti, insieme al seguito Cane, lupo e il cucciolo, l’interessante progetto Leggieascolta di Beisler che prevede l’unione del testo cartaceo e del relativo audiolibro. Quest’ultimo è ascoltabile tramite l’app gratuita leggieascolta, disponibile per dispositivi Android e iOS. Inquadrando il QRcode che compare sul risguardo di copertina l’app apre infatti l’audiolibro corrispondente al volume, all’interno del quale il lettore può muoversi con grande libertà. A sua disposizione ci sono in particolare i tasti per scegliere il capitolo da leggere, per far avanzare la lettura di 60 secondi in 60 secondi, per accelerare o rallentare la velocità di lettura, per inserire dei segnalibri o stabilire un tempo dopo il quale l’audiolibro si spegna automaticamente.

Molto intuitiva nell’uso e curata nella registrazione, l’app che rende disponibile la versione audio del libro segna un passo importante nel lavoro che pian piano alcune lungimiranti case editrici stanno facendo in favore dell’accessibilità. Mettere infatti il giovane lettore nella condizione di poter accedere al testo attraverso porte diverse, che sarà lui a scegliere a seconda delle necessità personali e del momento, concorre in maniera non indifferente a rendere la lettura più agevole e dunque più piacevole.

Un segnalibro in cerca d’autore

Se una collana di libri per ragazzi funziona, perché forte di storie buone e ben raccontate, è bello pensare che lettori con età, esperienze e abilità di lettura diverse possano avervi accesso. Ecco perché l’arrivo della nuova serie proposta da Uovonero, intitolata “Vi presento Hank” e inaugurata dal volume Un segnalibro in cerca d’autore costituisce una buona notizia per chi legge e per chi la lettura la promuove. Cronologicamente successiva ma narrativamente antecedente alla fortunata serie di Hank Zipzer destinata ai lettori più esperti della scuola elementare (e perché no, della scuola media), “Vi presento Hank”si  rivolge a un pubblico leggermente più giovane proponendo le avventure del medesimo protagonista in seconda elementare. Le storie sono qui più brevi e meno articolate, oltre che stampate in formato più grande, ma mantengono la freschezza, l’ironia e l’impianto narrativo che costituiscono il vanto della serie originale. Ciò che viene mantenuto, inoltre, è l’attenzione all’alta leggibilità del testo (qui a corpo maggiore) grazie all’uso di un Verdana senza grazie e modificato nella spaziatura e nelle proporzioni e grazie a caratteristiche di impaginazione più amichevoli.

In Un segnalibro in cerca d’autore, Hank e la sua classe sono alle prese con la messa in scena di un testo scritto dall’amabile maestra  Flowers, ed Hank, in difficoltà con la lettura del copione, si vede attribuire una parte apparentemente meno impegnativa: quella del segnalibro tra le tante parti di libri. Il suo estro e la sua creatività gli torneranno utili, come spesso gli accade, per salvare una situazione critica durante lo spettacolo e per mostrare a tutti che dietro una mancanza si nascondono spesso abilità differenti. In questo senso tanto il titolo originale (Bookmarks are people too) tanto quello tradotto con un’eco pirandelliana (Un segnalibro in cerca d’autore) condensano bene l’idea che le etichette appiccicate alle persone possono fortunatamente venire capovolte e stracciate da personalità insospettabilmente talentuose.

La dislessia, qui non ancora citata ma ben riconoscibile nell’ostacolo che il protagonista vede nella lettura, trova come d’abitudine una rappresentazione realistica ma tutt’altro che didattica, offrendo lo spunto per una godibile narrazione. A questa prendono parte alcuni dei personaggi che popolano le avventure precedenti di Hank, tra cui soprattutto l’amico del cuore Frankie, il compagno prepotente Nick McKelty e l’amica Ashley, da poco trasferitasi nel palazzo. Qualcuno ancora manca invece all’appello, come il compagno sapientino Robert, e c’è da aspettarsi di incontrarlo a breve in un prossimo episodio. Le basi perché la serie possa proseguire felicemente ci sono infatti tutte e c’è da scommettere che i fedelissimi di Hank più grandicelli non resisteranno alla tentazione di dare una sbirciata ai volumi dei loro fratelli più piccoli!

Federico il pazzo

Nato a Napoli e trasferitosi al nord da piccolissimo, Angelo torna nella città natale a tredici anni insieme a sua mamma. Il trasferimento, peraltro in un quartiere periferico e difficile della città, impone al ragazzino un grande sforzo di ambientamento: non solo la città e la scuola sono nuove, ma anche la lingua, le regole, il sentire comune e gli atteggiamenti diffusi sono diversi da quelli cui era abituato. Qui ci sono strade da evitare, sguardi da evitare, persone da evitare. Ci sono regole non scritte che sanciscono chi comanda, chi ha il diritto di pestare qualcun altro o chi decide se si possa passare o meno dalle scale del palazzo. Dopo un primo smarrimento, il protagonista prende le misure con la sua nuova realtà, anche grazie alla guida di Mimmo e di Giusy: un vicino di casa più grande, buono ma assuefatto alla logica della prepotenza, e una compagna di classe molto carina, originale e combattiva. Anche grazie a loro Angelo inizia a conoscere i pericoli di certe vie, di certi banchi e di certi compagni, come Capa Gialla e la sua gang. Questo non lo risparmierà da uno scontro doloroso con il bullismo ma lo aiuterà a capire da che parte vuole stare e che essere coraggiosi non significa non avere paura o mostrarsi necessariamente sbruffoni.

I difficili mesi della terza media, di per sé già un momento piuttosto critico, diventano perciò per Angelo e il lettore  l’occasione per realizzare che ci si può nel proprio piccolo ribellare alla logica del sopruso, che ciascuno ha la sua diversità e che vale la pena conoscerla e difenderla. Emblematica, in questo, è la figura di Federico il pazzo che dà il titolo al libro. Vicino di pianerottolo e compagno di classe di Angelo, questi si chiama in realtà Francesco ma viene indicato da tutti come Federico il pazzo per quella sua strana abitudine di atteggiarsi a Federico II, del quale studia giorno e notte le vicissitudini su corposi volumi. Il suo personaggio, così fuori dagli schemi e difficile da omologare, è un inno alla libertà di essere alla propria maniera ma anche una manifestazione di insofferenza nei confronti di una realtà che vorrebbe dei “cervelli fatti in serie” (come direbbe la saggia Giusy del racconto). Ma è proprio quando più di un’insofferenza e più di una diversità si incontrano che il coraggio prende voce e le cose possono iniziare a cambiare.

Sorridente e realisticamente drammatico insieme, il libro di Patrizia Rinaldi racchiude una forza portentosa. Senza strepiti o manifesti, Federico il pazzo offre un ritratto autentico di una Napoli difficile (ben conosciuta dall’autrice)  in cui non manca però la voglia di riscatto, in cui la ristrettezza di orizzonti  non offusca del tutto barlumi di giustizia. Tutta condensata in poco più di 100 pagine c’è cioè una storia di passaggi, di diversità, di solitudini che si incontrandosi cambiano nome, di bullismo e di coraggio A completare un volume già di per sé validissimo, la stampa ad alta leggibilità e i disegni in bianco e nero di Federico Appel: mai così pertinente la prima, che nel suo piccolo difende un diritto importante come quello di tutti alla lettura; e perfettamente calzanti i secondi, che colgono e restituiscono con poetica ironia pensieri ed emozioni del narratore.

Storie di Dulcinea

Storie di Dulcinea è un albo surreale ed evocativo che riflette, attraverso la forza immaginifica delle parole e delle illustrazioni, su una realtà realissima e concreta come quella della disabilità. Lo fa parlando di storie che, proprio come alcune persone, hanno bisogno di cavalli reali o di legno per poter correre.

Nato da alcune tavole di Jacopo Oliveri, vincitrici del Premio Ronzinante 2014 per la promozione della cultura della diversità attraverso l’illustrazione per l’infanzia, il libro ha accolto le parole di Francesco Gallo ed è stato pubblicato dalle Edizioni Secop con una bella introduzione di Dario Fo.

Ricchissimo di rimandi chiari ma non insistenti alla disabilità, come le ruote delle sedie a rotelle e le mani che le fanno avanzare, Storie di Dulcinea suggerisce ma non spiega, evoca ma non sancisce, richiama ma non descrive. La sua forza sta nelle innumerevoli citazioni, non solo letterarie, che popolano le immagini – dal Don Chisciotte cui si ispirava il concorso a Cenerentola, da Alice a Guernica di Oicasso. Il risultato è un albo tutt’altro che semplice (e per questo forse anche indicato per una lettura matura), ma straordinariamente suggestivo e risonante. È perciò facile che lo si apra, lo si legga e lo si richiuda con la sensazione di non aver afferrato esattamente il filo logico degli autori ma di portarsi a casa un tramestio di stimoli ed echi dentro.

La catapulta

Le scoperte di Bebo e Bice, ovvero un lombrico rosa e una pulce blu all’assalto della scienza. Quella di Editoriale Scienza è una collana per bambini in età prescolare davvero molto curiosa.

Protagonisti sono Bebo e Bice, due intrepidi esploratori che si imbattono ad ogni episodio in curiosi fenomeni, indagati e spiegati grazie a semplici e replicabili esperimenti scientifici.

I libretti che racchiudono le scoperte di Bebo e Bice sono amichevoli nell’aspetto e nei contenuti: oltre a spiegare i principi scientifici in maniera molto concreta e comprensibile, questi prediligono infatti  testi brevi e interamente basati su dialoghi chiaramente attribuiti, una stampa in maiuscolo che facilita i lettori alle prime armi e alcune caratteristiche di alta leggibilità (come un font pulito e senza grazie e un’ampia spaziatura) che sorridono anche ai giovani lettori dislessici (magari ancora inconsapevoli).

Ogni volume presenta una struttura riconoscibile in base alla quale un problema in cui i due protagonisti incappano per caso viene risolto e spiegato grazie a un semplice principio scientifico, saggiabile dal lettore grazie a un esperimento suggerito. A breve, inoltre, sarà possibile proseguire la lettura e la scoperta empirica trattata da ogni libretto grazie a una serie di video caricati dall’editore sul suo canale Youtube: un modo interattivo e accattivante per stimolare l’interesse scientifico e per amplificare gli stimoli lanciati dalla storia.

Nell’episodio intitolato La catapulta i due protagonisti si trovano a fronteggiare una situazione di pericolo causata dal forte vento: Bice resta infatti intrappolata in mezzo allo stagno senza riuscire più a tornare a riva. Dopo aver inutilmente tentato di lanciarle un ramo da usare come remo, Bebo e il ragno Amedeo scoprono che grazie al principio della catapulta possono lanciare il ramo molto più distante, fino a raggiungere Bice. L’esperimento suggerito per comprendere il fenomeno è semplice e divertente: con un cucchiaio di legno, una gomma e una pallina di carta è possibile infatti costruire una catapulta perfettamente funzionante.

Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno (audio e LIS)

Parola d’ordine: versatilità! Il principio che ispira il lavoro della cooperativa rietina Puntidivista è proprio che ogni bambino possa accedere a una medesima storia attraverso la via che gli è più congeniale, perché esistono modi diversi di raccontare le storie e modi diversi di goderne. Attraverso versioni differenziate, che sfruttano molteplici codici come la Lingua Italiana dei Segni o i simboli WLS, molteplici supporti come il libro cartaceo o i DVD, e molteplici forme di narrazione, orale o scritta, i libri di Puntidivista abbracciano un pubblico che vuole essere il più ampio possibile.

L’idea e l’iniziativa sono degne di interesse e di nota soprattutto perché si tratta di un primissimo originale tentativo di proporre un grado di accessibilità davvero esteso che non guardi alle esigenze imposte da un solo tipo di disabilità ma che, al contrario, scelga la strada della varietà. Le storie sono scritte ad hoc e corredate da illustrazioni casalinghe. Apripista, in questo progetto, sono le avventure di due personaggi – Dino detto Lampadino e Nella detta Caramella -: due fratelli che, attraverso un misterioso passaggio segreto nel parco arrivano in un mondo fantastico popolato da animali parlanti.

In Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – Le api arcobaleno, i due bambini aiutano Zampacorta, il figlio del re del Magiregno, a trovare le api arcobaleno, catturate secondo il dire comune, da malvagie creature che abitano la Grotta dei mille Orsi Feroci. Nonostante le temibili premesse i ragazzi decidono di intraprendere una spedizione di ricerca delle api, scortati dalla guardia reale, l’elefante Sansone.  Sarà la loro capacità di andare oltre pregiudizi ed apparenze a permettere di scoprire che gli Orsi della grotta sono tutt’altro che feroci e che le api si sono spontaneamente trasferite in quello che pare essere un luogo paradisiaco.

La storia, che come nel primo episodio è caratterizzata di una messaggio educativo marcato ed esplicito, viene  raccontata anche in Lingua Italiana dei Segni sul DVD allegato al volume che comprende anche la traccia audio del racconto e una serie di contenuti aggiuntivi come canzoni e giochi. La stessa storia è inoltre disponibile in tre versioni in simboli con tre gradi diversi di complessità (base, ridotta e semplificata) .

Lampadino e Caramella nel MagiRegno degli Zampa – La riscoperta del Natale (LIS)

Parola d’ordine: versatilità! Il principio che ispira il lavoro della cooperativa rietina Puntidivista è proprio che ogni bambino possa accedere a una medesima storia attraverso la via che gli è più congeniale, perché esistono modi diversi di raccontare le storie e modi diversi di goderne. Attraverso versioni differenziate, che sfruttano molteplici codici come la Lingua Italiana dei Segni o i simboli WLS, molteplici supporti come il libro cartaceo o i DVD, e molteplici forme di narrazione, orale o scritta, i libri di Puntidivista abbracciano un pubblico che vuole essere il più ampio possibile.

L’idea e l’iniziativa sono degne di interesse e di nota soprattutto perché si tratta di un primissimo originale tentativo di proporre un grado di accessibilità davvero esteso che non guardi alle esigenze imposte da un solo tipo di disabilità ma che, al contrario, scelga la strada della varietà. Le storie sono scritte ad hoc e corredate da illustrazioni casalinghe. Apripista, in questo progetto, sono le avventure di due personaggi – Dino detto Lampadino e Nella detta Caramella -: due fratelli che, attraverso un misterioso passaggio segreto nel parco arrivano in un mondo fantastico popolato da animali parlanti.

In Lampadino e Caramella nel Magiregno degli Zampa – La riscoperta del Natale, i due bambini aiutano Zampacorta, il figlio del re del Magiregno, a individuare il furfante che da tempo ormai fa razzia delle provviste per l’inverno. L’impresa riesce grazie a un po’ di creatività e a un’intuizione di ispirazione natalizia che aiuterà gli stessi protagonisti a riscoprire il vero significato della festa. La storia, dall’esplicito e noto messaggio educativo (non sono i giocattoli a fare bello il Natale ma i nostri cari che ci vogliono bene), è piuttosto semplice e lineare e viene raccontata anche in Lingua Italiana dei Segni sul DVD allegato al volume. Il video-racconto vede in particolare un’interprete segnare il testo, opportunamente riportato anche in sovraimpressione, su uno sfondo costituito dalle stesse illustrazioni del cartaceo. La stessa storia è inoltre disponibile in una versione in simboli (WLS), corredata da una registrazione audio.

L’uomo lupo in città

La penna di Michael Rosen (papà di A caccia dell’orso), si sa, è irresistibile. Bene, unitela alla matita di Chris Mould e tappatevi le orecchie: un’esplosione narrativa è senz’altro in arrivo! A provarlo è una delle novità targate Sinnos e intitolata L’uomo lupo in città: una storia brillante e paurosamente divertente, adatta a lettori inesperti ma con coraggio e risate da vendere.

Protagonista è un temibile lupo mannaro fuggito dalla sua gabbia (come mostra un eloquentissimo cartello svolazzante che recita, per l’appunto, “Attenti al lupo”) che si aggira per la città ruggendo e urlando. Il panico si dissemina rapidamente non solo tra i comuni cittadini ma anche tra le equipaggiatissime forze dell’ordine sicché il tozzo primo ministro (dalla peraltro sorprendente somiglianza con una vecchia conoscenza della politica italiana!)si trova a fronteggiarlo vis-à-vis. E proprio quando il mostro attraversa il vialetto di casa, sale le scale, bussa alla porta e si affaccia alla buca delle lettere in un climax di brividi e fremiti, l’autore dà spazio a un insospettabile e irresistibile colpo di scena di sicuro successo tra i piccoli.

Stampato ad alta leggibilità, grazie ad un’impaginazione più ariosa e a un font maiuscolo più amichevole anche in caso di dislessia, L’uomo lupo in città si inserisce nella validissima collana Leggimi prima di Sinnos, offrendo un’occasione di lettura non solo accessibile anche a lettori inesperti, riluttanti o con qualche difficoltà ma anche estremamente funzionale e funzionante per una condivisione ad alta voce. Il testo conciso, il racconto in presa diretta, il ricorso a meccanismi di ripetizione e interrogazione e il connubio con illustrazioni buffe e capaci di animare un intero mondo narrativo con 5 soli colori si prestano infatti a garantire piccoli successi di lettura ad alta voce.

Insieme più speciali

I colori di Annalisa Beghelli con cui Insieme più speciali accoglie il lettore sono una vera festa per gli occhi e un invito stuzzicante ad andare oltre la copertina. Invito sincero e affidabile: la promessa di incanto non viene infatti delusa, quando si inizia a voltare le pagine dell’albo. Popolate da vivacissimi animali più o meno selvaggi, queste offrono una cornice dal sapore batik che accende la curiosità e trasporta in un altrove esotico avvolgente.

Qui il lettore si confronta con la variegata cricca del giaguaro. Il felino e i suoi amici, di ritorno da una festa in maschera, si confidano tra loro raccontando debolezze e desideri di ciascuno. Sono solo parole malinconiche, le loro, fino a quando il saggio gufo non aiuta tutti quanti a mettere a fuoco che dietro o a fronte di una debolezza si può scoprire una ricchezza e che la collaborazione può aiutare ciascuno a migliorare e sentirsi bene con sé stesso. Sarà così, grazie al lavoro di squadra, che il giaguaro e la lucertola potranno per esempio tornare ad avere delle macchie brillanti ouna coda lunga: magari più fragili e meno perfetti di come immaginati ma comunque utili e importanti.

A raccontare tutto questo, con la misura e la raffinatezza consuete, sono le parole di Beatrice Masini: scelte e combinate con cura, queste cantano il coraggio di essere se stessi, di provare ad aggiustare ciò che fa soffrire chi ci sta accanto, di unire le forze per fare della solidarietà un’arma potente contro la rassegnazione e l’indifferenza. Il libro, che richiama alla memoria volumi bellissimi più e meno recenti – da La cosa più importante di Antonella Abbatiello a Chi vorresti essere? di Arianna Papini -, si spinge oltre la valorizzazione della differenza e dell’unicità di ciascuno, per sollecitare un atteggiamento attivo e collaborativo che migliori le condizioni di un singolo e di una collettività. Insieme più speciali nasce infatti per dare voce alla realtà di bambini colpiti da malattie rare e per sottolineare la necessità, pratica ed etica, di raccontarle, studiarle e curarle anche se i numeri e i ritorni economici direbbero il contrario.

Gara di guai

Chi è il preferito della mamma? L’interrogativo che attanaglia Isa, Teo e Luca non è forse estraneo a molti potenziali lettori di Gara di guai. Quel che forse è loro un po’ meno familiare  è il sistema che i tre fratelli, protagonisti del libro di Gilles Abier, adottano per trovare una risposta definitiva al quesito. Convinti che l’unico modo per conoscere i reali sentimenti della mamma sia testare le sue reazioni di fronte a situazioni irritanti, i tre si danno un gran da fare per combinare dei disastri. Quel che ne deriva è un crescendo di succhi versati, piatti rotti, cappotti impiastricciati e fiori strappati, ispirato in buona fede dall’idea che il fine giustifichi i mezzi. Non c’è cattiveria o monelleria, infatti, nel comportamento dei tre bambini ma piuttosto l’appassionato e quasi scientifico tentativo di trovare una risposta a una domanda tanto assillante.

