Federico il pazzo
Recensione pubblicata il: 25/04/2015
Nato a Napoli e trasferitosi al nord da piccolissimo, Angelo torna nella città natale a tredici anni insieme a sua mamma. Il trasferimento, peraltro in un quartiere periferico e difficile della città, impone al ragazzino un grande sforzo di ambientamento: non solo la città e la scuola sono nuove, ma anche la lingua, le regole, il sentire comune e gli atteggiamenti diffusi sono diversi da quelli cui era abituato. Qui ci sono strade da evitare, sguardi da evitare, persone da evitare. Ci sono regole non scritte che sanciscono chi comanda, chi ha il diritto di pestare qualcun altro o chi decide se si possa passare o meno dalle scale del palazzo. Dopo un primo smarrimento, il protagonista prende le misure con la sua nuova realtà, anche grazie alla guida di Mimmo e di Giusy: un vicino di casa più grande, buono ma assuefatto alla logica della prepotenza, e una compagna di classe molto carina, originale e combattiva. Anche grazie a loro Angelo inizia a conoscere i pericoli di certe vie, di certi banchi e di certi compagni, come Capa Gialla e la sua gang. Questo non lo risparmierà da uno scontro doloroso con il bullismo ma lo aiuterà a capire da che parte vuole stare e che essere coraggiosi non significa non avere paura o mostrarsi necessariamente sbruffoni.
I difficili mesi della terza media, di per sé già un momento piuttosto critico, diventano perciò per Angelo e il lettore l’occasione per realizzare che ci si può nel proprio piccolo ribellare alla logica del sopruso, che ciascuno ha la sua diversità e che vale la pena conoscerla e difenderla. Emblematica, in questo, è la figura di Federico il pazzo che dà il titolo al libro. Vicino di pianerottolo e compagno di classe di Angelo, questi si chiama in realtà Francesco ma viene indicato da tutti come Federico il pazzo per quella sua strana abitudine di atteggiarsi a Federico II, del quale studia giorno e notte le vicissitudini su corposi volumi. Il suo personaggio, così fuori dagli schemi e difficile da omologare, è un inno alla libertà di essere alla propria maniera ma anche una manifestazione di insofferenza nei confronti di una realtà che vorrebbe dei “cervelli fatti in serie” (come direbbe la saggia Giusy del racconto). Ma è proprio quando più di un’insofferenza e più di una diversità si incontrano che il coraggio prende voce e le cose possono iniziare a cambiare.
Sorridente e realisticamente drammatico insieme, il libro di Patrizia Rinaldi racchiude una forza portentosa. Senza strepiti o manifesti, Federico il pazzo offre un ritratto autentico di una Napoli difficile (ben conosciuta dall’autrice) in cui non manca però la voglia di riscatto, in cui la ristrettezza di orizzonti non offusca del tutto barlumi di giustizia. Tutta condensata in poco più di 100 pagine c’è cioè una storia di passaggi, di diversità, di solitudini che si incontrandosi cambiano nome, di bullismo e di coraggio A completare un volume già di per sé validissimo, la stampa ad alta leggibilità e i disegni in bianco e nero di Federico Appel: mai così pertinente la prima, che nel suo piccolo difende un diritto importante come quello di tutti alla lettura; e perfettamente calzanti i secondi, che colgono e restituiscono con poetica ironia pensieri ed emozioni del narratore.
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