Inclusione, culture e disabilità
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A cura di Lucia de Anna, Charles Gardou e Alessio Covelli.
Il libro Inclusione, cultura e disabilità illustra l’esperienza di dottorato coordinata dalla Professoressa De Anna dell’Università di Roma “Foro Italico” sul tema disabilità e inclusione. Il dottorato, durato diversi anni accademici, ha coinvolto università, docenti e dottorandi di molte nazioni europee ed extraeuropee, quali Brasile, Senegal, Russia e Taiwan.
Gli autori sottolineano che un dottorato di ricerca con un simile respiro internazionale, su queste tematiche, rappresenta un’esperienza più unica che rara, avendo permesso di indagare le pratiche e il tema dell’inclusione anche in contesti storicamente, economicamente e culturalmente diversi dal nostro: il lettore ha così la possibilità di gettare lo sguardo oltre i confini nazionali ed europei.
Due capitoli del testo analizzano ad esempio il contesto brasiliano. Maria Alice Rosmaninho Perez descrive la situazione del Paese per quanto riguarda l’inclusione degli studenti con disabilità, sottolineando come molto spesso essi siano relegati in istituti speciali, sebbene la legislazione preveda il loro inserimento nella scuola pubblica. Maria Cecilia Cortez Christiano de Souza e Paula Nascimento da Silva, rifacendosi alla teoria di Adorno e Horkheimer, ci parlano della rappresentazione dei giovani brasiliani, alquanto negativa, che i mezzi di comunicazione e gli altri attori sociali veicolano e riflettono su quanto questi ultimi, illudendosi di acquisire un peso sociale all’interno del sistema, acquistino beni di consumo non necessari, come status symbol, impoverendosi ulteriormente ed entrando in tal modo in un circolo vizioso da cui è difficile uscire.
Gli autori sottolineano come l’esperienza abbia permesso di costruire una rete e spazi di confronto molto proficui tra i vari ricercatori. Il dottorato ha uno sguardo che si rifà alla pedagogia speciale e ad autori come Paulo Freire, ma, al contempo, ha una visione antropologica e aperta ad altre discipline quali la psicologia e la sociologia.
Le ricerche presentate nel volume seguono tre direttrici: “Il primo itinerario si riferisce a tutte quelle ricerche che, analizzando contesti differenti (scuola, media, sanità), hanno approfondito le questioni relative alla rappresentazione della disabilità, alla co-costruzione e al riconoscimento dell’identità e dei ruoli sociali delle persone in tale situazione con un’attenzione anche alle questioni di genere. Il secondo itinerario rimanda, invece, alla ricerca educativa e formativa sugli aspetti propri della progettualità pedagogico-didattica per l’inclusione delle persone con disabilità nella scuola e all’università, con un’attenzione rivolta anche ai processi di insegnamento/apprendimento che coinvolgono la sfera corporea e il movimento. L’ultimo itinerario estende lo sguardo della ricerca sull’inclusione ad altri contesti e dimensioni esistenziali delle persone con disabilità con particolare riferimento al mondo lavorativo, alle pratiche di volontariato, al tempo libero e al turismo accessibile.”
Per quanto riguarda il primo itinerario, citiamo la ricerca di Cheikh Tidiane Tine, la quale approfondisce il ruolo che ricopre la rappresentazione della disabilità da parte degli insegnanti sulle pratiche di insegnamento e di approccio agli studenti disabili. L’autrice sottolinea: “i risultati della nostra indagine ci hanno insegnato che le caratteristiche personali e professionali degli insegnanti non sono così decisive in termini di contenuto delle loro rappresentazioni e della loro tendenza a modificare o adattare le loro pratiche di insegnamento. Tutto sembra dipendere più dalla loro sensibilità e dalla loro umanità. Tuttavia, appare chiaro come le rappresentazioni che gli insegnanti hanno dell’inclusione e degli studenti con disabilità siano abbastanza contraddittorie: valorizzazione dell’inclusione da un lato (rispetto delle differenze e dei diritti, partecipazione, ecc.) e svalutazione degli alunni dall’altro”.
In riferimento al secondo itinerario portiamo all’attenzione la ricerca di Anderson Spavier Alves, il quale analizza i processi di inclusione di bambini migranti e con disabilità all’interno della scuola primaria, ponendosi come domanda di ricerca se l’appartenenza a una seconda minoranza favorisca oppure ostacoli ulteriormente l’inclusione. La conclusione dell’autore è che la disabilità favorisca l’inclusione: “Uno degli stigmi riduce l’altro. In altre parole, la disabilità si configura come un elemento normalizzante nel confronto con l’altro elemento stigmatizzante (essere immigrato)”.
Per il terzo itinerario segnaliamo la ricerca di Luigi Salvio che analizza le competenze dei volontari appartenenti a diverse associazioni che lavorano con la disabilità e si interroga su quanto le competenze acquisite in modo informale nel corso dell’esperienza di volontariato siano traslabili nel mondo del lavoro. L’autore conclude che il volontario non acquisisce competenze tecniche, bensì accresce le sue competenze relazionali e la sua capacità empatica, perciò, può essere una figura ponte fra il mondo dei professionisti e il percorso d’integrazione a cui il disabile aspira.
Forse, nell’economia generale del volume, viene dato poco spazio alle singole ricerche dei dottorandi: se è pur vero che ad esse viene dedicata la seconda e la terza parte del libro, le ricerche sono molte e quindi lo spazio per ognuna è veramente limitato. Si segnala inoltre che quattro capitoli del libro non sono stati tradotti in italiano.
Tra i diversi contributi offerti, particolarmente significativo è quello del professor Andrea Canevaro, il quale, nel capitolo “Il bastone e il serpente”, riflette su come in questo momento storico i caregiver delle persone con disabilità, percependo il mondo e gli altri come ostili, sentendosi circondati da serpenti, chiedano a gran voce “il bastone”, che fuor di metafora l’autore identifica nell’insegnante di sostegno. Pur capendo perfettamente una simile richiesta e un simile stato d’animo, l’autore si sofferma sulle problematiche del delegare molti aspetti dell’istruzione dello studente con disabilità a una figura ad hoc; ne critica anche la denominazione in quanto rimanda a un rapporto esclusivo e si domanda se l’esclusività di questo rapporto non possa, paradossalmente, ostacolare il processo di integrazione. Canevaro propone invece il concetto di “sostegno diffuso”, in cui non esista più una figura specifica che si occupa dello studente con disabilità; una simile trasformazione richiederebbe un cambiamento strutturale oltre che culturale e risolverebbe anche i problemi che possono presentarsi al momento del passaggio all’università, dove l’insegnante di sostegno non è previsto. L’autore è dell’opinione che perfino i docenti universitari, quando si trovano di fronte uno studente con disabilità o con DSA, non sanno bene come comportarsi e in fondo pensano che l’ambiente accademico non sia il suo posto. Questo lo porta a riflettere su quanto sia diffusa la convinzione che la disabilità sia un problema dei singoli e non anche un problema legato a quanto una società sia “disabilitante”, cioè incapace di adattare le proprie pratiche alle persone con disabilità chiedendo piuttosto a queste ultime di adattarvisi.
Concludendo, si consiglia la lettura del volume “Inclusione, culture e disabilità” agli insegnanti alla ricerca di spunti e suggerimenti interessanti sul tema dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità e a coloro che desiderino approfondire le tematiche oggetto del percorso presentato. Il volume rappresenta, infatti, un ottimo punto di partenza bibliografico grazie ai numerosi lavori di ricerca citati.
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