Leggero, nell’affrontare un punto interrogativo tanto radicato nell’infanzia, Gara di guai si conclude con una risposta materna solo parzialmente attesa, in cui la dolcezza la fa da padrona. Un metafora articolata da pasticceri professionisti chiude perciò un volumetto che si fa leggere senza grosse difficoltà e che unisce a un racconto poco impegnativo una scrittura cadenzata e agevole da seguire e un font ad alta leggibilità. Come negli altri libri della bella collana leggimi a colori, le illustrazioni spiritose e accattivanti offrono un appoggio supplementare ai lettori riluttanti.  

Allora, litighiamo?

Un buffo e convincente catalogo delle zuffe: questo è prima di tutto Allora, litighiamo?, uno dei nuovi titoli in catalogo per Sinnos nell’azzeccatissima collana leggimi a colori. Andrea, il protagonista, elenca infatti con perizia e dovizia di particolari le diverse tipologie di risse – dalle frittole alle superspinte – non mancando di accennare alle incomprensibili reazioni che suscitano in una vasta gamma di adulti: maestri, bidelli, genitori propri e genitori altrui.

Il suo è un appassionato racconto di vita e insieme un originale esperimento enciclopedico nel quale esuberanza e agitazione non significano necessariamente violenza e ostilità. Il libro offre insomma un punto di vista insolito e decisamente children-friendly su rotoloni, mani alzate e bernoccoli ma anche un minuscolo spaccato di vita scolastica che accende irresistibili sorrisi.

La collana di cui fa parte Allora, litighiamo? unisce l’appeal delle illustrazioni a colori all’accessibilità dei testi (stampati ad alta leggibilità). Accattivanti e snelli, pratici e divertenti, i libri che la compongono si mostrano amichevoli, nella forma come nel contenuto, lanciando davvero un amo stuzzicante anche a quei lettori poco affamati di letture.

Voglio tutto rosa

Vestiti, giocattoli, oggetti e desideri della coniglietta Emma hanno una caratteristica comune: sono tutti, rigorosamente, rosa. Dallo spazzolino alla bicicletta, dai calzini agli alberi immaginati, tutto ha un che di confetto nel mondo della protagonista di Voglio tutto rosa. Fino a quando in una rosa giornata di un rosa compleanno, un invitato non arriva con regalo rosa fuori ma verde dentro. Sorpresa! Dopo un attimo di smarrimento Emma scopre che tonalità diverse possono rivelare un buon sapore e che i colori cui prestare attenzione sono prima di tutto quelli degli affetti.

Voglio tutto rosa è un albo semplice – nelle parole, nelle illustrazioni e nella trama – ma proprio per questo capace di piantare semini di curiosità nei guardaroba monocromatici e aprire sguardi socchiusi alla bellezza di un mondo in multicolor. Stampato con la font Leggimiprima, appositamente messa a punto della Sinnos insieme all’università di Camerino per risultare più leggibile, il volumetto ha un robusto formato quadrato e un piacevole aspetto grafico.

Amelia e zio gatto. Il mistero dei cloni giganti

Amelia e lo zio gatto tornano alla riscossa. Un nuovo mistero firmato da Anna Lo Piano travolge la bambina anticonformista e suo zio divenuto un gatto, già conosciuti dai lettori in Amelia e zio Gatto. Indagine alla PMI: Questa volta ci sono di mezzo una mosca gigante i sospetti per un grosso caso di inquinamento ambientale: il tutto mentre a scuola impazza il torneo di schizzopattino e mentre a Telenotizia, il canale Tv dove lavora la zia di Amelia, grandi stravolgimenti sono in corso. Saranno, come ben comprensibile, la curiosità e la tenacia di Amelia, supportata da una squadra di insoliti aiutanti, a permettere di assemblare tutti i tasselli e a fare luce su di un mistero che si  fa più ampio e intrigante di pagina in pagina.

Il libro, stampato ad alta leggibilità come l’intera serie di cui fa parte, è un giallo avvincente e spiritoso. Imprevisti, sparizioni e indizi si accumulano di pagina in pagine fino all’ultimo, offrendo davvero un’occasione di lettura godibile. L’autrice, dal canto suo, si diverte a giocare con parole e nomi dando vita a titoli di programmi TV e cognomi spassosi e a strizzare l’occhio ai grandi con riferimenti all’attualità televisiva e letteraria.

Al mare – Primi segni

Collana Primi segni

Che leggere ad alta voce fin dai primi mesi di vita sia fondamentale per la crescita del bambino è fatto ormai assodato, così come instancabilmente ricordato e promosso da Nati per Leggere. Ma che leggere “a chiari segni” sia altrettanto importante per bambini piccoli sordi è cosa meno evidente e diffusa. Eppure se l’auspicio è che anche chi non percepisce i suoni che compongono storie e poesie possa imparare a godere del loro succo immaginifico, è necessario che quanti più libri accessibili si rendano disponibili fin dalla più tenera età.

Ecco perché la pubblicazione della collana Primi segni, proposta dalla cooperativa romana Il treno, è una notizia non lieta ma lietissima. In un colpo solo 8 libretti cartonati, quadrati e resistenti, si offrono a piccole mani curiose. Sono pagine che si sfogliano (facilmente perdipiù!) e porte che si aprono: piccole occasioni per incontrarsi, per condividere, per comunicare. Ogni libretto ha un tema – dai giochi alla tavola, dai vestiti alla città – che rispetta l’esperienza reale e quotidiana del bambino.

Senza pretese letterarie ma con una forte motivazione inclusiva, la collana nasce su iniziativa di una mamma che ha immaginato l’utilità di libricini che raccogliessero oggetti, parole e segni, così da agevolare l’avvicinamento dei figli sordi al testo scritto e alla lingua segnata. I libri sono pensati infatti per la fascia di età 0-3 anni: il periodo in cui i bambini in generale iniziano a nominare il mondo che li circonda e in particolare i bambini con disabilità uditiva iniziano a segnare gli oggetti che lo compongono. Un’esigenza concreta e fortemente avvertita è dunque alla base di questo lavoro, nato grazie a una serie di sponsor ma anche grazie a un progetto di crowdfunding che ha visto la vendita di un centinaio di copie prima ancora che fossero prodotti.

La realizzazione della collana ha seguito un lungo percorso in cui sono stati coinvolti diversi partner, primo fra tutti il Laboratorio di Ricerca Language and Communication Across Modalities (LaCam) dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR che ha contribuito alla scelta dei vocaboli più significativi, utili e riconoscibili da inserire all’interno di ogni volume. Le illustrazioni sono state invece realizzate da disegnatori sordi, a loro volta implicati nel processo progettuale e creativo. Questa scelta risulta piuttosto diffusa nell’ambito dei volumi per l’infanzia in Lingua dei Segni e se da un lato ha il vantaggio di garantire attenzione alle esigenze di comprensione, riconoscimento e associazione al testo implicate dalla disabilità uditiva, ha tuttavia dall’altro lo svantaggio di mettere in secondo piano la reale qualità artistica del lavoro. La speranza è che pubblicazioni di questo genere, utilissime e coraggiose, possano via via moltiplicarsi provando a conciliare la cultura della sordità con l’esperienza dell’illustrazione professionale, così da arrivare a produrre volumi sempre più accattivanti e per questo condivisibili.

I volumetti possono essere acquistati tramite il sito della cooperativa Il Treno o presso alcune librerie convenzionate (altre librerie eventualmente interessate a distribuirli possono mettersi in contatto con la cooperativa stessa).

 

Al mare

Costume, telo, ombrellone, ciambella, paletta e secchiello… c’è tutto il necessaire per un tuffo come si deve al mare. Il librotto dedicato alla vita da spiaggia raccoglie gli oggetti essenziali che compongono una giornata tra le onde. Le illustrazioni sono basilari ma ben riconoscibili e la frase finale non può che essere una: “Facciamo il bagno?”

In campagna – Primi segni

Collana Primi segni

Che leggere ad alta voce fin dai primi mesi di vita sia fondamentale per la crescita del bambino è fatto ormai assodato, così come instancabilmente ricordato e promosso da Nati per Leggere. Ma che leggere “a chiari segni” sia altrettanto importante per bambini piccoli sordi è cosa meno evidente e diffusa. Eppure se l’auspicio è che anche chi non percepisce i suoni che compongono storie e poesie possa imparare a godere del loro succo immaginifico, è necessario che quanti più libri accessibili si rendano disponibili fin dalla più tenera età.

Ecco perché la pubblicazione della collana Primi segni, proposta dalla cooperativa romana Il treno, è una notizia non lieta ma lietissima. In un colpo solo 8 libretti cartonati, quadrati e resistenti, si offrono a piccole mani curiose. Sono pagine che si sfogliano (facilmente perdipiù!) e porte che si aprono: piccole occasioni per incontrarsi, per condividere, per comunicare. Ogni libretto ha un tema – dai giochi alla tavola, dai vestiti alla città – che rispetta l’esperienza reale e quotidiana del bambino.

Senza pretese letterarie ma con una forte motivazione inclusiva, la collana nasce su iniziativa di una mamma che ha immaginato l’utilità di libricini che raccogliessero oggetti, parole e segni, così da agevolare l’avvicinamento dei figli sordi al testo scritto e alla lingua segnata. I libri sono pensati infatti per la fascia di età 0-3 anni: il periodo in cui i bambini in generale iniziano a nominare il mondo che li circonda e in particolare i bambini con disabilità uditiva iniziano a segnare gli oggetti che lo compongono. Un’esigenza concreta e fortemente avvertita è dunque alla base di questo lavoro, nato grazie a una serie di sponsor ma anche grazie a un progetto di crowdfunding che ha visto la vendita di un centinaio di copie prima ancora che fossero prodotti.

La realizzazione della collana ha seguito un lungo percorso in cui sono stati coinvolti diversi partner, primo fra tutti il Laboratorio di Ricerca Language and Communication Across Modalities (LaCam) dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR che ha contribuito alla scelta dei vocaboli più significativi, utili e riconoscibili da inserire all’interno di ogni volume. Le illustrazioni sono state invece realizzate da disegnatori sordi, a loro volta implicati nel processo progettuale e creativo. Questa scelta risulta piuttosto diffusa nell’ambito dei volumi per l’infanzia in Lingua dei Segni e se da un lato ha il vantaggio di garantire attenzione alle esigenze di comprensione, riconoscimento e associazione al testo implicate dalla disabilità uditiva, ha tuttavia dall’altro lo svantaggio di mettere in secondo piano la reale qualità artistica del lavoro. La speranza è che pubblicazioni di questo genere, utilissime e coraggiose, possano via via moltiplicarsi provando a conciliare la cultura della sordità con l’esperienza dell’illustrazione professionale, così da arrivare a produrre volumi sempre più accattivanti e per questo condivisibili.

I volumetti possono essere acquistati tramite il sito della cooperativa Il Treno o presso alcune librerie convenzionate (altre librerie eventualmente interessate a distribuirli possono mettersi in contatto con la cooperativa stessa).

 

In campagna

Non solo gli animali della vecchia fattoria ma anche qualche ortaggio e qualche prodotto alimentare rustico fanno la loro comparsa nel librotto dedicato alla campagna. Le illustrazioni sono molto semplici ma chiare e riconoscibili. Insieme alle cose e agli abitanti della campagna, i lettori hanno modo di familiarizzare anche con oggetti e animali tipici del mare, della città e della montagna cui sono rispettivamente dedicati tre altri titoli della collana.

In città – Primi segni

Collana Primi segni

Che leggere ad alta voce fin dai primi mesi di vita sia fondamentale per la crescita del bambino è fatto ormai assodato, così come instancabilmente ricordato e promosso da Nati per Leggere. Ma che leggere “a chiari segni” sia altrettanto importante per bambini piccoli sordi è cosa meno evidente e diffusa. Eppure se l’auspicio è che anche chi non percepisce i suoni che compongono storie e poesie possa imparare a godere del loro succo immaginifico, è necessario che quanti più libri accessibili si rendano disponibili fin dalla più tenera età.

Ecco perché la pubblicazione della collana Primi segni, proposta dalla cooperativa romana Il treno, è una notizia non lieta ma lietissima. In un colpo solo 8 libretti cartonati, quadrati e resistenti, si offrono a piccole mani curiose. Sono pagine che si sfogliano (facilmente perdipiù!) e porte che si aprono: piccole occasioni per incontrarsi, per condividere, per comunicare. Ogni libretto ha un tema – dai giochi alla tavola, dai vestiti alla città – che rispetta l’esperienza reale e quotidiana del bambino.

Senza pretese letterarie ma con una forte motivazione inclusiva, la collana nasce su iniziativa di una mamma che ha immaginato l’utilità di libricini che raccogliessero oggetti, parole e segni, così da agevolare l’avvicinamento dei figli sordi al testo scritto e alla lingua segnata. I libri sono pensati infatti per la fascia di età 0-3 anni: il periodo in cui i bambini in generale iniziano a nominare il mondo che li circonda e in particolare i bambini con disabilità uditiva iniziano a segnare gli oggetti che lo compongono. Un’esigenza concreta e fortemente avvertita è dunque alla base di questo lavoro, nato grazie a una serie di sponsor ma anche grazie a un progetto di crowdfunding che ha visto la vendita di un centinaio di copie prima ancora che fossero prodotti.

La realizzazione della collana ha seguito un lungo percorso in cui sono stati coinvolti diversi partner, primo fra tutti il Laboratorio di Ricerca Language and Communication Across Modalities (LaCam) dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR che ha contribuito alla scelta dei vocaboli più significativi, utili e riconoscibili da inserire all’interno di ogni volume. Le illustrazioni sono state invece realizzate da disegnatori sordi, a loro volta implicati nel processo progettuale e creativo. Questa scelta risulta piuttosto diffusa nell’ambito dei volumi per l’infanzia in Lingua dei Segni e se da un lato ha il vantaggio di garantire attenzione alle esigenze di comprensione, riconoscimento e associazione al testo implicate dalla disabilità uditiva, ha tuttavia dall’altro lo svantaggio di mettere in secondo piano la reale qualità artistica del lavoro. La speranza è che pubblicazioni di questo genere, utilissime e coraggiose, possano via via moltiplicarsi provando a conciliare la cultura della sordità con l’esperienza dell’illustrazione professionale, così da arrivare a produrre volumi sempre più accattivanti e per questo condivisibili.

I volumetti possono essere acquistati tramite il sito della cooperativa Il Treno o presso alcune librerie convenzionate (altre librerie eventualmente interessate a distribuirli possono mettersi in contatto con la cooperativa stessa).

 

In città

Un viaggio attraverso strade, semafori, palazzi e negozi: il librotto In città identifica e nomina alcune tra le cose più caratteristiche di un paesaggio cittadino. In questo caso le illustrazioni sono un po’ scarne (penso alla strada, per esempio, che ricorda i disegni dei bambini) e talvolta poco rappresentative (penso alla scuola, per esempio, che ricorda piuttosto un tribunale). Insieme alle cose della città, i lettori hanno modo di familiarizzare anche con oggetti e animali tipici del mare, della montagna e della montagna cui sono rispettivamente dedicati tre altri titoli della collana.

In montagna – Primi segni

Collana Primi segni

Che leggere ad alta voce fin dai primi mesi di vita sia fondamentale per la crescita del bambino è fatto ormai assodato, così come instancabilmente ricordato e promosso da Nati per Leggere. Ma che leggere “a chiari segni” sia altrettanto importante per bambini piccoli sordi è cosa meno evidente e diffusa. Eppure se l’auspicio è che anche chi non percepisce i suoni che compongono storie e poesie possa imparare a godere del loro succo immaginifico, è necessario che quanti più libri accessibili si rendano disponibili fin dalla più tenera età.

Ecco perché la pubblicazione della collana Primi segni, proposta dalla cooperativa romana Il treno, è una notizia non lieta ma lietissima. In un colpo solo 8 libretti cartonati, quadrati e resistenti, si offrono a piccole mani curiose. Sono pagine che si sfogliano (facilmente perdipiù!) e porte che si aprono: piccole occasioni per incontrarsi, per condividere, per comunicare. Ogni libretto ha un tema – dai giochi alla tavola, dai vestiti alla città – che rispetta l’esperienza reale e quotidiana del bambino.

Senza pretese letterarie ma con una forte motivazione inclusiva, la collana nasce su iniziativa di una mamma che ha immaginato l’utilità di libricini che raccogliessero oggetti, parole e segni, così da agevolare l’avvicinamento dei figli sordi al testo scritto e alla lingua segnata. I libri sono pensati infatti per la fascia di età 0-3 anni: il periodo in cui i bambini in generale iniziano a nominare il mondo che li circonda e in particolare i bambini con disabilità uditiva iniziano a segnare gli oggetti che lo compongono. Un’esigenza concreta e fortemente avvertita è dunque alla base di questo lavoro, nato grazie a una serie di sponsor ma anche grazie a un progetto di crowdfunding che ha visto la vendita di un centinaio di copie prima ancora che fossero prodotti.

La realizzazione della collana ha seguito un lungo percorso in cui sono stati coinvolti diversi partner, primo fra tutti il Laboratorio di Ricerca Language and Communication Across Modalities (LaCam) dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR che ha contribuito alla scelta dei vocaboli più significativi, utili e riconoscibili da inserire all’interno di ogni volume. Le illustrazioni sono state invece realizzate da disegnatori sordi, a loro volta implicati nel processo progettuale e creativo. Questa scelta risulta piuttosto diffusa nell’ambito dei volumi per l’infanzia in Lingua dei Segni e se da un lato ha il vantaggio di garantire attenzione alle esigenze di comprensione, riconoscimento e associazione al testo implicate dalla disabilità uditiva, ha tuttavia dall’altro lo svantaggio di mettere in secondo piano la reale qualità artistica del lavoro. La speranza è che pubblicazioni di questo genere, utilissime e coraggiose, possano via via moltiplicarsi provando a conciliare la cultura della sordità con l’esperienza dell’illustrazione professionale, così da arrivare a produrre volumi sempre più accattivanti e per questo condivisibili.

I volumetti possono essere acquistati tramite il sito della cooperativa Il Treno o presso alcune librerie convenzionate (altre librerie eventualmente interessate a distribuirli possono mettersi in contatto con la cooperativa stessa).

 

In montagna

Il librotto si sofferma su ciò che è possibile incontrare durante una passeggiata in montagna – cervi, ricci, castagne o alberi – attraverso illustrazioni dal tratto naïf e simpatico. Insieme alle cose e agli abitanti della montagna, i lettori hanno modo di familiarizzare anche con oggetti e animali tipici del mare, della città e della campagna cui sono rispettivamente dedicati tre altri titoli della collana.

Quello che gli altri non vedono

La differenza tra guardare e vedere può essere sottile e determinante. Nei panni dei lettori, lo scopriamo seguendo il protagonista novenne di Quello che gli altri non vedono nel suo appassionato tentativo di liberare la nonna dalla casa di riposo in cui è stata sistemata. Perché Milo – questo è il suo nome – non vede molto bene a causa di una retinite pigmentosa ma sa, al contrario, guardare benissimo. La sua visione incompleta gli permette di focalizzarsi su dettagli che ad altri sfuggono e di osservare con maggiore attenzione ciò che attira davvero il suo sguardo. È così che il bambino si accorge che l’ospizio Nontiscordardimè non è così accogliente come l’infermiera Thornhill vorrebbe far credere e che riesce a raccogliere indizi a sufficienza per smascherarla davanti a un pubblico importante.

Accompagnato da un fedele e insolito animale domestico, un maialino di nome Amleto, Milo affronta questa avventura come una questione privatissima e decisiva, per via dell’affetto smodato che prova per la nonna. Troppo maturo per la sua età, era lui a prendersene cura in casa facendo le veci di una mamma troppo occupata a districarsi tra il lavoro in crisi e un matrimonio fallito, e di un papà egoisticamente trasferitosi con l’amante a Dubai. Ma a poco a poco la sua battaglia diventa un vortice che, in misura diversa, tira in ballo i diversi personaggi con cui Milo entra in contatto: dalla cliente numero uno della mamma, al vicino fischiettante, dal nuovo inquilino di casa a (soprattutto) Tripi, il cuoco siriano della casa di riposo con una tormentata vicenda personale a familiare alle spalle.

