Un’aliena nel cortile. Capire gli studenti con sindrome di Asperger – Clare Sainsbury
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Se il titolo di questo interessante testo può catturare l’attenzione suggerendo la presenza di elementi fantascientifici, è invece il sottotitolo a chiarire lo scopo dell’autrice: capire gli studenti con sindrome di Asperger è il presupposto essenziale che i loro insegnanti devono quotidianamente tenere presente se vogliono portare a termine con successo il loro compito.
Questa premessa potrebbe apparire ovvia, tuttavia Sainsbury, che tra mille difficoltà ha portato a termine gli studi ed è attiva nel campo della formazione di persone con sindrome di Asperger, fin dai primi capitoli sottolinea come il desiderio degli educatori (e in generale degli adulti) di evitare che bambini e ragazzi siano etichettati come diversi perché formalmente collocati nello spettro di questa sindrome, non impedisce nei fatti che i compagni e gli stessi insegnanti li giudichino strani o sgarbati, poiché “evitare le etichette non fa scomparire le differenze”.
Spesso, invece, il rischio che le persone diverse siano etichettate e stigmatizzate è combattuto avviando un processo di normalizzazione che, pur con le più nobili intenzioni, è sempre ambiguo. Se per un verso normalizzare significa dare a chi ha una disabilità le stesse possibilità, per l’altro significa rendere normale non la vita della persona diversa, bensì la persona stessa, rendendola più accettabile agli occhi dell’altro. Accade ad esempio quando si impedisce allo studente con Asperger di passeggiare all’interno della classe o di disegnare al fine di focalizzare meglio l’attenzione sul contenuto della lezione, semplicemente perché tali azioni risultano sconvenienti e poco rispettose nei confronti dell’insegnante e dei compagni di classe.
Esempi semplici come questi rendono alla perfezione lo spirito del saggio di Clare Sainsbury: Un’aliena nel cortile non è una collezione di prese di posizione contro la discriminazione, bensì un’analisi lucida di esperienze quotidiane, vissute a scuola e in misura minore in famiglia, che mettono in luce quanto le aspettative che gli adulti nutrono circa la possibilità dello studente con tratti autistici di conseguire buoni risultati in ambito scolastico siano condizionate dal diverso metodo di apprendimento che lo studente adotta – o adotterebbe – se lasciato libero e addirittura incoraggiato ad individuare i propri punti di forza per compensare possibili debolezze.
Nel testo si alternano, in modo estremamente interessante, brevi testimonianze autobiografiche di Clare e di altre persone con sindrome di Asperger e analisi delle stesse, al fine di far comprendere al lettore sia il diverso funzionamento dello studente “neurodivergente” – con suggerimenti utili a sviluppare tecniche di insegnamento diverse e adeguate a bisogni diversi – sia la natura convenzionale delle regole sociali che governano la vita della classe, date sempre per scontate e in qualche modo illuminate dalla comprensione letterale del linguaggio che spesso caratterizza le persone con sindrome di Asperger:
“In seconda o in terza, la classe cominciò a discutere sull’anima e su Dio. Essendo cresciuto in una famiglia di atei, non avevo idea di queste cose, e mi misi a far sapere a tutti quanto fossero stupidi con questa storia del loro amico immaginario”.
E ancora:
“Mentre esprime le proprie opinioni con ammirabile vigore, Clare potrebbe essere più indulgente con le incerte opinioni altrui”.
Lo studente con sindrome di Asperger è dunque redarguito per aver fatto ciò che era richiesto alla classe nella stessa misura in cui è rimproverato per aver infranto il divieto di disegnare nel corso di una lezione frontale, ma l’obbligo più o meno tacito di prestare attenzione esclusivamente all’insegnante risponde ad un diverso modo di apprendere, che in alcuni soggetti con Asperger non si basa sui concetti, ma sulle immagini, mentre una certa aggressività verbale nel corso di dibattiti dipende appunto dalla mancata conoscenza di regole sociali spesso implicite.
Ogni comportamento è invece ridotto alla presunta mancanza di rispetto per insegnanti e compagni, tanto da indurre l’autrice ad affermare che l’inclusione totale e ad ogni costo in scuole tradizionali non sia necessariamente nell’interesse dello studente, e che spesso nasconda invece la paura del diverso e il desiderio che chi non è considerato normale scompaia nella folla.
Il punto di vista che il testo offre a proposito delle scuole speciali sfida il lettore, soprattutto nel contesto italiano, ma è interessante il tentativo di tenere insieme l’inclusione in scuole tradizionali e l’acquisizione di competenze sociali frequentando, magari per un periodo di tempo limitato, luoghi in cui sia possibile imparare ciò che solitamente è considerato scontato.
Allo stesso modo è spesso considerato ovvio che una certa quantità di violenza, fisica e verbale, sia presente nella relazione tra studenti, giustificando così atti di bullismo che nemmeno gli insegnanti percepiscono sempre come tali, e che invece turbano profondamente bambini e ragazzi con sindrome di Asperger, impossibilitati a comprendere come comportamenti letteralmente violenti siano invece da intendere come metaforicamente scherzosi. Questo libro è dunque consigliato a insegnanti e genitori di studenti con sindrome di Asperger, ma può risultare utile a chiunque voglia riflettere sulla violenza nascosta in molte relazioni, proprio in virtù del taglio estremamente lucido e critico dato dall’autrice.
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