Quel che è bello è in questo romanzo tutt’altro che smilzo di Virginia MacGRegor è che la malattia di Milo fa la sua parte senza forzare la narrazione, calamitare pietismi o subire edulcorazioni; che temi importanti e storie personali si intrecciano con grande naturalezza e gusto per l’incastro perfetto tra tasselli; e che i personaggi, dai più marginali ai più centrali, trovano occasione di emergere a poco poco, con una personalità sfaccettata, complessa e in definitiva umana.

Storia e soggetti sono molto godibili, insomma, e sanno suscitare emozioni variegate. Avrete modo di affezionarvi e indispettirvi, di trepidare e dissociarvi, di sorridere e piangere. Non scordate perciò i fazzoletti, soprattutto per l’intensa e commuovente sequenza finale, in cui un lungo addio molto sentito mette fine una fase importante della vita di Milo e segna l’inizio di un’altra. Tutto si chiude e tutto riparte: l’ultima pagina di Quello che gli altri non vedono riunisce una serie di momenti piuttosto tragici per il protagonista che ci appare però a quel punto così forte e consapevole, nonostante i suoi nove anni, da poter affrontare meglio di chiunque altro il mondo fattosi improvvisamente più buio.

Mr. Ubik!

A voler andare per il sottile, il libro di David Wiesner non dovrebbe figurare tra i silent book in senso stretto: sei fumetti in tutto sono infatti disseminati tra le pagine. Ma ad andar proprio per il sottile, si rischia di perdere occasioni preziose, come quella di leggere un libro pregevole, (comprensibilmente) pluripremiato e, nei fatti, più che accessibile anche da parte di chi sperimenta difficoltà di lettura. Ecco perché vale la pena di segnalare questo libro anche all’attenzione di chi non va a nozze con le parole scritte ma sa gustare il buon sapore di una storia.

Perché qui la storia c’è eccome, così come ci sono dei personaggi strambi che ancor più strambamente si incontrano, e lo sviluppo narrativo è (quasi) del tutto affidato al potere delle immagini. E forse non è un caso, soprattutto se si considera che la comunicazione attraverso il disegno ha un ruolo centrale anche a livello della trama. Quando dei misteriosi extraterrestri finiscono con la loro astronave tra le grinfie di Mr Hubik e si rifugiano a rotta di collo in un buco della parete di casa, sono proprio dei disegni sul muro a permetter loro di stringere amicizia  con una serie di insetti, a loro volta vessati dal gatto. Grazie a questa forma universale di comunicazione, i due gruppi dalle lingue differenti escogitano e condividono un piano di fuga ingegnoso che lascerà il felino a bocca asciutta.

Il libro offre un’esperienza di lettura molto coinvolgente e appagante, tutta basata su luci e ombre, colori tenui e forti, inquadrature distanti e ravvicinate, riquadri marcati e illustrazioni a tutta pagina. I dettagli narrativi disseminati qua e là, solleticano poi lo spirito d’osservazione del lettore. In più, ad alieni e insetti sono attribuiti fumetti apparentemente incomprensibili, fatti di simboli e forme geometriche, a cui è in realtà possibile attribuire un significato piuttosto evidente basandosi sul contesto. La lettura diventa così anche un gioco di decodifica interattiva che appassiona e diverte. Non a caso l’autore di Mr Ubik!, David Wiesner, ha alle spalle una lunga esperienza nel campo dell’illustrazione e ben tre medaglie Caldecott, uno dei più prestigiosi premi americano nell’ambito dei libri per l’infanzia.

Le parole giuste

Non è che a scuola, Emma, vada proprio forte. La dislessia, a lungo non riconosciuta, le causa un sacco di impicci sicché la pagella è un vero disastro. La popolarità, dal canto suo, segue a ruota soprattutto dopo che la protagonista fa a botte con Anna Clara e che gli insegnanti decidono di inserirla nel gruppi RPS – Recupero, Potenziamento, Sostegno. A completare il quadro manca solo una famiglia molto unita ma in un momento critico dovuto alla necessità di trapianto di reni del padre e della scelta della madre di fare da donatrice.

Voilà. Si capisce bene perché il mondo reale ed emotivo di Emma appaia scosso come un frappé e perché la dodicenne si ostini a cercare segni del destino, appigli e rassicurazioni in tutto ciò che le capita a tiro: le risposte della palla numero 8, il numero di macchine rosse incontrate, la velocità di discesa delle gocce sul vetro. Fino a quando segni, appigli e rassicurazioni non iniziano ad arrivare da persone in carne ed ossa che poco hanno in comune se non la capacità e il merito di trovare le parole giuste al momento giusto. In primis Alessandra, l’insegnante fuori dagli schemi che gestisce con tenacia e passione il gruppo RPS senza tirarsi indietro quando una richiesta di aiuto supplementare, psicologico o di ascolto, viene lanciata, urlata o sussurrata dai ragazzi. Ma anche Mathias, l’amico che insegna a trovare il lato buono delle sorprese e a scoprire l’importanza di condividere dolori e difficoltà ma anche risate e momenti spensierati. E poi, in ordine sparso, il papà, la mamma e la nonna che a scoppio ritardato e forse spinti (meno male!) dalle circostanze trovano la forza di dire quel che da molto tempo c’era da dire.

Ecco, passando attraverso un momento buio fatto di timori familiari, fallimenti scolastici e amicizie che si rompono, il racconto lungo testimonia una piccola rinascita, un puzzle che si ricompone, una frase che prende senso se ascoltata nella maniera più adatta. Con voce chiara e misurata tra tanti romanzi inutilmente roboanti, quello di Silvia Vecchini si candida a diventare uno dei libri-porta citati dalla professoressa Alessandra: quei libri che spalancano sguardi su mondi vicini o distanti, regalando al lettore che li incontra le parole – quelle giuste – per raccontarli e sentirli propri.

Il puzzle di Matteo

Due grandi nomi della letteratura e dell’illustrazione per l’infanzia – Luigi Dal Cin e Chiara Carrer – per raccontare con le parole e i toni giusti una sindrome rara come quella di Prader Willi. Più che una vera e propria storia, con un importante impianto narrativo, Il puzzle di Matteo sceglie di fare dell’incontro tra due bambine l’occasione per dire con garbo quali sintomi manifesta chi è affetto dalla sindrome – dall’assenza di sazietà al ritardo psicomotorio – e quali gesti quotidiani possono aiutare a renderli meno d’impiccio. Un ritratto a misura di bambino, insomma, più che una trama articolata: quel che serve per ricomporre un quadro, o per meglio dire un puzzle identitario, senza lasciare indietro nemmeno un pezzo.

Interessata a conoscerne la storia del compagno Matteo per potervi stringere amicizia, la piccola Maria chiede aiuto alla sorella del bambino, Ilaria. Con parole pacate e profumate di vita vissuta, quest’ultima traccia i contorni di una malattia e delle sue implicazioni attraverso la figura, le abitudini e le peculiarità del fratello. Conoscenza e attenzione sono le parole d’ordine che il libro velatamente suggerisce, invitando a scavare più a fondo della superficie per comprendere ed accogliere comportamenti apparentemente spiazzanti. Le crisi di rabbia, l’insaziabile appetito o le domande ripetute di Matteo iniziano così ad assumere un aspetto diverso, più riconoscibile e comprensibile. A sottolineare questa trasformazione nella percezione, lo stile soppesato dell’autore e il tratto insieme inquieto e sorridente dell’illustratrice.

Il puzzle di Matteo nasce dalla collaborazione di Kite editore, attento da tempo a tematiche delicate come la diversità, con l’Associazione Uniti per Crescere ONLUS, attiva per migliorare la vita dei bambini con problemi neurologici e delle loro famiglie, mediante la sensibilizzazione di insegnanti, genitori, compagni di classe. Il libro è in qualche modo, quindi, il racconto di esperienze reali che vale la pena di portare a galla la risonanza di penne e matite importanti come quelle degli autori  coinvolti è senz’altro un’alleata preziosa.

A tavola – Primi segni

Collana Primi segni

Che leggere ad alta voce fin dai primi mesi di vita sia fondamentale per la crescita del bambino è fatto ormai assodato, così come instancabilmente ricordato e promosso da Nati per Leggere. Ma che leggere “a chiari segni” sia altrettanto importante per bambini piccoli sordi è cosa meno evidente e diffusa. Eppure se l’auspicio è che anche chi non percepisce i suoni che compongono storie e poesie possa imparare a godere del loro succo immaginifico, è necessario che quanti più libri accessibili si rendano disponibili fin dalla più tenera età.

Ecco perché la pubblicazione della collana Primi segni, proposta dalla cooperativa romana Il treno, è una notizia non lieta ma lietissima. In un colpo solo 8 libretti cartonati, quadrati e resistenti, si offrono a piccole mani curiose. Sono pagine che si sfogliano (facilmente perdipiù!) e porte che si aprono: piccole occasioni per incontrarsi, per condividere, per comunicare. Ogni libretto ha un tema – dai giochi alla tavola, dai vestiti alla città – che rispetta l’esperienza reale e quotidiana del bambino.

Senza pretese letterarie ma con una forte motivazione inclusiva, la collana nasce su iniziativa di una mamma che ha immaginato l’utilità di libricini che raccogliessero oggetti, parole e segni, così da agevolare l’avvicinamento dei figli sordi al testo scritto e alla lingua segnata. I libri sono pensati infatti per la fascia di età 0-3 anni: il periodo in cui i bambini in generale iniziano a nominare il mondo che li circonda e in particolare i bambini con disabilità uditiva iniziano a segnare gli oggetti che lo compongono. Un’esigenza concreta e fortemente avvertita è dunque alla base di questo lavoro, nato grazie a una serie di sponsor ma anche grazie a un progetto di crowdfunding che ha visto la vendita di un centinaio di copie prima ancora che fossero prodotti.

La realizzazione della collana ha seguito un lungo percorso in cui sono stati coinvolti diversi partner, primo fra tutti il Laboratorio di Ricerca Language and Communication Across Modalities (LaCam) dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR che ha contribuito alla scelta dei vocaboli più significativi, utili e riconoscibili da inserire all’interno di ogni volume. Le illustrazioni sono state invece realizzate da disegnatori sordi, a loro volta implicati nel processo progettuale e creativo. Questa scelta risulta piuttosto diffusa nell’ambito dei volumi per l’infanzia in Lingua dei Segni e se da un lato ha il vantaggio di garantire attenzione alle esigenze di comprensione, riconoscimento e associazione al testo implicate dalla disabilità uditiva, ha tuttavia dall’altro lo svantaggio di mettere in secondo piano la reale qualità artistica del lavoro. La speranza è che pubblicazioni di questo genere, utilissime e coraggiose, possano via via moltiplicarsi provando a conciliare la cultura della sordità con l’esperienza dell’illustrazione professionale, così da arrivare a produrre volumi sempre più accattivanti e per questo condivisibili.

I volumetti possono essere acquistati tramite il sito della cooperativa Il Treno o presso alcune librerie convenzionate (altre librerie eventualmente interessate a distribuirli possono mettersi in contatto con la cooperativa stessa).

 

A tavola

Il librotto dedicato alla tavola passa in rassegna una selezione di cibi comuni, dai più amati (come i biscotti o il pollo) ai più odiati (come la minestra o gli spinaci). Alcune illustrazioni non sono proprio chiarissime e gli stessi personaggi risultano qui più statici che altrove. Il “Buon appetito” finale è più che calzante.

I giochi – Primi segni

Collana Primi segni

Che leggere ad alta voce fin dai primi mesi di vita sia fondamentale per la crescita del bambino è fatto ormai assodato, così come instancabilmente ricordato e promosso da Nati per Leggere. Ma che leggere “a chiari segni” sia altrettanto importante per bambini piccoli sordi è cosa meno evidente e diffusa. Eppure se l’auspicio è che anche chi non percepisce i suoni che compongono storie e poesie possa imparare a godere del loro succo immaginifico, è necessario che quanti più libri accessibili si rendano disponibili fin dalla più tenera età.

Ecco perché la pubblicazione della collana Primi segni, proposta dalla cooperativa romana Il treno, è una notizia non lieta ma lietissima. In un colpo solo 8 libretti cartonati, quadrati e resistenti, si offrono a piccole mani curiose. Sono pagine che si sfogliano (facilmente perdipiù!) e porte che si aprono: piccole occasioni per incontrarsi, per condividere, per comunicare. Ogni libretto ha un tema – dai giochi alla tavola, dai vestiti alla città – che rispetta l’esperienza reale e quotidiana del bambino.

Senza pretese letterarie ma con una forte motivazione inclusiva, la collana nasce su iniziativa di una mamma che ha immaginato l’utilità di libricini che raccogliessero oggetti, parole e segni, così da agevolare l’avvicinamento dei figli sordi al testo scritto e alla lingua segnata. I libri sono pensati infatti per la fascia di età 0-3 anni: il periodo in cui i bambini in generale iniziano a nominare il mondo che li circonda e in particolare i bambini con disabilità uditiva iniziano a segnare gli oggetti che lo compongono. Un’esigenza concreta e fortemente avvertita è dunque alla base di questo lavoro, nato grazie a una serie di sponsor ma anche grazie a un progetto di crowdfunding che ha visto la vendita di un centinaio di copie prima ancora che fossero prodotti.

La realizzazione della collana ha seguito un lungo percorso in cui sono stati coinvolti diversi partner, primo fra tutti il Laboratorio di Ricerca Language and Communication Across Modalities (LaCam) dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR che ha contribuito alla scelta dei vocaboli più significativi, utili e riconoscibili da inserire all’interno di ogni volume. Le illustrazioni sono state invece realizzate da disegnatori sordi, a loro volta implicati nel processo progettuale e creativo. Questa scelta risulta piuttosto diffusa nell’ambito dei volumi per l’infanzia in Lingua dei Segni e se da un lato ha il vantaggio di garantire attenzione alle esigenze di comprensione, riconoscimento e associazione al testo implicate dalla disabilità uditiva, ha tuttavia dall’altro lo svantaggio di mettere in secondo piano la reale qualità artistica del lavoro. La speranza è che pubblicazioni di questo genere, utilissime e coraggiose, possano via via moltiplicarsi provando a conciliare la cultura della sordità con l’esperienza dell’illustrazione professionale, così da arrivare a produrre volumi sempre più accattivanti e per questo condivisibili.

I volumetti possono essere acquistati tramite il sito della cooperativa Il Treno o presso alcune librerie convenzionate (altre librerie eventualmente interessate a distribuirli possono mettersi in contatto con la cooperativa stessa).

 

I giochi

Dalla palla al trenino, dalle costruzioni alla bambola: i giochi più basilari (e forse in parte un po’ d’antan) trovano spazio nel librotto dedicato agli svaghi che con accortezza li associa indiscriminatamente a un solo personaggio (di sesso femminile). Il gusto un po’ retrò è sottolineato da illustrazioni sfumate ad acquerello. La frase completa finale non potrebbe essere più azzeccata. “Giochiamo insieme?”. E la risposta, dal canto suo, è la più utile di tutte!

A casa – Primi segni

Collana Primi segni

Che leggere ad alta voce fin dai primi mesi di vita sia fondamentale per la crescita del bambino è fatto ormai assodato, così come instancabilmente ricordato e promosso da Nati per Leggere. Ma che leggere “a chiari segni” sia altrettanto importante per bambini piccoli sordi è cosa meno evidente e diffusa. Eppure se l’auspicio è che anche chi non percepisce i suoni che compongono storie e poesie possa imparare a godere del loro succo immaginifico, è necessario che quanti più libri accessibili si rendano disponibili fin dalla più tenera età.

Ecco perché la pubblicazione della collana Primi segni, proposta dalla cooperativa romana Il treno, è una notizia non lieta ma lietissima. In un colpo solo 8 libretti cartonati, quadrati e resistenti, si offrono a piccole mani curiose. Sono pagine che si sfogliano (facilmente perdipiù!) e porte che si aprono: piccole occasioni per incontrarsi, per condividere, per comunicare. Ogni libretto ha un tema – dai giochi alla tavola, dai vestiti alla città – che rispetta l’esperienza reale e quotidiana del bambino.

Senza pretese letterarie ma con una forte motivazione inclusiva, la collana nasce su iniziativa di una mamma che ha immaginato l’utilità di libricini che raccogliessero oggetti, parole e segni, così da agevolare l’avvicinamento dei figli sordi al testo scritto e alla lingua segnata. I libri sono pensati infatti per la fascia di età 0-3 anni: il periodo in cui i bambini in generale iniziano a nominare il mondo che li circonda e in particolare i bambini con disabilità uditiva iniziano a segnare gli oggetti che lo compongono. Un’esigenza concreta e fortemente avvertita è dunque alla base di questo lavoro, nato grazie a una serie di sponsor ma anche grazie a un progetto di crowdfunding che ha visto la vendita di un centinaio di copie prima ancora che fossero prodotti.

La realizzazione della collana ha seguito un lungo percorso in cui sono stati coinvolti diversi partner, primo fra tutti il Laboratorio di Ricerca Language and Communication Across Modalities (LaCam) dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR che ha contribuito alla scelta dei vocaboli più significativi, utili e riconoscibili da inserire all’interno di ogni volume. Le illustrazioni sono state invece realizzate da disegnatori sordi, a loro volta implicati nel processo progettuale e creativo. Questa scelta risulta piuttosto diffusa nell’ambito dei volumi per l’infanzia in Lingua dei Segni e se da un lato ha il vantaggio di garantire attenzione alle esigenze di comprensione, riconoscimento e associazione al testo implicate dalla disabilità uditiva, ha tuttavia dall’altro lo svantaggio di mettere in secondo piano la reale qualità artistica del lavoro. La speranza è che pubblicazioni di questo genere, utilissime e coraggiose, possano via via moltiplicarsi provando a conciliare la cultura della sordità con l’esperienza dell’illustrazione professionale, così da arrivare a produrre volumi sempre più accattivanti e per questo condivisibili.

I volumetti possono essere acquistati tramite il sito della cooperativa Il Treno o presso alcune librerie convenzionate (altre librerie eventualmente interessate a distribuirli possono mettersi in contatto con la cooperativa stessa).

 

A casa

Il librotto dedicato alla casa seleziona alcuni degli oggetti più familiari per qualunque bambino. Dal divano al frigo, dal lavabo al letto: mobili ed elettrodomestici sono scelti in modo tale da non tralasciare alcuna stanza e sono rappresentati con tratto schizzato e senza fronzoli.

Sfida al buio

Carlo ed Eric sono da poco compagni di classe. Arrogante e iperprotetto il primo, studioso e diligente il secondo, i due non si sopportano e finiscono, un giorno come tanti, a fare a pungi nel bagno della scuola. La preside potrebbe sospenderli o cacciarli ma sceglie invece di ricorrere a una punizione inusitata: i ragazzi vengono invitati a partecipare agli allenamenti della squadra locale di torball: uno sport in cui, senza vedere, si vince segnando delle reti alla squadra avversaria.

Idea azzeccatissima, se si considera che la competizione non prevede l’uso della vista e che i ragazzi sono entrambi ciechi. Eric lo è dalla nascita e ha da tempo imparato a sfruttare al meglio gli altri sensi e a venire a patti con la sua condizione. Anche i suoi genitori mostrano un’abitudine e un rispetto per il figlio, così come per le sue difficoltà e le sue risorse. Carlo, invece, è diventato cieco a causa di un brutto incidente stradale. Per questo fatica di più a riconoscersi nei suoi nuovi panni, a trovare risorse alternative dentro di sé e a prendere le misure con una realtà che esiste solo al tatto. Lo stesso vale per i suoi genitori che, tra sensi di colpa e preoccupazioni esagerate contribuiscono a nutrire l’atteggiamento scontroso del figlio.

Sarà proprio il torball, sport poco noto ma molto praticato dai non vedenti, a portare i protagonisti a un punto di incontro e di svolta. Si badi bene: non che lo sport faccia miracoli trasformando Eric e Carlo in amici per la pelle, ma il fatto di avere un obiettivo comune e di dover fare squadra per raggiungerlo aiuta i ragazzi cosa ad avvicinarsi, riconoscersi e rispettarsi. Dopo le prime perplessità e i primi goffi allenamenti, i due ci prendono gusto e trovano nella partita amichevole d’esordio contro gli Scorpioni l’occasione ideale per dimostrare a sé stessi e agli altri le risorse inattese che la disabilità non condiziona.

Il libro di Luca Blengino ha proprio il merito di mostrare come si possa essere disabili, ciechi in particolare, e amare ciò che ama un qualunque adolescente: lo sport, le attenzioni, il sostegno familiare, le uscite con un amico o con una ragazza. E anche come si possa essere disabili e al contempo sensibili, attenti, solidali ma pure secchioni, arroganti, litigiosi o prepotenti. Perché il mito dei disabili dalla personalità piatta e perlopiù accondiscendente ha fatto ormai il suo tempo e c’è bisogno di storie come questa che lo raccontino in modo appassionato.

La mia Nina

Tommy e Nina sono fratelli: lui è più piccolo ma è più svelto, più responsabile e sa fare molte cose meglio di lei. Nina ha la sindrome di Down e Tommy, malgrado le voglia molto bene, non riesce a capacitarsi della sua diversità. Così fa domande su domande, mette alla prova la sorella, cerca di inculcarle nozioni complesse e si lamenta del fatto che le si facciano molte più concessioni. Fino a quando non si rende conto che alcune cose non hanno una causa da capire ma soltanto degli effetti da accettare. Sarà quello il momento in cui l’enorme affetto per Nina diventerà davvero incondizionato e sereno, al punto da far fare a Tommy una piccola follia per assecondare la passione della sorella per i treni.

 

Sebbene l’intento pedagogico e, in particolare, l’idea che tutti abbiamo abilità diverse, vengano sbandierati con un’insistenza forse troppo marcata, il libro ha il merito di partire da una fratellanza tutt’altro che scontata e dalle legittime domande infantili che una disabilità in famiglia porta con sé. I molti episodi di vita quotidiana raccontati – dalla scuola alla vacanza, dall’ora di cena alla gita in stazione – diventano così la trama sottesa a un instancabile interrogarsi sul “dove inizia l’uguale e dove finisce il diverso”.

Il delfino bianco

Nella baia in cui Kara è nata e cresciuta, in cui ha costruito con i suoi genitori l’amata barca Moana e in cui vive ora in ristrettezze economiche insieme al padre e agli zii, la barriera corallina e l’intero ecosistema marino sono in pericolo: alcuni uomini senza scrupoli – come il famigerato Dougie Evans – intendono dragare il fondo per sfruttarlo fino all’ultimo centimetro. E Kara, allevata a pane e rispetto per il mare, non può accettarlo. Sarebbe una rinuncia agli insegnamenti più importanti lasciati da sua madre, biologa marina scomparsa misteriosamente durante una missione per la salvaguardia dei delfini. Ecco perché Kara si attiva con forza quando un delfino rimane gravemente ferito a causa delle reti a strascico o quando il divieto di dragare i fondali marini rischia di essere tolto. Ci vorrà tutta la sua testardaggine e il supporto di amici attenti quanto lei alle tematiche ambientali, come il neoarrivato in città Felix, per riaccendere nella baia la speranza di un futuro più sostenibile.

 

La vera svolta nella vita di Kara arriva quando scopre In lingua maori delfino si dice Tepuih. Perché è lì, più o meno a metà del racconto, che la protagonista riesce finalmente ad accedere al contenuto della chiavetta USB lasciatale della madre, recuperando un nuovo preziosissimo ricordo di famiglia ma anche la forza necessaria per battersi per una giusta causa. Da quel momento gli eventi precipitano, avvicinandola a ritmo serrato a una possibilità di vita più serena, in cui godere di un rifugio speciale ed esclusivo per lei e per il padre; in cui rafforzare più che mai l’amicizia con Felix e in cui liberarsi dai fantasmi di un passato sospeso.

 

Le quasi duecento pagine del romanzo di Gill Evans traboccano di passione e conoscenza marina, risentono un po’ di quel mood melodrammatico tipicamente americano che carica il protagonista dell’“ultima possibilità” per salvare il pianeta, ma condensa un pezzo di vita preadolescenziale intenso e godibile. La vita di Kara non è facile ma si muove tra valori e passioni autentiche. L’agitazione dei 12 anni, quando le ragioni della realtà, della crisi e della contingenza valgono meno di zero o comunque meno di un ideale, di un ricordo o di un oggetto che li racchiuda simbolicamente, trova qui largo spazio e prepara un terreno fertile per una viva identificazione da parte del giovane lettore.

 

La disabilità, senza pretendere di essere il tema del romanzo, vi entra più di una volta e da più di una porta: attraverso la dislessia della protagonista e attraverso la difficoltà motoria, conseguenza di una paralisi cerebrale infantile, del suo amico Felix. La prima figura di striscio, senza grosso rilievo narrativo. La seconda, invece, compare più incisivamente, contribuendo a delineare un personaggio complesso come quello di Felix, ad agitare sentimenti forti nei personaggi e nel lettore e a promuovere l’idea che ci siano contesti (come il mare) e attività (come lo spor) che appianano meglio di altri le diversità imposte dall’handicap. L’impatto è onestamente positivo e capace di restituire alla disabilità una dignità piena.

Io no!… o forse sì

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Scovare ottimi scrittori americani e portane i titoli in Italia: imbarcata da qualche tempo in questa intrigante impresa, la casa editrice Biancoenero infila instancabile una chicca editoriale dietro l’altra. Dopo Thomas Rockwell (Come mangiare vermi fritti e Come diventare favolosamente ricchi) è ora il turno di David Larochelle, autore del bellissimo Io no! …o forse sì: il ritratto palpitante e sorridente di un’adolescenza tormentata e di una sessualità in via di definizione.

Insignito di numerosissimi premi, il libro racconta del sedicenne Steven e del percorso che compie per arrivare a capire prima, accettare poi e condividere infine la sua identità omosessuale. Al suo fianco, l’originale e tenace Rachel, amica fidata e leale che lo aiuta a riconoscere e incoraggia a prender coscienza della realtà che tanto lo intimorisce. Intorno a lui, poi, c’è una sfilza di personaggi più o meno marcati che caricano e spingono la sua altalena emotiva: i genitori che prima negano l’evidenza ma poi, timidamente, sorprendono, il professor Bowman che legge International Male ma che ride alle battute omofobe, il carosello di ragazze che Steven frequenta nel tentativo di attivare la sua mascolinità e la squadra di hockey della scuola con i suoi fusti che nascondono, a loro volta, dei segreti. Su questo sfondo, Steven cerca una propria dimensione in quel calderone di emozioni alla rinfusa che è l’adolescenza. Andando a caccia di qualche appiglio – amici, familiari o professori – che gli possa offrire un sostegno, una pista, un confronto, una rassicurazione, il protagonista ne fa di ogni sorta (dal rifornirsi di obsoleti saggi sull’educazione sessuale dei figli all’andare al ballo studentesco con un cane invece che con una dama) prima di arrivare a conoscersi e farsi conoscere davvero. Il suo è un racconto estremamente ironico e insieme puntuale: un reportage “interiore” fedele e personale, credibile e appassionato, emozionate e divertente, di un periodo della vita che è già un garbuglio di per sé e che si intrica ancor di più se un orientamento sessuale ci si mette di mezzo. Il libro di Larochelle è insomma un’occasione preziosa e tutt’altro che sprecata per raccontare una storia viva e coinvolgente, che tocca sul vivo gli animi adolescenti (e non solo) di qualunque orientamento sessuale e accende fari importanti su tematiche di scottante attualità (è vero, il libro è uscito in America 10 anni fa ma il nostro paese, così arrancante in fatto di diritti civili, ha bisogno di un po’ di tempo per mettersi in pari…).

Destinato ad un pubblico più maturo rispetto al solito, Io no! …o forse sì! non rinuncia ai criteri di alta leggibilità che contraddistinguono il catalogo e il credo della casa editrice romana. Sbandieratura a destra, carta opaca e color crema, interlinea maggiore e font specifico (biancoenero) per dislessia non mancano infatti, benché la dimensione del carattere sia più piccola, in linea con gli standard di pubblicazione per ragazzi ormai cresciuti. Sarà interessante, a questo proprio, registrare i feedback, in termini di leggibilità, dei diretti interessati. Quel che è certo è che se un giovane lettore, magari dislessico, si cimenta con un volume così corposo e con un testo così minuto, è perché ha imparato a non temere sfide di lettura crescenti e ha trovato, forse, in precedenza in volumi più semplici ad alta leggibilità, i supporti indispensabili per consolidare le proprie abilità e passioni di lettura.

Piccolo uovo – Nessuno è perfetto

Piccolo Uovo non sta mai fermo: il suo è un viaggio instancabile alla scoperta delle piccole grandi diversità che fanno colorato e interessante il mondo. Così, dopo i tipi di famiglie (Piccolo Uovo), i tipi di attività (Piccolo uovo – Maschio o femmina?) e i tipi di ricchezza (Piccolo uovo – Chi è il più ricco del reame?) che ci rendono unici, l’ovetto più curioso degli ultimi tempi non si arresta nemmeno di fronte ai territori delle diverse abilità.

 

Con il garbo e l’interesse consueti, il protagonista si interroga su come si possa trovare la strada senza vedere, riconoscere uno starnuto senza sentire, percorrere lunghe distanze senza camminare e comunicare senza parlare: quesiti elementari e comuni, in linea con il più naturale desiderio di sapere dei piccoli lettori. A rispondere, sono improvvisati compagni di viaggio che vivono e incarnano le rispettive mancanze con una serenità contagiosa: una talpa che scava precise gallerie al buio, una lumachina attenta a cogliere segnali non verbali, una foca instancabile arrivata dal Polo Nord, un pesce abilissimo a disegnare e un gatto ingegnoso animati dalle parole pulite di Francesca Pardi e dai disegni accoglienti di Altan.

 

Quel che c’è di bello e più che mai veritiero, in queste coloratissime pagine, è che il superamento degli stereotipi più elementari che circondano le disabilità si attiva grazie a incontri fortuiti, a conoscenze dirette, ad amicizie inaspettate. Ne scaturisce un invito fortissimo anche se silenzioso a fare di ogni viaggio un’occasione preziosa per rendersi aperti e sinceramente curiosi nei confronti dell’altro, di qualunque tipo questo “altro” sia.

Facciamo che io ero?

Chi non ha mai giocato al Facciamo che io ero? alzi la mano! L’inventare e il vestire i panni di qualcuno o qualcos’altro ha segnato in effetti l’infanzia di generazioni le più disparate, soddisfacendo un naturale desiderio di evasione narrativa. Fa centro dunque, l’autrice, quando decide di partire da questa comunissima esperienza per raccontare una storia verosimile e familiare di bambini, di gioco e di inclusione.

 

In Facciamo che io ero? ci sono i supereroi, i musicisti, i professionisti e le principesse che il protagonista e i suoi compagni amano impersonare. E c’è pure il trenino che tutti insieme, sotto la guida della maestra, compongono muniti di sedie e pronti a partire per destinazioni ogni giorno diverse. È solo a questo punto, quando giochi e riti di classe sono svelati, che fa la sua comparsa Pippetto (certo, un nome meno fittizio non avrebbe guastato…): il nuovo compagno che si muove in sedia a rotelle. Nemmeno il tempo di presentarlo che il protagonista che dà la voce al libro si attiva per far sentire accolto e partecipe il nuovo arrivato, trasformando la sua carrozzina nella più potente delle locomotive.

 

Storia (firmata da Anna Baccellieri) e illustrazioni (curate da Liliana Carone) non stupiscono per originalità o qualità pur avendo il merito di valorizzare esperienza realmente vicine al mondo dei potenziali lettori. La disabilità, che pur è centrale, trova posto in corsa, quasi di sfuggita, attraverso l’atteggiamento positivo e inclusivo del protagonista che porta avanti un implicito invito a riconoscere nella diversità una vera ricchezza.

Immaginario. Immagini per un abbecedario

Immaginario è un primo dizionario, illustrato semplice e colorato, utile per avviare alla conoscenza della Lingua Italiana dei Segni sia i bambini sordi sia – perché no? – i loro compagni udenti. L’autrice del volume ha infatti selezionato più di 600 parole tra quelle di più comune utilizzo che consentono di acquisire una conoscenza primaria della LIS e di sperimentarla in maniera molto spiccia e diretta.

 

Di ogni vocabolo viene offerta, oltre a un’illustrazione, anche una rappresentazione grafica del segno che permette di esprimerla. Si va dai soggetti più concreti di ambito naturale, domestico e urbano – come animali, casalinghi ed edifici – a soggetti meno concreti ma ugualmente importanti – come colori, stagioni o azioni. Le illustrazioni, benché molto artigianali, hanno il merito di rendere in maniera piuttosto chiara il segno che riproducono. Esse vengono inoltre riportate anche sul DVD allegato al volume che consente una consultazione multimediale.

 

Il risultato è uno strumento pratico che invita a cimentarsi con la Lingua dei Segni, a prescindere dal grado di udito di cui si è in possesso. Presentando i segni in maniera semplice e colorata si promuove infatti in forma di gioco e scoperta curiosa la loro conoscenza.

Biancaneve

Quando il 2014 sembrava già pronto a salutarci, un nuovo nato in casa Uovonero è arrivato ad arricchire la collana dei Pesci parlanti. Così, con una versione essenziale ed espressiva di Biancaneve, la casa editrice cremasca ha aggiunto una settima immancabile fiaba al suo catalogo di libri in simboli. La storia della fanciulla lasciata nel bosco, accolta dai nani, avvelenata dalla mela e risvegliata dal principe, viene qui adattata e tradotta con competenza in simboli PCS da Enza Crivelli e illustrata con stile intenso e malinconico da Tommaso D’Incalci.

Il testo che occupa le pagine di sinistra è conciso e ritmato, distribuito sulla pagina in modo da seguire la punteggiatura e consentire un’adeguata visione dei simboli che ne agevolano la comprensione non solo in caso di autismo ma anche in quei casi in cui, per ragioni diverse, la padronanza dell’italiano risulta traballante. Le illustrazioni, che occupano le pagine di destra, fanno un uso incisivo del bianco e nero, affidando a sprazzi di colore il compito di sottolineare elementi narrativamente significativi o rinforzare l’intensità di immagini la cui cifra pensierosa e a tratti inquietante (penso soprattutto alla strega), recupera lo spirito originale delle fiabe dei Grimm.

Per il suo stile asciutto e poco avvezzo ai fronzoli, la fiaba si presta di per sé naturalmente a una trasposizione che mira a cogliere il succo più concentrato della storia e a renderlo in un modo il più lineare e semplice possibile, così come opportuno nei libri che sfruttano la Comunicazione Aumentativa e Alternativa. Ciò non toglie, tuttavia, che la qualità del risultato possa variare di molto e dipenda strettamente dalle parole che raccolgono e raccontano questo succo, e dalle figure che ne ampliano il significato, il dettaglio e il sentimento. Ecco, il merito di Uovonero sta proprio anche in questo: nel privilegiare fiabe tradizionali, note e arcinote, senza per questo rinunciare a offrire un prodotto non solo accessibile ma anche ricercato e originale. Scegliendo per esempio e di volta in volta illustratori dagli stili variegati, essa celebra anche nell’aspetto estetico dei libri – del quale mai smetteremo di sottolineare l’importanza anche a fini inclusivi – la diversità come ricchezza.

Per venire incontro a esigenze diverse di lettura, dal 2018 Biancaneve e e le altre fiabe de I Pesci parlanti sono proposte dall’editore cremasco anche in una nuova collana chiamata I Pesciolini i cui volumi, identici nel contenuto ai loro “fratelli” maggiori, fanno a meno del formato Sfogliafacile e della cartonatura, risultando così più snelli ed economici (12.90 €).

Re Basilio e la regina Adelaide

Un re scorbutico e desideroso di comandare, una moglie placida e affettuosa che sa dargli una lezione con la L maiuscola. Questo il succo di Re Basilio e la Regina Adelaide, una storia della tradizione popolare che Aurora Bianciardi ha recuperato per la collana Leggere è giocare di Emme.

Quando il re scopre che il suo più valido arciere ha ucciso il suo falco prediletto non ci vede più dalla rabbia e lo caccia dal regno. Ma quando scopre che la regina, sua moglie, ha voluto offrire il suo sostegno al povero esiliato, la sua rabbia si fa ancor più cieca. Decide così di cacciare anche lei ma, caduto in un ultimo astuto e affettuoso tranello della consorte, finirà per rivalutare i sentimenti più autentici.

La storia, semplice e lineare, è raccontata con l’essenzialità tipica delle fiabe di un tempo e stampata con un font tra i più leggibili anche in caso di dislessia. I colori vivaci e i giochi disseminati tra le pagine possono contribuire ad attirare i lettori riluttanti pur non garantendo maggiore facilità di lettura.

La chitarra di Django

La chitarra di Jango è un albo illustrato che non parla semplicemente di jazz, lo suona. Con parole e illustrazioni misurate ma colme di ritmo, l’accoppiata Silei e Alfred dà vita a pagine che fanno muovere il capo e tamburellare le dita. Il loro è un racconto al contempo drammatico e incredibile, tutto incentrato sulla storia straordinaria di Jean Reinhardt , per gli amici e il pubblico: Django.

Talento del banjo di origine sinti, nella scintillante Parigi degli anni ruggenti, Django resta ferito a causa di un incendio nella roulotte in cui vive. Una gamba ma soprattutto due dita della mano sinistra compromesse: il peggior destino per chi si guadagna da vivere suonando uno strumento. A meno che questo qualcuno non sia in possesso di una tenacia inconsueta e di un dono fuori dal comune. Guarda un po’, questo è proprio il caso di Django che dopo l’incidente mette a punto una tecnica tutta sua per suonare la chitarra, segnando con forza lo sviluppo della musica jazz. La sua diventa così la storia non solo di un prezioso talento ma anche della capacità di sfruttarlo a dovere, trasformando una situazione di profonda difficoltà in un’occasione per reinventarsi a partire da risorse inattese.

Autore e illustratore raccontano questa rinascita con l’abilità di chi sa cogliere una traccia musicale in un gran trambusto. Di Django, del suo stile inimitabile e della sua vita fenomenale, i due sanno rendere prima di tutto l’irresistibile ritmo manouche, grazie a dialoghi scanditi, suoni e sonorità selezionate, toni e tinte che si accendono all’occorrenza. Offrendo all’albo di Uovonero non solo il titolo ma anche il punto di vista narrativo, La chitarra di Django mostra il protagonista da distanza ravvicinatissima, quasi intima, tanto da far vibrar corde insolite e profonde del lettore. Lo si percepisce soprattutto se ci si concede una lettura ad alta voce che fa davvero prender corpo alla storia. Perché una storia così merita di risuonare non solo nella testa ma anche nelle orecchie.

Pino volpino trova un amico

Se si accetta di incappare in personaggi che portano impunemente i nomi di Gina Porcellina e Nino Ponino, si può pensare di avventurarsi tra le pagine di Pino Volpino trova un amico. Il libro, che fa parte della recente collana Leggere è giocare messa a punto dalla Emme edizioni, racconta di una volpe che trova sull’uscio di casa un pony e che, portandolo con sé, si trova ad affrontare un disastro dietro l’altro. Il tutto finché proprio quel maldestro e irrequieto animale non finisce per salvare la vita al protagonista, caduto accidentalmente in un burrone.

Il libro strizza l’occhio al lettore inesperto con una storia zeppa di guai, delle illustrazioni spiritose, una grafica ad alta leggibilità e un mix di testo, immagini e giochi ispirati al racconto. Come negli altri volumi della collana, anche qui parole da completare, disegni identici da individuare e percorsi da ricostruire sono disseminati con frequenza tra le pagine, ispirati alla teoria secondo cui una lettura ludica possa rivelarsi più fruttuosa.

La principessa generosa

Con un principe trasformato in riccio e destinato a riprendere le sue sembianze originali solo se una principessa spezza l’incantesimo, la più classica delle trame fiabesche trova posto tra le pagine de La principessa generosa. La storia, tratta dalla tradizione popolare e illustrata da Viola Sgarbi, fa infatti incetta di motivi classici e di espedienti fantastici: dai genitori che desiderano ardentemente un figlio al re che baratta una delle sue figlie con un aiuto da uno sconosciuto, dagli animali parlanti alle sorelle malvagie.

Una storia, insomma, dal sapore familiare che viene qui proposta al pubblico dei lettori alle prime armi, con o senza difficoltà di lettura, rispettando criteri tipografici più friendly (font specifico, sbandieratura a destra, grande carattere, spazio tra le righe). Come già in Gianni il fortunato, facente parte della medesima collana, il testo è inoltre sovente intervallato da giochini quiz che possono forse rendere la lettura meno monotona ma che rischiano altresì di renderla pericolosamente frammentaria.

Occhio a Marta!

Andrea è un ragazzino di 13 anni che si porta appresso tutto il carico di dubbi, interrogativi, scoperte, desideri e timori tipici della sua età. Nel passaggio dalla terza media alla prima liceo viene fotografato minuziosamente dalla penna di Daniela Valente che ne registra i pensieri e le emozioni. Occhio a Marta! è dunque una sorta di diario che racconta la crescita in un momento tanto delicato quale l’adolescenza.

Ma chi è questa Marta che fa capolino fin dal titolo? Marta è un’amica di Andrea, nata il suo stesso giorno due anni prima e figlia di un’mica stretta di sua mamma. Marta ha dunque 15 anni ma ne dimostra solo cinque, a volte tre. Capisce tutto ma non sa parlare bene, va a scuola come gli altri ma non fa i loro stessi esercizi, ama la compagnia dei compagni ma difficilmente viene persa di vista dai genitori. Marta è un’amica “con il silenzio in testa”, un’amica che cresce accanto ad Andrea ma con un ritmo tutto suo e seguendo un binario che porta altrove. L’affetto che Andrea prova nei suoi confronti è disinteressato e sincero e, man mano che gli anni passano, si modifica nelle manifestazioni pur non cambiando nell’essenza. Tra le riflessioni e la giornate di Andrea, Marta fa ogni tanto la sua comparsa stimolando il protagonista a interrogarsi ancora più a fondo su cosa significhi crescere e su cosa ci renda uguali e diversi dagli altri.

Il libro è tutto incentrato sulle piccole esperienze quotidiane che coinvolgono il protagonista: dalla gita scolastica al rapporto con il fratellino, dalle vacanze alla prima cotta, dai compiti ai pomeriggi di svago dopo la scuola. Non c’è dunque una trama articolata ma piuttosto una scelta narrativa pacata e pensosa in cui la disabilità è ben presente pur senza monopolizzare il racconto. La penna adulta si riconosce senz’altro da alcune considerazioni molto mature e da qualche insegnamento disseminato qua e là, avvolto in un continuum di pensieri in cui la bellezza e la criticità dei primi anni di scuola superiore emergono con forza.

Chi vuole un abbraccio?

Quando la tenerezza infusa in un libro è gioiosa ma non stucchevole vien naturalmente voglia di sfogliarlo e risfogliarlo, facendosi carezzare da parole e immagini. Ecco, più o meno questo succede a chi si lascia incuriosire da Chi vuole un abbraccio?, albo ad alta leggibilità creato da Przemysław Wechterowicz e Emilia Dziubak.

La storia è semplice: papà orso e figlio orso, tra i più mansueti che si possa immaginare, vanno a zonzo per la foresta alla ricerca di creature da abbracciare. Nessuna restrizione sui destinatari – conigli, donnole, anaconde e persino cacciatori armati di fucile! – e nessun doppio fine – l’abbraccio non è che il segreto per (far) avere un giorno perfetto. Uno dopo l’altro, i due incontrano e stringono affettuosamente chiunque capiti loro a tiro, superando perplessità (per esempio del castoro), diffidenza (per esempio del lupo), difficoltà tecnica (per esempio con il bruco), e fifa blu (per esempio, manco a dirlo, dell’umano), trasformandoli in sentimenti di segno positivo come leggerezza, felicità e commozione. Una stretta e un sorriso trova posto nella giornata: è matematico, succede sempre (o quasi… il cacciatore è ancora troppo tramortito per dire la sua).

Questa genuina carrellata di emozioni è racchiusa in un albo dal formato quadrato poco comune. Le illustrazioni spiritose e curate, amplificano il sottile humour suggerito dal testo e invitano il lettore a fare caso a posizioni e sguardi più che mai espressivi, stuzzicanti e divertenti. Instancabili trasformiste, assumono la forma di vignette, di disegni a tutta pagina, di cornici e di sfondi regalando alle pagine un dinamismo che solletica. Con fare irriverente si intrufolano in mezzo, accanto, sopra e sotto pezzi di testo, li incorniciano, li interrompono, li completano, li arricchiscono andando a nozze con quella varietà grafica fatta di colori, dimensioni, maiuscoli e grassetti. Studiati e ben dosati questi concorrono ad alleggerire la lettura e a far riconoscere le diverse parti del racconto, arricchendo l’alta leggibilità di una tavolozza tipografica davvero interessante e originale.

Adesso scappa

Spigolosa, decisamente spigolosa. Così appare Adesso scappa, la nuova graphic novel ad alta leggibilità pubblicata da Sinnos. È spigolosa nei temi abbordati e nei sentimenti messi a nudo ma anche nel tratto asciutto impiegato da Marta Baroni e nella lingua ruvida scelta da Patrizia Rinaldi. Tutto concorre a fare di questo libro una scommessa sulla schiettezza: nei contenuti come nell’espressione.
La realtà fotografata è quella di tante scuole superiori italiane, in cui le etichette di “sfigato” sono facilissime da affibbiare e difficilissime da rimuovere, in cui episodi di violenza e bullismo scandiscono la quotidianità e in cui l’indifferenza offre agli insegnanti uno scudo efficace contro le grane. Scuole in cui, ciononostante, le eccezioni sopravvivono, forme di resistenza trovano spazio e la bellezza, di tanto in tanto, può tornare a far rifiorire la speranza di chi crede in modi di stare al mondo non basati sul sopruso e sul disinteresse. Questa realtà tanto comune assume qui la figura di Maddalena che sopporta con terrore le angherie di Zago e delle sue scagnozze fino a quando un amore appena nato con il compagno Alessandro non le offre la motivazione necessaria per ribellarsi, tirare fuori la voce, gridare con coraggio che le cose e le persone non si possono semplicemente prendere con la forza. In parallelo alla sua storia, quella del professor Rigilli che chiude metodicamente ogni capitolo del libro. Anche questa, a suo modo, è una storia di disfatte apparenti, di motivazioni insufficienti, di delusioni nei confronti di una scuola che appare pericolosamente inerme e inerte ma anche una storia che finalmente trova un riscatto e un’apertura verso il futuro. È proprio quando il cammino di Maddalena e quello di Rigilli si incontrano e si intrecciano, in quelle che appaiono come due ore di un banale corso di recupero di latino, che la vita si fa sentire più forte agli occhi e alle orecchie del lettore, mostrandogli come destini e corazze diverse (che un italiano aulico e, al contrario, un romanesco marcato sottolineano bene) possono nascondere sentimenti di giustizia, positività e coraggio comuni.
Rispetto alle precedenti proposte di graphic novel (Cattive ragazze e Pesi Massimi) attente ai gusti di un pubblico giovane, rispettose delle esigenze di lettori con disturbi dell’apprendimento e coraggiosamente volute dalla casa editrice romana, Adesso scappa azzarda forse qualcosa in più, andando a scavare nel profondo quotidianità e animi tormentati di scottante attualità e lanciando così agli adolescenti un appello chiaro e potente.

Ti volio tanto bene

“Impara a prendere in giro la dislessia”. Questo il trucco del dottor Gustavo che Maria Vittoria prova ogni giorno a mettere in pratica, ricorrendo all’autoironia e a capacità alternative per compensare le difficoltà di lettura e scrittura. Maria Vittoria, protagonista di Ti volio bene, è infatti dislessica ma, grazie a un contesto familiare e scolastico accogliente e non giudicante, sa venire a patti con il suo disturbo e viverlo con discreta serenità. Nella sua vita di dodicenne trovano posto, senza ansie, soluzioni ingegnose e strumenti compensativi tra cui il registratore che gioca qui un ruolo determinante anche a livello narrativo.

La genuina storia d’amore raccontata in Ti volio bene assume infatti la forma di un diario, non solo scritto ma anche registrato in parte da Maria Vittoria stessa e in parte dal suo (infine) fidanzato Michele. Il libro segue passo passo, senza imbastire mai una trama davvero mirabolante, l’affetto che nasce e cresce tra i due, tra messaggi segreti lasciati per strada, sorprese inattese e piccole follie d’amore.

Ti volio bene è proposto da Piemme all’interno della notissima collana del Battello a vapore (serie arancio) su concessione della Loescher che per prima lo ha pubblicato nel 2012. Il lato positivo di questa ristampa sta senz’altro nello svincolamento da un apparato didattico che inevitabilmente imbriglia la libertà di lettura. Il passaggio non ha tuttavia e fortunatamente fatto perdere al testo il carattere di alta leggibilità con cui è nato. Piemme ricorre in particolare a un carattere tipografico apposito (Agenda) e ai criteri tipografici di base per garantire un più facile accesso anche in caso di dislessia. Resta da sperare che si tratti di un esperimento che porterà nuovi libri rispettosi di queste norme e non di un caso unico di alta leggibilità, rispettata solo in funzione del tema trattato.

Rico, Oscar e la pietra rapita

Avventurarsi tra le pagine di Rico, Oscar e la pietra rapita assicura un buon miscuglio di  trepidazione e di amarezza, che derivano rispettivamente dall’attesa ben ripagata del volume e dalla consapevolezza che con questo la spassosissima serie di Andreas Steinhöfel (comprende Rico, Oscar e il Ladro Ombra e Rico, Oscar e i cuori infranti ) si chiude. Anche in quest’ultimo episodio – come anticipa gustosamente il titolo – un mistero è dietro l’angolo e quando un mistero è dietro l’angolo non sono certo Rico e Oscar a tirarsi indietro.

Al centro della vicenda c’è una preziosa pietra da allevamento posseduta dallo scorbutico vicino di casa Orsi, ereditata alla sua morte da Rico ma rubata da qualche losco individuo poco dopo il funerale del primo proprietario. Per recuperarla i due amici devono fare tesoro dell’esperienza accumulata durante le indagini precedenti e cimentarsi con una lunga sfilza di pedinamenti, sabotaggi, spionaggi e camuffaggi prima di poter mettere insieme tutti gli indizi e stampare un lieto fine anche su questa avventura.

Sarà necessario, per loro, arrivare fino al mar Baltico, per venire a capo della matassa: non solo di quella che svela il furto della pietra ma anche e soprattutto di quella che aggroviglia i fili emotivi delle loro vite. Il travagliato viaggio verso nord, dove peraltro finiscono per trovarsi svariati inquilini del palazzo Dieffe 93, diventa così un percorso per fare pace con due infanzia a loro modo difficili, in cui affetti mancati o mal espressi, diversità, paure e frustrazioni si sono accumulate fino traboccare con un’irruenza inattesa. Più che negli episodi precedenti, l’autore concentra in questo romanzo i silenzi eloquentissimi, i confronti accesi e le reazioni vive dei due ragazzi che segnano in qualche modo la loro crescita, come individue e come amici.

Attorno al nocciolo narrativo, tutto incentrato sulla raccolta di indizi per il recupero della pietra vitellina, si sviluppano tante microstorie e altrettanti tasselli che danno completezza non solo a questo terzo libro ma all’intera trilogia: dall’allargamento della famiglia di Rico, al fidanzamento tra la signora Dolci e il signor De Brocchis nel segno di prelibate tartine; dal riavvicinamento tra Oscar e suo papà Lars alla laurea del giovane Berts in cui Rico trova una sorta di fratello maggiore acquisito. Non da ultimo, il legame di Rico e Oscar con un nuovo amico, già comparso di sfuggita in un episodio precedente e ora a pieno titolo incluso nella strampalata banda di detective. Con la sua rara abilità nel decodificare il labiale, Sven contribuisce infatti attivamente a incastrare i ladri di pietre sulla spiaggia di nudisti di Prerow. La sua sordità – sarà per la sveltezza con cui Oscar apprende la lingua dei segni, sarà per l’empatia che Rico sviluppa nei suoi confronti – trova nei due protagonisti un’accoglienza rispettosa e naturale.

Come a sottolineare – qualora la stramberia di Oscar e la lentezza di Rico non lo facessero abbastanza chiaramente – che una difficoltà non ignorata ma riconosciuta e supportata è una difficoltà rimpicciolita, come se fosse guardata con uno zoom all’indietro. Zoom, non a caso, è proprio una di quelle parole di cui Rico offre una sua personalissima definizione, a questo proposito più che mai illuminante: “Zoom = aggeggio della macchina fotografica che funziona quasi come un palindromo, avanti e indietro. Infatti può avvicinare a allontanare le cose che in realtà rimangono sempre uguali. Per non confondersi tra le due direzioni, si potrebbe dire zoom per avvicinare e moom per allontanare. Invece niente da fare, perché semplificare le cose se possono essere più complicate?”

Operazione braccialetto

“Mi lasciate fare il mio mestiere o avete deciso di fare voi le indagini?”. A chiederlo è il papà di Dario e Anna, che di mestiere fa il poliziotto e che non vorrebbe impicci per risolvere in pace il caso del braccialetto rubato in casa Colonna. Manco a dirlo, i due figli e i loro tre amici del palazzo non colgono la retorica della domanda e si buttano a capofitto nella risoluzione del mistero. Organizzatissimi e ben assortiti, i ragazzini danno il via a indagini ufficiose. C’è chi pedina la sospettata numero uno – Irina la babysitter -, chi cerca indizi sul luogo del furto e c’è chi mette a punto congegni sofisticati. E va a finire che il gioco di squadra premia, riservando alla banda una soddisfazione degna a dei migliori detective.

Un racconto snello e avvincente, un gruppo di amici affiatati e intraprendenti e un mistero piccolo e stuzzicante: Operazione braccialetto dosa bene buoni ingredienti per fare della lettura un’esperienza piacevole anche per chi non ha molta dimestichezza con i libri o sperimenta difficoltà legate alla lettura. E c’è da scommettere che nuove avventure della banda di detective siano lì lì per arrivare…

Il mio amico trasformista

Andare a trovare un amico per giocare insieme e ritrovarsi ad assumere sembianze animali  in giro per casa inseguendo una pestifera sorellina. Niente male come svolta per un tranquillo sabato mattina! È quel che accade a Mike quando scopre che il suo amico Alex, così come sua sorella Julia, sono in realtà degli Ziff-prong: individui capaci di trasformarsi in mammiferi, pesci o insetti in un batter d’occhio. Quella dei due amici diventa una ricerca incalzante della piccola di casa nel forsennato tentativo di convincerla a tornare umana prima del ritorno della mamma.

Il mio amico trasformista si fa leggere con gusto e con facilità, anche grazie al supporto ben studiato di illustrazioni colorate e frequenti. Prima fra tutte quella del buffo elefante rosa in cui si trasforma l’impertinente Julia che riporta piacevolmente i ricordi alle bestie rosa e blu del mitico duello tra Maga Magò e Mago Merlino.

Il libro fa parte della nuova collana di Sinnos Leggimi 6-8 anni che associa i criteri di alta leggibilità a storie piacevoli e brevi adatte a giovanissimi lettori in erba, alle prese con le prime letture autonome.

Io e mio fratello

Nel bel libro di Isabel-Clara Simò, scrittrice catalana pluripremiata, ci sono prima di tutto un fratello adulto con la sindrome di Down e una sorella dodicenne che se ne prende cura. Il resto della famiglia – padre militare e madre mondana – sono fisicamente presenti ma a tutti gli effetti piuttosto assenti dalla vita dei due figli. Per chi ha letto Mio fratello Simple di Marie-Aude Murail, questo quadro risulta a tratti familiare e noto, ma Io e mio fratello rivendica una personalissima originalità adottando il punto di vista di Mercé (la piccola di casa che si improvvisa grande), raccontando in maniera più intima il trauma di un handicap in famiglia e riprendendo, senza sconti linguistici o narrativi, una quotidianità piuttosto travagliata.

Nelle 122 intense pagine del romanzo, la protagonista Mercé rende conto dei suoi pomeriggi al contempo abitudinari e spiazzanti in compagnia del fratello Paul, della sua passione per il teatro, del suo senso di inadeguatezza nei confronti della migliore amica e della sua frustrazione nel farsi carico di una situazione familiare insolita e tutt’altro che banale. Poi, quando meno te lo aspetti, trama e routine subiscono un’inattesa svolta: Paul si innamora di Maria, la figlia della domestica di casa, anch’essa affetta dalla  sindrome di down.  A quel punto i contrasti familiari si inaspriscono, le questioni legali e burocratiche fanno capolino (rallentando, in effetti, un po’ il ritmo narrativo) e la realtà viene a chiedere di pagare il conto. E lo fa nella maniera più brusca possibile, non solo nei confronti dei personaggi ma anche del lettore che, dopo aver sorriso a lungo di fronte all’ingenuità brillante di Paul e alla schiettezza pungente di Mercé, si trova incredulo a scorrere un’ultima e disorientante pagina.

Forte di uno stile incalzante e verace, Io e mio fratello ritrae efficacemente la complessità emotiva e psichica che contraddistingue i giovani con sindrome di Down e che troppo spesso viene trascurata in nome di uno stereotipo di costante e inscalfibile contentezza.  Allo stesso tempo, l’autrice fa emergere prepotentemente i tormenti interiori di chi di giovani come Paul si prende cura, giorno dopo giorno. In quel suo imprecare e ricordare di frequente che ha “soltanto dodici anni”, Mercé sottolinea la sua difficoltà di vivere una maturità che la sua età non richiederebbe e che ciononostante, per necessità, si sforza di mettere in campo. I suoi sentimento contrastanti affiorano vulcanicamente nelle piccole e grandi sfide quotidiane che vanno dal seguire il fratello Paul al posto di fare i compito al gestirne l’emotività durante l’inatteso innamoramento. Dalle sue parole trasudano un affetto smisurato e un fastidio che mai si dissocia dal senso di colpa. Le sue giornate sono costellate di rimuginazioni, sbuffi, atti di dedizione e pazienza e sacrifici. “Un conto è volergli bene – afferma a un certo punto, lucidamente, la ragazzina – un altro sono queste rinunce che, oltretutto, nessuno apprezza perché nessuno nota”. La richiesta di attenzione, supporto e riconoscimento non potrebbe essere più esplicita e contribuisce a fare di Mercé, oltre che di Paul, un personaggio straordinariamente incisivo e difficile da dimenticare.

Hank Zipzer e i calzini portafortuna

E siamo a quattro. Se le avventure di Hank Zipzer alle prese con cascate in miniatura, pagelle tritate e iguane in procinto di figliare non hanno esaurito la vostra fame di storie spassose, ecco che il felice personaggio creato da Henry Winkler e Lin Oliver è pronto a scendere in pista con un nuovo episodio tutto da gustare. Preparatevi a un racconto in cui competizione, spiriti guida e calzini rossi con ricamate scimmie rosa si mescolano in maniera imprevedibile.

Nella scuola di Hank, si avvicinano infatti le famigerate Olimpiadi che ogni anno vedono gli allievi  sfidarsi a suon di partite di baseball, quesiti cervellotici e insolite prove di igiene. Per il protagonista è l’occasione di realizzare un sogno, sbaragliando la concorrenza come battitore di baseball. Ma come fare se il segreto dei suoi lanci sta in un paio di calzini portafortuna che anche sua sorella Emily vuole indossare proprio il giorno della gara? Hank dovrà ricorrere a forze e rinforzi alternativi che tutto hanno a che vedere tranne che con la scaramanzia e la superstizione. Avrà bisogno, cioè, del sostegno e della fiducia di Ashley – prima allenatrice femmina della scuola -, della motivazione e delle piccole accortezze di Frankie – l’amico che conosce le sue piccole debolezze e sa come minimizzarle -, delle soluzioni geniali di papà Pete – il presentissimo nonno che crede in lui fin dall’inizio – e dell’affetto, talvolta dissimulato ma sempre vivo, del resto della famiglia. Senza dimenticare il coraggio di mettersi in gioco e – non ultimi – la conoscenza e il rispetto dei propri limiti che solo Hank può tirare fuori. Non è da tutti, infatti, saper riconoscere quando lanciare la palla decisiva e quando, invece, è meglio lasciare campo a chi sa afferrare un tiro meglio di noi.

Hank Zipzer e i calzini portafortuna, come i precedenti volumi della serie, è stampato secondo criteri di alta leggibilità che agevolano la lettura anche in caso di dislessia, da cui è peraltro è colpito anche lo stesso Hank. Nominata senza timore e raccontata senza monopolizzare l’attenzione del lettore, la dislessia emerge nei fatti narrativi piuttosto che in noiose spiegazioni: e questo fa della serie di Uovonero una meritevole proposta nel panorama editoriale attento a queste tematiche. Non solo: l’esistenza stessa di una serie diventa qui funzionale alla conoscenza e all’approfondimento dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento dal momento che di episodio in episodio gli autori si preoccupano di metterne in luce aspetti diversi e progressivi. Così, dal riconoscimento delle difficoltà alla diagnosi, passando attraverso il confronto con gli insegnanti, si accenna qui all’utilizzo di strumenti compensativi, come le registrazioni audio dei testi da studiare, contribuendo indirettamente a facilitarne l’accettazione anche da parte dei lettori dislessici.

Roby che sa volare

Spalancare le braccia, scivolare nell’aria e farsi trasportare lontano. In una parola: volare. Roby lo fa spesso. A casa, a scuola, per strada, al supermercato: il bambino ascolta il richiamo del vento e si stacca dalla realtà con la leggerezza di un uccello. Ma questo suo modo di librarsi lontano dalle cose e dalle persone di tutti i giorni non piace granché a chi gli sta intorno perché finisce per causare disastri, perché lo fa apparire strambo o perché lo fa distrarre più di quanto non sia concesso. Succede perciò che i compagni di scuola lo sbeffeggino, che il preside lo sgridi o che la supplente lo faccia controllare a vista dal bidello per evitare guai.

Tutte energie sprecate. Il vento non si fa imbrigliare da chi pone insensati divieti o da chi, semplicemente, non ne coglie il sussurro. Così Roby continua a prendere il volo, sotto gli occhi preoccupati e pazienti della mamma. Fino a che  una figura sensibile e attenta come quella della maestra Serena – dal nome più che mai eloquente – non offre al bambino le redini con le quali cavalcare il vento senza farsi trasportare via al galoppo, sfrenatamente. Quelle redini non sono altro che delle storie: quelle che il vento suggerisce, quelle che i mondi immaginari offrono e quelle che i viaggiatori con la testa tra le nuvole possono condividere con chi li circonda al ritorno dalle loro avventure.

Nella storia di Roby si legge la diversità di tanti bambini iperattivi o con disturbi dell’attenzione e l’importanza di dare un senso alle loro cavalcate in mondi distanti e distratti. L’autore, Gabriele Clima, racconta come in punta di voce una realtà così delicata e di cui ancora si parla molto poco, accompagnato da sparute e malinconiche illustrazioni di Cristiana Cerretti. Ne nasce un libro che, pur non nascondendo del tutto il suo intento di “parlare di…”, sa sussurrare con garbo e fantasia alle orecchie dei lettori.

Come diventare favolosamente ricchi

Chi (come noi) ha divorato con gusto Come mangiare vermi fritti non può che accogliere con il sorriso il nuovo romanzo di Thomas Rockwell, pubblicato ad alta leggibilità da Biancoenero. In Come diventare favolosamente ricchi tornano infatti in scena Billy, Tom, Alan e Joe, alle prese con una nuova scommessa, una vincita milionaria e tanti dubbi su come investire un bel gruzzolo.

Billy gioca alla lotteria (malgrado il divieto) e si cucca 410.000 dollari grazie a una serie di numeri fortunati suggeriti dall’inconsapevole sorellina. Le cose, tuttavia, non vanno favolosamente come aveva immaginato: nessun privilegio a scuola, nessun motoscafo per schizzare sul lago e nessuna parata in suo onore per la città. Al contrario, tra lui e i suoi amici si insinua la zizzania della cupidigia, scatenando litigi che coinvolgono genitori, fratelli e persino avvocati di famiglia. Sarà l’arte del compromesso e un ritrovato senso delle priorità a portare i ragazzi a un “ricco” lieto fine. 

In linea con l’avventura precedente, Come diventare favolosamente ricchi dipinge una vicenda al contempo eccezionale ma semplice, in cui i pensieri, i sentimenti e le inclinazioni dei ragazzini protagonisti hanno un sapore autentico nonostante lo sfondo di 30 anni fa. Certo, la storia dei vermi fritti ha dalla sua un appeal del tutto unico, ma anche qui Thomas Rockwell sa divertire e solleticare la fantasia con uno stile snello e spiritoso: una marcia in più non da poco per incentivare giovani lettori riluttanti o in difficoltà a tuffarsi a capofitto nel mare della lettura.

Da Mary taglio e piega

Solo chi ha capelli ribelli può davvero capire il tormento di Mary che, stufa di avere in testa una chioma imbizzarrita, decide di dare in autonomia un taglio (nel senso più letterale del termine!) al suo problema tricologico.

L’auto-acconciatura della riccioluta protagonista di Da Mary taglio e piega non è che l’inizio di una serie di guai ma anche di amicizie inattese, come quella con Colin Rochfort, il bambino a cui cola sempre il naso e che a sorpresa si rivela affidabile e degno di una chance, anche da parte di una tipa tosta come la protagonista. Intraprendente e creativa, Mary è davvero un personaggio rock&roll che non solo si rapa la testa in barba alle decisioni dei genitori ma si fa anche portavoce di tutte quelle bambine che da tempo hanno rinunciato agli stereotipi principeschi per giocare a “Barbie salva la terra dal buco dell’ozono “ e “Barbie vince il titolo mondiale di Boxe”!.

Da Mary taglio e piega è pubblicato da Sinnos in un formato piccolo, pratico e maneggevole che sembra fatto apposta per contenere storie irresistibili come questa, da sbocconcellare dove capita. Il libro inaugura la collana Leggimi! A colori che mantiene i criteri di alta
leggibilità già sperimentati dalla casa editrice e li unisce a storie buffe, colorate e adatte a un pubblico di lettori alle prime armi.

Roarrr! Ruggiti pericolosi

Questo libro parla di puzza, e già con questo getta liscio liscio un amo per il pubblico più giovane.  Poi sceglie un protagonista grazioso –  un leone dalla chioma imponente e dagli occhi minuscoli –, e così consolida il suo potere attrattivo. Da ultimo, predilige un tratto scarabocchiato irresistibile e dalle tinte tenui, così da completare l’opera.

Voilà, il gioco è fatto: il libro dell’impronunciabile Monika Filipina Trzpil è pronto per conquistare i piccoli lettori. Metteteci poi che Roarrr! è scritto in carattere maiuscolo e ad alta leggibilità e troverete in un albo come tanti un autentico invito alle lettura anche per i bambini che sperimentano le prime difficoltà legate alla dislessia.

Il nuovo albo targato Sinnos racconta del leone Rupert e della sua passione per i ruggiti. Mostra anche però il fuggi-fuggi generale che si genera nella foresta quando l’animale apre bocca. Colpa di un insopportabile problema d’alito facilmente risolvibile dopodiché… roarrr a tutta birra, con somma gioia dell’intero vicinato!

Senza che la storia strabili o sbalordisca, Roarrr! si candida a diventare un albo da leggere e rileggere. Quel che è certo, poi, è che la grafica accattivante e il testo espressivo, ne fanno il libro ideale per rendere il lavaggio serale e/o mattutino dei denti un momento piacevole, inaugurato da una lettura coinvolgente.

Pazzesco

Avere amici entusiasti, sentir loro raccontare storie incredibili, partecipare a feste di compleanno memorabili e… sentirsi terribilmente noioso. Questo è, né più né meno, il cruccio di Paolo, ragazzo timido e dalla vita riservata che trova insulso tutto ciò che lo riguarda: sua mamma non cucina cibi oltremodo immangiabili, sua nonna non è una creatura orrenda coperta di peli, il suo gatto non puzza a dismisura, insomma nulla nella sua vita ha la benché minima traccia di assurdità, tale da essere raccontata con gusto.

Ecco perché Paolo se ne sta sempre zitto e non rivela mai niente di sé. Ma quando, costretto dalla mamma a dare una festa, fa conoscere agli amici il bizzarro inquilino di casa, ecco che tutto cambia… Pazzesco non è dunque solo il titolo del libro di Hilary McKay ma è anche e soprattutto potersi scoprire ammirati dai compagni, vedere in una luce nuova la propria quotidianità, tenersi saldi degli amici che sanno accettare un modo di essere fuori dal comune.

Pubblicato ad alta leggibilità dalla Sinnos, Pazzesco racconta la goliardia dell’amicizia tra maschi ma anche la difficoltà di sentirsi diversi. E lo fa con uno stile fresco e invitante che contribuisce seriamente ad alleggerire la lettura.

Scappiamo!

La piccola saga di disavventura scolastiche e domestiche firmate da Vincent Cuvellier non si arresta. E meno male! I brevi racconti del bravissimo autore francese offrono infatti piacevoli passeggiate letterarie, poco impegnative ma piene di gusto. Come i precedenti, anche Scappiamo!  fotografa piccoli eventi quotidiani di poco valore, trasformandoli nello spunto per allargare l’obiettivo, seguire le reazioni e le relazioni che essi innescano e toccare di sfuggita (ma non troppo) temi belli corposi.

Qui si legge in particolare di Beniamino che, obbligato dalla maestra a portare i compiti all’incidentato Gustavo, si trova a costretto a interagire con il compagno. E ciò che scopre è che quel bambino che tutti – lui compreso – prendono in giro perché “ha una testa da vecchio, un nome da vecchio, vestiti da vecchio”, condivide con lui una situazione familiare “particolare”. Giorno dopo giorno, visita dopo visita, i due iniziano a entrare in un’inattesa confidenza fino a una liberatoria fuga dalla finestra di casa…

Sullo sfondo ma con grande lucidità, trovano spazio i temi caldi della separazione tra genitori, della sofferenza che essa si porta appresso e della consapevolezza, talvolta inaspettata, che i bambini maturano in merito. Vincent Cuvellier sceglie di raccontare così una situazione tanto diffusa e tanto complessa, trovando il giusto equilibrio tra la schiettezza dei sentimenti e la leggerezza della narrazione.

Io ti faccio amico

Tre racconti di diversità che spaziano dall’autismo alla dislessia, dal colore della pelle alla distrofia muscolare. Ferdinando Albertazzi si accosta con garbo al tema della differenza, attraverso tre narrazioni brevi e ricche di immagini: non solo quelle delicatissime di Sophie Fatus (purtroppo in bianco e nero) che popolano e variegano le pagine, ma anche quelle linguistiche che l’autore sparge generosamente lungo tutto il testo.

Le storie raccontate sono quelle di Carlotta, che scopre i pregi di quel bambino taciturno, strano e dalla postura ciondolante di nome Luca; di Ludovico, che impara a riconoscere nella sorellina adottata un autentico tesoro di famiglia; e di Betta, che trova nella vicina di casa un’amica capace di superare la diffidenza per la sua malattia. Ecco, a unire tutte queste storie c’è una comune attenzione ai pregiudizi prima e alle emozioni poi, in un percorso condiviso che vede nella positiva curiosità la chiave di volta di relazioni difficili, talvolta insperate.

Malgrado il ricorso a cliché che vogliono a tutti i costi rendere positiva la diversità (vedi l’autismo come condizione che implica un’intelligenza superiore alla Rainman) il libro sottolinea in modo molto efficace l’importanza di puntare sulle risorse presenti nell’handicap per aprire possibilità di interazione preziose. Mettendo inoltre a confronto diversità dal peso e dalla consistenza differenti, esso invita a cogliere l’estrema relatività che caratterizza i problemi di ogni essere umano.

Il mostro dei budini

Può un budino scatenare gli incubi più paurosi? Dal racconto di Mara Dompé si direbbe proprio di sì! A farla da padrone tra queste pagine è, infatti, il famigerato mostro dei budini: una creatura misteriosa, dalle fattezze di donna robusta e sorridente, che a tradimento e con un solo sguardo trasforma avventati bambini in budini variegati: alla vaniglia se biondi, alla fragola se lentigginosi, al cioccolato tutti gli altri.

Annalisa è abbastanza certa che tutto ciò accada realmente e per questo i suoi sonni sono agitati e le sue merende tormentate, soprattutto se seguite a ruota dalla sospetta scomparsa di compagni di giochi, come quella di “Giuseppe, detto Peppe, detto Pepsi”. Possibile che sia stato davvero tramutato in dessert e divorato a cucchiaiate?

La bambina cerca di scoprirlo durante il suo soggiorno estivo dalla nonna, regina di manicaretti casalinghi e prelibatezze da forno. Un delizioso profumino di dolce permea così l’intera lettura de Il mostro dei budini, esaltandone la semplice genuinità.

Storie con la CAA 3

Tre storie di amicizia, a loro modo originali, sono al centro dell’ultimo volume in simboli pubblicato da Erickson. Con la talpa Clotilde alla ricerca del coniglio Filippo, con Clarabella che apre la sua casa splendente alle altre goccioline e con la meteora Lucilla che arriva puntuale all’appuntamento con i terrestri grazie all’aiuto di Vecchio Pietrone, Storie con la CAA 3 celebra il valore della relazione umana, del reciproco aiuto e dell’affetto: temi di particolare delicatezza soprattutto ma non solo per i bambini con disturbi dello spettro autistico.

Destinatari privilegiati di questo lavoro, i bambini con esigenze comunicative speciali possono trovare nel libro spunti narrativi più complessi rispetto ai due precedenti volumi della collana, grazie a testi più ampiamente strutturati e felicemente supportati dalla scelta di un sistema simbolico meno intuitivo ma più articolato quale quello dei WLS (Widgit Literacy Symbols).

Contraddistinto da un formato insolitamente ampio, da illustrazioni dal sapore casalingo e da storie dalla struttura piuttosto, il volume lascia trasparire un’origine artigianale ma curata. I tre racconti nascono, non a caso, all’interno dell’iniziativa “Leggere diversamente” della biblioteca civica di Brugherio che ha visto coinvolte e integrate professionalità diverse di ambito soprattutto educativo e riabilitativo. D’altro canto, proprio questa peculiarità garantisce al volume un particolare rigore nell’utilizzo dei simboli e un elevato grado di rispetto nei confronti delle esigenze di lettura dei bambini con difficoltà comunicative.

Antonio e le cose dei grandi

Sono tante e diverse le cose che toccano chi diventa grande: i primi amori, il passaggio alla scuola media, la conquista di una stanza tutta per sé, i trasferimenti, i pensieri sul futuro. Tutte esperienze con cui Antonio se la deve vedere, arrivato alla soglia dei dodici anni. Il personaggio creato da Angelo Petrosino giunge così alla sua seconda avventura, intitolata non a caso, Antonio e le cose dei grandi.

Quella che l’autore racconta qui è una fase di crescita delicata, da lui profondamente conosciuta grazie alla decennale esperienza di maestro elementare. Lo fa attraverso dodici capitoli infilzati l’uno dietro all’altro come perline di una collana, senza che vi sia una reale e complessa trama di base.  Quasi come un diario, il libro riporta episodi variegati, un po’ legati e un po’ no, che scorrono via facilmente, supportati in apertura da anticipazioni a fumetti. Il risultato è un collage di quotidianità e avventure insolite – a scuola, in città, in vacanza, in casa – sullo sfondo di una Torino sempre cara all’autore e sempre ben riconoscibile.

Rispetto al primo romanza della serie, la dislessia da cui Antonio è affetto trova qui minore spazio, facendo perlopiù capolino nel timore che i nuovi professori possano disconoscerla e affrontarla malamente. Al pari del primo però, questo libro vanta una stampa ad alta leggibilità Easyreading che invita alla lettura anche i ragazzi che conoscono il disturbo dell’apprendimento per esperienza diretta.

 

Innamorasi di April

Innamorarsi di April è un romanzo per giovani lettori, o più probabilmente lettrici, solido e rassicurante. Vi si trova tutto ciò che ci si può aspettare e tutto ciò che forse si pretende da questa particolare tipologia di volumi: i primi amori, rapporti conflittuali, dinamiche famigliari controverse, la scoperta della sessualità, qualche guaio e molti segreti. Non a caso il romanzo figura tra i titoli della collezione Gaia junior che tradizionalmente scova nel panorama editoriale per adolescenti, i titoli più accattivanti da proporre a lettori e lettrici appassionati.

Tra queste pagine in particolare, ci si ritrova immersi in un passato non troppo lontano – quando ancora le auto si alternavano alle carrozze e la divisione in classi sociali risultava netta e marcata – e si finisce per affezionarsi ad una protagonista un po’ ribelle un po’ difficile da inquadrare nella sua reale personalità. April è una ragazzina di famiglia umile, cresciuta alla bene e meglio dalla madre e tenuta a distanza dalla comunità del villaggio dopo che, divenuta sorda per un incidente, ha iniziato a mostrarsi stramba e a esprimersi con difficoltà. Ci vorrà l’arrivo di  Tony e di sua madre, abituati ad una vita di agi ma improvvisamente costretti a rinunciarvi, perché a April venga riconosciuta la sua dignità e tutto il villaggio sia costretto a fare i conti con un assetto di pensiero stagnante e bigotto.

Così, tra innamoramenti, fughe, nascondigli e taciute violenze, April trova il suo riscatto personale, come giovane donna ma anche come persona sorda. La disabilità uditiva viene qui dipinta con particolare realismo, senza tacere i commenti e gli interrogativi che abitualmente reca con sé. Quel che risulta particolarmente interessante è che nonostante l’ambientazione in un generico passato, i pregiudizi e le reazioni dipinte a fronte dell’handicap sono più che mai attuali e costringono efficacemente il lettore  a confrontarvisi prima di sottolineare come una conoscenza e una relazione autentica con le persone possa intaccarli con grande forza.

Antonio e le cose dei grandi

Sono tante e diverse le cose che toccano chi diventa grande: i primi amori, il passaggio alla scuola media, la conquista di una stanza tutta per sé, i trasferimenti, i pensieri sul futuro. Tutte esperienze con cui Antonio se la deve vedere, arrivato alla soglia dei dodici anni. Il personaggio creato da Angelo Petrosino giunge così alla sua seconda avventura, intitolata non a caso, Antonio e le cose dei grandi.

Quella che l’autore racconta qui è una fase di crescita delicata, da lui profondamente conosciuta grazie alla decennale esperienza di maestro elementare. Lo fa attraverso dodici capitoli infilzati l’uno dietro all’altro come perline di una collana, senza che vi sia una reale e complessa trama di base.  Quasi come un diario, il libro riporta episodi variegati, un po’ legati e un po’ no, che scorrono via facilmente, supportati in apertura da anticipazioni a fumetti. Il risultato è un collage di quotidianità e avventure insolite – a scuola, in città, in vacanza, in casa – sullo sfondo di una Torino sempre cara all’autore e sempre ben riconoscibile.

Rispetto al primo romanza della serie, la dislessia da cui Antonio è affetto trova qui minore spazio, facendo perlopiù capolino nel timore che i nuovi professori possano disconoscerla e affrontarla malamente. Al pari del primo però, questo libro vanta una stampa ad alta leggibilità Easyreading che invita alla lettura anche i ragazzi che conoscono il disturbo dell’apprendimento per esperienza diretta.

Attacco a Gattaka

Atmosfera da spionaggio e protagonisti insoliti rendono il primo impatto con Attacco a Gattaka non poco straniante. Senza fronzoli e convenevoli si viene in effetti gettati nel centro operativo dal quale la squadra dei Servizi Segreti Felini monitora la situazione in città, fiuta un assalto canino e prepara la controffensiva. Non c’è quasi il tempo di ambientarsi che l’azione entra nel vivo, costringendo L’Agente Sharp – soriano esperto di codice segreti – e Rufus MacCoy – alto ufficiale di razza Maine Coon – a guidare lo loro squadra contro il perfido Karlos Gnam, carlino fuggito di prigione.

L’annosa lotta tra cani e gatti prende qui una piega quantomeno inconsueta, acquisendo tutti i connotati di una battaglia sofisticata tra popoli rivali, nella quale tregue, fughe, alleanze e soffiate sono all’ordine del giorno. Il risultato è un racconto non troppo complesso ma avvincente.  Dal canto loro, poi, le illustrazioni di Sara Gavioli rendono bene l’idea bizzarra che sta alla base della storia e ne accompagnano la lettura, intervallando e arricchendo sovente il testo.

Teneré

Quando si trova un amico vero si è disposti a fare di tutto per aiutarlo, anche infrangere qualche regola o sacrificare i propri capricci per il suo bene. È proprio quello che capita a Matteo quando, durante una vacanza in Tunisia, entra rocambolescamente in contatto con un cucciolo di fennec, piccola volpe del deserto.

L’intesa tra i due scatta istantaneamente e il bambino non esita a coprire la fuga dell’animale dallo zoo, anche di fronte alle prime remore dei genitori e alle minacciose insistenze del direttore. Abituato a vivere dentro una gabbia, la bestiola desidera più di ogni altra cosa conoscere “la sabbia morbida e accogliente” del deserto e “correre alla luce della luna” con i suoi simili. Il bambino, sensibile e attento bisogni degli animali, si fa travolgere dall’impresa dell’amico fino ad accompagnarlo sulla strada di casa.

Stampato ad alta leggibilità e dunque accessibile anche in caso di dislessia, Teneré propone una storia delicata e intensa di amicizia, di responsabilità e di coraggio. Senza ostentare pretese moralistiche, sa parlare di rispetto della libertà, di soprusi e di pregiudizi, trovando nell’atmosfera misteriosa del deserto la più affascinante delle cornici.

Noi

Noi è uno di quei libri che si fanno notare poco – sarà per la stazza sottile o per la promozione contenuta – ma che meriterebbero invece massima diffusione. Noi è infatti un piccolo gioiello, confezionato con cura minuziosa e sentimenti autentici, capace di raccontare degli incontri, dei timori, e delle emozioni che spesso restano taciuti per imbarazzo o pudore.

Noi è la storia di un bambino come tanti che la vita scolastica porta a imbattersi in un compagno diverso. Un compagno strano nell’aspetto, con un occhio di dimensioni spropositate, che suscita paura, interrogativi e persino disgusto. È quel compagno che resta sempre solo, poiché il gruppo lo tiene a distanza facendosene beffe e fantasticando sulle cause della sua difformità. Perché, com’è normale, la diversità fa porre domande e serve che queste trovino ascolto e risposte per non sfociare nella diffidenza. Quando questa si insinua sono le occasioni fortuite a permettere talvolta di superare le barriere e i pregiudizi. Così accade al protagonista che, trovatosi solo con il compagno, inizia a scoprire i tesori che, dentro e fuori, questi nasconde.

Commovente nella sua schiettezza, percepibile non solo nelle parole ma anche nelle immagini (cosa tanto più insolita), l’albo è reso palpitante dal testo misurato di Elisa Mazzoli e dalle illustrazioni evocative di Sonia MariaLuce Possentini. Retto da una sapiente struttura in cui si bilanciano il prima e il poi e soprattutto  il lui e il noi, il libro racconta di come l’occasione faccia l’uomo, non sempre ladro, ma anche, talvolta, umano.

Chicolo

In Chicolo si trovano un bimbo speciale, un mago, un incantesimo potente e un paese insieme distante e vicino: tutti ingredienti essenziali per dare alla storia un sapore fiabesco e alleggerire il suo intento  di portare un messaggio ben preciso.

Nell’albo di Coccole books, si racconta di un bambino fantastico con le labbra a quadrifoglio ma si legge di bambini reali con un problema complesso come la labiopalatoschisi, più comunemente nota come labbro leporino. Il libro nasce proprio dall’esperienza di una mamma di un bimbo colpito da questa malformazione e vuole essere un contributo appassionato per diffonderne la conoscenza, così da arginare i timori che essa genera e da dare sostegno a chi la sperimenta sulla propria pelle.

A questo concorrono senz’altro le pacate illustrazioni pastello di Sonia Cattaneo che, come una carezza, invitano a scoprire senza paura i molti volti della differenza.

Gianni il fortunato

Scambiare un lingotto d’oro per un cavallo. E poi il cavallo per una mucca, la mucca per un maiale, il maiale per un’oca e l’oca per una pietra da mola. E alla fine ritrovarsi senza nemmeno quest’ultima – caduta accidentalmente in un pozzo – ma anche, per fortuna, senza ulteriori guai. Ogni baratto fatto dal protagonista nel corso della storia sembra infatti un autentico affare ma si rivela poi, inesorabilmente, una vera e propria fregatura.

Il racconto della tradizione popolare Gianni il fortunato trova tra i tipi della Emme edizioni nuova vitalità in una forma che vuole invitare alla lettura, grazie all’unione di alcuni accorgimenti tipici dell’alta leggibilità e di una frequente alternanza tra testo, illustrazioni e giochi. Il risultato è un volumetto piacevole e stimolante, nonostante l’aspetto un po’ confuso.

 

Quindi ci penserà il polipo

Quindi ci penserà il polipo è un libro tattile tenero e semplice. Racconta di due pesci dalle code aggrovigliate che vengono liberati da un polipo astuto grazie a una soluzione originale e ingegnosa. Attraverso pagine colorate ricche di spugne in forma di alga, tessuti glitterati in forma di pesce e carta vetro in forma di spiaggia, i giovani lettori hanno la possibilità di farsi coinvolgere da una piacevole storia di amicizia, esplorabile sia con lo sguardo sia con le dita.

Nonostante l’aspetto artigianale e la precarietà di alcuni elementi attaccati alla pagina, la qualità della ricerca profusa in questo volume è davvero rimarcabile. La scelta dei materiali è in effetti azzeccata ed evocativa e l’attenzione riservata all’esplorabilità  e all’impiego interattivo dei soggetti è stimolante e ben calibrata.

Se poi si aggiunge che il racconto è nato da un percorso di scrittura che ha visto protagonisti numerosi bambini e che la sua realizzazione ha coinvolto diversi soggetti in difficoltà, non si può che considerare questo prodotto davvero prezioso, sperando che possa trovare un’ampia e meritata diffusione.

Adalgisa e la luna

È una notte limpida e stellata quando la luna si assopisce e precipita in un pozzo. Per fortuna una fanciulla dalla chioma raperonzolesca assiste all’imprevisto mentre si gode il fresco della sera e si ingegna per portare in salvo il satellite sbadato. Ivana Marangon racconta ai piccoli lettori questa storia, dando alle fasi lunari una veste narrativa insolita. E lo fa in rima, senza lesinare sulle parole un po’ più complesse, che poco risultano familiari alle orecchie dei più giovani ma che sanno solleticarle per la loro musicalità.

Le illustrazioni, ironiche e piacevoli a uno sguardo bambino, sono curate da Federica Dubbini e sembrano ispirarsi, nel tratto, alla sorridente grazia della mitica Nicoletta Costa. Delicate e prive di elementi ridondanti, queste accompagnano il testo (scritto in font ad alta leggibilità) su un rilassante sfondo blu che fa del libro una lettura ideale prima della nanna.

La strega più cattiva del mondo

Kaye Umansky è nota al pubblico dei giovani lettori per la sua passione per le streghe – indimenticabile Puzzy, la strega sudiciona – e per le fiabe classiche rivisitate. Ecco, La strega più cattiva del mondo mette insieme entrambe le predilezioni dell’autrice. Raccontando la storia di Malumore e del modo in cui ha vinto il concorso di perfidia per fattucchiere, il libro reinventa la fiaba di Hansel e Gretel con un tocco personale, insieme ironico e ottimista.

Decisa a vincere il premio di malvagità, Malumore prepara una trappola per ingenui bambini, con l’obiettivo di imprigionarli e far loro qualcosa di estremamente crudele. Travolta però dalla simpatia per le sue due prime vittime, attratte nel bosco dalla casetta di dolciumi, la strega finisce per rimpiazzare il suo piano diabolico con una messinscena bell’e buona, adatta a salvare premio e affetti.

Si riconosce nel racconto lo stile umoristico e vivace dell’autrice inglese che si presta particolarmente bene ad animare storie ad alta leggibilità. Non solo gli accorgimenti tipografici, infatti, ma anche la storia divertente e la narrazione semplice e ben scandita contribuiscono ad avvicinare alla lettura anche chi sperimenta maggiori difficoltà dovute alla dislessia. Tanto di cappello, dunque, all’editrice Sinnos per aver colto questa predisposizione naturale del racconto, inserendola di diritto nel suo catalogo in carattere Leggimi!.

Spia

La merenda rubata al compagno di classe è uno dei più diffusi cliché sul bullismo, almeno a livello letterario. In Spia, l’autrice Maria Dompé lo riprende e gli infonde energia nuova, scegliendo il punto di vista del bullo e attribuendo questo ruolo a una figure femminile. È infatti Marta a importunare ogni giorno Riccardo per avere il suo spuntino ed è proprio lei a raccontare al lettore come da una merendina rubata sia potuta nascere un’amicizia.

Perché questo, in effetti, accade. Complice uno scambio di spesa al supermercato e una convergenza di interessi lavorativi tra i genitori, Marta e Riccardo finiscono loro malgrado per avvicinarsi. Prepotente, discola e cresciuta da una mamma ipersalutista, lei; riservato, demodé e autorizzato dal papà a mangiare schifezze, lui, i due protagonisti promettono tutto tranne che una simpatia reciproca. Eppure, una serie incalzante di misfatti li porta a conoscersi, scontrarsi, perdonarsi, fraintendersi e riavvicinarsi, consolidando un’amicizia provvista di tutti gli alti e i bassi di rito.

Il libro è proposto dalla casa editrice Biancoenero all’interno della collana Zoom i cui accorgimenti tipografici (carattere specifico per dislessia, spaziatura maggiore, testo non giustificato, carta color crema) rafforzano la particolare leggibilità del testo, garantita in prima battuta da uno stile snello e avvincente. Il racconto vanta infatti il merito di affrontare un tema attuale con agilità, invitando a riconoscere i valori più autentici della generosità e della lealtà. Forse anche per questo la giuria de Il gigante delle Langhe ha deciso di attribuirgli il premio2013 nella sezione 8-11 anni.

Come mangiare vermi fritti

15 vermi in 15 giorni. Sembra lo slogan di una dieta per perdere peso, invece è il sunto della scommessa fatta da Billy e Alan. Incappati per caso in un discorso sui cibi disgustosi, il secondo sfida il primo a papparsi 15 succulenti vermoni, mettendo in palio 50 dollari tondi tondi. Le regole sono chiare: qualunque tipo di verme, qualunque tipo di cottura, qualunque tipo di salsa in accompagnamento. L’importante è la cadenza dell’ingurgito: uno al dì, come una medicina.

Così parte la sfida, a suon di piatti insoliti e tranelli. Quando Alan e il suo compare Joe si rendono conto infatti che Billy ha preso la faccenda molto sul serio, si ingegnano per trovare il modo di indurlo a cedere, sconfinando malamente nel terreno dell’inganno. Ma una scommessa è una scommessa e Billy è disposto a tutto per vincerla, a costo di andare a caccia di invertebrati nel cuore della notte, di rischiare fantomatiche malattie causate dal lombricus terrestris e di reinventare The Art of French Cooking in chiave vermesca. Con cinquanta bigliettoni, d’altronde, ci si può comprare la minimoto del fratello di George Cunningahm e come si fa a resistere?

Il libro, edito per la prima volta in America nel 1973 e da allora divenuto un classico, è proposto ai lettori italiani dalla casa editrice Biancoenero in edizione ad alta leggibilità.  I suoi quarant’anni suonati, c’è da dire, li porta bene, conservando tutto il sapore delle monellerie di una volta, delle zuffe nell’aia e delle scommesse in cui serve un testimone perché non c’è autoscatto o video che tenga. Il fatto poi, che a scorrer le pagine venga da storcere il naso e al contempo da sorridere è la miglior premessa per una lettura dal gusto davvero insolito!

Via delle favole

Calvino diceva che “le fiabe sono vere”. Ecco, Daniel, Matilda e Tommy, i tre bambini protagonisti di Via delle Favole, prendono lo scrittore davvero alla lettera. La loro estate si anima infatti quando Matilda inizia a trovare insolite somiglianza tra gli abitanti del quartiere e i personaggi delle fiabe più note: dall’uomo con una moglie molto più giovane e una barba dalle sfumature blu alla ragazza dai lunghi capelli sempre chiusa in casa, dalla fanciulla che vive con sette ometti all’uomo dal naso schiacciato come un porcellino. Fino alla signora Ellison: una misteriosa dama che vive in una villetta un po’ discosta, che accoglie bambini in difficoltà e che li delizia con ghiottonerie fino a che non scompaiono d’improvviso. Quanto sarà reale la sua somiglianza con la strega di Hansel e Gretel? Il racconto invita a scoprirlo con il fiato sospeso fino e anche dopo l’ultima pagina.

L’autrice gioca infatti con il carattere un po’ macabro delle fiabe vecchio stile, che poco si premuravano di concedere un finale lieto a tutti i costi. Ci si trova perciò qui a fare i conti con un epilogo brividoso poco consueto e poco adatto a lettori minimamente fifoni. Questo arriva, d’altra parte, un po’ a sorpresa, a chiudere un racconto tutto giocato sull’allusione a fiabe arcinote che assottigliano il confine tra fantasia e realtà. La storia è inserita dalla casa editrice Sinnos nella collana ad alta leggibilità Leggimi! e presenta perciò una serie di accorgimenti tipografici che ne agevolano la lettura anche in caso di DSA.

 

Lo straordinario signor Qwerty

Il signor Qwerty ha la casa piena zeppa di invenzioni e la testa piena zeppa di idee. Queste ultime le tiene però nascoste sotto il cappello, per paura che gli altri possano vederle e giudicarlo male, ritenendole strambe. Cosa potrebbero pensare, infatti, di fronte ai progetti di marchingegni elaborati, fatti di cucchiai ad elica, lampadine ad artiglio e ingranaggi a pressione? Quello che il signor Qwerty non immagina neppure è che anche sotto i copricapi lucchettati delle altre persone si celino pensieri variegati: pensieri matematici, lungimiranti, giocosi o scientifici, visibili in trasparenza al solo lettore. Quel che è certo è che pensieri così costretti, senza possibilità alcuna di prender aria e librarsi, sono condannati a stagnare in solitudine. A meno che, come capita proprio al signor Qwerty, le idee non finiscano per esplodere e scappare. E quando un’idea scappa, può generarsi un’autentica baraonda: i serratissimi cappelli dei passanti iniziano, infatti, a scricchiolare e a cedere a loro volta, perché il pensiero genera pensiero e le idee che si incontrano non possono che dare frutto. Così, come il La di uno strepitoso concerto, l’incidente del signor Qwerty dà vita ad un’invenzione  che esaudisce desideri, asseconda passioni e stimola progetti nuovi, invitando a schiudere i cappelli e a condividerne il contenuto.

Un’invenzione straordinaria, insomma, come il suo creatore ma anche come l’albo firmato da Karla Strambini che ne racconta la storia. Incredibilmente ricco, stratificato, aperto a molteplici interpretazioni, questi fa di ogni rilettura una possibilità di scoperta. Si riconosce, in particolare, una rara alchimia tra le parole e le immagini, poiché nelle seconde si nasconde un mondo che le prime accennano ma non svelano. Il lettore si trova così a cercare e ricercare i dettagli più nascosti e stuzzicanti per interpretare meccanismi, invenzioni e pensieri del protagonista. Prendendosi il tempo di cogliere tutti gli ingranaggi, si arriva perciò ad apprezzare a pieno l’idea che la diversità possa generare possibilità di condivisione e felicità. Così, attraverso immagini portatrici di senso, personaggi sui generis, e pensieri che prendono forme inusitate, l’autrice sembra voler fare un omaggio tutto personale a Temple Grandin, suggerendoci a suo modo che “il mondo ha – davvero – bisogno di tutti i modi di pensare”.

Il segreto dei pirati

Nel paese di Rocciadura c’è una lunga distesa di scogli al posto della spiaggia, le classi vengono accorpate perché i bambini scarseggiano e la scuola ha sede in un’antica torre sul mare sulla quale circolano misteriose leggende piratesche. Qui abitano Cecilia, Giulio e Paolo, amici per la pelle di 8, 9 e 10 anni e protagonisti di un’inattesa avventura da brivido. Quando la maestra li chiude per punizione nel magazzino della scuola, i tre scoprono infatti un passaggio segreto che li porterà a una scoperta sensazionale, destinata a cambiare le sorti dell’intero paese.

Voilà: la trama de Il segreto dei pirati è presto svelata. Il libro si scorre infatti velocemente in virtù del ritmo svelto che ne semplifica la lettura. Come ad assecondare i timori di lettori riluttanti o alle prime armi, che rifuggono i volumi troppo complessi, lunghi e statici, gli eventi si susseguono qui senza esitazione alcuna e senza far prendere il tempo di soffermarsi a gustare una descrizione, indugiare o divagare un poco. Tale scelta ben si accorda, d’altro canto, con gli accorgimenti tipografici adottati dalla casa editrici Sinnos per rispondere alle esigenze dei lettori con DSA.

Le parole di Bianca sono farfalle

Le parole di Bianca sono farfalle è un Albo Illustrato con la A e la I maiuscole. Evocativo, profondo, colmo di suggestioni che riecheggiano dentro il lettore senza gridare forte, il libro edito dalla Giralangolo è grande nel formato e nella portata: “un libro pieno di riverberi”, insomma, volendo rubare le parole  allo scrittore David Almond.

Al suo interno, tra collage a tinte pastello e racconti che paiono avere le ali, le autrici raccontano il mondo di Bianca e la sua maniera tutta particolare di sentire con la pelle, di parlare con le mani, di vedere aspetti impercettibili e di fare cose fantastiche in buona compagnia.  Il libro prova, cioè, a mostrare più che a spiegare che possono esserci tanti modi di vivere, interpretare e comunicare con il mondo, anche quando la natura non concede la possibilità di farlo convenzionalmente. La sordità di Bianca diventa così un’occasione anche per il lettore di dare una veste nuova ai propri e agli altrui sensi.

Bravissima, in questo, Chiara Lorenzoni, ricercatrice minuziosa di parole, che racconta il quotidiano con una musicalità che culla e ristora. E meravigliosa Sophie Fatus, illustratrice della positività, che porta suggestione e trasporto gioioso nelle sue forme spensierate e impalpabili. L’unione dell’opera delle due artiste è un inno alla leggerezza del pensiero e dell’azione, un invito ad ascoltare e narrare il mondo facendo ricorso a tutte le nostre possibilità.

Mondizia

Seguire una nutria tendenzialmente non è una buona idea. Presa dall’entusiasmo di sfrecciare sulla sua bicicletta nuova, però, Valentina si fa attirare lungo e oltre la sponda del fiume da un topo gigante, ritrovandosi in un mondo senza tempo fatto di rifiuti, scarti e pattume. Così comincia l’avventura della ragazzina a Mondizia: una realtà sotterranea e nascosta in cui governa un re vanitoso, in cui la Pulizia si preoccupa di mantenere l’ordine e in cui personaggi strampalati, come il poeta o il Sommo Rottamatore, giocano un loro ruolo sociale di tutto rispetto. Separata dal mondo di fuori, eppure indissolubilmente legata ad esso, Mondizia apre gli occhi di Valentina e del lettore su tematiche delicate come il rispetto dell’ambiente e l’economia delle risorse. Nel tentativo di tornare a casa, infatti, la protagonista finisce per addentrarsi nei meccanismi e negli equilibri di un mondo insolito, conoscendone le leggi che tanto fanno riflettere anche chi vive nel mondo di sopra.

Mondizia è infatti un invito narrativamente curioso a fermarsi un momento prima di buttare e sostituire gli oggetti di ogni giorno, poiché un loro riutilizzo può fare bene a noi e al nostro mondo.
L’autore di diverte, in particolare, a lanciare questo messaggio giocando con le parole e trasformandole in occasioni di racconto, forse un po’ caotiche. Così, il campo in cui vengono salvate le specie vegetali si chiama Ris’orto, l’obelisco cittadino domina la Spiazza Tura e soprattutto gli abitanti di Mondizia assumono il nome e lo status – assai eloquente a dire il vero – di Rifiutati. Nella vita precedente erano calzolai, arrotini, riparatori di tv, frigoriferi o lavatrici ma da quando gli oggetti non si aggiustano più ma si sostituiscono la società ha deciso di poter fare a meno di loro, relegandoli in un mondo a parte. Suggestivo, è l’uso dei colori nero e verde acido per sottolineare, anche attraverso le illustrazioni, le luci e le ombre di una realtà tutta basata sul rifiuto.

Hank Zipzer e la pagella nel tritacarne

Sfatiamo un mito: i lettori con DSA esistono. Ossia, non è detto che la presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento conduca necessariamente chi ne è colpito a ripudiare la lettura.  Posti nelle condizioni giuste e provvisti degli strumenti adeguati, anche i ragazzi dislessici possono scoprirsi lettori appassionati e desiderare, pertanto, letture soddisfacenti. Ecco perché la seconda avventura di Hank Zipzer e la certezza che sarà seguita da molte altre costituisce una buona notizia da cogliere al volo. Il nuovo volume scritto a quattro mani da Henry Winkler alias Fonzie  e da Lin Oliver è infatti agevolmente leggibile a livello tipografico ma anche stimolante a livello narrativo. Esso offre quindi una storia ben articolata, un racconto di qualità e un volume consistente, che appagano le aspettative spesso trascurate di lettori con esigenze speciali ma anche con un certo allenamento alla lettura.

Nelle 206 pagine stampate in carattere ad alta leggibilità (non proprio un font specifico ma un Verdana modificato e pertanto più chiaro), si seguono a perdifiato i nuovi guai di Hank Zipzer e dei suoi amici Ashley, Frankie e Robert, coinvolti nell’occultazione della disastrosa pagella del protagonista. Infilata nel tritacarne della gastronomia Il sottaceto croccante in un disperato tentativo di nasconderla ai genitori di Hank, la scheda scolastica finisce nell’impasto del celebre salame di soia di mamma Zipzer, rischiando di compromettere irrimediabilmente gli affari con il colosso della distribuzione Gristediano. Starà ad Hank, al suo cervello fino e alla sua indole onesta, rimettere le cose a posto grazie all’aiuto degli inseparabili amici, ai consigli del saggio papà Pete e a un briciolo di fortuna che, come si sa, non manca di aiutare gli audaci. Non a caso, non solo la faccenda del salame di soia si sistema ma Hank finisce per fare il test sui disturbi specifici dell’apprendimento e chiudere questa secondo episodio con una consapevolezza e una serenità tutte nuove.

Spiritoso e schietto come il suo protagonista, Hank Zipzer e la pagella nel tritacarne si fa leggere con piacere e con gusto. Lontano dall’apparato di commenti e spiegazioni che spesso appesantisce i libri per ragazzi che affrontano la dislessia, il volume preferisce concentrarsi sulle cose che succedono e sulle cose che si provano. In questo modo, esso sembra davvero rivolgersi ai giovani lettori, strizzando loro l’occhio e raccontando loro con autenticità quanto possa esser frustrante sentirsi incompresi e come invece “ci si senta bene a fare le cose giuste” e ad esser sostenuti nel farle.

Ti racconto… 5 storie con i segni

Cinque storie da raccontare con le parole e con le mani, da leggere e da guardare, da scoprire per imparare e per condividere. Il progetto editoriale proposto dalla Cooperativa romana Le Farfalle narra infatti in Lingua Italiana dei Segni cinque famosi albi illustrati editi da Lapis e Babalibri: un modo straordinariamente semplice ed efficace per far sì che il patrimonio fantastico dei bambini possa superare le barriere linguistiche.

Grazie al DVD in cui un segnastorie racconta in LIS, anche i bambini sordi hanno modo di far propri i personaggi di Zou la zebra e di Marco l’orsetto o di seguire con passione le piccole scoperte di uova di tartaruga o di piccoli pettirossi. Per ogni storia, le pagine dell’albo originale scorrono sullo sfondo e il lettore può scegliere il livello di difficoltà dei sottotitoli, accordandolo alla sua competenza linguistica e alle sue specifiche esigenze.

In questo modo il testo scritto cessa di costituire un ostacolo per divenire piuttosto un elemento da scoprire progressivamente, che si arricchisce via via arricchendo di riflesso il bagaglio del lettore. Non a caso gli stessi curatori del DVD invitano caldamente all’utilizzo del supporto multimediale insieme al volume vero e proprio, per far sì che l’esperienza della lettura si arricchisca di strumenti di comprensione indispensabili, come la traduzione in LIS, ma non perda il fascino del rapporto tra parole e immagini e soprattutto la possibilità di essere condivisa con familiari e compagni.

Ecco, in estrema sintesi, il contenuto delle storie incluse nel dvd:

Ho trovato un pettirosso narra dell’amicizia tenera e bislacca tra un bambino e un pettirosso, nata in una fredda e nevosa sera d’inverno. Privo di parole, l’albo racconta attraverso le sole immagini il ritrovamento dell’uccellino e le cure che il bambino gli riserva.

Che meraviglia è la storia di una piccola grande scoperta fatta in spiaggia da una bambina curiosa: il ritrovamento fortuito di uova di tartaruga. Il volume, che è totalmente privo di testo, è recensito nel catalogo a questo link.

No, no e poi no parla di capricci e di emozioni attraverso il personaggio di Marco, un orso che dice no a tutto – maestra, giochi e caramelle – fino a che un gesto speciale non gli fa cambiare dolcemente idea.

Zou racconta dell’esuberante e omonima zebra, desiderosa di svegliare i genitori per affrontare insieme a loro una giocosa giornata. Ma cosa accade se i genitori sonnecchiano ancora? E se i tentativi di destarli rischiano di diventare pasticci?

Ti ho visto è la storia buffa di una torta da consegnare e dei piccoli incidenti di percorso che costringono Paolino a mangiarla prima di arrivare dalla nonna.

Ciao, io mi chiamo Antonio

L’uscita in libreria di Ciao, io mi chiamo Antonio è prima di tutto una buona notizia perché segna un momento di svolta nella proposta di libri ad alta leggibilità. Le Edizioni Sonda hanno infatti stampato il volume in un font particolare, detto Easyreading, messo originariamente a punto da un’altra casa editrice: ciò significa che questo carattere specifico per dislessia ha potuto trovare una moltiplicazione delle occasioni d’uso, evitando di restare vincolato alla sola produzione dei suoi creatori. In questo modo l’importante lavoro di progettazione e sperimentazione che si cela dietro uno strumento importante come un font adattato viene ceduto e condiviso nella più proficua ottica inclusiva.

Come già accaduto con i volumi scritti da Henry Winkler (alias Fonzie) e dedicati al personaggio di Hank Zipzer, anche qui si rileva l’intenzione di coniugare un testo accogliente per lettori con DSA ma che al contempo offra loro un’occasione narrativa in cui ritrovarsi e farsi ritrovare dai compagni. Antonio è infatti un ragazzino di quinta elementare alle prese con una vita scolastica e familiare ricca di imprevisti e piccole emozioni: le gare sportive studentesche, il ritrovamento di un portafoglio smarrito, i pasticci con la polizia per un compito svolto fin troppo bene. A corredo, l’amicizia con Riccardo, i litigi con la sorella Erica, le stramberie di mamma e papà, la prima cotta per Margherita e, sì, anche la difficoltà imposte da un disturbo specifico dell’apprendimento. Vissuto però con discreta serenità, questo non viene posto al centro della vicenda ma giustamente considerato alla stregua di qualunque altro tratto distintivo del personaggio.

A firmare queste avventure quotidiane è la penna del chivassese Angelo Petrosino. La sua mano si distingue, in particolare, nella scelta di personaggi e situazioni in cui i giovani lettori possano agevolmente riconoscersi, in una morale spesso un po’ spiccia e che non manca d’esser rimarcata, in un’architettura ad ampio respiro che predispone lo sviluppo di nuovi episodi e nella successione di piccoli avvenimenti in luogo di una trama complessa e completa. A supportare il tutto, l’alternanza tra capitoli di testo e riassunti a fumetto degli avvenimenti principali: un’idea insolita che, pur non  risultando molto chiara e del tutto accessibile a chi soffre di dislessia, ha il merito di alleggerire e ravvivare la lettura.

Ecovendetta

Ecovendetta è un racconto rapido, acceso e dallo stile giovane che racconta di Diana, una ragazzina tutto pepe con una mamma eco-chic, un’amica da difendere e un bullo a cui dare una bella lezione. Difficile non scorgere in queste componenti lo zampino della redazione di Radio Magica, tutta composta da lettori in erba, che ha rivisto e approvato il libro prima che la casa editrice Biancoenero lo pubblicasse nella collana Zoom.

Il libro sembra infatti strizzare di continuo l’occhio ai ragazzi, tanto nello stile quanto nei contenuti, come a voler rafforzare l’invito alla lettura offerto dal font Biancoenero con una storia a misura di preadolescente. Questi può trovare, infatti, oltre agli accorgimenti tipografici che rendono più leggibile il volume anche in caso di dislessia, dei personaggi appena schizzati ma credibili, un racconto familiare e infarcito di quotidianità e una storia senza colpi di scena ma simpatica: un buon mix insomma per scorgere nella lettura un’esperienza rilassante, coinvolgente e di certo meno faticosa di… un bucato fatto con la lavatrice a pedali!

Rico, Oscar e i cuori infranti

Rico e Oscar, amici portentosi, escono vincitori dalla loro prima indagine (Rico, Oscar e il Ladro Ombra) e tornano subito in pista con un nuovo caso. Dopo aver conquistato il pubblico e la giuria del premio Andersen con la sua prima avventura, la coppia di amici più bislacca e travolgente degli ultimi anni, si cimenta infatti in una nuova investigazione. Stessa formula, risultato simile: il lettore ritrova infatti i personaggi spassosi e appassionati lasciati al primo episodio e lo spirito fresco con cui l’autore affronta situazioni scottanti e più che mai reali come i diversi disastri familiari che possono toccare un bambino. Il ritmo narrativo, dopo un avvio un po’ ingolfato, ritrova il consueto andamento ben cadenzato che mantiene il lettore sulle spine fino alla risoluzione del mistero.

Apparentemente inspiegabile, infatti, è il perché la mamma di Rico imbrogli alla tombola parrocchiale e venda su Ebay borsette costosissime recuperate chissà dove. Partendo da questo misterioso interrogativo, l’entusiasmo appassionato di Rico e l’acutezza brillante di Oscar porteranno i due sulle tracce di un pericoloso ricettatore e ricattatore. Il tutto, facendo lo slalom tra i guai familiari di Oscar, abbandonato dal padre fino a data da destinarsi, le imboscate amorose delle gemelle Mela e Afra Ballotti, attratte dal valore mediatico dei due ragazzini, e il contributo eroico del vedovo De Brocchis e della signora Dolci del terzo piano, pronti a correre rischi del tutto insoliti per la loro età avanzata.

Andreas Steinhofel non rinuncia, infatti, ad arricchire la risoluzione del losco pasticcio con piccole trame laterali che prendono le mosse da personaggi secondari. Ancora una volta, cioè, il palazzo di via Dieffe 93 diventa fucina di piccole grandi vicende e teatro di quotidianità a volte pensose a volte esilaranti. Qui abitano soggetti dal grande potenziale narrativo che di volta in volta e con passi diversi entrano nelle vicende dei due protagonisti.

Dal canto loro, questi, forti di un’amicizia in cui le stramberie di ciascuno diventano ricchezza, scoprono nei gialli da risolvere l’occasione di un confronto profondo con sé stessi e con la propria storia. Ecco allora che Rico e Oscar si trovano a fare i conti l’uno con un passato e l’altro con un presente duri da digerire, fatti di violenze familiari e fughe, di diversità dai pari e di emozioni difficili da controllare. Il preludio perfetto a un terzo ed ultimo episodio che non si vede l’ora di divorare…

Marco e Asha vanno in ospedale

Quello dell’operazione per l’impianto cocleare è un momento estremamente delicato e carico di emozioni per i bambini che vi si sottopongono. I loro timori e le loro speranze si intrecciano in una trama fitta e i loro pensieri si alimentano con forza dei pensieri di chi sta loro attorno. Per questo l’accompagnamento che familiari e professionisti possono offrire a chi affronta questo difficile passaggio diventa davvero fondamentale. Ed ecco perché Marisa Bonomi, psicologa che da anni lavora con le persone con disabilità uditiva, ha accettato la sfida di dedicare a questo argomento un volume per l’infanzia.

Marco e Asha vanno in ospedale. Pensieri di bambini sordi nasce infatti con l’intento di raccontare due storie uniche e al contempo universali, di piccoli protagonisti arrivati a un momento di svolta nella loro vita. L’attesa dell’operazione porta con sé i ricordi e le aspettative di cambiamento del rapporto con sé stessi, con il proprio corpo, con le proprie percezioni, con la propria famiglia, con i propri compagni e con il mondo intero.

Ognuno dei due protagonisti racconta la sua esperienza alla sua maniera, lasciando trasparire pezzi di vita del tutto personali e considerazioni in cui possa agevolmente ritrovarsi chi sperimenta un percorso analogo. Pur nell’assenza di una vera e propria storia, con una trama avvincente e uno sviluppo articolato, il libro ha il merito di dare voce ai bambini che affrontano l’esperienza narrata, aiutandoli a darvi un contorno che ne favorisca la comprensione da parte loro e da parte di chi li circonda.

Ma non è tutto. L’attenzione instancabile dimostrata negli anni dalla casa editrice Sinnos nei confronti dell’inclusività su tutti i fronti, trova qui una nuova dimostrazione. Il libro dalle illustrazioni avvolgenti firmate da Cristina Pietta è accompagnato infatti da un DVD che consente la perfetta fruizione del racconto anche da chi impiega la Lingua dei Segni come lingua madre .

L’ultimo elfo – ebook

Dopo aver concesso i diritti per la versione in audiolibro, Salani torna ad allargare le possibilità di lettura di un testo straordinario come L’ultimo elfo di Silvana De Mari proponendone una versione digitale in formato epub. L’iniziativa è, nella fattispecie, interessante perché ribadisce a gran voce l’importanza di rendere accessibili ai bambini ciechi, ipovedenti o con difficoltà di lettura, non soltanto i testi strettamente indispensabili alla loro formazione scolastica ma anche le storie che ne consentono lo svago più puro e il confronto con i compagni.

L’ultimo elfo è infatti, originariamente, un libro che ha riscosso un grande successo tra i ragazzi delle scuole elementari e medie ai quali è rivolto oltre che tra i critici che gli hanno attribuito il prestigioso premio Andersen. Esso offre, in particolare, una combinazione sapiente di avventura, invenzione, magia e coraggio che ne fanno uno dei romanzi fantasy italiani più degni di nota. Al centro del volume, le vicende appassionanti e commuoventi dell’ultimo esemplare della specie degli elfi, sopravvissuto a un duro periodo di incessabili piogge e spietati stermini e destinato a salvare gli umani grazie ai suoi poteri e al suo coraggio. A seguito del suo incontro con Monser e Sayra, la piccola creatura scoprirà infatti sulla sua pelle l’importanza di superare pregiudizi e differenze per unire le forze in virtù di un comune obiettivo.

Tutt’altro che tipico

Jason è un ragazzino di 12 anni, ama la scrittura e detesta relazionarsi di persona con la maggior parte degli individui. Questi infatti mostrano perlopiù un modo di ragionare ed agire del tutto differenti rispetto al suo: dicono per esempio cose che non pensano realmente, usano espressioni figurate o apprezzano situazioni inattese e sconosciute. Per Jason, invece, mille sono le insidie che si nascondono dietro un’attività mai sperimentata prima o una domanda ambigua: il cervello va come in corto circuito, le mani iniziano a sfarfallare, gli arti si irrigidiscono e il corpo percepisce sensazioni dolorosamente amplificate. Tutte conseguenze della sindrome autistica che colpisce il protagonista e che gli conferisce un funzionamento decisamente anomalo. Tutt’altro che tipico, per dirla con le parole del titolo. Così, quando Jason scopre di poter partecipare al raduno annuale delle persone che, come lui, si dilettano a pubblicare e commentare racconti sul sito Storyboard, ha inizio una piccola avventura che è insieme una prova dolorosa e una conquista personale.

Il racconto è condotto da Jason in persona, cosa che rende il testo un vero e proprio ponte tra le azioni narrate e i pensieri del protagonista: un ponte più che mai prezioso per cogliere la relazione e il contrasto tra la moltitudine di cose che frullano per la testa del ragazzo e la scarsità di parole che gli escono dalla bocca. Il testo scritto in prima persona rende cioè conto in maniera straordinaria del fatto che la mancanza o l’inadeguatezza di manifestazioni verbali non corrisponde per forza all’assenza di sentimenti ed emozioni. Azioni e silenzi apparentemente inspiegabili rivelano così, visti da dentro, una ricchezza psicologica ed emotiva perlopiù inimmaginabile per i cosiddetti neurotipici. Ecco allora che la differenza di Jason e la sua disabilità comunicativa diventano non solo l’occasione narrativa da cui nasce il contenuto del volume ma anche la chiave che ne caratterizza la forma: gli aspetti cui il protagonista-narratore presta attenzione, i suoi ragionamenti dritti come spaghetti o l’analisi chirurgica delle sensazioni, per esempio, rendono Tutt’altro che tipico un romanzo capace di raccontare l’autismo non solo attraverso una storia ma anche attraverso uno stile.

E non è un caso: perché in questo libro la scrittura ha un ruolo davvero importante e i suoi meccanismi e le sue potenzialità sono prese molto seriamente dal protagonista che ne fa una efficacissima metafora dell’esistenza. Con il suo racconto in bilico tra commozione e spasso, Jason ci rende chiaro, per esempio l’abisso che separa le parole che narrano cose, fatti, storie ed emozioni e le sigle come DSA, PEI o ADHD che, pur pretendendo di definire una persona, non raccontano proprio nulla di essa. O sottolinea come le storie siano importanti perché creano mondi alternativi in cui potrebbero succedere cose diverse dal reale, per esempio vivere in autonomia e non sentire la nostalgia dei genitori che escono fuori per cena. O ancora, riflette sul fatto che occorre prestare attenzione alle parole che si usa e che queste, così come le persone, possono avere un significato anche se non tutti lo capiscono.  Alla luce di questo, un finale dolceamaro in cui la diversità non si aggiusta ma si accetta – perché “tutti abbiamo delle cose per cui non possiamo farci niente” – pare davvero colmo di speranza e verità.

Devo Solo Attrezzarmi

Irene e Marco sono due giovani determinati e agguerriti che hanno imparato a trattare con serenità la dislessia da cui sono affetti e che si spendono molto per permettere a ragazzi come loro di sperimentare un percorso analogo. La loro esperienza, che diffondono grazie alle attività dell’associazione Pillole di Parole, è confluita anche in un libro dal titolo eloquente Devo Solo Attrezzarmi.

Lontano anni luce da qualunque pretesa letteraria, il volume ha se non altro il pregio di contenere un racconto che richiama vicende ed emozioni realmente vissute dagli autori. I temi chiave della famiglia, degli amici e della scuola, del ruolo che ciascuno di essi gioca nella vita di un ragazzo dislessico, dell’importanza del confronto con i pari e dell’informazione emergono così a gran voce e arrivano efficacemente al lettore, con evidenti effetti benefici quanto alla sensibilizzazione sul tema dei DSA.